Bruna Esposito. Con questi chiari di luna
Dal 29 Ottobre 2022 al 30 Gennaio 2023
Napoli
Luogo: Museo MADRE
Indirizzo: Via Settembrini 19
Curatori: Benedetta Casini
E-Mail info: info@madrenapoli.it
Sito ufficiale: http://www.madrenapoli.it
Bruna Esposito (Roma, 1960), tra le artiste italiane più affermate nel panorama internazionale, si distingue sin dai primi anni di attività per un approccio eterogeneo alla produzione artistica. Installazione, performance, video e fotografia si fondono in un vocabolario personale nutrito da discipline quali la musica, la letteratura e la danza. Al Museo Madre l’artista presenta una selezione di 40 opere realizzate negli ultimi vent’anni che definiscono attraverso gli spazi espositivi un percorso costellato da pause, accelerazioni, corrispondenze e contrasti. Il titolo dell’esposizione, “Con questi chiari di luna”, dichiara l’interesse dell’artista per i detti popolari, confermato tra l’altro dai titoli dei lavori in mostra, nelle cui metafore spesso naturalistiche si stratifica una saggezza arcaica. Il carattere colloquiale che li caratterizza rivela un senso di familiarità: tramandate di generazione in generazione, le espressioni proverbiali entrano a far parte di quel lessico familiare su cui si costruisce l’identità individuale. È proprio il titolo scelto, dunque, ad offrire una chiave di lettura per l’esposizione, che rappresenta un simbolico ritorno dell’artista a Napoli, città in cui affonda le proprie radici familiari e, in quanto tale, saldo punto di riferimento identitario. Gli accenni all’infanzia che ricorrono in mostra dialogano dunque con una dimensione intima e affettiva che riemerge nel ricordo personale. Allo stesso tempo, nello spazio condiviso della collettività, questo stesso insieme di tradizioni popolari definisce un luogo ideale per riaffermare l’urgenza di un senso di appartenenza comunitario. I sottointesi del linguaggio figurato diventano celebrazioni di una memoria comune densa di significati impliciti; è attraverso la condivisione di questi riferimenti che si esprimono i legami di appartenenza più arcaici e durevoli.
Pur nei caratteri di unicità che caratterizzano la produzione di Esposito, naturalmente refrattaria alle classificazioni, fra le trame dei lavori in mostra è possibile leggere la sensibilità militante dell’artista, il cui utilizzo di materiali organici e di scarto si afferma come segno di una precisa presa di posizione ambientalista. Nelle sue parole: “la sensibilità ecologica può avere un impatto simile alla religione se si considera che è fatta di piccoli gesti e di piccole scelte quotidiane. È una forma di auto-guarigione, una specie di credo”. Risultato di un procedimento spesso intuitivo, l’accostamento fra elementi organici e oggetti domestici deriva in composizioni essenziali impreziosite da un rigoroso equilibrio formale. Leggerezza e pesantezza, raffinatezza e rusticità, oscurità e luce si contrappongono in un esercizio di compensazione millimetrica. La tensione fra gli opposti rivela la necessità di ripensare le relazioni fra gli oggetti del mondo, nel tentativo di produrre un nuovo “equilibrio instabile”, non privo di accenti ironici. La ricorrenza di materiali ed interessi nelle opere di Esposito rivela una pratica artistica consistente ed impegnata, declinata in una dimensione, insieme etica ed estetica, di precisione delicata, il cui esito è una silenziosa densità poetica.
Oltremare, 2006
L’immagine di una bandiera bianca capovolta, sommersa dalle acque, apre il percorso espositivo. Svuotata del contenuto semantico che le è proprio, la bandiera suggerisce un’utopica realtà priva di frontiere o, piuttosto, la dissoluzione dell’elemento identitario in una neutralità integrale. In un sistema di rigide appartenenze territoriali, il principio di libertà che regola le acque internazionali offre un’alternativa concreta: l’alto mare costituisce una res communis omnium, un bene appartenente a tutti.
Perla a piombo, 2003
Perla a piombo nasce dall’esigenza di omaggiare gli strumenti del fare. Antico dispositivo per la costruzione edilizia, il filo a piombo di Esposito è decorato da una perla, elemento raro e prezioso per antonomasia, che si inserisce come punto di raccordo fra la verticalità del filo e la pesantezza del piombo. Con un gesto puntuale, l’artista trasforma il freddo strumento di calcolo in gioiello delicato, conservandone però la funzione innescata dall’attrazione gravitazionale.
Oro Colato, 2014-2021
Un’amaca sospesa su cui riposano aghi di pino accoglie al suo interno una coperta isotermica dorata. Il titolo dell’opera, Oro Colato, ribadisce l’interesse dell’artista per le espressioni proverbiali, già enunciato dal titolo dell’esposizione. In questo caso però, la sovrapposizione con il riferimento visivo è drammatica: la coperta isotermica, generalmente utilizzata per stabilizzare la temperatura corporea dei migranti salvati dalle acque, diventa il pretesto per un titolo che suggerisce la speculazione sui diritti umani. Accompagna l’istallazione una selezione di poesie di Paola d’Agnese, le cui atmosfere evocano dolorose esperienze di addii, perdite e attese.
Tre cipolle rosse, 2019
Una Cipolla, 2019
Due cipolle, 2019
Quadrato in foglia d’oro e buccia di cipolla dorata, 2021
In Teca, 2011
Utilizzate sin dai tempi antichi per conservare al loro interno oggetti preziosi, e in particolare reliquie nell’uso cristiano, le teche diventano nelle opere di Bruna Esposito contenitori per la salvaguardia di materiali organici e residuali. Bucce di cipolla colorate dichiarano la propria leggerezza riposando su fondi monocromi in teche dal sapore barocco, come nature morte ridotte all’essenziale (Tre cipolle rosse, 2019/Una cipolla, 2019/Due cipolle, 2019) . Nella serie In Teca invece, l’artista accosta alle bucce di cipolla gancetti utilizzati per l’allestimento di cornici, allineati in figure geometriche e floreali; sono di nuovo gli strumenti del fare a diventare protagonisti dell’opera, in linea con una tradizione metalinguistica che attraversa gli sviluppi dell’arte di tutto il secolo XX.
Sassi, seggiole e sonagli, 2015
Due vecchie seggiole sbiadite sono disposte attorno a uno sgabello su cui poggia un ammasso di ciottoli. Avvinghiati agli schienali delle seggiole, cumuli di sonagli rievocano la tenacità di conchiglie marine afferrate ai manti delle rocce. L’opera suggerisce un dialogo silenzioso e diviene palco, elemento scenografico di una piece teatrale di cui non conosciamo i risvolti. Ma è anche evocazione di un’attesa, del tempo che passa, di un mondo in lenta scomparsa fatto di scambi e silenzi condivisi.
Vedi Napoli e poi muori, 2017
Una stampa del golfo di Napoli è velata da quattro cartine colorate utilizzate come rivestimenti dei classici amaretti. Al centro di ognuna di esse troneggia una scatoletta di glitter luminescenti destinati al trucco o alle decorazioni infantili. Ad offrire una chiave di lettura per l’opera è di nuovo il titolo, una frase d’uso popolare originariamente attribuita a Johan Wolfgang von Goethe e volta a celebrare la città mediterranea. Nel lavoro di Esposito l’essenza di Napoli è suggerita da accostamenti cromatici e da allusioni implicite a sapori e a melodie, su cui si staglia maestosa la cima del Vesuvio.
L’infinito di Leopardi, nella Lingua dei segni italiana, 2018
Fulcro del percorso espositivo è l’Infinito di Giacomo Leopardi, forse il più celebre componimento poetico nazionale, presente in mostra sotto forma di video proiezione. Il tema dell’identità e dell’appartenenza si ripropone qui in un gesto di capovolgimento semiotico: l’enigmaticità della lingua dei segni ci preclude un significato che pur conosciamo in quanto parte della memoria collettiva. Lo ricerchiamo nei gesti armoniosi dell’interprete che, nell’enunciare il testo leopardiano, si fa danza pura.
Venti di rivolta o rivolta dei venti, 2009
Sin dagli anni ’80 le preoccupazioni che Bruna Esposito manifesta per le sorti del pianeta la spingono a immaginare soluzioni per un abitare ecosostenibile. È a partire dagli anni ’90 che l’aria, elemento vitale a fronte del riscaldamento climatico, inizia a ricorre nella sua poetica così frequentemente da permetterci di tracciarne una precisa genealogia, che converge nella serie Altri Venti del 2021. Esposito si rivolge a dispositivi essenziali quali ventagli e ventilatori in cerca di alternative al proliferare dell’aria condizionata e delle sue devastanti conseguenze. Nell’istallazione Venti di rivolta o rivolta dei venti, tre ventilatori danzano a velocità diverse a pochi centimetri dal pavimento, rivoltandosi contro il compito affidato loro dall’industria. Poco sotto di loro pallottole di alghe, pazientemente raccolte dall’artista sulla spiaggia, alludono alla saggezza e all’ingegnosità intrinseche dei processi naturali.
Senza titolo, 2016
L’ultima sala del percorso espositivo è forse quella più enigmatica. È un ambiente totale, una sorta di panottico invertito costellato da immagini in primissimo piano di occhi di pesci. Al centro della sala, scope di bambù affondano i manici in colonnine di marmo pregiato. Privi di palpebre, i pesci non possono chiudere gli occhi, neanche dopo la morte; è impossibile dunque sottrarsi all’immobilità perturbante del loro sguardo concavo. Sfumature delicate e colori vibranti avvolgono le pupille opache che, come buchi neri, disegnano un paesaggio cosmico di rimandi gravitazionali. Nella ripetizione dell’immagine si riafferma l’interesse di Esposito per una simbologia che condensa tradizioni arcaiche nell’immediatezza del segno: allegoria rivestita di valenze mistiche sin dall’antichità, l’occhio diventa celebrazione del potere dello sguardo.
Paesaggio Mediterraneo, 2022
Paesaggio mediterraneo trasferisce nel cortile del museo Madre un’ape Piaggio floreale e musicale, ispirata alla realtà dei venditori ambulanti di piante che in diverse città italiane occupano gli angoli delle strade. Ultimi baluardi di un’economia informale, questi veicoli a tre ruote punteggiano lo spazio urbano come inaspettati monumenti alla bellezza floreale, concentrata in miniatura. L’artista decide di celebrarne l’esistenza presentandone in mostra un esemplare accompagnato da un canto a due voci femminili, realizzato con la collaborazione di Paola d’Agnese. La ricetta degli struffoli e quella della pastiera napoletana diventano ninne nanne disseminate da istruzioni fitte di ironia. L’istallazione, pensata appositamente per il Madre, si definisce attraverso una molteplicità di aspetti che intervengono nel resto delle opere in mostra: la commistione con discipline altre, la riscoperta delle tradizioni popolari, la materialità essenziale e la salvaguardia dell’ambiente naturale.
L’opera è un’evoluzione di Paesaggio, presentata al MAXXI nel 2012, in occasione di ACTING OUT. Artisti italiani in azione.
Bruna Esposito attualmente vive e lavora a Roma.
Dal 1980 al 1986 vive a New York dove entra in contatto con il linguaggio della danza contemporanea. Nel 1987 si trasferisce a Berlino Ovest; qui, attingendo alla formazione giovanile, si dedica alla progettazione di gabinetti pubblici ecosostenibili, prima testimonianza di un’antesignana sensibilità ambientale che ne caratterizzerà la produzione successiva. Fra le esposizioni internazionali a cui partecipa si annoverano la Quadriennale di Roma del 1996, del 2008 e del 2021; la Documenta X di Kassel del 1997; la Biennale di Venezia del 1999 e di nuovo quella del 2005, e la Biennale di Istanbul del 2003. Fra i premi vinti si segnalano il Premio Termoli, alla sua 62a edizione svoltasi nel 2021 presso il MACTE; il Premio Nazionale per la Giovane Arte Italiana, MAXXI, Roma / Castel Sant’Elmo, Napoli nel 2001; il P.S.1 Italian Program a New York nel 1999 e il Leone d’Oro alla 48a Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia del 1999, con il padiglione collettivo Dapertutto. Attualmente è docente di tecniche per la scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma, dopo aver esercitato la professione all’Accademia di L’Aquila, Frosinone e Brera. Bruna Esposito è fra i sei artisti a cui il Museo delle Civiltà di Roma ha affidato una delle sue nuove Research Fellowship per lo sviluppo di progetti di ricerca di lungo periodo.
Pur nei caratteri di unicità che caratterizzano la produzione di Esposito, naturalmente refrattaria alle classificazioni, fra le trame dei lavori in mostra è possibile leggere la sensibilità militante dell’artista, il cui utilizzo di materiali organici e di scarto si afferma come segno di una precisa presa di posizione ambientalista. Nelle sue parole: “la sensibilità ecologica può avere un impatto simile alla religione se si considera che è fatta di piccoli gesti e di piccole scelte quotidiane. È una forma di auto-guarigione, una specie di credo”. Risultato di un procedimento spesso intuitivo, l’accostamento fra elementi organici e oggetti domestici deriva in composizioni essenziali impreziosite da un rigoroso equilibrio formale. Leggerezza e pesantezza, raffinatezza e rusticità, oscurità e luce si contrappongono in un esercizio di compensazione millimetrica. La tensione fra gli opposti rivela la necessità di ripensare le relazioni fra gli oggetti del mondo, nel tentativo di produrre un nuovo “equilibrio instabile”, non privo di accenti ironici. La ricorrenza di materiali ed interessi nelle opere di Esposito rivela una pratica artistica consistente ed impegnata, declinata in una dimensione, insieme etica ed estetica, di precisione delicata, il cui esito è una silenziosa densità poetica.
Oltremare, 2006
L’immagine di una bandiera bianca capovolta, sommersa dalle acque, apre il percorso espositivo. Svuotata del contenuto semantico che le è proprio, la bandiera suggerisce un’utopica realtà priva di frontiere o, piuttosto, la dissoluzione dell’elemento identitario in una neutralità integrale. In un sistema di rigide appartenenze territoriali, il principio di libertà che regola le acque internazionali offre un’alternativa concreta: l’alto mare costituisce una res communis omnium, un bene appartenente a tutti.
Perla a piombo, 2003
Perla a piombo nasce dall’esigenza di omaggiare gli strumenti del fare. Antico dispositivo per la costruzione edilizia, il filo a piombo di Esposito è decorato da una perla, elemento raro e prezioso per antonomasia, che si inserisce come punto di raccordo fra la verticalità del filo e la pesantezza del piombo. Con un gesto puntuale, l’artista trasforma il freddo strumento di calcolo in gioiello delicato, conservandone però la funzione innescata dall’attrazione gravitazionale.
Oro Colato, 2014-2021
Un’amaca sospesa su cui riposano aghi di pino accoglie al suo interno una coperta isotermica dorata. Il titolo dell’opera, Oro Colato, ribadisce l’interesse dell’artista per le espressioni proverbiali, già enunciato dal titolo dell’esposizione. In questo caso però, la sovrapposizione con il riferimento visivo è drammatica: la coperta isotermica, generalmente utilizzata per stabilizzare la temperatura corporea dei migranti salvati dalle acque, diventa il pretesto per un titolo che suggerisce la speculazione sui diritti umani. Accompagna l’istallazione una selezione di poesie di Paola d’Agnese, le cui atmosfere evocano dolorose esperienze di addii, perdite e attese.
Tre cipolle rosse, 2019
Una Cipolla, 2019
Due cipolle, 2019
Quadrato in foglia d’oro e buccia di cipolla dorata, 2021
In Teca, 2011
Utilizzate sin dai tempi antichi per conservare al loro interno oggetti preziosi, e in particolare reliquie nell’uso cristiano, le teche diventano nelle opere di Bruna Esposito contenitori per la salvaguardia di materiali organici e residuali. Bucce di cipolla colorate dichiarano la propria leggerezza riposando su fondi monocromi in teche dal sapore barocco, come nature morte ridotte all’essenziale (Tre cipolle rosse, 2019/Una cipolla, 2019/Due cipolle, 2019) . Nella serie In Teca invece, l’artista accosta alle bucce di cipolla gancetti utilizzati per l’allestimento di cornici, allineati in figure geometriche e floreali; sono di nuovo gli strumenti del fare a diventare protagonisti dell’opera, in linea con una tradizione metalinguistica che attraversa gli sviluppi dell’arte di tutto il secolo XX.
Sassi, seggiole e sonagli, 2015
Due vecchie seggiole sbiadite sono disposte attorno a uno sgabello su cui poggia un ammasso di ciottoli. Avvinghiati agli schienali delle seggiole, cumuli di sonagli rievocano la tenacità di conchiglie marine afferrate ai manti delle rocce. L’opera suggerisce un dialogo silenzioso e diviene palco, elemento scenografico di una piece teatrale di cui non conosciamo i risvolti. Ma è anche evocazione di un’attesa, del tempo che passa, di un mondo in lenta scomparsa fatto di scambi e silenzi condivisi.
Vedi Napoli e poi muori, 2017
Una stampa del golfo di Napoli è velata da quattro cartine colorate utilizzate come rivestimenti dei classici amaretti. Al centro di ognuna di esse troneggia una scatoletta di glitter luminescenti destinati al trucco o alle decorazioni infantili. Ad offrire una chiave di lettura per l’opera è di nuovo il titolo, una frase d’uso popolare originariamente attribuita a Johan Wolfgang von Goethe e volta a celebrare la città mediterranea. Nel lavoro di Esposito l’essenza di Napoli è suggerita da accostamenti cromatici e da allusioni implicite a sapori e a melodie, su cui si staglia maestosa la cima del Vesuvio.
L’infinito di Leopardi, nella Lingua dei segni italiana, 2018
Fulcro del percorso espositivo è l’Infinito di Giacomo Leopardi, forse il più celebre componimento poetico nazionale, presente in mostra sotto forma di video proiezione. Il tema dell’identità e dell’appartenenza si ripropone qui in un gesto di capovolgimento semiotico: l’enigmaticità della lingua dei segni ci preclude un significato che pur conosciamo in quanto parte della memoria collettiva. Lo ricerchiamo nei gesti armoniosi dell’interprete che, nell’enunciare il testo leopardiano, si fa danza pura.
Venti di rivolta o rivolta dei venti, 2009
Sin dagli anni ’80 le preoccupazioni che Bruna Esposito manifesta per le sorti del pianeta la spingono a immaginare soluzioni per un abitare ecosostenibile. È a partire dagli anni ’90 che l’aria, elemento vitale a fronte del riscaldamento climatico, inizia a ricorre nella sua poetica così frequentemente da permetterci di tracciarne una precisa genealogia, che converge nella serie Altri Venti del 2021. Esposito si rivolge a dispositivi essenziali quali ventagli e ventilatori in cerca di alternative al proliferare dell’aria condizionata e delle sue devastanti conseguenze. Nell’istallazione Venti di rivolta o rivolta dei venti, tre ventilatori danzano a velocità diverse a pochi centimetri dal pavimento, rivoltandosi contro il compito affidato loro dall’industria. Poco sotto di loro pallottole di alghe, pazientemente raccolte dall’artista sulla spiaggia, alludono alla saggezza e all’ingegnosità intrinseche dei processi naturali.
Senza titolo, 2016
L’ultima sala del percorso espositivo è forse quella più enigmatica. È un ambiente totale, una sorta di panottico invertito costellato da immagini in primissimo piano di occhi di pesci. Al centro della sala, scope di bambù affondano i manici in colonnine di marmo pregiato. Privi di palpebre, i pesci non possono chiudere gli occhi, neanche dopo la morte; è impossibile dunque sottrarsi all’immobilità perturbante del loro sguardo concavo. Sfumature delicate e colori vibranti avvolgono le pupille opache che, come buchi neri, disegnano un paesaggio cosmico di rimandi gravitazionali. Nella ripetizione dell’immagine si riafferma l’interesse di Esposito per una simbologia che condensa tradizioni arcaiche nell’immediatezza del segno: allegoria rivestita di valenze mistiche sin dall’antichità, l’occhio diventa celebrazione del potere dello sguardo.
Paesaggio Mediterraneo, 2022
Paesaggio mediterraneo trasferisce nel cortile del museo Madre un’ape Piaggio floreale e musicale, ispirata alla realtà dei venditori ambulanti di piante che in diverse città italiane occupano gli angoli delle strade. Ultimi baluardi di un’economia informale, questi veicoli a tre ruote punteggiano lo spazio urbano come inaspettati monumenti alla bellezza floreale, concentrata in miniatura. L’artista decide di celebrarne l’esistenza presentandone in mostra un esemplare accompagnato da un canto a due voci femminili, realizzato con la collaborazione di Paola d’Agnese. La ricetta degli struffoli e quella della pastiera napoletana diventano ninne nanne disseminate da istruzioni fitte di ironia. L’istallazione, pensata appositamente per il Madre, si definisce attraverso una molteplicità di aspetti che intervengono nel resto delle opere in mostra: la commistione con discipline altre, la riscoperta delle tradizioni popolari, la materialità essenziale e la salvaguardia dell’ambiente naturale.
L’opera è un’evoluzione di Paesaggio, presentata al MAXXI nel 2012, in occasione di ACTING OUT. Artisti italiani in azione.
Bruna Esposito attualmente vive e lavora a Roma.
Dal 1980 al 1986 vive a New York dove entra in contatto con il linguaggio della danza contemporanea. Nel 1987 si trasferisce a Berlino Ovest; qui, attingendo alla formazione giovanile, si dedica alla progettazione di gabinetti pubblici ecosostenibili, prima testimonianza di un’antesignana sensibilità ambientale che ne caratterizzerà la produzione successiva. Fra le esposizioni internazionali a cui partecipa si annoverano la Quadriennale di Roma del 1996, del 2008 e del 2021; la Documenta X di Kassel del 1997; la Biennale di Venezia del 1999 e di nuovo quella del 2005, e la Biennale di Istanbul del 2003. Fra i premi vinti si segnalano il Premio Termoli, alla sua 62a edizione svoltasi nel 2021 presso il MACTE; il Premio Nazionale per la Giovane Arte Italiana, MAXXI, Roma / Castel Sant’Elmo, Napoli nel 2001; il P.S.1 Italian Program a New York nel 1999 e il Leone d’Oro alla 48a Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia del 1999, con il padiglione collettivo Dapertutto. Attualmente è docente di tecniche per la scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma, dopo aver esercitato la professione all’Accademia di L’Aquila, Frosinone e Brera. Bruna Esposito è fra i sei artisti a cui il Museo delle Civiltà di Roma ha affidato una delle sue nuove Research Fellowship per lo sviluppo di progetti di ricerca di lungo periodo.
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