Think Tank: REPRODUCTIVE AGENTS

Ann Leda Shapiro, Trio, 2017, acquerello su carta. Courtesy dell’artista

 

Dal 25 Febbraio 2023 al 01 Maggio 2023

Napoli

Luogo: Madre - Museo d’arte contemporanea

Indirizzo: Via Settembrini 79

Orari: Lunedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì e Sabato 10.00-19.30. Domenica 10.00-20.00. Ingresso gratuito dalle 18.30. L’ultimo accesso è un’ora prima della chiusura. Martedì chiuso

Curatori: Florencia Cherñajovsky

Costo del biglietto: Intero 8 euro, Ridotto 4 euro

Telefono per informazioni: +39 081.19528498

E-Mail info: info@madrenapoli.it

Sito ufficiale: http://www.madrenapoli.it


Questa mostra collettiva, curata da Florencia Cherñajovsky, presenta opere chiave di tredici artisti di epoche e contesti geografici diversi, alcuni dei quali esporranno per la prima volta in Europa, in accordo con l’interesse della Fondazione Donnaregina a proporre ai pubblici del museo Madre opere, tendenze concettuali e prospettive tra le più attuali e differenti. 
 
La mostra presenterà per la prima volta al pubblico una serie di disegni erotici risalenti al 1940 dell’artista ungherese-francese Victor Vasarely, considerato il fondatore del movimento artistico dell’Op art. Custoditi per decenni nella collezione personale di Denise René, l’influente gallerista francese specializzata in arte cinetica e Op, i disegni presentano incontri corporei rappresentati con uno stile fortemente grafico che pone le basi estetiche della ricerca plastica di Vasarely, con una gestione unica della linea e un trattamento dei contrasti grafici giustapposti.
 
La mostra include anche un’opera inedita dell'artista taiwanese con sede a Parigi Shu Lea Cheang (padiglione Taiwan, Biennale di Venezia 2019). Considerata una figura pionieristica dell’internet-based art, Shu Lea Cheang è una delle principali artiste multimediali che si occupano di temi multidisciplinari. La sua installazione 0x9, 2023 è la continuazione di una serie di opere che affrontano le tecnologie riproduttive. La mostra presenta anche opere tessili di nuova produzione e un video immersivo di Elektra KB, un'importante artista transfemminista colombiana che attualmente vive tra New York e Berlino. Sfidando e risignificando l'immaginario religioso e politico, l'artista costruisce un corpus iconoclasta di opere che muterà verso nuovi terreni nel contesto di questa mostra collettiva. Prodotti appositamente per la mostra, i dipinti di grandi dimensioni di Martina Olavide Servio affrontano l'idea di creazione in relazione ai corpi in gestazione dipinti con una forza espressionista in colori dirompenti. 
 
Il tema della mostra, che mette in relazione il concetto di “agency” con i diversi processi riproduttivi, sarà approfondito nel corso di un programma di tre giorni di eventi che comprende conferenze, proiezioni di film e performance. Il programma degli eventi è online sul sito del Madre. 
 
Venerdì’ 24 febbraio, alle ore 15.00, si terrà presso l’Aula Dottorato del Palazzo Giusso dell’Università degli Studi l’Orientale di Napoli un seminario dal titolo ‘Making Kin: Relazioni tra ecologie e lotte femministe’, con le rinomate teoriche femministe Angela Balzano e Antonia A. Ferrante, organizzato dal Dottorato in Studi Internazionali (Unior), Technocultures Research Unit (TRU) e il Centro Studi Postcoloniali e di Genere.
 
La mostra si inaugura il sabato 25 febbraio con una serie di conferenze e performance delle artiste partecipanti, Florencia Rodriguez Giles, Romina de Novellis, Ann Leda Shapiro e Martina Servio. Una tavola rotonda, con interventi di Angela Balzano e Antonia A. Ferrante, sarà moderata da Tiziana Terranova e Florencia Cherñajovsky, organizzata anche questa con l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. 
 
Il programma di eventi proseguirà domenica 26 febbraio con una passeggiata partecipativa guidata dal designer e performer Paco Savio che leggerà e metterà in scena la "Politica della Placenta" di Rosi Braidotti, seguita dalla proiezione del film di Pedro Neves Marques e Lynn Hershman Leeson. 
 
Testo curatoriale

Nuove forme di riproduzione, ibride e fluide, stanno sfidando le norme sociali di ampi contesti geografici, alterando le nozioni comunemente accettate relative al concepimento, alla gravidanza e alla nascita. La mostra Think Tank: REPRODUCTIVE AGENTS riunisce tredici artisti visivi il cui lavoro esamina le implicazioni sociali, economiche e politiche del modo in cui diverse società definiscono e si relazionano con il concetto di riproduzione. Sintetizzando prospettive scientifiche e speculative, queste proposte artistiche esplorano il concepire e il prendersi cura di una nuova vita a partire da paradigmi in evoluzione che vedono l’attivazione della “agency riproduttiva”. La mostra presenta opere dal 1940 a oggi che si riferiscono in vario modo alla riproduzione sessuata e asessuata, ai trattamenti di riproduzione assistita, alla fertilità e agli studi ormonali, all’epigenetica e alle tecnologie di riproduzione, sia per esseri umani sia per altre specie, comprese entità non viventi. I progressi della medicina riproduttiva consentono di alterare il corso dei processi biologici, ampliando in tal modo i limiti degli organismi che danno origine alla vita. Eppure quanto scritto da Charles Darwin nel 1862 risuona ancora con forza: “Non conosciamo minimamente la causa finale della sessualità; perché nuovi esseri viventi dovrebbero essere procreati dall’unione di due organi sessuali... L’intero argomento è avvolto dalle tenebre” (1). Gli artisti in mostra propongono delle considerazioni sull’origine e la significazione del dare vita in molteplici modi, dalla potente energia impiegata nell’autogenerazione di una nuova vita, all’esperienza soggettiva di nutrire un corpo autonomo carico di desideri, paure e pensieri propri.
 
Due artiste pionieristiche sfumano i confini tra arte e scienza e rielaborano il concetto di riproduzione in forme inedite. Per oltre cinque decenni, Lynn Hershman Leeson ha continuamente affrontato questioni tecnologiche attraverso l'uso dell'intelligenza artificiale e, più recentemente, della biotecnologia e dell’ingegneria genetica, mettendole in relazione con questioni di genere e di identità. Il suo primo disegno, Pregnant woman in Xray suit del 1965, trae spunto dall’aver sofferto di cardiomiopatia durante la gravidanza. Questa patologia ha costretto l’artista a sottoporsi a procedure mediche isolanti in una tenda a ossigeno, e la conseguente consapevolezza del proprio respiro l’ha portata a sviluppare delle figure interattive di cyborg intitolate Breathing machines (1966-1967). Il lavoro di Shu Lea Cheang esplora il futuro cibernetico della genitorialità con lo sviluppo di feti in uteri artificiali fuori dal corpo (ectogenesi). La sua videoinstallazione 0 x 9 (2023) mette in discussione il ruolo della scienza ostetrica nel contesto di una crescente esperienza tecnologica della riproduzione umana, speculando sui nuovi tipi di legami che potrebbero nascere grazie agli uteri artificiali. “Trattare un feto come se fosse fuori dal corpo di una donna, renderlo visibile, è un atto politico”, scrive l'artista. Come ha sostenuto lo scrittore e filosofo Paul B. Preciado, “dobbiamo applicare il principio della ricombinazione culturale alle nostre strategie di produzione e riproduzione della vita, in modo da trasformare le nostre tecnologie di potere e mutare (politicamente)”. (2)
 
Distanziandosi da tali interventi tecnologici, Ann Leda Shapiro vede invece il paesaggio del corpo e della mente come parti interconnesse di un unico e complesso sistema vivente. Sviluppando parallelamente una pratica della medicina Cinese e la propria attività artistica, ha scoperto profonde affinità con le tematiche dei suoi dipinti, in particolare gli squilibri del corpo umano e i processi di trasfigurazione attraverso i quali elementi inanimati diventano senzienti. Questa mostra presenta oltre quindici dei suoi acquerelli, dagli anni Settanta alle sue produzioni più recenti, in cui l'artista esplora continuamente gli stati di mutazione, sia a livello cellulare che cosmico, di vari corpi che si incontrano e ne creano altri. Al di là dei confini biologici, questa mostra esplora le forme di ibridazione che nascono all'interno delle nuove pratiche riproduttive, coinvolgendo relazioni gender expansive e interspecie e che aprono a nuovi spazi di speculazione, di attivismo e, infine, di “agency riproduttiva”. Come ha scritto venticinque anni fa la teorica di studi di genere Susan Squier (3), qualsiasi considerazione della costruzione filosofica e teorica della riproduzione interspecie in un contesto postmoderno implica anche una critica femminista della scienza. Il film di Lucy Beech Reproductive exile 2018 tratta i temi dell’allevamento, del lavoro bioclinico, della procreazione “ospite” e delle relazioni farmaceutiche ormonali multispecie. Il film collega una ricerca sui programmi culturali, sociali ed economici dell'industria della fertilità assistita con la produzione e la condivisione di ormoni sessuali animali e umani, fondamentali per le tecnologie riproduttive. Esposti per la prima volta al pubblico, i disegni erotici di Victor Vasarely del 1940 mostrano varie pratiche sessuali, tra cui incontri tra il corpo femminile e quello animale. Questi disegni sono affiancati da una recente serie di opere di Florencia Rodriguez Giles intitolata Tiro al parto (2020-2021), che tratta della forza della vita che si manifesta in ogni cosa e delle forme di desiderio e ispirazione che nascono quando specie diverse si incontrano. “In queste opere, questa forza si incarna in una comunità di esseri vaginali e forti, i cui flussi vitali sorgono incessantemente da qualsiasi apertura”, afferma Rodriguez Giles.
 
Altre opere prendono in considerazione la riproduzione in quanto costrutto sociale e propongono una decostruzione del termine attraverso un’ottica decoloniale per innescare una definizione più ampia del termine nel nostro presente. Il trittico di Pamina Sebastião Death by registration (2021), ad esempio, considera la morte come una forma di metamorfosi che genera altre forme di esistenza e corpi alternativi che spiazzano le strutture coloniali consolidate. Elektra KB riflette su questioni di genere, disabilità e transculturalità attraverso una serie di opere tessili e video in cui risignifica l'utero come simbolo di potere da reclamare in vari contesti autoritari. Con una funzione e forma analoga, il pattern Utereyes (2021) di Elena Ketra Pizzato, composto da due uteri stilizzati che convergono per formare un occhio, rappresenta, nelle parole dell'artista, “la libertà di scelta delle donne, sia del loro corpo che della loro sessualità al di là del genere. È un utero attivo, consenziente e vigile, non più passivo che subisce le imposizioni altrui, sia per dogmi sociali, etici o religiosi”. Nella sua installazione interattiva Sugar walls tearoom del 2016, l'artista e guaritrice Tabita Rezaire affronta anche il tema della giustizia riproduttiva, della violenza razziale e del benessere spirituale, ponendo la domanda: “Come guariamo i nostri uteri?”. Come spiega l'artista, “vorrei offrire una visione decoloniale della nascita, della nascita come tecnologia fondamentale. Come facciamo a far nascere gli altri, le nostre comunità e il mondo di cui vogliamo far parte? La nascita è l'arte della creazione per eccellenza. L'universo stesso è nato e noi continuiamo a farlo nascere con ogni nostro pensiero, parola e azione”.
 
Nella serie di video Fase Rem 1-9 (2014), Romina de Novellis interpreta i sogni che ha avuto durante i suoi nove mesi di gravidanza. Nel loro insieme, questi film costituiscono dichiarazioni sull'agency e sulla realizzazione dei propri desideri. Le opere di Martina Servio Olavide, anche queste realizzate durante la gravidanza, si immergono nel processo poetico e creativo che emerge dalla gestazione. I quadri rappresentano il grembo materno che nutre un essere in crescita, oltre che i suoi desideri, idee e tensioni interiori di ogni tipo. Entrambe le opere rendono una percezione più acuta del trascorrere del tempo durante la riproduzione umana. Autofiction poems (2020) di Pedro Neves Marques, affronta le tensioni personali e politiche in relazione alla gestazione e ai diritti riproduttivi da una prospettiva non binaria. Il progetto si basa sulla loro ricerca sui progressi della tecnologia riproduttiva. Autofiction poems è un'opera di finzione, ma non così distante dalle attuali ricerche nel campo della terapia ormonale e dei trapianti. Le immaginazioni artistiche di Neves Marques propongono percorsi per ripensare le dinamiche di potere e di genere, alla luce delle alternative ai ruoli culturali tradizionali offerte dai corpi trans e non-binari. L'immaginazione, la speculazione e il piacere guidano questi corpi audaci attraverso i loro sforzi per espandere la nostra comprensione di come la vita possa generare nuova vita, al di là dei vincoli biologici, culturali e politici.  
 
1. Charles Darwin, ‘On the Two Forms, or Dimorphic Condition, in the Species of Primula, and on their remarkable Sexual Relations’ published 1 March 1862; reprinted in Forms of Flowers (1877)
2. Paul B. Preciado, ‘Baroque Technopatriarchy: reproduction’, in Artforum, 2018 https://www.artforum.com/print/201801/baroque-technopatriarchy-reproduction-73189
3. Susan Squier, ‘Interspecies Reproduction: Xenogenic Desire and the Feminist Implications of Hybrids’, in Science, Technology and Culture, Routledge: 1998
 
Artisti: 
Lucy Beech (UK), Shu Lea Cheang (Taiwan), Elektra KB (Colombia), Lynn Hershman Leeson (USA), Pedro Neves Marques (Portogallo), Romina de Novellis (Italia), Elena Pizzato Ketra (Italia), Tabita Rezaire (Francia/Guyana), Florencia Rodriguez Giles (Argentina), Martina Servio Olavide (Argentina), Pamina Sebastião (Angola), Ann Leda Shapiro (USA), Victor Vasarely (Ungheria) 

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