William Kentridge
Dal 06 Maggio 2014 al 06 Giugno 2014
Napoli
Luogo: Galleria Lia Rumma
Indirizzo: via Vannella Gaetani 12
Orari: martedì-sabato 11-14 / 15-19
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 081 7643619
E-Mail info: info@gallerialiarumma.it
Sito ufficiale: http://www.gallerialiarumma.it
La Galleria Lia Rumma è lieta di annunciare la quinta mostra personale di William Kentridge, negli spazi della galleria di Napoli.
Sono molteplici le determinazioni che animano la ricerca di William Kentridge. Poco incline a lasciarsi inquadrare in rigidi confini disciplinari, resi peraltro privi di senso da una pratica artistica caleidoscopica, Kentridge presenta in questa mostra un consistente e variegato corpus di opere realizzato tra il 2012 e il 2014.
Sia nei tre “flip book” film, uno dei quali, NO, IT IS, costituito da una triplice proiezione, che nelle incisioni su linoleum e nei disegni realizzati utilizzando il segno fluido, generoso ed espansivo dell’inchiostro indiano, ricavato dal nero carbone, Kentridge agisce su pagine di dizionari enciclopedici (l’Oxford Dictionary, il Technology Dictionary, Britannica World Language, ad esempio): un supporto singolare che non è una superficie neutra ma già un palinsesto da cui scaturisce la sua rilettura – “second-hand reading”– quando sulle sequenze ordinate dei lemmi, si attiva lo scorrere e il rincorrersi di immagini e parole.
Così, mentre reinventa una delle più antiche forme di animazione, Kentridge costruisce uno spazio da cui osservare le contraddizioni del reale, la sua discontinuità. DISINTER AND RECONFIGURE / SHOWING AND HIDING / SHOWING AND VANISHING / sono, tra le tante, le azioni che spuntano dagli enormi e rigogliosi alberi.
Molti degli oggetti si stagliano rappresentati sulle pagine (un megafono, una macchina da scrivere, una moka…) trovano la loro eco materiale [“a mistranslation” ] in Rebus del 2013, un gruppo di 9 sculture in bronzo, allineate su un asse di legno come parole su un rigo. Ma se il rebus è letteralmente un esprimersi “con le cose”, per Kentridge le cose stesse – a sottolineare ambiguità e incertezze dei dati di realtà – non sono elementi il cui significato è dato e immutabile, ma si trasformano in nuovi oggetti al mutare della prospettiva da cui le si osserva.
L’opera di Kentridge, allora, ci svela l’incerta “grammatica del mondo” laddove ci ricorda che ambire ad una visione univoca e totale è solo un’illusione.
La mostra in galleria sarà preceduta lunedì 5 maggio dalla lecture “A walking tour of the studio”, che si terrà nella basilica di San Giovanni Maggiore, su invito del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”. L’artista incontrerà studenti, pubblico e la comunità scientifica per una lezione speciale sulla singolarità del suo processo creativo, avvalendosi di immagini e film animati.
Kentridge sarà presente in Italia tra il 2014 e il 2015 con altri due importanti progetti inediti: dal 10 al 21 settembre al Museo del Bargello di Firenze, durante il Festival di musica contemporanea FLAME, sarà presentato in anteprima assoluta Paper Music, un lavoro che prevede film, performance e musica, realizzato insieme al compositore sudafricano Philip Miller, mentre a Roma, nell’ambito dell’iniziativa promossa dall’associazione Tevereterno, Kentridge realizzerà per la primavera del 2015 un fregio che rappresenterà una “processione” di figure alte circa 9 mt per 550 m di lunghezza sui muraglioni del Lungotevere, nel tratto fluviale tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini. Il fregio sarà rivelato con la pulitura della patina di smog accumulata sulle mura di travertino.
A partire dal 1997, anno della sua partecipazione alla X edizione di dOCUMENTA a Kassel, l’opera di William Kentridge (Johannesburg, 1955) si è rivelata all’attenzione internazionale. Sue mostre personali si sono susseguite nei musei e gallerie di tutto il mondo: dal Palais des Beaux-Arts di Bruxelles al MCA di San Diego (1998), al MoMA di New York (1999). In Italia il Castello di Rivoli ha ospitato una retrospettiva itinerante nel 2004, curata da Carolyn Christov-Bakargiev. Nel 2006 Kentridge ha curato la regia e le scenografie de Il Flauto Magico, presentato in anteprima al Teatro de La Monnaie a Brussels, e poi a Lille, al Teatro San Carlo di Napoli, Caen, Ginevra e nel 2011 al Teatro alla Scala di Milano. Nel 2008 il progetto “(REPEAT) from the beginning/Da capo” è stato presentato alla Fondazione Bevilacqua La Masa e al Teatro la Fenice di Venezia, a cura di Francesca Pasini.
Il dialogo con l’Italia, con la sua storia e la sua cultura, si è rafforzato con Zeno writing del 2002, nato dalla rilettura del romanzo di Italo Svevo La coscienza di Zeno (1923), e al lavoro su documenti e carte del Regno di Napoli scelti come territorio in cui far procedere e avanzare i suoi porters, che ha condotto alla mostra “Streets of the city” e altri arazzi per il Museo di Capodimonte del 2009, per trovare spazio più di recente nei grandi mosaici di “Toledo”, stazione pluripremiata della metropolitana dell’arte di Napoli. Il 2009 ha segnato l’avvio di “5 Themes”, una grande mostra partita dal SFMoMA di San Francisco, e presentata poi, tra gli altri musei, al MoMA di New York, al Jeu de Paume di Parigi, all’Albertina di Vienna. Nel 2010 Kentridge ha diretto al Met Opera di New York Il Naso di Shostakovich. Nello stesso anno ha ricevuto il prestigioso Kyoto Prize per le Arti e la Filosofia. Tra marzo e aprile del 2012, l’artista ha tenuto all’Università di Harvard, un ciclo di sei lezioni, “The Charles Eliot Norton Lectures”, mentre nel giugno 2012, in occasione di dOCUMENTA (13) è stata presentata la possente installazione The Refusal of Time, poi riproposta al MAXXI di Roma in occasione della personale Vertical Thinking. Nel 2013, William Kentridge è stato insignito del titolo di Honorary Doctorate in Fine Arts dalla Yale University.
Sono molteplici le determinazioni che animano la ricerca di William Kentridge. Poco incline a lasciarsi inquadrare in rigidi confini disciplinari, resi peraltro privi di senso da una pratica artistica caleidoscopica, Kentridge presenta in questa mostra un consistente e variegato corpus di opere realizzato tra il 2012 e il 2014.
Sia nei tre “flip book” film, uno dei quali, NO, IT IS, costituito da una triplice proiezione, che nelle incisioni su linoleum e nei disegni realizzati utilizzando il segno fluido, generoso ed espansivo dell’inchiostro indiano, ricavato dal nero carbone, Kentridge agisce su pagine di dizionari enciclopedici (l’Oxford Dictionary, il Technology Dictionary, Britannica World Language, ad esempio): un supporto singolare che non è una superficie neutra ma già un palinsesto da cui scaturisce la sua rilettura – “second-hand reading”– quando sulle sequenze ordinate dei lemmi, si attiva lo scorrere e il rincorrersi di immagini e parole.
Così, mentre reinventa una delle più antiche forme di animazione, Kentridge costruisce uno spazio da cui osservare le contraddizioni del reale, la sua discontinuità. DISINTER AND RECONFIGURE / SHOWING AND HIDING / SHOWING AND VANISHING / sono, tra le tante, le azioni che spuntano dagli enormi e rigogliosi alberi.
Molti degli oggetti si stagliano rappresentati sulle pagine (un megafono, una macchina da scrivere, una moka…) trovano la loro eco materiale [“a mistranslation” ] in Rebus del 2013, un gruppo di 9 sculture in bronzo, allineate su un asse di legno come parole su un rigo. Ma se il rebus è letteralmente un esprimersi “con le cose”, per Kentridge le cose stesse – a sottolineare ambiguità e incertezze dei dati di realtà – non sono elementi il cui significato è dato e immutabile, ma si trasformano in nuovi oggetti al mutare della prospettiva da cui le si osserva.
L’opera di Kentridge, allora, ci svela l’incerta “grammatica del mondo” laddove ci ricorda che ambire ad una visione univoca e totale è solo un’illusione.
La mostra in galleria sarà preceduta lunedì 5 maggio dalla lecture “A walking tour of the studio”, che si terrà nella basilica di San Giovanni Maggiore, su invito del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”. L’artista incontrerà studenti, pubblico e la comunità scientifica per una lezione speciale sulla singolarità del suo processo creativo, avvalendosi di immagini e film animati.
Kentridge sarà presente in Italia tra il 2014 e il 2015 con altri due importanti progetti inediti: dal 10 al 21 settembre al Museo del Bargello di Firenze, durante il Festival di musica contemporanea FLAME, sarà presentato in anteprima assoluta Paper Music, un lavoro che prevede film, performance e musica, realizzato insieme al compositore sudafricano Philip Miller, mentre a Roma, nell’ambito dell’iniziativa promossa dall’associazione Tevereterno, Kentridge realizzerà per la primavera del 2015 un fregio che rappresenterà una “processione” di figure alte circa 9 mt per 550 m di lunghezza sui muraglioni del Lungotevere, nel tratto fluviale tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini. Il fregio sarà rivelato con la pulitura della patina di smog accumulata sulle mura di travertino.
A partire dal 1997, anno della sua partecipazione alla X edizione di dOCUMENTA a Kassel, l’opera di William Kentridge (Johannesburg, 1955) si è rivelata all’attenzione internazionale. Sue mostre personali si sono susseguite nei musei e gallerie di tutto il mondo: dal Palais des Beaux-Arts di Bruxelles al MCA di San Diego (1998), al MoMA di New York (1999). In Italia il Castello di Rivoli ha ospitato una retrospettiva itinerante nel 2004, curata da Carolyn Christov-Bakargiev. Nel 2006 Kentridge ha curato la regia e le scenografie de Il Flauto Magico, presentato in anteprima al Teatro de La Monnaie a Brussels, e poi a Lille, al Teatro San Carlo di Napoli, Caen, Ginevra e nel 2011 al Teatro alla Scala di Milano. Nel 2008 il progetto “(REPEAT) from the beginning/Da capo” è stato presentato alla Fondazione Bevilacqua La Masa e al Teatro la Fenice di Venezia, a cura di Francesca Pasini.
Il dialogo con l’Italia, con la sua storia e la sua cultura, si è rafforzato con Zeno writing del 2002, nato dalla rilettura del romanzo di Italo Svevo La coscienza di Zeno (1923), e al lavoro su documenti e carte del Regno di Napoli scelti come territorio in cui far procedere e avanzare i suoi porters, che ha condotto alla mostra “Streets of the city” e altri arazzi per il Museo di Capodimonte del 2009, per trovare spazio più di recente nei grandi mosaici di “Toledo”, stazione pluripremiata della metropolitana dell’arte di Napoli. Il 2009 ha segnato l’avvio di “5 Themes”, una grande mostra partita dal SFMoMA di San Francisco, e presentata poi, tra gli altri musei, al MoMA di New York, al Jeu de Paume di Parigi, all’Albertina di Vienna. Nel 2010 Kentridge ha diretto al Met Opera di New York Il Naso di Shostakovich. Nello stesso anno ha ricevuto il prestigioso Kyoto Prize per le Arti e la Filosofia. Tra marzo e aprile del 2012, l’artista ha tenuto all’Università di Harvard, un ciclo di sei lezioni, “The Charles Eliot Norton Lectures”, mentre nel giugno 2012, in occasione di dOCUMENTA (13) è stata presentata la possente installazione The Refusal of Time, poi riproposta al MAXXI di Roma in occasione della personale Vertical Thinking. Nel 2013, William Kentridge è stato insignito del titolo di Honorary Doctorate in Fine Arts dalla Yale University.
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