PROPAGANDA. The Art of Political Indoctrination

Locandina di Giammusso Mancioli, Triennale d’Oltremare, 1940 | Courtesy of Fondazione Cirulli

 

Dal 05 Marzo 2020 al 17 Aprile 2020

New York |

Luogo: Casa Italiana Zerilli - Marimò | NewYork University

Indirizzo: 24 West 12th Street

Orari: Lun - Ven 10 - 18 | INAUGURAZIONE: 4 Mar 2020 h 18

Curatori: Nicola Lucchi, CUNY Queens College, Consulenti NYU:, Ruth Ben-Ghiat, Valentina Castellani, Ara Merjian

Costo del biglietto: Ingresso libero

Telefono per informazioni: +39 051 628 8300

E-Mail info: fondazione@fondazionecirulli.org

Sito ufficiale: http://casaitaliananyu.org



Fondazione Cirulli è lieta di annunciare la collaborazione con Casa Italiana Zerilli-Marimò di New York University nell'organizzazione della mostra documentaria Propaganda. The Art of Political Indoctrination, realizzata grazie al prestito di un cospicuo numero di opere provenienti dall'archivio della Fondazione. La mostra intende analizzare i meccanismi della propaganda politica attraverso lo studio della storia italiana del Ventesimo secolo. Particolare attenzione è dedicata al regime fascista, con documenti, manifesti ed opere d’arte del Ventennio, più una serie di opere ai margini di questo periodo storico che aiutano a contestualizzare il percorso espositivo.
 FOTO – PROPAGANDA. The Art of Political Indoctrination
Gli anni tra il 1922 e il 1943 (seguiti dal tragico biennio 1943-45 della Repubblica Sociale) costituiscono l'epoca più controversa e drammatica della storia italiana moderna, e l'uso della propaganda messo in atto dal regime fascista è un caso emblematico nello studio delle dinamiche politiche totalitarie.

La mostra illustra come il regime mussoliniano sia riuscito a fare leva sull'arte moderna, la comunicazione di massa, le tecniche pubblicitarie e la cultura popolare per manipolare la società e attrarre un vasto supporto per le proprie imprese dittatoriali. Considerate nella loro varietà, la propaganda emersa dal fascismo, così come quella emersa dai primi due decenni del Novecento e dalla neonata democrazia del secondo dopoguerra, ci offrono l'opportunità di decostruire la retorica della comunicazione politica nel suo insieme e ci permettono di osservare con rinnovato spirito critico la moltitudine di voci e narrazioni politiche in competizione tra loro, che oggi ci circonda.

LE SEZIONI IN MOSTRA

BURATTINAIOOBURATTINO?
Raccogliere consensi attorno alla figura di un leader forte è una strategia tipica della propaganda totalitaria. In Italia, tra le due guerre mondiali, questo culto della personalità si focalizzò sul “Duce” Benito Mussolini, uomo-forte per antonomasia, fondatore del partito fascista italiano e primo ministro tra il 1922 e il 1943. Mussolini, un abile oratore con notevoli doti istrioniche, costruì la propria immagine pubblica facendo leva sui suoi lineamenti fisiognomici al limite della caricatura, su una serie di motti memorabili e sulle sue presunte imprese temerarie. La macchina propagandistica del regime fascista fece ampio uso dei mass media e delle tecniche di riproduzione di massa, trasformando il ritratto di Mussolini in un’immagine onnipresente sui cartelloni pubblicitari e nei giornali. Le frasi ad effetto che Mussolini pronunciava nei suoi discorsi venivano riprodotte sulle pareti degli edifici pubblici, mentre le adunate a sostegno del regime prevedevano spesso la costruzione di scenografie architettoniche effimere, erette in suo onore. Questa abbondanza iconografica e semantica certamente contribuì ad aumentare la percezione del potere di Mussolini; di contro, l’immagine coordinata del grande burattinaio d’Italia rivela anche come la figura del Duce funzionasse a sua volta come una marionetta, soggetta alle regole che governano le mascotte commerciali di successo, le celebrità e gli slogan pubblicitari.

PRIMA E DOPO IL FASCISMO
La propaganda politica non è appannaggio esclusivo dei regimi totalitari: le forze democratiche sono egualmente in grado di sviluppare un efficace indottrinamento politico attraverso narrazioni accattivanti. Molti dei messaggi politici proposti dalle ideologie liberali e democratiche si fondano sulle stesse tecniche retoriche utilizzate dai burocrati di regime e dagli esperti di marketing: appelli drammatici su temi di grande carica emotiva, uso di frasi brevi e memorabili, derisione dell’avversario, presentazione selettiva di informazioni, ricorso a immagini forti e paradigmatiche. I decenni che precedettero e seguirono il regime fascista furono epoche turbolente: Il Regno d’Italia, una monarchia costituzionale a capo di una società ancora largamente agricola, passò i primi due decenni del ventesimo secolo alle prese con le forze dirompenti dell’industrializzazione, lo sviluppo della politica di massa e l’ascesa delle ideologie socialiste. Per contro, la giovane Repubblica Italiana nata dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale affrontò le sfide di una ricostruzione economica di massa e la necessità promuovere una riconciliazione sociale, il tutto nel teso clima ideologico della guerra fredda. La propaganda di queste epoche presenta una serie di ulteriori sfumature che permettono di capire come le forze politiche, ieri come oggi, guadagnino il consenso delle masse.

POLITICA E AFFARI
Il governo fascista ebbe un ruolo chiave nello sviluppo dell’economia italiana degli anni Venti e Trenta. La dottrina corporativista del regime, sostituitasi al libero sindacato, influenzò i rapporti di lavoro nelle grandi fabbriche, mentre l’intervento statale in settori strategici dell’economia comportò frequenti interazioni tra le imprese private e i burocrati del governo. Non è dunque una sorpresa il fatto che molte aziende italiane giunsero a compromessi con il regime, nella speranza di ottenere favori politici. In aggiunta, vista la popolarità del fascismo presso la piccola borghesia e la nascente “società dei consumi”, i riferimenti a Mussolini, ai motti e ai simboli del regime divennero un importante stratagemma nella promozione di prodotti destinati al consumo.

Il risultato di queste sinergie è che la veste grafica delle pubblicità commerciali dell’epoca rivela notevoli continuità con la propaganda politica coeva. Le parole che si ritrovano nelle campagne pubblicitarie si allineano alla retorica populista del regime, abbinando la promozione di un prodotto a frasi che evocano la memoria delle politiche e dei protagonisti del fascismo.

IL CONTROLLO DELLA VITA QUOTIDIANA
Indipendentemente dall’età e dal genere, ogni persona aveva un ruolo da ricoprire all’interno del “laboratorio” bio-politico del regime fascista. L’ideologia del fascismo doveva penetrare ogni aspetto della vita privata e pubblica, dalla culla al pensionamento. Tra le strategie adottate dal regime per ritagliarsi uno spazio nella vita quotidiana dei cittadini italiani vi erano lo sviluppo di organizzazioni giovanili di carattere militaresco, campagne a favore della natalità, manifestazioni a favore delle conquiste coloniali, espansione dell’edilizia popolare e di grandi infrastrutture. A seconda del pubblico di riferimento, i propagandisti incaricati di promuovere queste iniziative adottavano stili molto differenti: il ricorso a fotomontaggi avanguardisti si alternava a iconografie imperiali di gusto classicheggiante. A rafforzare questo controllo sulla vita quotidiana vi era inoltre una moltitudine di propaganda “soft”, costituita da gare atletiche sponsorizzate dallo stato, concorsi artistici, e commissioni pubbliche per la realizzazione di monumenti e opere d’arte nell’edilizia del regime. Queste iniziative attiravano una miriade di atleti, artisti e intellettuali nell’orbita del fascismo, favorendo al contempo la percezione che il regime promuovesse una libera creatività. Infine, il governo fascista pubblicizzava il proprio operato attraverso una serie ininterrotta di mostre e fiere, destinazione prescelta per le gite fuori porta organizzate dai circoli ricreativi “dopolavoro” controllati dal regime. Alla fine degli anni Trenta, un’intera generazioni di giovani italiani era fatto cresciuta sotto il costante influsso della propaganda e degli organi di regime.

“AL DI LÀ DEI CONFINI NAZIONALI”
La macchina propagandistica di uno stato totalitario non si limita a prendere di mira i propri cittadini; al contrario, tenta frequentemente di esibire le proprie conquiste e ideologie su scala globale. L’Italia fascista non era indifferente al teatro politico internazionale e coltivava attentamente la propria immagine all’estero attraverso iniziative accattivanti che potessero rappresentare la cultura e la potenza militare-industriale dello stato, come mostre d’arte itineranti e trasvolate aeree intercontinentali. Gli sforzi propagandistici del regime fascista si rivolgevano spesso agli Stati Uniti, sia per incoraggiare buone relazioni diplomatiche tra i due paesi, sia per avvicinare la grande comunità di emigrati italiani alle politiche del regime. L’ultimo tentativo fascista di raggiungere un pubblico internazionale fu l’Esposizione Universale Romana, progettata ma mai realizzata. Conosciuta col nome in codice E42, l’esposizione avrebbe portato visitatori internazionali nel quartiere-modello dell’EUR, progettato per coniugare l’architettura classica e monumentale con le linee moderne e austere dell’architettura razionalista italiana.

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