Emilio D'Itri. Colori proibiti

Emilio D'Itri. Colori proibiti, Complesso Monumentale San Niccolò, Spoleto (PG)
Dal 28 Aprile 2013 al 20 Maggio 2013
Spoleto | Perugia
Luogo: Complesso Monumentale San Niccolò
Indirizzo: piazza Collicola 1
Curatori: Tiziana Faraoni
Telefono per informazioni: +39 0743 46434/ 335 1289627
E-Mail info: press@officinefotografiche.org
Sito ufficiale: http://www.spoletoacolori.com
Il 27 aprile, nell'ambito del Festival Spoleto a Colori, manifestazione dedicata alle arti, inaugura la mostra di Emilio D'Itri, Colori Proibiti, a cura di Tiziana Faraoni.
Colori Proibiti, in giapponese Kinjiki, prende il nome dal primo spettacolo Butoh presentato da Tatsumi Hijikata ad un festival di danza giapponese nel 1959. Il progetto, portato avanti da Emilio D'Itri, non cattura solo degli attimi, ma interpreta l'essenza del Butoh, la danza delle tenebre. La mostra è il frutto di un lungo percorso, durato diversi anni, della danza Butoh e dei suoi interpreti.
Butoh in giapponese è un ideogramma composto da due parole, Bu e Toh. Bu è lo stesso elemento contenuto in Kabuki (ballare, muoversi elegantemente), riferito alla parte superiore del corpo. Mentre Toh indica il movimento di quella inferiore, il calpestare. Un dialogo intimo tra mani e piedi, un incontro tra opposti, parte di uno stesso essere. La calma e la violenza, la libertà e l'oppressione. Una relazione profonda tra corpo e natura. Nelle 33 immagini in mostra, il buio si alterna alla luce. Sguardi differenti si ritmano tra loro, lasciando che la composizione, provocatoria e scioccante, dia spazio e respiro alla leggerezza e alla profonda armonia delle forme.
Emilio D'Itri ritrova la stessa spiritualità di questa danza teatrale nella natura. Quest'ultima si anima e si alterna in dittici, dove corpi armonici e disarmonici dialogano con la terra e con il silenzio degli elementi.
Colori Proibiti, in giapponese Kinjiki, prende il nome dal primo spettacolo Butoh presentato da Tatsumi Hijikata ad un festival di danza giapponese nel 1959. Il progetto, portato avanti da Emilio D'Itri, non cattura solo degli attimi, ma interpreta l'essenza del Butoh, la danza delle tenebre. La mostra è il frutto di un lungo percorso, durato diversi anni, della danza Butoh e dei suoi interpreti.
Butoh in giapponese è un ideogramma composto da due parole, Bu e Toh. Bu è lo stesso elemento contenuto in Kabuki (ballare, muoversi elegantemente), riferito alla parte superiore del corpo. Mentre Toh indica il movimento di quella inferiore, il calpestare. Un dialogo intimo tra mani e piedi, un incontro tra opposti, parte di uno stesso essere. La calma e la violenza, la libertà e l'oppressione. Una relazione profonda tra corpo e natura. Nelle 33 immagini in mostra, il buio si alterna alla luce. Sguardi differenti si ritmano tra loro, lasciando che la composizione, provocatoria e scioccante, dia spazio e respiro alla leggerezza e alla profonda armonia delle forme.
Emilio D'Itri ritrova la stessa spiritualità di questa danza teatrale nella natura. Quest'ultima si anima e si alterna in dittici, dove corpi armonici e disarmonici dialogano con la terra e con il silenzio degli elementi.
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