Giovanni Tariello. Lo mio paese
Dal 23 Ottobre 2015 al 06 Novembre 2015
Pesaro | Pesaro e Urbino
Luogo: Alexander Museum Palace Hotel
Indirizzo: viale Trieste 20
Curatori: Anouck Vecchietti Massacci
E-Mail info: anouckvecchiettimassacci@gmail.com
Sagome senza volto e oggetti del quotidiano si stagliano sulla tela e parlano di Castel Morrone, paese natale di Giovanni Tariello dal quale emerge l'odore intenso della terra dissodata, il canto dei galli, il vociare dei contadini, il profumo dei fiori di campo.
Lo sfondo bianco è il luogo dove il simbolo e il reale s'incontrano e nel quale queste figure di acqua e pigmenti evolvono raccontando l'immaginario poetico dell'artista.
Tariello con le sue tele mette in luce il mondo contadino e l'essenza stessa dell'uomo, e dandogli una dignità etica, antropologica e culturale gli riconosce il suo essere nel mondo.
Quest'anima rurale che Tariello racconta certo è quella di Castel Morrone, ma le sue immagini diventano archetipiche e le stesse sagome, senza volto, spesso solo disegnate a matita, sembrano richiamare questo essere riconducibili ad elementi basici della storia dell’umanità.
Questi dipinti racchiudono simboli che rendono la poesia di un tempo arcaico, portano alla mente il sudore, la fatica, ma anche sentimenti di solidarietà e fraternità.
A rendere ancor più vivide le tele ci sono i colori che Tariello stesso impasta come facevano i maestri nelle antiche botteghe. Il rosso prima di tutti, colore del ventre, del centro della terra che si espande sulle superfici o appare nei particolari; e così una mela, dei fiori, gocce di pioggia o semplici attrezzi emergono con forza dallo sfondo.
L'osservatore beve questi colori, diventa egli stesso colore e in quel mare di rossi, blu e spazi vuoti ritrova le tracce di una storia del mondo.
Anouck Vecchietti Massacci
Lo sfondo bianco è il luogo dove il simbolo e il reale s'incontrano e nel quale queste figure di acqua e pigmenti evolvono raccontando l'immaginario poetico dell'artista.
Tariello con le sue tele mette in luce il mondo contadino e l'essenza stessa dell'uomo, e dandogli una dignità etica, antropologica e culturale gli riconosce il suo essere nel mondo.
Quest'anima rurale che Tariello racconta certo è quella di Castel Morrone, ma le sue immagini diventano archetipiche e le stesse sagome, senza volto, spesso solo disegnate a matita, sembrano richiamare questo essere riconducibili ad elementi basici della storia dell’umanità.
Questi dipinti racchiudono simboli che rendono la poesia di un tempo arcaico, portano alla mente il sudore, la fatica, ma anche sentimenti di solidarietà e fraternità.
A rendere ancor più vivide le tele ci sono i colori che Tariello stesso impasta come facevano i maestri nelle antiche botteghe. Il rosso prima di tutti, colore del ventre, del centro della terra che si espande sulle superfici o appare nei particolari; e così una mela, dei fiori, gocce di pioggia o semplici attrezzi emergono con forza dallo sfondo.
L'osservatore beve questi colori, diventa egli stesso colore e in quel mare di rossi, blu e spazi vuoti ritrova le tracce di una storia del mondo.
Anouck Vecchietti Massacci
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