Omaggio a Guido Gambone
Guido Gambone, Fiasca, La faenzerella, 1949, maiolica, collezione Mic
Dal 21 October 2012 al 6 January 2013
Faenza | Ravenna
Luogo: Mic - Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
Indirizzo: viale Baccarini 19
Orari: da martedì a venerdì 10-13.30; sabato, domenica e festivi 10-17.30
Costo del biglietto: intero euro 8, ridotto euro 5, famiglia euro 12
Telefono per informazioni: +39 0546 697311
E-Mail info: info@micfaenza.org
Sito ufficiale: http://www.micfaenza.org/
Omaggio a Guido Gambone, la prossima mostra che inaugura il 20 ottobre, alle 17.30, al Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, espone una quarantina di pezzi della Collezione di Giuseppe Tampieri - pittore faentino e suo stimato amico - insieme a 24 opere tra cui alcuni inediti presenti nella collezione del Museo stesso.
Guido Gambone di origine campana, si trasferisce giovanissimo con la famiglia a Vietri dove impara l’arte della ceramica. Qui lavora con le principali manifatture ed entra in contatto con la cosiddetta "colonia dei ceramisti tedeschi" attivi a Vietri negli anni ’20 e ’30 (Richard Doelker, Irene Kowaliska, Gunther Stundemann, Elle Scwarz, Barbara Margarethe, Thewalt-Hannasch) assimilandone lo stile fiabesco mediterraneo. Influenzato soprattutto da Irene Kowaliska, Gambone elabora un proprio stile attento alle forme primitive e alla decorazione astratto-figurativa e fondando una sua manifattura “La Faenzerella”.
Le occasioni che portarono Guido Gambone a Faenza furono diverse. Partecipò a diversi edizioni del Premio Faenza, proprio su sollecito di Tampieri, vincendone ben cinque edizioni (1947, 1948, 1949, 1959, 1960) e grazie, sempre all’interessamento dell’amico e all’aiuto di Ennio Golfieri e di Melisanda Lama - allora segretaria del Mic - realizza una mostra nel dicembre del 1948.
“Parte delle opere esposte all’epoca sono affini a quella della mostra di oggi – scrive Claudia Casali, direttrice del Mic – sono manufatti, di natura sperimentale, che richiamano in parte , nella figurazione, l’esperienza di Vietri e della colonia tedesca”.
In mostra anche tre dipinti realizzati negli anni ’50 che “mostrano chiari riferimenti alla Scuola Romana e al Novecento, - continua - un’impronta propriamente surrealistico-metafisica, di certo marginale rispetto agli esiti ceramici”.
Guido Gambone e Giuseppe Tampieri si conoscono a Firenze tra il 1938 e il 1941, anni in cui Tampieri frequentò l’Istituto d’arte e da allora comincia un lungo rapporto di amicizia e di affinità elettive.
Tampieri lo definisce “dal carattere fiero e intransigente” e rivela la sua segreta passione per la pittura. Purtroppo la monografica faentina del 1948 passò un po’ in secondo piano, nonostante l’anno prima avesse vinto il Premio Faenza. “E allora, come mai quella che effettivamente era la sua prima mostra personale passò inosservata - si chiede Tampieri - e non è nemmeno citata oggi nelle sue schede bibliografiche?”.
Dopo 43 anni dalla sua morte ecco che Tampieri torna a celebrare l’amico con questa nuova esposizione ricordandolo ancora con affetto: “Sono passati tanti anni - dice - e ancora sento la sua presenza nelle lettere e nelle opere che ho conservato gelosamente”.
Guido Gambone di origine campana, si trasferisce giovanissimo con la famiglia a Vietri dove impara l’arte della ceramica. Qui lavora con le principali manifatture ed entra in contatto con la cosiddetta "colonia dei ceramisti tedeschi" attivi a Vietri negli anni ’20 e ’30 (Richard Doelker, Irene Kowaliska, Gunther Stundemann, Elle Scwarz, Barbara Margarethe, Thewalt-Hannasch) assimilandone lo stile fiabesco mediterraneo. Influenzato soprattutto da Irene Kowaliska, Gambone elabora un proprio stile attento alle forme primitive e alla decorazione astratto-figurativa e fondando una sua manifattura “La Faenzerella”.
Le occasioni che portarono Guido Gambone a Faenza furono diverse. Partecipò a diversi edizioni del Premio Faenza, proprio su sollecito di Tampieri, vincendone ben cinque edizioni (1947, 1948, 1949, 1959, 1960) e grazie, sempre all’interessamento dell’amico e all’aiuto di Ennio Golfieri e di Melisanda Lama - allora segretaria del Mic - realizza una mostra nel dicembre del 1948.
“Parte delle opere esposte all’epoca sono affini a quella della mostra di oggi – scrive Claudia Casali, direttrice del Mic – sono manufatti, di natura sperimentale, che richiamano in parte , nella figurazione, l’esperienza di Vietri e della colonia tedesca”.
In mostra anche tre dipinti realizzati negli anni ’50 che “mostrano chiari riferimenti alla Scuola Romana e al Novecento, - continua - un’impronta propriamente surrealistico-metafisica, di certo marginale rispetto agli esiti ceramici”.
Guido Gambone e Giuseppe Tampieri si conoscono a Firenze tra il 1938 e il 1941, anni in cui Tampieri frequentò l’Istituto d’arte e da allora comincia un lungo rapporto di amicizia e di affinità elettive.
Tampieri lo definisce “dal carattere fiero e intransigente” e rivela la sua segreta passione per la pittura. Purtroppo la monografica faentina del 1948 passò un po’ in secondo piano, nonostante l’anno prima avesse vinto il Premio Faenza. “E allora, come mai quella che effettivamente era la sua prima mostra personale passò inosservata - si chiede Tampieri - e non è nemmeno citata oggi nelle sue schede bibliografiche?”.
Dopo 43 anni dalla sua morte ecco che Tampieri torna a celebrare l’amico con questa nuova esposizione ricordandolo ancora con affetto: “Sono passati tanti anni - dice - e ancora sento la sua presenza nelle lettere e nelle opere che ho conservato gelosamente”.
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