Tina Modotti. L’umano fervore

Tina Modotti, Chitarra, falce e cartucciera, Messico, 1927

 

Dal 17 Dicembre 2021 al 20 Febbraio 2022

Ravenna

Luogo: Palazzo Rasponi 2

Indirizzo: Via Massimo D’Azeglio 2

Orari: dal martedì alla domenica 10-13 / 15-19; 24 e 31 dicembre solo al mattino; 25, 26 dicembre e 6 gennaio chiuso

Curatori: Silvia Camporesi e comitato Tina Modotti

Enti promotori:

  • PR2/assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Ravenna

Costo del biglietto: ingresso gratuito


Tina Modotti è una delle protagoniste della grande avventura della fotografia della prima parte del Novecento e il PR2/assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Ravenna - nella ricognizione sistemica che consolida Camera Work, il progetto di indagine sulla fotografia contemporanea tra giovane sperimentazione e racconto storicizzato - l’ha scelta come simbolo di pensiero e pratica di un linguaggio che ha intercettato, con la mostra “Umano fervore”, gran parte dei momenti storici più intensi e dolorosi del secolo scorso. L’assessorato alle Politiche Giovanili prosegue così il lavoro di approfondimento e ricerca sulla fotografia contemporanea, iniziato nel 2016, in collaborazione con la Scuola dei Beni culturali dell’Università di Bologna - campus di Ravenna. 

La mostra, a cura di Silvia Camporesi e del comitato Tina Modotti, sarà inaugurata a Palazzo Rasponi il 17 dicembre alle 17.30 e sarà visitabile a ingresso gratuito fino al 20 febbraio, dal martedì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19 (24 e 31 dicembre solo al mattino, 25, 26 dicembre e 6 gennaio chiusa). L’opening della mostra al PR2 sarà accompagnato dal reading dell’attrice Elena Bucci che, attraverso una selezione di scritti di e su Tina Modotti, introdurrà i visitatori alla visione delle opere della celebre fotografa.

L’esposizione presenta un nucleo di circa cinquanta opere che documentano il percorso di Modotti, breve e allo stesso tempo ricco di opere straordinarie. Si parte dalle celebri “Calle” del 1924 e dalla produzione nata dal sodalizio con Edward Weston sino ad arrivare all’ epos degli umili, attraversando le immagini raccolte nel Messico dolente e meraviglioso dei bambini, degli uomini e delle donne di Tehuantepec, in mezzo a un’umanità bellissima e straziante. L'allestimento include anche ritratti realizzati da Edward Weston, documenti biografici, testimonianze, scritti autografi e riflessioni che restituiscono il profilo di un’artista totale, trasparente e folgorante nelle intuizioni, nel talento inconfondibile e nella profonda puntualità di sguardo, innestato nel cuore della bellezza e della crudeltà del mondo.

Nella fotografia Modotti ha costruito una poetica struggente e meravigliosa, lasciando la traccia indelebile di un’identità nella quale si sono intrecciati arte ed esistenza, bellezza e passione, terra, corpo, cielo, polvere. La distanza del tempo permette ora di guardare con sguardo libero la produzione di quest’artista/militante rivoluzionaria, allontanandosi dallo stereotipo che, accompagnato da declinazioni romanzesche, ha spesso messo in secondo piano la sua qualità di artista, la straordinaria dimensione etica ed insieme estetica del suo lavoro.

“Il profilo artistico di Tina Modotti – commenta l’assessore alle Politiche giovanili Fabio Sbaraglia - è certamente tra i più intensi tra quelli della prima metà del XX secolo; in soli sette anni di attività Modotti ha lasciato un insieme di opere che hanno tracciato un solco profondo nell’arte e nella coscienza collettiva; è stata operaia, artista, attrice teatrale e cinematografica, attivista del Soccorso Rosso Internazionale, militante e rivoluzionaria, donna in grado di affermare un’identità straordinaria, profonda, connessa con alcuni dei momenti cruciali e più drammatici della storia del secolo scorso: la Rivoluzione Messicana, la Guerra di Spagna, la Russia di Stalin, l’Europa sulla quale si proiettava la lunga ombra nera della Seconda Guerra Mondiale. Ma soprattutto Tina è stata una grande fotografa, tesa tra il racconto necessario per entrare nella realtà, nella sua bellezza incandescente, senza sovrastrutture e compiacimenti estetici, e l’urgenza esistenziale e totale di cambiare il mondo”.

Eventi collaterali


Nell’ambito della mostra, sabato 18 dicembre alle 17 alla sala D’Attorre di Casa Melandri è in programma la lectio magistralis “Tina Modotti - L’umano fervore”, di Silvia Camporesi con la partecipazione di Marì Domini, presidente del comitato Tina Modotti.

Il 5 gennaio
 invece, sempre alle 17 alla sala D’Attorre, ci sarà un incontro con il professor Claudio Natoli in occasione dell’annullo filatelico emesso per la ricorrenza dei 70 anni dalla morte di Tina Modotti.

Tra gennaio e febbraio sono inoltre in programma un laboratorio di fotografia analogica con analisi delle tecniche fotografiche analogiche (in relazione alle opere esposte di Tina Modotti) e successiva dimostrazione di utilizzo pratico della stampa in camera oscura, che sarà condotto in collaborazione con l’associazione faentina Fototeca Manfrediana; e un cineforum con proiezione di pellicole cinematografiche inerenti al contesto storico in cui si inserisce la figura di Tina Modotti (Messico post-rivoluzionario). Il calendario di queste due iniziative è in fase di definizione.

Assunta Adelaide Luigia Modotti, conosciuta come Tina, nasce nel 1896 a Udine da una umile famiglia operaia.
Dopo essersi trasferiti per un breve periodo in Austria, tornano a Udine dove Tina lavora come operaia in una filanda per aiutare a mantenere la numerosa famiglia. Nonostante le sue origini modeste, già in giovane età ha l’opportunità di approcciarsi alla fotografia nello studio dello zio Pietro Modotti.
Nel 1913 Tina lascia per sempre l’Italia. Raggiunge negli Stati Uniti il padre, che era emigrato a San Francisco alla ricerca di una vita migliore. Qui Tina lavora come sarta in una fabbrica tessile. Allo stesso tempo, inizia a inserirsi nel vivace contesto culturale americano, attraverso il quale conosce il poeta e pittore Roubaix de l’Abrie Richey, detto Robo. I due, dopo essersi sposati nel 1918, si trasferiscono a Los Angeles.
Nel 1920 Tina si avvicina al mondo del cinema hollywoodiano, dal quale, però, si allontana a causa della natura commerciale delle produzioni cinematografiche. Con il suo fascino attira anche l’attenzione di molti fotografi, che la ritraggono in diverse occasioni. Tra questi vi è l’americano Edward Weston, la cui conoscenza cambierà la vita di Tina a livello professionale e personale.
Nel febbraio del 1922 il marito Roubaix muore a causa di un’infezione di vaiolo, contratta durante un viaggio in Messico. L’anno successivo, Tina e il fotografo Edward Weston, uniti da un forte amore, decidono di trasferirsi in un Messico animato dal clima politico e culturale post-rivoluzionario.
Nel frattempo, grazie alla frequentazione con Weston, Tina accelera l’apprendimento della fotografia e, in breve tempo, grazie alle sue abilità, conquista la sua autonomia espressiva. Alla fine del 1924, inaugurano insieme un’esposizione delle loro opere a Città del Messico.
A causa di divergenze politiche, nel 1926 i due si allontanano e Edward Weston torna definitivamente negli Stati Uniti. Da quel momento, Tina inizia a vivere di fotografia, eseguendo molti ritratti su commissione. Si avvicina al clima politico e aderisce al Partito Comunista. Qui, incontra prima il pittore Xavier Guerrero, poi Vittorio Vidali, rivoluzionario di origini triestine ed esponente del Komintern.
A questo punto della sua vita, Tina trasforma completamente il suo modo di fotografare. Infatti, dopo le prime esperienze di still life, inizia a utilizzare il mediumfotografico come strumento di indagine e denuncia sociale, dando valenza ideologica alle sue fotografie: esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo messicano e del suo riscatto. Le sue fotografie vengono pubblicate nelle riviste Forma, New Massess, Horizonte.
Nel 1928 si lega a Julio Antonio Mella, un giovane rivoluzionario cubano. La loro relazione non dura molto: nel gennaio del 1929 Mella viene assassinato mentre sta rincasando con Tina. Durante un’intensa campagna diffamatoria, le forze reazionarie tentano di coprire i mandanti e gli esecutori del delitto. In seguito a queste accuse, Tina protesta, rifiutando l’incarico di fotografa ufficiale del Museo Nazionale Messicano. Sempre nel 1929, realizza un importante reportage a Tehuantepec ed espone le sue opere all’Università Autonoma di Città del Messico. Inoltre, la rivista locale Mexican Folkways pubblica il suo manifesto Sobre la fotografia.
Nel febbraio del 1930 Tina viene falsamente accusata di aver partecipato a un attentato contro il nuovo capo di Stato. Di conseguenza, viene arrestata ed espulsa dal Messico: sbarca a Rotterdam e da lì si dirige in Germania, a Berlino. Qui, l’ambiente è diverso dal Messico: l’attività fotografica è legata all’informazione giornalistica e i formati fotografici sono più maneggevoli. Abituata ai grandi formati della sua Graflex e a pose lente e meditate, Tina è disorientata e fatica a sintonizzarsi con le nuove tendenze della fotografia europea.
Così, delusa da questa esperienza in Europa, parte per Mosca, dove la attende Vittorio Vidali. Qui, Tina allestisce la sua ultima esposizione con le foto portate dal Messico. Dopo aver abbandonato definitivamente la fotografia, si dedica alla militanza nel Soccorso Rosso Internazionale, l’organizzazione connessa all’Internazionale Comunista, con lo scopo di aiutare le vittime della lotta rivoluzionaria.
Allo scoppio della guerra civile spagnola, nel luglio del 1936, sotto falso nome si trasferisce a Madrid assieme a Vidali, ormai suo compagno da anni nonchè comandante del Quinto Reggimento. Durante la guerra, lavora negli ospedali e si dedica ad attività politiche e culturali, conoscendo diversi esponenti delle Brigate Internazionali.
In seguito alla sconfitta delle forze repubblicane, Tina e Vidali hanno la possibilità di tornare in Messico. Qui, si dedica al soccorso dei reduci della guerra civile spagnola.
Nella notte del 5 gennaio 1942, a Città del Messico, Tina muore dentro un taxi, probabilmente colpita da un infarto.
Dopo la sua morte, la figura di Tina Modotti fu a lungo discussa. Tutt’ora il suo ruolo nella lotta politica e nei complotti che vennero intessuti in quegli anni ha dato adito a diverse interpretazioni, ma la sua figura ha certamente lasciato il segno nella storia della fotografia del suo secolo.



SCARICA IL COMUNICATO IN PDF
COMMENTI