Beatrice Pediconi. 9’/Unlimited - Michael van Ofen. Germania und Italia
Dal 06 Ottobre 2013 al 30 Gennaio 2014
Reggio nell'Emilia | Reggio Emilia
Luogo: Collezione Maramotti
Indirizzo: via Fratelli Cervi 66
Orari: giovedì e venerdì 14.30-18.30; sabato e domenica 10.30-18.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 349 2529989?
E-Mail info: info@collezionemaramotti.org
Sito ufficiale: http://www.collezionemaramotti.org/it/Home-Page
Beatrice Pediconi. 9’/ Unlimited
C’è mistero e stupore nell’opera di Beatrice Pediconi, e nel suo gesto capacità generatrice e attitudine ad accogliere l’imprevisto: avanzare e ritirarsi, agire e percepire.
Un’evidenza di come sia possibile fare un altro tipo di pittura, pittura “mutante” non sulla tela, ma nell’acqua, con esiti solo parzialmente controllabili dall’artista.
Dal ciclo Corpi Sottili, scritture realizzate con inchiostri nel 2006, alla serie blu degli Untitled, in cui l’artista impiega polveri e gesso nel 2009, fino alle sperimentazioni con materiali organici di Red nel 2011: il suo percorso di incontro/sposalizio con l’acqua è sempre più fertile e in continua crescita. Un percorso che vuole coniugare l’osservazione scientifica dei comportamenti dei materiali e la capacità di riprodurli con la libertà creativa in cui l’immagine viene spostata su un piano percettivo differente da quello a cui ci ha abituato la pittura tradizionale. Un percorso in cui la fragilità della visione e la trasformazione costituiscono l’aspetto fondante della sua ricerca.
Il nuovo lavoro realizzato per la Collezione Maramotti dal titolo 9’/ Unlimited costituisce un ulteriore sviluppo in cui l’artista si misura non soltanto con l’uso della polaroid o con scatti di grande formato realizzati con banco ottico durante un vero e proprio processo performativo di sapore alchemico e il suo potenziale congelamento fotografico, ma realizza un ambiente, un luogo che diviene una sorta di navicella che accoglie il visitatore. Ma anche bozzolo in cui fili di immagini in movimento si srotolano lungo le pareti dalla stanza verso “l’incontenibile” e conducono lo spettatore in altri territori possibili.
Si ondeggia in un firmamento di pigmento e di vuoti che si combinano in accelerazioni e decelerazioni improvvise creando partiture formali sempre diverse: immagini in “battere e in levare”, in un silenzio siderale in cui la forma diviene portatrice della musica interna all’universo.
La mostra si accompagna ad un libro d’artista che accoglie il flusso di immagini (polaroid e still del video) dell’artista in dialogo con tre preziosi interventi: un Haiku della poetessa giapponese Momoko Kuroda, un musical score del compositore romano Lucio Gregoretti e una misterica formula chimica di Andrew Lerwill, ingegnere inglese in scienze della conservazione. Queste collaborazioni costituiscono veri e propri intrecci linguistici in cui poesia, musica, chimica e arti visive amplificano vicendevolmente il mistero di questa esplorazione/contemplazione.
La formazione di Beatrice Pediconi (Roma, 1972) si svolge tra Parigi e Roma. Nel 2010 si trasferisce a New York dove ora vive e lavora. Dagli studi architettura nasce la sua passione per la fotografia di architettura che la accompagna nei primi anni dopo la laurea. Contemporaneamente inizia un percorso di ricerca artistica sperimentale che sempre più tende una rete sottile e un dialogo tra chimica, fisica, matematica, musica, fotografia, video e installazione, all’interno di un suo speciale approccio alla pittura.
Michael van Ofen. Germania und Italia
Già col titolo della mostra Germania und Italia – appropriato dal celebre Italia und Germania, 1828 di Friedrich Overbeck – l'artista tedesco Michael van Ofen annuncia che egli ha finalizzato il suo viaggio artistico in Italia per proporre in termini di indagine formale il rapporto che il suo lavoro ha costantemente intrattenuto con la storia. La storia che van Ofen evoca in questi nuovi quadri è quella dei legami e delle analogie che hanno accomunato Germania e Italia; o meglio, del parallelismo che ha accompagnato i due paesi durante la seconda metà dell'Ottocento nel loro processo di formazione nazionale. Per l’artista, il legame storico-culturale era cominciato con il lontano De origine Germanorum di Tacito, era continuato con l’ispirarsi a Raffaello da parte dei Nazareni, era diventato cospicuo con la vicinanza cronologica nella creazione di uno stato unitario in Italia e in Germania nel decennio 1861-1871, raggiungendo una tragica intensità con la loro alleanza nella Seconda Guerra Mondiale.
Nelle opere che costituiscono Germania und Italia, l'artista si rifà a quadri dell'Ottocento tedeschi e italiani o a riproduzioni d'epoca di tali quadri, per fondare concettualmente la propria iconografia su referenti che convertono in rovine la memoria di eventi che hanno segnato il destino di due società, rovine la cui immagine si deposita e si disintegra sulla tela. Il quadro storico si trasforma in una struttura fantasmica, in cui personaggi e oggetti vengono trascritti come forma e colore, come geometria e gesto, come spazio e immaginazione. La pittura di van Ofen è gradualmente evoluta, dagli anni Ottanta a oggi, da immagini riconoscibili di paesaggi e architetture – create attraverso una serrata costruzione di pennellate solide e regolari, tracciate sulla tela con l'intenzione di inscrivere una dialettica di rappresentazione e astrazione – a figurazioni umane che appaiono come cortocircuiti della visione: forme essenziali, tracciate con una stenografia visuale, un'azione pittorica che ha la velocità del flash, spingendo la rappresentazione all'estremo limite delle sue possibilità e della sua leggibilità.
Il secolo diciannovesimo è stata un’epoca in cui tre importanti fattori hanno, per un determinato periodo, avuto un'influenza enorme e insieme condizionato la pratica pittorica: l'invenzione della storia, la virulenza dei nazionalismi, la spinta alla massima verosimiglianza nella rappresentazione sotto la pressione della fotografia. Questo appare il motivo centrale per cui van Ofen ha assunto dipinti rappresentativi di quella fase pittorica come referenti da analizzare, disintegrare, e ri-costruire nel proprio progetto artistico. Nei suoi lavori recenti, la verosimiglianza narrativa/epocale è stata abolita e sostituita da uno spazio non-prospettico, con un fondo uniformemente e intensamente nero dentro il quale i relitti della rappresentazione e della storia giocano la loro ultima carta figurale. Private view ad invito: 5 ottobre 2013 ore 18.00, alla presenza dell’artista.
Michael van Ofen (Essen, Germania, 1956) vive e lavora a Düsseldorf. Ha esposto a livello internazionale con mostre personali negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Giappone. Tra le mostre recenti, una personale alla Alison Jacques Gallery (2012) e al Kunstmuseum Dieselkraftwerk di Cottbus (2010). Tra le collettive: Die Erfindung der Wirklichkeiten, Kunstakademie, Düsseldorf (2012); Painting Between The Lines, CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco (2011); Wrong, Kunst im Tunel, Düsseldorf (2011).
Le sue opere sono incluse in diverse collezioni pubbliche tedesche, tra cui l’Hamburger Kunsthalle, Hamburg, e il Kaiser Wilhelm Museum, Krefeld.
C’è mistero e stupore nell’opera di Beatrice Pediconi, e nel suo gesto capacità generatrice e attitudine ad accogliere l’imprevisto: avanzare e ritirarsi, agire e percepire.
Un’evidenza di come sia possibile fare un altro tipo di pittura, pittura “mutante” non sulla tela, ma nell’acqua, con esiti solo parzialmente controllabili dall’artista.
Dal ciclo Corpi Sottili, scritture realizzate con inchiostri nel 2006, alla serie blu degli Untitled, in cui l’artista impiega polveri e gesso nel 2009, fino alle sperimentazioni con materiali organici di Red nel 2011: il suo percorso di incontro/sposalizio con l’acqua è sempre più fertile e in continua crescita. Un percorso che vuole coniugare l’osservazione scientifica dei comportamenti dei materiali e la capacità di riprodurli con la libertà creativa in cui l’immagine viene spostata su un piano percettivo differente da quello a cui ci ha abituato la pittura tradizionale. Un percorso in cui la fragilità della visione e la trasformazione costituiscono l’aspetto fondante della sua ricerca.
Il nuovo lavoro realizzato per la Collezione Maramotti dal titolo 9’/ Unlimited costituisce un ulteriore sviluppo in cui l’artista si misura non soltanto con l’uso della polaroid o con scatti di grande formato realizzati con banco ottico durante un vero e proprio processo performativo di sapore alchemico e il suo potenziale congelamento fotografico, ma realizza un ambiente, un luogo che diviene una sorta di navicella che accoglie il visitatore. Ma anche bozzolo in cui fili di immagini in movimento si srotolano lungo le pareti dalla stanza verso “l’incontenibile” e conducono lo spettatore in altri territori possibili.
Si ondeggia in un firmamento di pigmento e di vuoti che si combinano in accelerazioni e decelerazioni improvvise creando partiture formali sempre diverse: immagini in “battere e in levare”, in un silenzio siderale in cui la forma diviene portatrice della musica interna all’universo.
La mostra si accompagna ad un libro d’artista che accoglie il flusso di immagini (polaroid e still del video) dell’artista in dialogo con tre preziosi interventi: un Haiku della poetessa giapponese Momoko Kuroda, un musical score del compositore romano Lucio Gregoretti e una misterica formula chimica di Andrew Lerwill, ingegnere inglese in scienze della conservazione. Queste collaborazioni costituiscono veri e propri intrecci linguistici in cui poesia, musica, chimica e arti visive amplificano vicendevolmente il mistero di questa esplorazione/contemplazione.
La formazione di Beatrice Pediconi (Roma, 1972) si svolge tra Parigi e Roma. Nel 2010 si trasferisce a New York dove ora vive e lavora. Dagli studi architettura nasce la sua passione per la fotografia di architettura che la accompagna nei primi anni dopo la laurea. Contemporaneamente inizia un percorso di ricerca artistica sperimentale che sempre più tende una rete sottile e un dialogo tra chimica, fisica, matematica, musica, fotografia, video e installazione, all’interno di un suo speciale approccio alla pittura.
Michael van Ofen. Germania und Italia
Già col titolo della mostra Germania und Italia – appropriato dal celebre Italia und Germania, 1828 di Friedrich Overbeck – l'artista tedesco Michael van Ofen annuncia che egli ha finalizzato il suo viaggio artistico in Italia per proporre in termini di indagine formale il rapporto che il suo lavoro ha costantemente intrattenuto con la storia. La storia che van Ofen evoca in questi nuovi quadri è quella dei legami e delle analogie che hanno accomunato Germania e Italia; o meglio, del parallelismo che ha accompagnato i due paesi durante la seconda metà dell'Ottocento nel loro processo di formazione nazionale. Per l’artista, il legame storico-culturale era cominciato con il lontano De origine Germanorum di Tacito, era continuato con l’ispirarsi a Raffaello da parte dei Nazareni, era diventato cospicuo con la vicinanza cronologica nella creazione di uno stato unitario in Italia e in Germania nel decennio 1861-1871, raggiungendo una tragica intensità con la loro alleanza nella Seconda Guerra Mondiale.
Nelle opere che costituiscono Germania und Italia, l'artista si rifà a quadri dell'Ottocento tedeschi e italiani o a riproduzioni d'epoca di tali quadri, per fondare concettualmente la propria iconografia su referenti che convertono in rovine la memoria di eventi che hanno segnato il destino di due società, rovine la cui immagine si deposita e si disintegra sulla tela. Il quadro storico si trasforma in una struttura fantasmica, in cui personaggi e oggetti vengono trascritti come forma e colore, come geometria e gesto, come spazio e immaginazione. La pittura di van Ofen è gradualmente evoluta, dagli anni Ottanta a oggi, da immagini riconoscibili di paesaggi e architetture – create attraverso una serrata costruzione di pennellate solide e regolari, tracciate sulla tela con l'intenzione di inscrivere una dialettica di rappresentazione e astrazione – a figurazioni umane che appaiono come cortocircuiti della visione: forme essenziali, tracciate con una stenografia visuale, un'azione pittorica che ha la velocità del flash, spingendo la rappresentazione all'estremo limite delle sue possibilità e della sua leggibilità.
Il secolo diciannovesimo è stata un’epoca in cui tre importanti fattori hanno, per un determinato periodo, avuto un'influenza enorme e insieme condizionato la pratica pittorica: l'invenzione della storia, la virulenza dei nazionalismi, la spinta alla massima verosimiglianza nella rappresentazione sotto la pressione della fotografia. Questo appare il motivo centrale per cui van Ofen ha assunto dipinti rappresentativi di quella fase pittorica come referenti da analizzare, disintegrare, e ri-costruire nel proprio progetto artistico. Nei suoi lavori recenti, la verosimiglianza narrativa/epocale è stata abolita e sostituita da uno spazio non-prospettico, con un fondo uniformemente e intensamente nero dentro il quale i relitti della rappresentazione e della storia giocano la loro ultima carta figurale. Private view ad invito: 5 ottobre 2013 ore 18.00, alla presenza dell’artista.
Michael van Ofen (Essen, Germania, 1956) vive e lavora a Düsseldorf. Ha esposto a livello internazionale con mostre personali negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Giappone. Tra le mostre recenti, una personale alla Alison Jacques Gallery (2012) e al Kunstmuseum Dieselkraftwerk di Cottbus (2010). Tra le collettive: Die Erfindung der Wirklichkeiten, Kunstakademie, Düsseldorf (2012); Painting Between The Lines, CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco (2011); Wrong, Kunst im Tunel, Düsseldorf (2011).
Le sue opere sono incluse in diverse collezioni pubbliche tedesche, tra cui l’Hamburger Kunsthalle, Hamburg, e il Kaiser Wilhelm Museum, Krefeld.
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