L’oro di Giovanni. Il restauro della Croce di Mercatello e il Trecento riminese
Dal 18 Settembre 2021 al 07 Novembre 2021
Rimini
Luogo: Palazzo Buonadrata
Indirizzo: Corso d'Augusto 62
Orari: 10.30-18.30
Curatori: Daniele Benati, Alessandro Giovanardi
Enti promotori:
- Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
- Istituto Superiore di Scienze Religiose A. Marvelli
- Soroptimist Rimini
- Patrocinio del Comune di Rimini
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0541 351611
E-Mail info: segreteria@fondcarim.it
Dal 18 settembre al 7 novembre 2021 Palazzo Buonadrata a Rimini ospiterà la mostra L’oro di Giovanni. Il restauro della Croce di Mercatello e il Trecento riminese promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose A. Marvelli e da Soroptimist Rimini. La mostra e il catalogo sono curati dal Prof. Daniele Benati e dal Prof. Alessandro Giovanardi.
Oltre alla maestosa e antica croce della chiesa di San Francesco a Mercatello, unica opera datata e firmata dal capostipite della Scuola Riminese del Trecento, reduce dal restauro di questi mesi e che sarà nuovamente a Rimini dopo 86 anni, altre cinque opere completeranno l’esposizione.
Dichiarazione di Mauro Ioli, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
“Riaccendere i riflettori sulla stagione del Trecento Riminese e su Giovanni, massimo esponente di quella straordinaria scuola pittorica di derivazione giottesca, vuol dire riproporre all’attenzione uno dei filoni più significativi della storia, non solo di Rimini ma dell’intera arte italiana. Con questa iniziativa vogliamo accompagnare questa fase di graduale ripresa con una proposta di bellezza e di riflessione che ci auguriamo utile e gradita. Ringrazio personalmente, tra gli altri, Crédit Agricole Italia e l’Associazione delle fondazioni bancarie dell’Emilia-Romagna che hanno creduto in questo progetto e hanno voluto sostenerlo fortemente”.
La mostra porrà a confronto le splendide croci di Giovanni presenti sul territorio italiano. All’opera di Mercatello si affiancherà l’importante croce dipinta della chiesa di San Lorenzo a Talamello e il più piccolo crocifisso “Diotallevi” dei Musei Comunali di Rimini, forse proveniente da Sant’Agostino.
Altri confronti si potranno avere con la croce sagomata dell’Antiquario Moretti di Firenze, il crocifisso Spina del maestro di Montefiore e la testa di Giuliano da Rimini, questi due ultimi di proprietà della Fondazione stessa e in deposito nei Musei Comunali.
Dichiarazione del prof. Daniele Benati (Università di Bologna)
“La possibilità di vedere riunite tutte le grandi croci dipinte di Giovanni da Rimini costituisce un’occasione irripetibile per avvicinarsi a uno dei momenti più straordinari dell’arte italiana. L’ultima volta che ciò avvenne fu nel 1995 con la mostra Il Trecento riminese. Maestri e botteghe tra Romagna e Marche, alla quale non poté tuttavia essere presente la croce di Mercatello sul Metauro, l’unica contenente la sua firma e la data (1309 o 1314). Dopo un intervento di restauro, mirato soprattutto a scongiurare i danni prodotti dai tarli che stavano minando l’integrità del supporto ligneo, è ora possibile ammirare questo capolavoro accanto alle altre croci che gli studi hanno riferito allo stesso Giovanni, iniziatore della scuola trecentesca riminese. L’attuale mostra integra così quella tenuta nel 2018 alla National Gallery di Londra, incentrata sui piccoli dipinti di carattere devozionale dell’artista. Nelle sue croci dipinte si coglie di fatto assai meglio l’aggiornamento che Giovanni, formatosi in una cultura di matrice tardo-bizantina, condusse nei confronti di Giotto, presente a Rimini negli ultimi anni del ’200. Nello stesso tempo, la mostra aiuta a comprendere l’importanza che in età gotica le croci monumentali ricoprivano nell’arredo dello spazio sacro e nella liturgia”.
Dichiarazione Alessandro Giovanardi (ISSR ‘Marvelli)
“La mostra vuol dischiudere uno sguardo inedito e ravvicinato sull’operato di un maestro, teso tra le innovazioni narrative e “umanistiche” di Giotto, presente a Rimini dalla fine del XIII secolo, e le finezze formali e simboliche della coeva cultura bizantina, dell’età dei Paleologi, nella sua accezione storica, critica e iconologica. Giovanni, pur con un inferiore numero di opere riconosciute, deve essere ritenuto un maestro di qualità non inferiore a Giotto.
I supporti grafici e video permetteranno una visione accurata del suo linguaggio artistico sul tema poetico e sacro della crocefissione, attraverso diversi periodi della sua attività, rilevandone l’evoluzione formale e le soluzioni adottate per esprimere i più riposti significati simbolici e teologici”.
Riepilogo delle sei opere in mostra
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14) Crocifissione, 1309 o 1314, tempera e oro su tavola, 300 x 227 cm., Mercatello sul Metauro (PU), Chiesa di San Francesco.
È la più integra e grande crocifissione su tavola di Giovanni, l’unica firmata e datata. È stata realizzata per frate Tobaldo, padre francescano che la fece eseguire per la Chiesa conventuale dell’Ordine a Mercatello. Venne a Rimini nel 1935 per la mostra curata da Cesare Brandi e non è più stata esposta in città.
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14), Crocifisso “Diotallevi”, 1305 ca., tempera e oro su tavola, 185 x 179 cm., Rimini, Museo della Città.
L’opera proviene da una donazione di Adauto Diotallevi ed ha subìto un infelice lavaggio del colore, ma resta preziosissima nei decori e commovente nella lettura della Passione di Cristo. Porta ancora le iscrizioni in greco, segno di un rapporto mai sciolto con l’eleganza orientale del mondo bizantino. Secondo Daniele Benati potrebbe provenire dalla Cappella con le Storie della Vergine di San Giovanni Evangelista di Rimini (nota come Sant’Agostino), sempre affrescata, prima del 1308, da Giovanni.
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14), Crocifissione, tempera e oro su tavola, post 1309, 230 x 160 cm., Talamello (RN), Chiesa di San Lorenzo. Diocesi della Repubblica di San Marino e del Montefeltro.
È la più moderna e giottesca delle opere di Giovanni, capace, nella sua esibita umanità, di precorrere quanto la tradizione italiana successiva saprà dire con Masaccio e Piero della Francesca. Proviene dalla chiesa agostiniana di Poggiolo. Non è più stata esposta a Rimini dal 1995 e sarà oggetto di un piccolo restauro finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini.
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14), Crocifissione, tempera su tavola, 1309-14, 160.5 x 130 cm Londra, Moretti Gallery.
Mutila dei dolenti laterali e del Cristo benedicente sulla cimasa, l’opera, per le iscrizioni in greco è da annoverare tra le più antiche prodotte dal Maestro riminese. Fu esposta anch’essa nel 1935 a Rimini e da allora non la si è più vista in città.
Giuliano da Rimini (not. 1307-1324), Testa di Cristo crocifisso, 1320 ca., tempera e oro su tavola, 30 x 20 cm, Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio, in deposito ai Musei Comunali.
Si tratta di un commovente frammento di una croce perduta, eseguita da Iulianus, ossia da Giuliano, fratello di Giovanni da Rimini. Rispetto a Giovanni, Giuliano esprime in chiave più patetica e narrativa l’esperienza del dolore nel volto del Figlio di Dio crocifisso.
Maestro di Montefiore (terzo quarto del XIV sec.), Crocifisso “Spina”, 1350-1370, tempera e oro su tavola, 179 x 139 cm, Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio, in deposito presso i Musei Comunali. Non se ne conosce il luogo di provenienza, ma apparteneva alla Collezione dei Conti Spina ed è un esempio della tarda produzione della cosiddetta Scuola Riminese del Trecento che, se smarrisce profondità e vitalità nella rappresentazione della figura umana, non perde finezza.
Oltre alla maestosa e antica croce della chiesa di San Francesco a Mercatello, unica opera datata e firmata dal capostipite della Scuola Riminese del Trecento, reduce dal restauro di questi mesi e che sarà nuovamente a Rimini dopo 86 anni, altre cinque opere completeranno l’esposizione.
Dichiarazione di Mauro Ioli, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
“Riaccendere i riflettori sulla stagione del Trecento Riminese e su Giovanni, massimo esponente di quella straordinaria scuola pittorica di derivazione giottesca, vuol dire riproporre all’attenzione uno dei filoni più significativi della storia, non solo di Rimini ma dell’intera arte italiana. Con questa iniziativa vogliamo accompagnare questa fase di graduale ripresa con una proposta di bellezza e di riflessione che ci auguriamo utile e gradita. Ringrazio personalmente, tra gli altri, Crédit Agricole Italia e l’Associazione delle fondazioni bancarie dell’Emilia-Romagna che hanno creduto in questo progetto e hanno voluto sostenerlo fortemente”.
La mostra porrà a confronto le splendide croci di Giovanni presenti sul territorio italiano. All’opera di Mercatello si affiancherà l’importante croce dipinta della chiesa di San Lorenzo a Talamello e il più piccolo crocifisso “Diotallevi” dei Musei Comunali di Rimini, forse proveniente da Sant’Agostino.
Altri confronti si potranno avere con la croce sagomata dell’Antiquario Moretti di Firenze, il crocifisso Spina del maestro di Montefiore e la testa di Giuliano da Rimini, questi due ultimi di proprietà della Fondazione stessa e in deposito nei Musei Comunali.
Dichiarazione del prof. Daniele Benati (Università di Bologna)
“La possibilità di vedere riunite tutte le grandi croci dipinte di Giovanni da Rimini costituisce un’occasione irripetibile per avvicinarsi a uno dei momenti più straordinari dell’arte italiana. L’ultima volta che ciò avvenne fu nel 1995 con la mostra Il Trecento riminese. Maestri e botteghe tra Romagna e Marche, alla quale non poté tuttavia essere presente la croce di Mercatello sul Metauro, l’unica contenente la sua firma e la data (1309 o 1314). Dopo un intervento di restauro, mirato soprattutto a scongiurare i danni prodotti dai tarli che stavano minando l’integrità del supporto ligneo, è ora possibile ammirare questo capolavoro accanto alle altre croci che gli studi hanno riferito allo stesso Giovanni, iniziatore della scuola trecentesca riminese. L’attuale mostra integra così quella tenuta nel 2018 alla National Gallery di Londra, incentrata sui piccoli dipinti di carattere devozionale dell’artista. Nelle sue croci dipinte si coglie di fatto assai meglio l’aggiornamento che Giovanni, formatosi in una cultura di matrice tardo-bizantina, condusse nei confronti di Giotto, presente a Rimini negli ultimi anni del ’200. Nello stesso tempo, la mostra aiuta a comprendere l’importanza che in età gotica le croci monumentali ricoprivano nell’arredo dello spazio sacro e nella liturgia”.
Dichiarazione Alessandro Giovanardi (ISSR ‘Marvelli)
“La mostra vuol dischiudere uno sguardo inedito e ravvicinato sull’operato di un maestro, teso tra le innovazioni narrative e “umanistiche” di Giotto, presente a Rimini dalla fine del XIII secolo, e le finezze formali e simboliche della coeva cultura bizantina, dell’età dei Paleologi, nella sua accezione storica, critica e iconologica. Giovanni, pur con un inferiore numero di opere riconosciute, deve essere ritenuto un maestro di qualità non inferiore a Giotto.
I supporti grafici e video permetteranno una visione accurata del suo linguaggio artistico sul tema poetico e sacro della crocefissione, attraverso diversi periodi della sua attività, rilevandone l’evoluzione formale e le soluzioni adottate per esprimere i più riposti significati simbolici e teologici”.
Riepilogo delle sei opere in mostra
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14) Crocifissione, 1309 o 1314, tempera e oro su tavola, 300 x 227 cm., Mercatello sul Metauro (PU), Chiesa di San Francesco.
È la più integra e grande crocifissione su tavola di Giovanni, l’unica firmata e datata. È stata realizzata per frate Tobaldo, padre francescano che la fece eseguire per la Chiesa conventuale dell’Ordine a Mercatello. Venne a Rimini nel 1935 per la mostra curata da Cesare Brandi e non è più stata esposta in città.
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14), Crocifisso “Diotallevi”, 1305 ca., tempera e oro su tavola, 185 x 179 cm., Rimini, Museo della Città.
L’opera proviene da una donazione di Adauto Diotallevi ed ha subìto un infelice lavaggio del colore, ma resta preziosissima nei decori e commovente nella lettura della Passione di Cristo. Porta ancora le iscrizioni in greco, segno di un rapporto mai sciolto con l’eleganza orientale del mondo bizantino. Secondo Daniele Benati potrebbe provenire dalla Cappella con le Storie della Vergine di San Giovanni Evangelista di Rimini (nota come Sant’Agostino), sempre affrescata, prima del 1308, da Giovanni.
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14), Crocifissione, tempera e oro su tavola, post 1309, 230 x 160 cm., Talamello (RN), Chiesa di San Lorenzo. Diocesi della Repubblica di San Marino e del Montefeltro.
È la più moderna e giottesca delle opere di Giovanni, capace, nella sua esibita umanità, di precorrere quanto la tradizione italiana successiva saprà dire con Masaccio e Piero della Francesca. Proviene dalla chiesa agostiniana di Poggiolo. Non è più stata esposta a Rimini dal 1995 e sarà oggetto di un piccolo restauro finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini.
Giovanni da Rimini (not. 1292-1309/14), Crocifissione, tempera su tavola, 1309-14, 160.5 x 130 cm Londra, Moretti Gallery.
Mutila dei dolenti laterali e del Cristo benedicente sulla cimasa, l’opera, per le iscrizioni in greco è da annoverare tra le più antiche prodotte dal Maestro riminese. Fu esposta anch’essa nel 1935 a Rimini e da allora non la si è più vista in città.
Giuliano da Rimini (not. 1307-1324), Testa di Cristo crocifisso, 1320 ca., tempera e oro su tavola, 30 x 20 cm, Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio, in deposito ai Musei Comunali.
Si tratta di un commovente frammento di una croce perduta, eseguita da Iulianus, ossia da Giuliano, fratello di Giovanni da Rimini. Rispetto a Giovanni, Giuliano esprime in chiave più patetica e narrativa l’esperienza del dolore nel volto del Figlio di Dio crocifisso.
Maestro di Montefiore (terzo quarto del XIV sec.), Crocifisso “Spina”, 1350-1370, tempera e oro su tavola, 179 x 139 cm, Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio, in deposito presso i Musei Comunali. Non se ne conosce il luogo di provenienza, ma apparteneva alla Collezione dei Conti Spina ed è un esempio della tarda produzione della cosiddetta Scuola Riminese del Trecento che, se smarrisce profondità e vitalità nella rappresentazione della figura umana, non perde finezza.
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