Africa, Italia - A Passage to Eritrea. Crossing Ethiopia Today. Libya, the Captain and Me. Somalia, Time Ago
Dal 11 Settembre 2015 al 26 Settembre 2015
Roma
Luogo: Palazzetto Mattei
Indirizzo: via della Navicella 12
I viaggi sono passaggi, attraversamenti. Viaggiare ti lascia prima senza parole, poi ti trasforma in un narratore di storie, ha scritto Ibn Battuta. La mostra Africa, Italia mette assieme viaggi diversi, in Afriche un tempo italiane, diventati storie, quadri di vita, frammenti di paesaggio: nella normalità quotidiana dell'Eritrea contemporanea (A Passage to Eritrea), lungo i percorsi degli esploratori e dentro la capitale (Crossing Ethiopia Today), tra le sabbie libiche sulle tracce del proprio nonno (Libya, the Captain and Me), alla conquista e scoperta di terre e genti (Somalia, Time Ago).
Accanto a fotografie a colori e in bianco e nero (contemporanee e d'epoca), sono esposti materiali provenienti dagli archivi di Società Geografica Italiana (mappe antiche, libri con formule magiche, taccuini di viaggio, dipinti di leoni) ed Eni (foto di ieri e di oggi). Video installazioni di diverse misure e caratteristiche integrano l'allestimento in alcune sale espositive, ospitando materiali eterogenei: video interviste esclusive alle scrittrici italo-somale Ubah Cristina Ali Farah e Igiaba Scego; montaggi di immagini in movimento e di suoni raccolti in viaggi; una raccolta di citazioni sull'Africa di esploratori, scrittori, storici, antropologi.
In collaborazione con l'Associazione Casa Africa onlus
A PASSAGE TO ERITREA
di Antonio Politano
L'Eritrea era un vecchio amore, dai tempi dell'università. Alla sua lotta di liberazione avevo dedicato una tesina, uno dei miei migliori amici era del Fronte di liberazione popolare. Ho seguito la sua storia, da lontano. Poi è venuta l'occasione di andarci e attraversarla per quanto possibile. Di cercare di capire, fermare, restituire qualcosa – in occasione del ventesimo anniversario dell'indipendenza – nelle pagine del National Geographic. Di raccontare alcune facce di un paese giovane, uscito con grandi
speranze da una guerra di liberazione durata trent'anni (la più lunga del continente), che vive oggi un tempo sospeso, tra l'emergenza permanente per un conflitto mai finito con l'Etiopia, l'orgoglio del proprio percorso, la voglia di modernità, la lotta per inserirsi in un mondo globale, le fughe alla ricerca di libertà e opportunità, gli approdi drammatici alle porte della Fortress Europe. Un pezzo d'Italia (ex potenza coloniale) in termini di prossimità culturale, poco conosciuto, sparito dal nostro immaginario.
Un viaggio tra l'altopiano e il Mar Rosso, dalla capitale Asmara, un unicum nel continente per la concentrazione di architetture d'epoca, a Massaua, la città-porto semidistrutta dai bombardamenti ma che trasuda languore e bellezza anche tra le rovine, fino ad arcipelaghi di corallo fossile, tra treni a vapore, mercati di cammelli e sfilate di moda. Con un'appendice, dolente, di barche abbandonate in un qualche porto del Mediterraneo, su cui migra chi spera.
CROSSING ETHIOPIA TODAY
DANAKIL
di Andrea Semplici
Gli italiani, ai tempi delle colonie, hanno chiamato Dancalia il frammento orientale della regione degli Afar, popolazione dispersa fra Etiopia, Eritrea e Gibuti. Abitano villaggi solitari e, a volte, mobili, formati da capanne familiari, praticano un nomadismo circolare, seguono l'andamento delle piogge e la nascita dei pascoli. La Dancalia è un deserto di sale e lava. 50 mila chilometri quadrati, dei quali 10 mila sotto il livello del mare. Africa Orientale, fra il 15° e il 12° parallelo Nord. Sul confine fra Etiopia ed Eritrea, che da sedici anni non riescono a trovare una vera pace. La Dancalia è figlia di un cataclisma geologico. Qui la Rift Valley entra in Africa e, con un colpo di rasoio, la taglia in due. Cinque chilometri sotto i piedi, mugghia il magma terrestre. È una dorsale di vulcani. Qui si vede la Terra pulsare, arrabbiarsi, creare una tremenda bellezza. Qui si assiste ancora alla Genesi del pianeta. La Dancalia è un antidoto contro ogni stereotipo occidentale attorno all'Africa. Ancora nei primi decenni del ‘900, la Dancalia era una chiazza bianca sulle mappe dell'Africa. La sua esplorazione è stata, in gran parte, una storia italiana. Fu un italiano, Tullio Pastori, giovanissimo, ai primi del ‘900, a spingersi nella Piana del Sale, antico fondo marino. Riuscì a vivere in quel niente e fu amico degli Afar per sei decenni. Alla fine degli anni '20, furono Raimondo Franchetti e Ludovico Nesbitt, un barone ricchissimo e un ingegnere italo-inglese, a percorrere la Dancalia Pura. Fu un'impresa leggendaria. I due esploratori divennero rivali, scrissero libri, si contesero per anni fama e gloria. Ripercorriamo i cammini che loro tracciarono in un montaggio di foto di oggi.
CROSSING ETHIOPIA TODAY
ACROSS ADDIS
di Romina Marani e Alice Falco
Dentro e attorno alla capitale. Addis Abeba, città-universo in metamorfosi. Un attraversamento nei giorni della più importante festa religiosa del paese, il Timkat, l'epifania della Chiesa ortodossa etiope che celebra il battesimo di Cristo nel fiume Giordano con tre giorni di preghiere, parate e benedizioni di massa. Frammenti – fotografie, audio e brevi video - che alternano fede e vita quotidiana, grattacieli e strade di polvere, croci copte e minareti, afro-pop e litanie liturgiche, i calici rimboccati di tej e le danze ipnotiche in un locale notturno, gli acrobati di un piccolo circo in una palestra di periferia e i laghi della Rift Valley, gli inni tumultuosi attorno a una chiesa di campagna e l'omelia severa del Patriarca, il rito del caffè e i marabù.
LIBYA, THE CAPTAIN AND ME
di Francesco Fossa
Il deserto annulla gli spazi. Così accade che due visioni, lontane nel carattere e distanti nel tempo, possano convivere e correre parallele come nel lavoro fotografico a quattro mani “Libya, the Captain and me (Sulle tracce del Paziente Inglese)”. Le immagini scattate nel 1933 da un giovane ufficiale degli alpini nell'oasi di Cufra e sui contrafforti dell'Auena't - un triangolo conteso per ragioni strategiche da italiani e inglesi a cavallo di Libia, Egitto e Sudan - scatenano la mia curiosità di nipote: molti anni dopo provo ad andare in quei luoghi per capire di più del nonno che non ho mai conosciuto, ma una tempesta di sabbia mi costringe a ripiegare verso ovest. Mi tuffo in un'altra Libia, un altro deserto, l'Ubari, il Meridhet che si stende lungo il confine algerino. Su fino a Gadames (la città dei Tuareg) e le rovine della romana Sabrata. Saranno due studiosi di esplorazioni nel deserto a ridare slancio a questo progetto. Le foto del Tenente Manfredo Tarabini Castellani hanno un grande valore storico e il nome del giovane ufficiale ricorre nei diari di viaggio dell'esploratore ungherese László Almásy (più conosciuto come il Paziente Inglese) e di altri suoi compagni di viaggio. Quel nome ritorna negli archivi inglesi e nei rapporti segreti del generale Graziani: spionaggio militare, scoperte archeologiche, gesti cavallereschi danno luce a una figura morta troppo presto, in combattimento sui monti d'Albania nel 1940. Ora nonno e nipote sono molto molto più vicini di un tempo. Con le loro visioni, diverse ma parallele.
SOMALIA, TIME AGO
Il racconto di luoghi, culture, genti, storie è fatto di immagini, testimonianze, oggetti, memorie, voci. Attuali, come quelle di due scrittrici legate alla Somalia: Ubah Cristina Ali Farah, nata a Verona da padre somalo e madre italiana, e Igiaba Scego, nata a Roma da genitori somali. In una doppia videointervista parlano di identità, famiglie, migrazioni, diaspore, generazioni, meticciato, architetture, romanzi. Nei suoi archivi, la Società Geografica Italiana Onlus - fondata nel 1867 con l'obiettivo di promuovere cultura, conoscenze geografiche ed esplorazione - custodisce una biblioteca di oltre 400 mila volumi, una cartoteca di 150 mila pezzi, una fototeca di 300 mila immagini. La Somalia è presente in alcune serie iconografiche: la collezione Filonardi documenta la Somalia del 1891; le fotografie di Lugh, emporio commerciale sul Giuba, realizzate da Carlo Citerni e Ugo Ferrandi durante la seconda spedizione Bottego del 1895-1897; la missione Stefanini-Puccioni del 1924. Inoltre, duemila scatti (negativi, positivi e negativi stereoscopici) documentano i vagabondaggi di Giotto Dainelli nell'Africa Orientale tra la fine del 1938 e la tarda primavera dell'anno successivo in occasione della Missione Geologica dell'AGIP in Somalia. Accanto ai racconti per immagini e parole, numerosi documenti cartografici descrivono la geografia di quei territori, acquisita nel corso dei secoli e trasmessa attraverso i taccuini e le mappe degli antichi esploratori.
Accanto a fotografie a colori e in bianco e nero (contemporanee e d'epoca), sono esposti materiali provenienti dagli archivi di Società Geografica Italiana (mappe antiche, libri con formule magiche, taccuini di viaggio, dipinti di leoni) ed Eni (foto di ieri e di oggi). Video installazioni di diverse misure e caratteristiche integrano l'allestimento in alcune sale espositive, ospitando materiali eterogenei: video interviste esclusive alle scrittrici italo-somale Ubah Cristina Ali Farah e Igiaba Scego; montaggi di immagini in movimento e di suoni raccolti in viaggi; una raccolta di citazioni sull'Africa di esploratori, scrittori, storici, antropologi.
In collaborazione con l'Associazione Casa Africa onlus
A PASSAGE TO ERITREA
di Antonio Politano
L'Eritrea era un vecchio amore, dai tempi dell'università. Alla sua lotta di liberazione avevo dedicato una tesina, uno dei miei migliori amici era del Fronte di liberazione popolare. Ho seguito la sua storia, da lontano. Poi è venuta l'occasione di andarci e attraversarla per quanto possibile. Di cercare di capire, fermare, restituire qualcosa – in occasione del ventesimo anniversario dell'indipendenza – nelle pagine del National Geographic. Di raccontare alcune facce di un paese giovane, uscito con grandi
speranze da una guerra di liberazione durata trent'anni (la più lunga del continente), che vive oggi un tempo sospeso, tra l'emergenza permanente per un conflitto mai finito con l'Etiopia, l'orgoglio del proprio percorso, la voglia di modernità, la lotta per inserirsi in un mondo globale, le fughe alla ricerca di libertà e opportunità, gli approdi drammatici alle porte della Fortress Europe. Un pezzo d'Italia (ex potenza coloniale) in termini di prossimità culturale, poco conosciuto, sparito dal nostro immaginario.
Un viaggio tra l'altopiano e il Mar Rosso, dalla capitale Asmara, un unicum nel continente per la concentrazione di architetture d'epoca, a Massaua, la città-porto semidistrutta dai bombardamenti ma che trasuda languore e bellezza anche tra le rovine, fino ad arcipelaghi di corallo fossile, tra treni a vapore, mercati di cammelli e sfilate di moda. Con un'appendice, dolente, di barche abbandonate in un qualche porto del Mediterraneo, su cui migra chi spera.
CROSSING ETHIOPIA TODAY
DANAKIL
di Andrea Semplici
Gli italiani, ai tempi delle colonie, hanno chiamato Dancalia il frammento orientale della regione degli Afar, popolazione dispersa fra Etiopia, Eritrea e Gibuti. Abitano villaggi solitari e, a volte, mobili, formati da capanne familiari, praticano un nomadismo circolare, seguono l'andamento delle piogge e la nascita dei pascoli. La Dancalia è un deserto di sale e lava. 50 mila chilometri quadrati, dei quali 10 mila sotto il livello del mare. Africa Orientale, fra il 15° e il 12° parallelo Nord. Sul confine fra Etiopia ed Eritrea, che da sedici anni non riescono a trovare una vera pace. La Dancalia è figlia di un cataclisma geologico. Qui la Rift Valley entra in Africa e, con un colpo di rasoio, la taglia in due. Cinque chilometri sotto i piedi, mugghia il magma terrestre. È una dorsale di vulcani. Qui si vede la Terra pulsare, arrabbiarsi, creare una tremenda bellezza. Qui si assiste ancora alla Genesi del pianeta. La Dancalia è un antidoto contro ogni stereotipo occidentale attorno all'Africa. Ancora nei primi decenni del ‘900, la Dancalia era una chiazza bianca sulle mappe dell'Africa. La sua esplorazione è stata, in gran parte, una storia italiana. Fu un italiano, Tullio Pastori, giovanissimo, ai primi del ‘900, a spingersi nella Piana del Sale, antico fondo marino. Riuscì a vivere in quel niente e fu amico degli Afar per sei decenni. Alla fine degli anni '20, furono Raimondo Franchetti e Ludovico Nesbitt, un barone ricchissimo e un ingegnere italo-inglese, a percorrere la Dancalia Pura. Fu un'impresa leggendaria. I due esploratori divennero rivali, scrissero libri, si contesero per anni fama e gloria. Ripercorriamo i cammini che loro tracciarono in un montaggio di foto di oggi.
CROSSING ETHIOPIA TODAY
ACROSS ADDIS
di Romina Marani e Alice Falco
Dentro e attorno alla capitale. Addis Abeba, città-universo in metamorfosi. Un attraversamento nei giorni della più importante festa religiosa del paese, il Timkat, l'epifania della Chiesa ortodossa etiope che celebra il battesimo di Cristo nel fiume Giordano con tre giorni di preghiere, parate e benedizioni di massa. Frammenti – fotografie, audio e brevi video - che alternano fede e vita quotidiana, grattacieli e strade di polvere, croci copte e minareti, afro-pop e litanie liturgiche, i calici rimboccati di tej e le danze ipnotiche in un locale notturno, gli acrobati di un piccolo circo in una palestra di periferia e i laghi della Rift Valley, gli inni tumultuosi attorno a una chiesa di campagna e l'omelia severa del Patriarca, il rito del caffè e i marabù.
LIBYA, THE CAPTAIN AND ME
di Francesco Fossa
Il deserto annulla gli spazi. Così accade che due visioni, lontane nel carattere e distanti nel tempo, possano convivere e correre parallele come nel lavoro fotografico a quattro mani “Libya, the Captain and me (Sulle tracce del Paziente Inglese)”. Le immagini scattate nel 1933 da un giovane ufficiale degli alpini nell'oasi di Cufra e sui contrafforti dell'Auena't - un triangolo conteso per ragioni strategiche da italiani e inglesi a cavallo di Libia, Egitto e Sudan - scatenano la mia curiosità di nipote: molti anni dopo provo ad andare in quei luoghi per capire di più del nonno che non ho mai conosciuto, ma una tempesta di sabbia mi costringe a ripiegare verso ovest. Mi tuffo in un'altra Libia, un altro deserto, l'Ubari, il Meridhet che si stende lungo il confine algerino. Su fino a Gadames (la città dei Tuareg) e le rovine della romana Sabrata. Saranno due studiosi di esplorazioni nel deserto a ridare slancio a questo progetto. Le foto del Tenente Manfredo Tarabini Castellani hanno un grande valore storico e il nome del giovane ufficiale ricorre nei diari di viaggio dell'esploratore ungherese László Almásy (più conosciuto come il Paziente Inglese) e di altri suoi compagni di viaggio. Quel nome ritorna negli archivi inglesi e nei rapporti segreti del generale Graziani: spionaggio militare, scoperte archeologiche, gesti cavallereschi danno luce a una figura morta troppo presto, in combattimento sui monti d'Albania nel 1940. Ora nonno e nipote sono molto molto più vicini di un tempo. Con le loro visioni, diverse ma parallele.
SOMALIA, TIME AGO
Il racconto di luoghi, culture, genti, storie è fatto di immagini, testimonianze, oggetti, memorie, voci. Attuali, come quelle di due scrittrici legate alla Somalia: Ubah Cristina Ali Farah, nata a Verona da padre somalo e madre italiana, e Igiaba Scego, nata a Roma da genitori somali. In una doppia videointervista parlano di identità, famiglie, migrazioni, diaspore, generazioni, meticciato, architetture, romanzi. Nei suoi archivi, la Società Geografica Italiana Onlus - fondata nel 1867 con l'obiettivo di promuovere cultura, conoscenze geografiche ed esplorazione - custodisce una biblioteca di oltre 400 mila volumi, una cartoteca di 150 mila pezzi, una fototeca di 300 mila immagini. La Somalia è presente in alcune serie iconografiche: la collezione Filonardi documenta la Somalia del 1891; le fotografie di Lugh, emporio commerciale sul Giuba, realizzate da Carlo Citerni e Ugo Ferrandi durante la seconda spedizione Bottego del 1895-1897; la missione Stefanini-Puccioni del 1924. Inoltre, duemila scatti (negativi, positivi e negativi stereoscopici) documentano i vagabondaggi di Giotto Dainelli nell'Africa Orientale tra la fine del 1938 e la tarda primavera dell'anno successivo in occasione della Missione Geologica dell'AGIP in Somalia. Accanto ai racconti per immagini e parole, numerosi documenti cartografici descrivono la geografia di quei territori, acquisita nel corso dei secoli e trasmessa attraverso i taccuini e le mappe degli antichi esploratori.
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