Daniela Comani. YOU ARE MINE
Dal 17 Ottobre 2022 al 29 Gennaio 2023
Roma
Luogo: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Indirizzo: Viale Belle Arti 131
Orari: dal martedì a domenica dalle 9 alle 19. Ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura
Curatori: Miriam Schoofs
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 2
Telefono per informazioni: +39 06 322 98 221
E-Mail info: gan-amc@cultura.gov.it
Sito ufficiale: http://lagallerianazionale.com
La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea presenta l’opera YOU ARE MINE con la quale Daniela Comani affronta la questione, estremamente attuale, del femminicidio. Attraverso un’installazione site-specific concepita per il Corridoio Bazzani della Galleria Nazionale, l'artista condivide la propria riflessione esponendo una serie di riproduzioni di articoli di giornale raccolti, selezionati, archiviati e manipolati, che riportano notizie di omicidi avvenuti fra le mura domestiche. Ma questa volta, è dato un punto di vista diverso: “ho invertito la cronaca dei nostri quotidiani (l’uomo diventa donna, la vittima carnefice e viceversa), invitando così a riflettere sul fenomeno del femminicidio e sulle sue assurdità” (Daniela Comani).
In questa serie di testi - immagini compare una cronaca popolata da donne impetuose e violente, mogli gelose, ex fidanzate che non accettano il tradimento o la fine di una relazione, accanto a uomini che subiscono violenze di ogni genere, picchiati, inseguiti, violentati.
“La violenza di genere connota la nostra storia da millenni, soprattutto quando le donne hanno la forza e il coraggio di ribellarsi e uscire dai propri ruoli. Negli uomini l'aggressività è solitamente considerata ormonale, e entro un certo limite viene accettata come normale. Nonostante non esista un profilo standard per chi compie violenza domestica, ci sono schemi che si ripetono. Nei cosiddetti “delitti d’onore” sono infatti la gelosia, la vendetta, la possessività e l'odio verso le donne i motivi comuni che portano al sopruso. Al contrario, delle vittime si hanno sempre poche informazioni. Di solito i media riportano solo il nome di battesimo e l'età delle donne, nonché la tipologia dell’omicidio. Le circostanze esatte rimangono quindi oscure, nascoste dietro quei muri dove si è svolto il dramma.
Comani capovolge questa crudele realtà invertendo i ruoli di genere, rendendo gli uomini vittime di violenza all'interno delle loro stesse dimore. L'effetto di questo rovesciamento sovversivo è sorprendente, proprio perché siamo abituati a individuare il colpevole nella figura maschile”, queste le parole della curatrice Miriam Schoofs.
La mostra
di Miriam Schoofs
Il dipinto Giuditta decapita Oloferne di Caravaggio (1598/1599) e l’opera con cui nella prima metà del XVII secolo Artemisia Gentileschi mostra a sua volta la stessa vicenda biblica sono precedenti illustri della rara forma di rappresentazione nella storia dell’arte di un atto di violenza compiuto da una donna ai danni di un uomo, due opere che suscitarono enorme scalpore tra gli spettatori contemporanei.
Questo ruolo di denuncia sociale che l’arte può assolvere, attraverso la potenza dell’immagine, è un elemento che caratterizza questo lavoro di Daniela Comani.
La nuova installazione dell’artista mette in risalto il contrasto, la stonatura, tra la sobrietà dell'informazione mediatica e il dramma della violenza domestica e del femminicidio, invertendo i generi e trasformando così le donne da vittime a carnefici: in questo processo la stessa cronaca nera rivela il senso di straniamento e alienazione di cui è rivestita quotidianamente, nel suo formale distacco dalla tragedia umanamente vissuta. Alcuni fatti ne risultano quasi surreali, se non persino comici.
Nella serie di 15 stampe ingrandite su un materiale di cotone e alluminio che l’artista accartoccia, si snoda questa originale modalità di divulgazione dei fatti di cronaca. È proprio questo materiale tessile che, con la sua superficie sgualcita, conferisce un carattere plastico alla sequenza di ritagli di giornale allestiti – non incorniciati – nello spazio espositivo. La natura oggettuale dell’installazione genera un effetto scultoreo che aggiunge un nuovo piano di lettura al lavoro concettuale di Comani, un’insolita corporeità che enfatizza la natura esplosiva del tema affrontato.
Daniela Comani (Bologna, 1965) studia all‘Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 1993 consegue l’MFA all‘Università delle Arti di Berlino. Dal 1989 vive e lavora a Berlino. Vincitrice di diversi premi e borse di studio, l’artista partecipa a numerose collettive e personali in Italia e all’estero. Il suo lavoro si concentra sul tema della storia, dell’identità e degli stereotipi sociali, utilizzando il medesimo linguaggio di quei mezzi di comunicazione che si fanno interpreti, nel nostro quotidiano, di valori sociali e consuetudini culturali. Temi che elabora in un ambito multimediale. Tra le sue opere principali troviamo Sono stata io. Diario 1900-1999, dove Comani racconta in prima persona dal primo gennaio al 31 dicembre avvenimenti storici, politici, culturali avvenuti nel XX secolo; nella serie fotografica Un matrimonio felice, work in progress dal 2003, mette in scena, giocando con gli stereotipi di genere, la vita quotidiana di una coppia interpretando entrambi i soggetti; ancora, nella serie Novità editoriali a cura di Daniela Comani, trasforma pietre miliari della storia della letteratura attraverso un’operazione artistica che manipola le copertine invertendo il maschile con il femminile, e viceversa. Nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia per il Padiglione di San Marino.
Le sue opere sono presenti tra l’altro nelle collezioni permanenti di MAMbo, Bologna; Kupferstichkabinett Musei Statali, Berlino; Museo on the Seam, Gerusalemme; Musée Les Abattoirs, Tolosa; Academy Museum of Motion Pictures, Los Angeles.
Daniela Comani (Bologna, 1965) studia all‘Accademia di Belle Arti di Bologna.
Nel 1993 consegue l’MFA all‘Università delle
Arti di Berlino. Dal 1989 vive e lavora a Berlino. Vincitrice di diversi premi e borse di studio, l’artista partecipa a numerose mostre in Italia
e all’estero. Il suo lavoro si concentra sul tema della storia, dell’identità, del gender e degli stereotipi sociali, utilizzando il medesimo linguaggio di quei mezzi di comunicazione che
si fanno interpreti, nel nostro quotidiano,
di valori sociali e consuetudini culturali.
Temi che elabora in un ambito multimediale.
Tra le sue opere principali ricordiamo Sono stata io. Diario 1900-1999, dove Comani racconta in prima persona dal primo gennaio al 31 dicembre avvenimenti storici, politici, culturali avvenuti nel XX secolo; nella serie fotografica
Un matrimonio felice, work in progress dal 2003, mette in scena, giocando con gli stereotipi
di genere, la vita quotidiana di una coppia interpretando entrambi i soggetti; ancora, nella serie Novità editoriali a cura di Daniela Comani, trasforma pietre miliari della storia della letteratura attraverso un’operazione artistica che manipola le copertine invertendo il maschile con il femminile, e viceversa. Nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia per il Padiglione di
San Marino.
Le sue opere sono presenti tra l’altro nelle collezioni permanenti di MAMbo, Bologna; Kupferstichkabinett - Musei Statali, Berlino; Museo Folkwang, Essen; Museo on the Seam, Gerusalemme; Musée Les Abattoirs, Tolosa; Academy Museum of Motion Pictures,
Los Angeles.
Inaugurazione 17 ottobre ore 18-22
In questa serie di testi - immagini compare una cronaca popolata da donne impetuose e violente, mogli gelose, ex fidanzate che non accettano il tradimento o la fine di una relazione, accanto a uomini che subiscono violenze di ogni genere, picchiati, inseguiti, violentati.
“La violenza di genere connota la nostra storia da millenni, soprattutto quando le donne hanno la forza e il coraggio di ribellarsi e uscire dai propri ruoli. Negli uomini l'aggressività è solitamente considerata ormonale, e entro un certo limite viene accettata come normale. Nonostante non esista un profilo standard per chi compie violenza domestica, ci sono schemi che si ripetono. Nei cosiddetti “delitti d’onore” sono infatti la gelosia, la vendetta, la possessività e l'odio verso le donne i motivi comuni che portano al sopruso. Al contrario, delle vittime si hanno sempre poche informazioni. Di solito i media riportano solo il nome di battesimo e l'età delle donne, nonché la tipologia dell’omicidio. Le circostanze esatte rimangono quindi oscure, nascoste dietro quei muri dove si è svolto il dramma.
Comani capovolge questa crudele realtà invertendo i ruoli di genere, rendendo gli uomini vittime di violenza all'interno delle loro stesse dimore. L'effetto di questo rovesciamento sovversivo è sorprendente, proprio perché siamo abituati a individuare il colpevole nella figura maschile”, queste le parole della curatrice Miriam Schoofs.
La mostra
di Miriam Schoofs
Il dipinto Giuditta decapita Oloferne di Caravaggio (1598/1599) e l’opera con cui nella prima metà del XVII secolo Artemisia Gentileschi mostra a sua volta la stessa vicenda biblica sono precedenti illustri della rara forma di rappresentazione nella storia dell’arte di un atto di violenza compiuto da una donna ai danni di un uomo, due opere che suscitarono enorme scalpore tra gli spettatori contemporanei.
Questo ruolo di denuncia sociale che l’arte può assolvere, attraverso la potenza dell’immagine, è un elemento che caratterizza questo lavoro di Daniela Comani.
La nuova installazione dell’artista mette in risalto il contrasto, la stonatura, tra la sobrietà dell'informazione mediatica e il dramma della violenza domestica e del femminicidio, invertendo i generi e trasformando così le donne da vittime a carnefici: in questo processo la stessa cronaca nera rivela il senso di straniamento e alienazione di cui è rivestita quotidianamente, nel suo formale distacco dalla tragedia umanamente vissuta. Alcuni fatti ne risultano quasi surreali, se non persino comici.
Nella serie di 15 stampe ingrandite su un materiale di cotone e alluminio che l’artista accartoccia, si snoda questa originale modalità di divulgazione dei fatti di cronaca. È proprio questo materiale tessile che, con la sua superficie sgualcita, conferisce un carattere plastico alla sequenza di ritagli di giornale allestiti – non incorniciati – nello spazio espositivo. La natura oggettuale dell’installazione genera un effetto scultoreo che aggiunge un nuovo piano di lettura al lavoro concettuale di Comani, un’insolita corporeità che enfatizza la natura esplosiva del tema affrontato.
Daniela Comani (Bologna, 1965) studia all‘Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 1993 consegue l’MFA all‘Università delle Arti di Berlino. Dal 1989 vive e lavora a Berlino. Vincitrice di diversi premi e borse di studio, l’artista partecipa a numerose collettive e personali in Italia e all’estero. Il suo lavoro si concentra sul tema della storia, dell’identità e degli stereotipi sociali, utilizzando il medesimo linguaggio di quei mezzi di comunicazione che si fanno interpreti, nel nostro quotidiano, di valori sociali e consuetudini culturali. Temi che elabora in un ambito multimediale. Tra le sue opere principali troviamo Sono stata io. Diario 1900-1999, dove Comani racconta in prima persona dal primo gennaio al 31 dicembre avvenimenti storici, politici, culturali avvenuti nel XX secolo; nella serie fotografica Un matrimonio felice, work in progress dal 2003, mette in scena, giocando con gli stereotipi di genere, la vita quotidiana di una coppia interpretando entrambi i soggetti; ancora, nella serie Novità editoriali a cura di Daniela Comani, trasforma pietre miliari della storia della letteratura attraverso un’operazione artistica che manipola le copertine invertendo il maschile con il femminile, e viceversa. Nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia per il Padiglione di San Marino.
Le sue opere sono presenti tra l’altro nelle collezioni permanenti di MAMbo, Bologna; Kupferstichkabinett Musei Statali, Berlino; Museo on the Seam, Gerusalemme; Musée Les Abattoirs, Tolosa; Academy Museum of Motion Pictures, Los Angeles.
Daniela Comani (Bologna, 1965) studia all‘Accademia di Belle Arti di Bologna.
Nel 1993 consegue l’MFA all‘Università delle
Arti di Berlino. Dal 1989 vive e lavora a Berlino. Vincitrice di diversi premi e borse di studio, l’artista partecipa a numerose mostre in Italia
e all’estero. Il suo lavoro si concentra sul tema della storia, dell’identità, del gender e degli stereotipi sociali, utilizzando il medesimo linguaggio di quei mezzi di comunicazione che
si fanno interpreti, nel nostro quotidiano,
di valori sociali e consuetudini culturali.
Temi che elabora in un ambito multimediale.
Tra le sue opere principali ricordiamo Sono stata io. Diario 1900-1999, dove Comani racconta in prima persona dal primo gennaio al 31 dicembre avvenimenti storici, politici, culturali avvenuti nel XX secolo; nella serie fotografica
Un matrimonio felice, work in progress dal 2003, mette in scena, giocando con gli stereotipi
di genere, la vita quotidiana di una coppia interpretando entrambi i soggetti; ancora, nella serie Novità editoriali a cura di Daniela Comani, trasforma pietre miliari della storia della letteratura attraverso un’operazione artistica che manipola le copertine invertendo il maschile con il femminile, e viceversa. Nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia per il Padiglione di
San Marino.
Le sue opere sono presenti tra l’altro nelle collezioni permanenti di MAMbo, Bologna; Kupferstichkabinett - Musei Statali, Berlino; Museo Folkwang, Essen; Museo on the Seam, Gerusalemme; Musée Les Abattoirs, Tolosa; Academy Museum of Motion Pictures,
Los Angeles.
Inaugurazione 17 ottobre ore 18-22
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