Ferruccio De Filippi. Le Muse, Venere e i Guardiani dell'Arte
![Ferruccio De Filippi. Le Muse, Venere e i Guardiani dell'Arte, Galleria Tiber Art, Roma Ferruccio De Filippi. Le Muse, Venere e i Guardiani dell'Arte, Galleria Tiber Art, Roma](http://www.arte.it/foto/600x450/2e/124217-unnamed-11.jpg)
Ferruccio De Filippi. Le Muse, Venere e i Guardiani dell'Arte, Galleria Tiber Art, Roma
Dal 11 Dicembre 2021 al 22 Dicembre 2021
Roma
Luogo: Galleria Tiber Art
Indirizzo: Via dei Cappellari 96
Orari: dal martedì al sabato dalle 11:00 alle 19:00
Telefono per informazioni: +39 06 87789860
E-Mail info: info@tiberart.com
Sito ufficiale: http://www.tiberart.com
L'11 dicembre 2021 verrà inaugurata, presso la Galleria Tiber Art di Roma, la mostra di Ferruccio De Filippi dal titolo “Le muse, Venere e i Guardiani dell'arte”.
Nelle due serie di dipinti che qui si presentano riunite — I guardiani dell’arte (1985) e le Muse (1996-1997) — in prima battuta assistiamo a un tradimento di corpi umani, dei quali appena un sospetto ci raggiunge al di là di quelle figure in bilico tra atto e forma: figure di fantasmi, non di persone; frutto di un pensiero non (del tutto) originato dall’osservazione, e rispetto al quale l’esperienza reale è come all’infinito distanziata.
Esclusa totalmente la fisicità — in questa pittura che sembra non avere alcuna ansia di toccare il mondo, né per riassumerlo né per somigliarvi — quel senso, o quel vago profilo dell’umano che si scorge sulle tele è tutt’al più la reminiscenza di una storia dell’arte, ovverosia qualcosa di così sprofondato nell’immagine da costituirne una radice remota, non più identificabile come qualcosa di distinto e catturabile.
Nelle due serie di dipinti che qui si presentano riunite — I guardiani dell’arte (1985) e le Muse (1996-1997) — in prima battuta assistiamo a un tradimento di corpi umani, dei quali appena un sospetto ci raggiunge al di là di quelle figure in bilico tra atto e forma: figure di fantasmi, non di persone; frutto di un pensiero non (del tutto) originato dall’osservazione, e rispetto al quale l’esperienza reale è come all’infinito distanziata.
Esclusa totalmente la fisicità — in questa pittura che sembra non avere alcuna ansia di toccare il mondo, né per riassumerlo né per somigliarvi — quel senso, o quel vago profilo dell’umano che si scorge sulle tele è tutt’al più la reminiscenza di una storia dell’arte, ovverosia qualcosa di così sprofondato nell’immagine da costituirne una radice remota, non più identificabile come qualcosa di distinto e catturabile.
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