Fluid Journey

Fluid Journey, Pastificio Cerere, Roma
Dal 02 Marzo 2017 al 13 Maggio 2017
Roma
Luogo: Fondazione Pastificio Cerere
Indirizzo: via degli Ausoni 7
Orari: da lunedì a venerdì 15-19; sabato 16-20; domenica chiuso
Curatori: Silvia Litardi
Telefono per informazioni: +39 06 45422960
E-Mail info: info@pastificiocerere.it
Sito ufficiale: http://www.pastificiocerere.it
Giovedì 2 marzo 2017 alle ore 19 inaugura Fluid Journey, progetto a cura di Silvia Litardi, che si articolerà in una mostra collettiva e in un convegno. Il tema affrontato è quello dello spazio come luogo semantico di negoziazione di senso dove l’artista assume i tratti dello straniero rispetto a una cultura autoctona, stimolando così uno sguardo trans-locale.
La mostra sarà aperta al pubblico presso la Fondazione Pastificio Cerere dal 3 marzo al 13 maggio 2017.
Il Symposium, promosso dall'Università La Sapienza di Roma, si terrà il 5 aprile 2017 presso il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea. Interverranno ricercatori e curatori con l'obiettivo di aprire un dialogo con gli artisti coinvolti e gli studenti sui temi del progetto. Fluid Journey è il tentativo di racchiudere in una cornice concettuale il lavoro di artisti che con il loro operato si comportano come spazio-analisti (“socio-spatial theory” di H. Lefebvre) dando “priorità allo spazio come un punto di vista interpretativo sul mondo” in quanto campo di forze in cui tutte le componenti agiscono e partecipano a determinare i caratteri peculiari di un’identità locale. Interesse della curatrice, Silvia Litardi, è dare rilevanza a questo particolare approccio dell’artista di fronte ad una realtà contingente che può assomigliare a quello dello straniero, capace di cogliere un’urgenza che si riflette sullo spazio e a rinnovare l’uso di quei luoghi poiché portatori di nuovi modi di abitare. I luoghi attraversati assumono così le caratteristiche di “ethnoscapes” (A. Appadurai, 1996) dove la località influenza e ridefinisce le supposte matrici originarie di una composizione culturale o, più semplicemente, il dato paesaggistico non può che fondersi con il panorama umano che lo abita in maniera più o meno stabile.
La mostra stessa, come suggerito dal titolo, è un viaggio fluido tra opere che disegnano una possibile cartografia incompleta e in continuo divenire. Indicativamente è stato scelto un progetto per artista, spesso un video o una documentazione di progetti site specific o context specific. Uno sguardo schizofrenico, quello proposto da Fluid Journey, che tocca l’utopia mussoliniana della “Terza Roma”: l’EUR – Esposizione Universale di Roma viene attraversato seguendo le storie dalla comunità filippina nell’opera “We will meet in the blind spot” dell’artista danese Maj Hasager (Danimarca); presenti in mostra anche i collage della serie “Notes on futurism, migration and a lost utopia”.
Julian D’Angiolillo (Repubblica Argentina) conduce lo spettatore a Buenos Aires durante la costruzione di “Antropolis”, un parco temporaneo parassita di “Tecnopolis” (il parco tecnologico voluto per i festeggiamenti del Bicentenario della Repubblica Argentina, 2011) frutto di un’indagine umanistica e una riflessione sulla rigenerazione urbana in occasione di Grandi Eventi. Alterazioni Video (Italia/Germania) presentano “Ambaradan”, l’ultimo Turbo film prodotto dal collettivo: è la visione esteticamente pop, e al contempo lucidissima, che restituisce il non-detto su una tragedia geopolitica che si consuma in Ethiopia ai danni delle comunità locali. Sulla costa occidentale del continente africano, Ibrahim Mahama (Ghana) vive e lavora producendo imponenti installazioni fatte di sacchi di juta su edifici dismessi a Kumasi o Accra, simbolo delle economie post-coloniali: in mostra il video “Self Occupation”, una sorta di ricognizione aerea dei grandi interventi dell’artista, e un assemblage di sacchi di juta e materiali vari. “Pulizia” è il progetto principale con cui Younes Baba-Ali (Marocco/Francia/Belgio) è presente in mostra: una fittizia impresa di pulizia il cui logo ricalca quello della polizia italiana, è stato stampato su divise bianche indossate da migranti con sede in Italia che l’artista invita a delle session di pulizia di spazi pubblici; la visione invertita di chi controlla chi, di chi cura chi, è una messa in discussione delle politiche migratorie italiane. Goccia dopo goccia un bicchiere si riempie fino a traboccare, mentre la voce di Anna Raimondo (Italia/Belgio) ripete, come un mantra: Mediterraneo, Mediterraneo, Mediterraneo… Nel tempo dell'azione e nel con-fondersi con l'acqua, la voce degrada e la parola diviene inintelligibile. Con il video “Mediterraneo” l'artista, apolide per vocazione, si offre come metafora dell'ubiquità, testimone delle travelling cultures, di un'antropologia incentrata sull'esperienza del viaggio esistenziale senza posa, alla ricerca dell'apertura e del mutamento che ha guidato altresì la costruzione del progetto di ricerca alla base di Fluid Journey.
Tutte le opere sono presentate per la prima volta in Italia in un contesto espositivo.
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