Jannis Kounellis. Notte
Dal 14 Dicembre 2023 al 26 Maggio 2024
Roma
Luogo: MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Indirizzo: Via Guido Reni 4/a
Orari: da martedì a domenica 11 – 19 la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
Curatori: Luigia Lonardelli
Enti promotori:
- in collaborazione con Archivio Kounellis ed Estate of Jannis Kounellis
Prolungata: fino al 26 maggio 2024
Sito ufficiale: http://maxxi.art
«NEGLI ANNI SESSANTA MI HANNO CHIAMATO ARTISTA,
PERCHÉ NON SAPEVANO COME DEFINIRE UN MUCCHIO DI CARBONE. MA IO SONO UN PITTORE,
E RIVENDICO LA MIA INIZIAZIONE NELLA PITTURA.
PERCHÉ LA PITTURA È LA COSTRUZIONE DI IMMAGINI,
NON INDICA UNA MANIERA NÉ TANTOMENO UNA TECNICA»
- J. Kounellis, Le parole per dirmi, L’Espresso, agosto 1996
Jannis Kounellis (Pireo, 1936 - Roma, 2017) è stato un pioniere di quelle ricerche che hanno profondamente modificato il rapporto tra l’opera e chi la osserva.
Greco di nascita, italiano e romano d’adozione, Kounellis - Gianni, per tutti coloro che sapevano quanto forte sentisse la sua appartenenza all’Italia - con la sua arte è stato capace di «uscire dal quadro». Straordinario costruttore di immagini capaci di toccare nel profondo, considerava lo spazio come una tela bianca da dipingere ed è per questo motivo che non ha mai smesso di definirsi pittore.
Jannis Kounellis. Notte, a cura di Luigia Lonardelli, è l’omaggio - il primo ufficiale a Roma dopo la sua scomparsa - che il MAXXI dedica a questo grande maestro, la cui storia negli anni si è intrecciata più volte con quella del Museo.
Nella scenografica Galleria 5, che si sporge nel vuoto incorniciando la città fra le sue vetrate, sono presentati tre lavori, fortemente connessi a quell’ambito della ricerca di Kounellis incentrato sul teatro.
Opere potenti e suggestive, tutte caratterizzate da una continua tensione tra forza e precarietà e capaci di instaurare una profonda relazione di empatia e dialogo con l’ambiente circostante, spazio espositivo e scenico allo stesso tempo.
A partire da Senza titolo (Notte) (1996), che riprende le prime sperimentazioni con l’alfabeto realizzate dall’artista negli anni Cinquanta. Le lettere, dipinte di nero su carte applicate a lastre di ferro, oscillano nello spazio come arti di un corpo in movimento e si poggiano a terra in un equilibrio all’apparenza precario.
L’occhio vede, prima ancora di leggere e la carica drammatica colpisce ancor prima che la mente ricomponga le lettere nella parola Notte. In quest’opera, a metà fra installazione e pittura, nessuna forza singola prevale: segno, immagine e significato si presentano di fronte a chi guarda, chiedendo di essere considerati al di là della loro interconnessione.
Più avanti, su un podio di lastre di lamiera, uno dei materiali prediletti da Kounellis, un pianoforte si staglia solitario; in alcuni momenti un pianista suona facendo riecheggiare, come tra le nebbie di un sogno malinconico, le note rallentate dell’aria Va pensiero, tratta dal Nabucco di Giuseppe Verdi.
È Senza Titolo (Nabucco), azione presentata per la prima volta a Palazzo delle Esposizioni a Roma nel 1970, in occasione della mostra Vitalità del negativo nell'arte italiana, promossa dagli Incontri Internazionali e curata da Achille Bonito Oliva.
La partitura, frammentata e privata del celebre testo, fatica a fluire e un’atmosfera commovente invade lo spazio in un continuo di scarti, lacerazioni e rotture.
A chiusura del percorso, una grande installazione sulla vetrata, concepita nel 2003 per il chiostro del Monastero di San Lazzaro degli Armeni a Venezia.
L’opera è composta da una serie di piccoli piatti da bilancia sospesi in sequenza verticale: un impianto rigoroso di pesi e contrappesi, sopra il quale poggiano fragili composizioni di bicchieri e brocche di vetro.
Una quinta teatrale sospesa tra realtà e finzione, che ancora una volta lascia a chi guarda la possibilità di immaginare orizzonti ulteriori.
PERCHÉ NON SAPEVANO COME DEFINIRE UN MUCCHIO DI CARBONE. MA IO SONO UN PITTORE,
E RIVENDICO LA MIA INIZIAZIONE NELLA PITTURA.
PERCHÉ LA PITTURA È LA COSTRUZIONE DI IMMAGINI,
NON INDICA UNA MANIERA NÉ TANTOMENO UNA TECNICA»
- J. Kounellis, Le parole per dirmi, L’Espresso, agosto 1996
Jannis Kounellis (Pireo, 1936 - Roma, 2017) è stato un pioniere di quelle ricerche che hanno profondamente modificato il rapporto tra l’opera e chi la osserva.
Greco di nascita, italiano e romano d’adozione, Kounellis - Gianni, per tutti coloro che sapevano quanto forte sentisse la sua appartenenza all’Italia - con la sua arte è stato capace di «uscire dal quadro». Straordinario costruttore di immagini capaci di toccare nel profondo, considerava lo spazio come una tela bianca da dipingere ed è per questo motivo che non ha mai smesso di definirsi pittore.
Jannis Kounellis. Notte, a cura di Luigia Lonardelli, è l’omaggio - il primo ufficiale a Roma dopo la sua scomparsa - che il MAXXI dedica a questo grande maestro, la cui storia negli anni si è intrecciata più volte con quella del Museo.
Nella scenografica Galleria 5, che si sporge nel vuoto incorniciando la città fra le sue vetrate, sono presentati tre lavori, fortemente connessi a quell’ambito della ricerca di Kounellis incentrato sul teatro.
Opere potenti e suggestive, tutte caratterizzate da una continua tensione tra forza e precarietà e capaci di instaurare una profonda relazione di empatia e dialogo con l’ambiente circostante, spazio espositivo e scenico allo stesso tempo.
A partire da Senza titolo (Notte) (1996), che riprende le prime sperimentazioni con l’alfabeto realizzate dall’artista negli anni Cinquanta. Le lettere, dipinte di nero su carte applicate a lastre di ferro, oscillano nello spazio come arti di un corpo in movimento e si poggiano a terra in un equilibrio all’apparenza precario.
L’occhio vede, prima ancora di leggere e la carica drammatica colpisce ancor prima che la mente ricomponga le lettere nella parola Notte. In quest’opera, a metà fra installazione e pittura, nessuna forza singola prevale: segno, immagine e significato si presentano di fronte a chi guarda, chiedendo di essere considerati al di là della loro interconnessione.
Più avanti, su un podio di lastre di lamiera, uno dei materiali prediletti da Kounellis, un pianoforte si staglia solitario; in alcuni momenti un pianista suona facendo riecheggiare, come tra le nebbie di un sogno malinconico, le note rallentate dell’aria Va pensiero, tratta dal Nabucco di Giuseppe Verdi.
È Senza Titolo (Nabucco), azione presentata per la prima volta a Palazzo delle Esposizioni a Roma nel 1970, in occasione della mostra Vitalità del negativo nell'arte italiana, promossa dagli Incontri Internazionali e curata da Achille Bonito Oliva.
La partitura, frammentata e privata del celebre testo, fatica a fluire e un’atmosfera commovente invade lo spazio in un continuo di scarti, lacerazioni e rotture.
A chiusura del percorso, una grande installazione sulla vetrata, concepita nel 2003 per il chiostro del Monastero di San Lazzaro degli Armeni a Venezia.
L’opera è composta da una serie di piccoli piatti da bilancia sospesi in sequenza verticale: un impianto rigoroso di pesi e contrappesi, sopra il quale poggiano fragili composizioni di bicchieri e brocche di vetro.
Una quinta teatrale sospesa tra realtà e finzione, che ancora una volta lascia a chi guarda la possibilità di immaginare orizzonti ulteriori.
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