Luca Centola. Circuiti
Dal 23 Ottobre 2020 al 02 Novembre 2020
Roma
Luogo: Spazio Cerere
Indirizzo: via degli Ausoni 3
Curatori: Piero Gagliardi
È Luca Centola, fotografo materano, l’artista scelto da A-Head Art Project per la nuova tappa del ciclo di appuntamenti che, lungo tutto il territorio nazionale, coniuga l’arte contemporanea con un messaggio dall’elevato valore sociale: combattere lo stigma e ogni forma di pregiudizio nei confronti della malattia mentale.
Il progetto, nato nel 2017 dalla collaborazione tra l’Associazione socio-sanitaria Angelo Azzurro Onlus e numerosi artisti del panorama nazionale e internazionale, sbarca a Roma con la mostra dal titolo “Circuiti”, a cura di Piero Gagliardi, che sarà inaugurata venerdì 23 ottobre alle ore 18.30 presso Spazio Cerere.
Il nuovo progetto fotografico di Luca Centola trae la sua origine da un’opera commissionata ed esposta a luglio del 2019 al MUSMA – Museo della Scultura Contemporanea Matera: “Relazione di Dispersione”. Un’installazione asimmetrica, composta da quattro immagini fotografiche che rimandano, nell’insieme, al concetto di forma, di circuito. Da qui l’idea di dar vita ad altri circuiti che, partendo da formule fisiche/matematiche, riescano a riprodurre visivamente una tensione o un allentamento di dinamiche sociali e relazionali. La scelta del tema e della resa, attraverso un vero e proprio circuito riconoscibile e tramite un allestimento puntuale e di facile lettura, discende dalla ricerca portata avanti da diversi anni dallo stesso artista. “Nessun uomo è un’isola”: In diversi modi curiosi, fortuiti o accidentali, alcuni accadimenti influenzano l’esistenza degli uomini dirigendoli nei luoghi della pazzia o della sanità. Cercare di leggere i percorsi è l’obiettivo di questa ricerca, scevra dal voler essere risolutiva o invasiva: segnare un percorso obbligato dalla funzionalità del problema affrontato.
Una mostra dalla forza e dal fascino per cui lo stesso curatore Piero Gagliardi sceglie di esprimersi con le parole della psicanalista junghiana Lella Ravasi Bellocchio: “Non si può vivere senza visione. Noi siamo tutti pazienti dell'immaginazione”. Sospese in una dimensione tanto magica e nostalgica quanto reale, le immagini fotografiche rafforzano, ancora una volta, la convinzione profonda che le potenzialità della fotografia stiano nella capacità visionaria e ossessiva di chi usa tale mezzo di espressione.
Le opere intitolate “Macrocosmo” e “Microcosmo” appaiono come un viaggio in cui l’osservatore è spinto a immaginare un percorso dall’immensamente piccolo (atomi) attraverso il mondo cellulare fino all’immensamente grande dei corpi celesti. Gli elementi rappresentati sono porzioni armoniose di archeologia industriale perché quello che conta qui è l’idea, il messaggio sottostante e non il dettaglio scientifico. Nell’installazione Microcosmo per mezzo di una lente di ingrandimento il fruitore può immergersi nell’esplorazione dei dettagli per poi arrivare alla visione totale nell’opera Macrocosmo. Un chiaro riferimento a quel metodo scientifico che, con l’ausilio di un microscopico elettrico, permette a un oggetto di apparire all’occhio umano ad ingrandimenti crescenti.
Centola indaga il vuoto, la pausa, il silenzio nell’attesa dell’evento, entrando in risonanza con il luogo, lo fissa in un tempo indefinito di sospensione interiore che si manifesta all’esterno. Dalle sue fotografie risaltano dei raggi di luce che lacerano fisicamente e semanticamente luoghi socialmente abbandonati, mirando volutamente all’annullamento di ogni legame percettivo-visivo dell’osservatore con l’ambiente esterno al fine di “prepararlo” alla completa immersione sensoriale. Quest’ultimo si ritrova, quindi, coinvolto in un dialogo sul rapporto tra la dimensione dell’arte e quella del sociale, usando paradossalmente come ponte estetico il mondo della scienza.
L’installazione dal titolo “32” (io sono fortunato) è uno studio che esplora le trentadue sfumature del grigio: dal bianco al nero. Questi due colori sono “le estremità” dell’installazione cromatica: il bianco contiene tutti i colori, e richiama l’idea di fusione e di luminosa unione; il nero è invece un’assenza di colore, e si lega dunque all’idea del buio, del vacuo, dell’assente, appunto. La realizzazione dell’opera è il risultato del viaggio solitario intrapreso da Luca Centola nella bellissima cornice delle saline di Margherita di Savoia. Si tratta di una prova ardua, di difficile realizzazione tecnica: un esercizio con il colore mai provato prima, che racconta di come, in uno stesso ambiente, sia possibile ritrovare una molteplicità di situazioni apparentemente simili ma sostanzialmente differenti. Cromie differenti per comprendere quanto, attraverso la rifrazione della luce, la lettura classica delle “cartoline” possa essere distorta e non avere più alcun tipo di importanza. Dietro questo impianto rigoroso e concettualmente intransigente, in realtà, si nasconde un metodo di lavoro che fa sua l'impostazione baudelairiana del flâneur, un'attitudine a comprendere la realtà urbana e lo spazio cittadino attraverso l'incontro e l’esplorazione di luoghi nascosti. È così che l’artista riporta ai nostri occhi prospettive e elementi di conoscenza e comprensione fin qui isolati.
Centola non da un rimedio a questi isolamenti, né tantomeno vuole dare delle soluzioni alle sue serie di installazioni artistico-scientifiche, ma certamente ci conduce per mano ad uscire fuori dai “circuiti tradizionali” e aggiunge un nuovo tassello a quella dimensione solitaria della città che ha saputo descrivere con magistrale poeticità. Perché parafrasando il filosofo francese Louis Lavelle: “Non è rompendo la solitudine, bensì approfondendola, che gli esseri diventano capaci di comunicare”.
Durante il vernissage sarà presentato il catalogo della mostra di Luca Centola, che inaugure la Collana Edizioni A-Head a cura di Piero Gagliardi e dedicate alla memoria del Professor Giovan Battista Calapai. Si tratta di una serie di cataloghi collezionabili, i cui proventi saranno destinati alla strutturazione di nuovi e innovativi laboratori (con artisti e pazienti). Direttore della collana Stefania Calapai.
Luca Centola fotografo professionista e studioso di archeologia industriale, vive e lavora a Matera. Laureato in Conservazione dei Beni culturali, nel 2011 ha frequentato il Master in Gestione e valorizzazione del patrimonio industriale mentre, non ancora trentenne, ha ricoperto il ruolo di Segretario all'Assessorato alla Cultura del Comune di Matera. Dal 2009 è segretario della sezione Basilicata dell'AIPAI. Tra i suoi più apprezzati progetti si ricordano il reportage sul cementificio del Vajont e la serie fotografia sull'area ex Falck a Sesto San Giovanni (Milano); diverse pubblicazioni su riviste specializzate, come Patrimonio Industriale, con un'intervista di Rossella Monaco e Mariano Maugeri, giornalista de “Il Sole 24 ORE”, oltre che la vittoria a diverse competizioni fotografiche, come l'ottenimento del I premio al concorso Spazi da non perdere promosso dalla Fondazione con il Sud. Tra i progetti espositivi si citano solo nell'ultimo anno: Appunti Post-Apocalittici, a cura di Marta Ragozzino, Sovrintendente ai Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Basilicata, presso Palazzo Lanfrachi, Museo Nazionale di Arte Medievale e Moderna (Matera) e due installazioni audio/visive performative ideate e curate da Simona Spinella in collaborazione con MaterElettrica, spin-off del Conservatorio E. Duni di Matera, quali: Misereor – La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia riceve, presso il complesso rupestre della Madonna delle Virtù e di San Nicola dei Greci di Matera, replicato poi a Taranto presso il Castello Aragonese all'interno del Mysterium Festival, e Domino Revisited, realizzato in occasione della Notte Europea dei Musei presso il MUSMA – Museo della Scultura Contemporanea di Matera. A Bologna cura la scenografia per il Concorso 2 agosto – International Composing Competition, creando una visual performance dal titolo “Risveglio”. La sua ricerca parte dalle architetture industriali abbandonate, luoghi circoscritti e ben delineati e con dinamiche sociali ben codificate. Lo scopo, non celato, del suo lavoro è rappresentare la realtà attraverso le immagini generate dalla mente che pescano nelle memorie smarrite dei luoghi, degli scheletri architettonici, della materia che sopravvive, che si scompone nelle polveri che restano.
Piero Gagliardi, curatore della mostra “Hic et Nunc”, si laurea in Storia dell’Arte presso l’Università della Calabria e consegue il Master di II Livello in Organizzazione eventi e gestione dei beni culturali. Nel 2012 cura la sezione fotografica dell’Historical Derry Museum, nel Nord dell’Irlanda, prima di tornare in Italia per dedicarsi per cinque anni alla rassegna di incontri “I Martedì Critici”. Nel 2015 diventa curatore associato presso i Bocs Art di Cosenza, allora la residenza più grande d’Europa. Si definisce un “critico militante”: la sua ricerca lo conduce, infatti, verso un costante aggiornamento in ambito contemporaneo, grazie alla continua frequentazione di studi artistici e l’analisi delle nuove produzioni. È curatore di varie mostre, tra cui la Biennale di Viterbo e residenze come le Officine del Carmine a Corigliano. Ha collaborato con il Musma, Museo della Scultura di Matera. Da quattro anni è il curatore di A-Head Art Project.
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