Mario Cresci. Combinazioni Provvisorie
Dal 23 Giugno 2020 al 31 Ottobre 2020
Roma
Luogo: Matèria
Indirizzo: via Tiburtina 149
Orari: dal martedì al sabato dalle 11:00 alle 19:00
E-Mail info: contact@materiagallery.com
Sito ufficiale: http://www.materiagallery.com
In occasione dei cinque anni dall’apertura della galleria, Matèria è lieta di presentare per la prima volta nei suoi spazi la personale di Mario Cresci (Chiavari, 1942). La mostra dal titolo Combinazioni provvisorie è accompagnata dal testo critico di Mauro Zanchiepresenta due lavori dell’autore: Analogie e memoria (1980) e l’installazione Cronistorie (1970).
In Analogie e memoria, lavoro nato a Matera tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, Mario Cresci ingloba segni, immagini, scritte, disegni, appunti, frammenti di icone tenute negli archivi e nelle cassettiere insieme a progetti, collage, manifesti, estratti di testi e immagini stampate, fotografie di altri autori. Un diario di un viaggio iconico, in cui tutti gli elementi sono composti tra loro come un menabò in doppie pagine di un grande libro. Le fotocopie - 56 delle quali ospitate nella prima sala della galleria - qui sono "opere" nel senso di arte come idea, da intendere come proposizioni che assolvono a un assunto conoscitivo. Cresci fa ricorso a mezzi di comunicazione più anonimi: sostituisce l'utilizzo della macchina fotografica con l'atto di porre sul piano di una fotocopiatrice tutto il suo mondo, tra realtà visibile e esplorazioni cognitive, per evitare tutti i possibili risvolti formalistici connessi all’idea di immagine fotografica realizzata secondo i canoni classici.
In Cronistorie, Cresci, con un girato in pellicola 16mm di circa quaranta minuti e recentemente rimontato in un cortometraggio di 10’, realizza un racconto, un’indagine - al contempo realistica e visionaria, tra tradizione e avanguardia, tra opera d’arte e proiezione misterica - sulle culture popolari in Basilicata: le immagini si muovono in scenari densamente antropologici, dentro il mistero dei riti contadini, dei sacrifici animali, delle processioni religiose, dentro le zone d’ombra dell’inconscio collettivo rurale. La narrazione attinge a una fonte inesauribile di immagini latenti del mondo e porta alla luce segni, tracciati, impronte, mappe oniriche, che si muovono a livello formale e percettivo: «Cronistorie si colloca nel 1970 dentro a un coacervo di esperienze, di contaminazioni di pensiero e di sguardi, coni ottici spesso lievemente anarchici, sguardi fuori dal seminato, perché volevo capire le ragioni del mio disadattamento verso le norme del sentire e del vedere, che animavano la realtà di quegli anni. L'arte era per me l'unico modo per sopravvivere e restare lontano da tutto ciò che ritenevo e che sentivo disumano, sbagliato e falso. Il filmato è in fondo anche questo: un concentrato di malessere, che trova in un luogo particolare come Tricarico quello che poi riscontrai essere simile a Macondo in Cent'anni di solitudine». (Mario Cresci)
Mario Cresci è tra i primi autori italiani che, a partire dagli anni Sessanta, coniuga la cultura del progetto con la sperimentazione del linguaggio visivo attraverso un approccio “cross-disciplinare” che utilizza il disegno, la fotografia, il video, l’installazione, la performance, il site specific.
Le sue ricerche sono radicate negli studi multidisciplinari iniziati a Venezia nel 1963 e sono segnate in seguito (a partire dal 1968 quando si trasferisce a Roma) dall’incontro con Pino Pascali, Eliseo Mattiacci, Jannis Kounellis e Alighiero Boetti. Nel 1969 progetta e realizza il primo Environnement fotografico in Europa presso la Galleria Il Diaframma di Milano. Nel 1970 viene invitato per la prima volta alla Biennale d’Arte di Venezia e in seguito nel ‘78, ’93 e ’95. Negli anni Settanta si stabilisce a Matera dove lo studio del linguaggio fotografico e della cultura del progetto si coniuga con l’interesse per l’antropologia culturale, realizzando numerose ricerche e pubblicazioni tra cui Matera, immagini e documenti (Matera, Edizioni Meta 1975) e Misurazioni, fotografia e territorio (Edizioni Meta 1979).
Negli anni Ottanta partecipa al progetto di Luigi Ghirri, Viaggio in Italia, che vede coinvolti i più significativi autori italiani (da Gabriele Basilico a Guido Guidi, da Giovanni Chiaramonte a Vincenzo Castella, da Mimmo Jodice e Vittore Fossati, etc.).
Dalla fine degli anni ‘70 l’insegnamento diviene parte integrante del suo lavoro d’autore. È stato docente alla Facoltà di Lettere di Parma, all’Orientale di Napoli, all’Accademia di Brera, allo IED e alla NABA di Milano e visiting professor all’École d’Arts Appliqués di Vevey (CH). Dal 1991 al 1999 ha diretto l’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo. Svolge attività di docenza e workshop per l’Università ISIA di Urbino e la Scuola di Alta Formazione FMAV di Modena.
Tra le sue mostre più recenti nel 2017 La fotografia del “no”, 1964-2016 alla GAMeC di Bergamo, dove espone cinquant’anni di lavoro orientando il percorso della mostra sulla lettura di alcune delle principali tematiche che accomunano gran parte dei suoi progetti.
Le sue opere sono presenti nelle collezioni pubbliche di vari musei, istituti e centri di ricerca come il MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XX secolo di Roma, la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, il Civico Archivio Fotografico di Milano, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’ICG – Istituto Centrale per la Grafica di Roma, il Museo d’Arte Medioevale e Moderna della Basilicata di Matera, il MAGA – Museo d’Arte di Gallarate, la GAM – Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Torino, il MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro, il CRAF – Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo e lo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma.
Ha di recente pubblicato Segni migranti. Storie di grafica e fotografia (Roma, PostCart 2019), un compendio della sua ricerca grafica e fotografica. Vive e lavora a Bergamo.
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