Marzia Migliora. H317 - Può provocare una reazione
![Marzia Migliora. H317 - Può provocare una reazione, Auditorium Parco della Musica, Roma Marzia Migliora. H317 - Può provocare una reazione, Auditorium Parco della Musica, Roma](http://www.arte.it/foto/600x450/4b/20912-marzia-migliora.jpg)
Marzia Migliora. H317 - Può provocare una reazione, Auditorium Parco della Musica, Roma
Dal 13 Marzo 2014 al 04 Maggio 2014
Roma
Luogo: AuditoriumArte
Indirizzo: viale Pietro de Coubertin 10
Orari: lunedì venerdì 17-21; sabato, domenica e festivi 11-21
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 80241281
E-Mail info: info@musicaperroma.it
Sito ufficiale: http://www.auditorium.com/
H317 – Può provocare una reazione è il titolo dell’installazione di Marzia Migliora in AuditoriumArte per Libri Come. Festa del libro e della lettura, dedicato quest’anno al tema del lavoro. La frase che dà il titolo alla mostra appartiene alle “Frasi H” (frasi di rischio), contenute all’interno del Regolamento (CE) n. 1272/2008: indicazioni di pericolo sul posto di lavoro che mettono in allerta dai rischi per la salute umana, animale e ambientale connessi alla manipolazione di sostanze tossiche.
Il progetto di Marzia Migliora si fonda su una provocazione, a cominciare dal titolo, per sollecitare nel fruitore la riflessione su un tema così cruciale come quello del lavoro. L’artista mette subito al centro la questione fondamentale di questo momento storico, ponendosi e ponendoci a chiare lettere la domanda: quale lavoro e dove?
È questo il senso della frase Looking for a job installata nella prima sala con la tecnica dell’anamorfosi, dispositivo di illusione ottica creato nel Rinascimento che attraverso una gioco di geometria consente di interpretare le immagini da un unico punto di vista, specifico e precedentemente dato. In questo modo il pubblico è chiamato a mettersi in gioco, trovando quel punto di vista prestabilito, quello sguardo necessario ad afferrare la frase nel suo senso più profondo, sperimentando così in prima persona l’illusorietà e la poca consistenza che essa stessa oggi rivela.
La scelta formale della frammentazione anamorfica rispecchia, in maniera figurata, la realtà attuale del mondo del lavoro dove la ricerca stessa di un impiego si configura come un incerto e instabile miraggio.
Il fine ultimo di questa faticosa e spesso vana ricerca è un benessere difficile da raggiungere, di cui resta solo un’illusione ben presentata. Nella sala interna l’installazione fa riferimento al palo della Cuccagna, protagonista della festa popolare tradizionalmente associata a riti di benessere e prosperità, dove la promessa della felicità era data dai cibi che potevano essere vinti arrampicandosi sul palo unto di grasso. L’artista sceglie di rappresentare la festa in un momento di sospensione: non si sa se i festeggiamenti si siano appena conclusi o stiano invece per cominciare. L’albero della cuccagna è vuoto, nessun cibo è appeso ai ganci che pendono dalla ruota posta in alto. E dunque, sembra chiedere l’artista: cosa ne è oggi della cuccagna, quell’immaginario paese dell’abbondanza, della copiosità di beni e della piacevolezza del vivere?
Restituendo la complessità e la forza simbolica dell’albero della Cuccagna – dai culti arborei delle Feste di Maggio, con cui si salutava l’arrivo della nuova stagione sperando in un ricco raccolto, alle storie di lotta operaia che, a partire dalla Rivoluzione Francese con gli Arbre de la Liberté, continuano tra fine Ottocento e inizi Novecento fino al progressivo affermarsi della festa dei lavoratori – l’artista ne ribalta il senso: la cuccagna non è più oggi la festa popolare associata al dopo lavoro, al momento di svago, ma al contrario la conquista di un posto di lavoro. Della festa di piazza restano presenti le luci. Incorniciato da una miriade di lampadine accese, lo spazio circolare intorno all’albero, seppur vuoto, diventa punto di aggregazione e di raccolta, luogo dove creare una comunità per attivare reazione e cambiamento.
Ciò che l’artista mette in scena con la sua Cuccagna è ambivalente: alla cruda frustrazione di fronte alla sottrazione del benessere e dell’abbondanza, si contrappone la fiducia nella possibilità della reazione, come recita il titolo.
Il percorso della mostra si volge così circolare: operando quella leggera torsione che è propria dell’arte, ossia la capacità di osservare da una prospettiva diversa, inaspettata. Marzia Migliora “ri-forma”, “forma di nuovo”, in piena sintonia con il significato etimologico della parola greca ana-morfosi, la possibilità di un mondo al centro della riflessione e della discussione comune.
C’est un beau et vrai symbole pour la liberté qu’un arbre! La liberté a ses racines dans le coeur du peuple, comme l’arbre dans le coeur de la terre; comme l’arbre elle élève et déploie ses rameaux dans le ciel; comme l’arbre, elle grandit sans cesse et couvre les générations de son ombre.
Victor Hugo, 2 marzo 1848
Realizzazione: Marco De Luca
Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano-Napoli
Si ringraziano: Luca La Torre, ma0 – OM Project, Borgaro (To) – Giuseppe Garofalo, Roma – Nicolas Ombres, Roma – Luca Beltrame, Roma.
Il progetto di Marzia Migliora si fonda su una provocazione, a cominciare dal titolo, per sollecitare nel fruitore la riflessione su un tema così cruciale come quello del lavoro. L’artista mette subito al centro la questione fondamentale di questo momento storico, ponendosi e ponendoci a chiare lettere la domanda: quale lavoro e dove?
È questo il senso della frase Looking for a job installata nella prima sala con la tecnica dell’anamorfosi, dispositivo di illusione ottica creato nel Rinascimento che attraverso una gioco di geometria consente di interpretare le immagini da un unico punto di vista, specifico e precedentemente dato. In questo modo il pubblico è chiamato a mettersi in gioco, trovando quel punto di vista prestabilito, quello sguardo necessario ad afferrare la frase nel suo senso più profondo, sperimentando così in prima persona l’illusorietà e la poca consistenza che essa stessa oggi rivela.
La scelta formale della frammentazione anamorfica rispecchia, in maniera figurata, la realtà attuale del mondo del lavoro dove la ricerca stessa di un impiego si configura come un incerto e instabile miraggio.
Il fine ultimo di questa faticosa e spesso vana ricerca è un benessere difficile da raggiungere, di cui resta solo un’illusione ben presentata. Nella sala interna l’installazione fa riferimento al palo della Cuccagna, protagonista della festa popolare tradizionalmente associata a riti di benessere e prosperità, dove la promessa della felicità era data dai cibi che potevano essere vinti arrampicandosi sul palo unto di grasso. L’artista sceglie di rappresentare la festa in un momento di sospensione: non si sa se i festeggiamenti si siano appena conclusi o stiano invece per cominciare. L’albero della cuccagna è vuoto, nessun cibo è appeso ai ganci che pendono dalla ruota posta in alto. E dunque, sembra chiedere l’artista: cosa ne è oggi della cuccagna, quell’immaginario paese dell’abbondanza, della copiosità di beni e della piacevolezza del vivere?
Restituendo la complessità e la forza simbolica dell’albero della Cuccagna – dai culti arborei delle Feste di Maggio, con cui si salutava l’arrivo della nuova stagione sperando in un ricco raccolto, alle storie di lotta operaia che, a partire dalla Rivoluzione Francese con gli Arbre de la Liberté, continuano tra fine Ottocento e inizi Novecento fino al progressivo affermarsi della festa dei lavoratori – l’artista ne ribalta il senso: la cuccagna non è più oggi la festa popolare associata al dopo lavoro, al momento di svago, ma al contrario la conquista di un posto di lavoro. Della festa di piazza restano presenti le luci. Incorniciato da una miriade di lampadine accese, lo spazio circolare intorno all’albero, seppur vuoto, diventa punto di aggregazione e di raccolta, luogo dove creare una comunità per attivare reazione e cambiamento.
Ciò che l’artista mette in scena con la sua Cuccagna è ambivalente: alla cruda frustrazione di fronte alla sottrazione del benessere e dell’abbondanza, si contrappone la fiducia nella possibilità della reazione, come recita il titolo.
Il percorso della mostra si volge così circolare: operando quella leggera torsione che è propria dell’arte, ossia la capacità di osservare da una prospettiva diversa, inaspettata. Marzia Migliora “ri-forma”, “forma di nuovo”, in piena sintonia con il significato etimologico della parola greca ana-morfosi, la possibilità di un mondo al centro della riflessione e della discussione comune.
C’est un beau et vrai symbole pour la liberté qu’un arbre! La liberté a ses racines dans le coeur du peuple, comme l’arbre dans le coeur de la terre; comme l’arbre elle élève et déploie ses rameaux dans le ciel; comme l’arbre, elle grandit sans cesse et couvre les générations de son ombre.
Victor Hugo, 2 marzo 1848
Realizzazione: Marco De Luca
Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano-Napoli
Si ringraziano: Luca La Torre, ma0 – OM Project, Borgaro (To) – Giuseppe Garofalo, Roma – Nicolas Ombres, Roma – Luca Beltrame, Roma.
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