Pietro Pasolini. We are the land
Dal 23 Giugno 2021 al 30 Settembre 2021
Roma
Luogo: Galleria Valentina Bonomo
Indirizzo: Via del Portico d'Ottavia 13
Orari: dal lunedì al venerdì h. 15.00 - 19.00 o su appuntamento
Sito ufficiale: http://www.galleriabonomo.com
Nel progetto “We are the land” Pietro Pasolini (Brasile, 1992) propone un nuovo ciclo di opere, realizzate riflettendo sulla drammatica e veloce distruzione delle foreste nel mondo. Questa mostra invita a riflettere sulla condizione degli alberi, delle foreste e di tutto il mondo naturale (un mondo in cui, a causa dello sconsiderato comportamento dell’uomo, la biodiversità sta scomparendo ad una velocità cento volte superiore alla sua normale evoluzione).
“Nature is not a place separate from ourselves where we act out the drama of our isolated destinies. It is not a means of survival or a setting for our affairs ... It is instead a part of our being - dynamic, significant, real. It is our self.” Annie l. Booth
La mostra si apre con una fotografia aerea di grandi dimensioni che ritrae la foresta pluviale. Un’immagine scattata nel 2019 durante un viaggio dell’artista in Amazzonia, con l’aiuto di un drone. Quest’opera porta lo spettatore al di sopra delle foreste pluviali ecuadoriane che in quella prospettiva rivelano la loro grandezza monumentale. Come sostiene lo scrittore naturalista Barry Lopez “le foreste vanno oltre il mirino dell’obbiettivo, non possono essere inquadrate”. Di fronte alla fitta ed estesa trama della vegetazione tropicale, sorprendentemente complessa e visivamente confusa, siamo costretti a riflettere sui modi in cui la natura sia stata contaminata dall’uomo - da noi. Un’immagine che evidenzia le preoccupazioni dell’artista:
“Ho cominciato a studiare il legame che i Nativi Americani hanno con Madre Natura. Per loro le montagne, i fiumi, gli alberi e gli animali hanno un’ anima..ed è a questa anima a cui ho voluto dare voce...”
Questo punto di partenza ci porta nella seconda sala della galleria, dove ci ritroviamo nel cuore della foresta, circondati da grandi pannelli di rame su cui sono visibili impronte e pitture raffiguranti foglie e vegetazioni. Questi pannelli ossidati sono creati attraverso un processo realizzato all’aria aperta da Pasolini in cui l’artista assembla frammenti del mondo naturale - rami, foglie, palme - in un intricato tableaux che si attiva attraverso le intemperie e lo scorrere del tempo. I pannelli reagiscono agli elementi naturali, creando affascinanti fotogrammi a cui si unisce una dimensione del profondo che porta lo spettatore in un regno naturale quasi fiabesco. Pasolini colma il divario tra fotografia, scultura e pittura, così come la distanza fra artista, oggetto e spettatore. In queste nuove opere, create specialmente per la mostra, l’artista concepisce un nuovo linguaggio in cui la fedeltà della riproduzione fotografica si sovrappone alla più intima interpretazione pittorica. Una tecnica nuova che si ispira ad una più antica, quella dell’uomo delle caverne che inizia ad usare i segni e le impronte, il primo utilizzo della terra come pennello e della pietra come supporto. L’artista decide di tornare a questi fondamentali processi creativi, semplificando fino all’essenziale il fare arte.
“Come l’uomo primitivo, sono ritornato nella foresta: la natura è diventata il mio studio e i suoi elementi i miei strumenti (la pittura e il pennello) per realizzare i miei lavori. Lavorando all’aperto con l’intervento degli elementi naturali, acqua, fuoco, sole e vento, ho cominciato a dar forma ad un insieme di lavori che sono il risultato di una stretta collaborazione tra il pensiero dell’uomo e l’imprevedibilità della natura. Un diario fisico della più antica relazione della storia: quella tra natura e uomo.”
“Nature is not a place separate from ourselves where we act out the drama of our isolated destinies. It is not a means of survival or a setting for our affairs ... It is instead a part of our being - dynamic, significant, real. It is our self.” Annie l. Booth
La mostra si apre con una fotografia aerea di grandi dimensioni che ritrae la foresta pluviale. Un’immagine scattata nel 2019 durante un viaggio dell’artista in Amazzonia, con l’aiuto di un drone. Quest’opera porta lo spettatore al di sopra delle foreste pluviali ecuadoriane che in quella prospettiva rivelano la loro grandezza monumentale. Come sostiene lo scrittore naturalista Barry Lopez “le foreste vanno oltre il mirino dell’obbiettivo, non possono essere inquadrate”. Di fronte alla fitta ed estesa trama della vegetazione tropicale, sorprendentemente complessa e visivamente confusa, siamo costretti a riflettere sui modi in cui la natura sia stata contaminata dall’uomo - da noi. Un’immagine che evidenzia le preoccupazioni dell’artista:
“Ho cominciato a studiare il legame che i Nativi Americani hanno con Madre Natura. Per loro le montagne, i fiumi, gli alberi e gli animali hanno un’ anima..ed è a questa anima a cui ho voluto dare voce...”
Questo punto di partenza ci porta nella seconda sala della galleria, dove ci ritroviamo nel cuore della foresta, circondati da grandi pannelli di rame su cui sono visibili impronte e pitture raffiguranti foglie e vegetazioni. Questi pannelli ossidati sono creati attraverso un processo realizzato all’aria aperta da Pasolini in cui l’artista assembla frammenti del mondo naturale - rami, foglie, palme - in un intricato tableaux che si attiva attraverso le intemperie e lo scorrere del tempo. I pannelli reagiscono agli elementi naturali, creando affascinanti fotogrammi a cui si unisce una dimensione del profondo che porta lo spettatore in un regno naturale quasi fiabesco. Pasolini colma il divario tra fotografia, scultura e pittura, così come la distanza fra artista, oggetto e spettatore. In queste nuove opere, create specialmente per la mostra, l’artista concepisce un nuovo linguaggio in cui la fedeltà della riproduzione fotografica si sovrappone alla più intima interpretazione pittorica. Una tecnica nuova che si ispira ad una più antica, quella dell’uomo delle caverne che inizia ad usare i segni e le impronte, il primo utilizzo della terra come pennello e della pietra come supporto. L’artista decide di tornare a questi fondamentali processi creativi, semplificando fino all’essenziale il fare arte.
“Come l’uomo primitivo, sono ritornato nella foresta: la natura è diventata il mio studio e i suoi elementi i miei strumenti (la pittura e il pennello) per realizzare i miei lavori. Lavorando all’aperto con l’intervento degli elementi naturali, acqua, fuoco, sole e vento, ho cominciato a dar forma ad un insieme di lavori che sono il risultato di una stretta collaborazione tra il pensiero dell’uomo e l’imprevedibilità della natura. Un diario fisico della più antica relazione della storia: quella tra natura e uomo.”
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