Terezin. Disegni e poesie dei bambini del campo di sterminio
Dal 20 Gennaio 2014 al 28 Marzo 2014
Roma
Luogo: Casa della Memoria e della Storia
Indirizzo: via San Francesco di Sales 5
Orari: da lunedì a venerdì 9.30-20
Curatori: Anpi Roma
Enti promotori:
- Assessorato alla Cultura Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale – Dipartimento Cultura Servizio Spazi Culturali
- Associazione versigliese Italia-Cecoslovacchia
- Regione Toscana
- Amministrazione provinciale di Pisa
Costo del biglietto: ingresso gratuito fino a esaurimento posti
Telefono per informazioni: +39 060608
Sito ufficiale: http://www.culturaroma.it
I materiali in mostra sono una selezione dei disegni e delle poesie conservati presso il Museo Ebraico di Praga e realizzati dai bambini rinchiusi a Terezin, città-fortezza cecoslovacca che divenne, tra il 1942 e il 1944, il “ghetto dell’infanzia”.
Il lascito più struggente dell’attività artistica sviluppata negli ateliers clandestini di Terezín è rappresentato dalle produzioni dei piccoli “ospiti”: diari, riviste, 5.000 disegni e 66 poesie.
La mostra è dedicata al Comandante Max
Partecipano all’inaugurazione:
Flavia Barca, Assessore alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica
Ruth Dureghello, Assessore Politiche Educative - C.E.R.
Vera Michelin Salomon, Deportata Politica, ANED
Marisa Ombra, Ex partigiana, ANPI
Roberto Olla, Responsabile del Tg1Storia
Simile a tutti gli altri inferni concentrazionari in quanto luogo di fame-malattia-morte-orrore, Terezín ebbe tuttavia una propria “unicità”, terribile e straordinaria al tempo stesso.
Da un lato, fu uno strumento della “campagna pubblicitaria” dei nazisti che, nel processo della soluzione finale della questione ebraica, lo utilizzarono cinicamente come Propagandlager, un palcoscenico da esibire alle delegazioni straniere in visita, un campo modello dedito alla musica, al teatro, all’arte.
Dall’altro lato, fu protagonista di un rigoglio creativo che fiorì spontaneo, ben oltre le messinscene pianificate dagli aguzzini: la cultura divenne un “necessario” nutrimento spirituale per i prigionieri, una sorta di baluardo opposto con la forza della disperazione alla minaccia incombente della Vernichtung, la riduzione al nulla.
La mostra è a cura di Anpi Roma ed è tratta dal catalogo edito a cura degli Enti Promotori della mostra: Associazione versigliese Italia-Cecoslovacchia, Regione Toscana, Amministrazione provinciale di Pisa.
E’ promossa dall’Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale – Dipartimento Cultura Servizio Spazi Culturali. Il materiale è stato realizzato da Coop Lombardia – Comitato Soci di Niguarda (Mi – Ornato). Si ringrazia ANCC Coop.
“Nel periodo in cui durò il ghetto – dal 24 novembre 1941 fino alla liberazione avvenuta l’8 maggio 1945 – passarono per lo stesso 140.000 prigionieri. Proprio a Terezin perirono circa 35.000 detenuti. Degli 87.000 prigionieri deportati a Est, dopo la guerra fecero ritorno solo 3.097 persone.
Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all’incirca 15.000 bambini, compresi i neonati. Erano in prevalenza bambini degli ebrei cechi, deportati a Terezin insieme ai genitori, in un flusso continuo di trasporti fin dagli inizi dell’esistenza del ghetto. La maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz. Dopo la guerra non ne ritornò nemmeno un centinaio e di questi nessuno aveva meno di quattordici anni. I bambini sopportarono il destino del campo di concentramento assieme agli altri prigionieri di Terezin.
Dapprima i ragazzi e le ragazze che avevano meno di dodici anni abitavano nei baraccamenti assieme alle donne; i ragazzi più grandi erano con gli uomini. Tutti i bambini soffrirono assieme agli altri le misere condizioni igieniche e abitative e la fame. Soffrirono anche per il distacco dalle famiglie e per il fatto di non poter vivere e divertirsi come bambini. Per un certo periodo i prigionieri adulti riuscirono ad alleviare le condizioni di vita dei ragazzi facendo sì che venissero concentrati nelle case per i bambini.
La permanenza nel collettivo infantile alleviò un tantino, specialmente sotto l’aspetto psichico, l’amara sorte dei piccoli prigionieri. Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l’insegnamento clandestino. Sotto la guida degli educatori, i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti. E non furono solo ascoltatori: molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondarono circoli di recitazione e di canto, facevano teatro per i bambini. I bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie. Una parte di questa eredità letteraria si è conservata.
L’educazione figurativa veniva organizzata nelle case dei bambini secondo un piano preciso. Le ore di disegno erano dirette dall’artista Friedl Dicker Brandejsovà. Il complesso dei disegni che si è riusciti a salvare e che fanno parte delle collezioni del Museo statale ebraico di Praga, comprende circa 4.000 disegni. I loro autori sono per la gran parte bambini dai 10 ai 14 anni. […] Sui disegni c’è di solito la firma del bambino, talvolta la data di nascita e di deportazione a Terezin e da Terezin. La data di deportazione da Terezin è anche in genere l’ultima notizia del bambino.
Questo è tutto quanto sappiano sugli autori dei disegni, ex prigionieri bambini del ghetto nazista di Terezin. La stragrande maggioranza dei bambini di Terezin morì. Utilizzavano i più vari tipi e formati della pessima carta di guerra, ciò che potevano trovare, spesso utilizzando i formulari già stampati di Terezin, le carte assorbenti. Per il lavoro figurativo i sussidi a disposizione non bastavano e i bambini dovevano prestarseli a vicenda.”
Anita Frankovà-Direttore del Museo Ebraico di Praga
Il lascito più struggente dell’attività artistica sviluppata negli ateliers clandestini di Terezín è rappresentato dalle produzioni dei piccoli “ospiti”: diari, riviste, 5.000 disegni e 66 poesie.
La mostra è dedicata al Comandante Max
Partecipano all’inaugurazione:
Flavia Barca, Assessore alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica
Ruth Dureghello, Assessore Politiche Educative - C.E.R.
Vera Michelin Salomon, Deportata Politica, ANED
Marisa Ombra, Ex partigiana, ANPI
Roberto Olla, Responsabile del Tg1Storia
Simile a tutti gli altri inferni concentrazionari in quanto luogo di fame-malattia-morte-orrore, Terezín ebbe tuttavia una propria “unicità”, terribile e straordinaria al tempo stesso.
Da un lato, fu uno strumento della “campagna pubblicitaria” dei nazisti che, nel processo della soluzione finale della questione ebraica, lo utilizzarono cinicamente come Propagandlager, un palcoscenico da esibire alle delegazioni straniere in visita, un campo modello dedito alla musica, al teatro, all’arte.
Dall’altro lato, fu protagonista di un rigoglio creativo che fiorì spontaneo, ben oltre le messinscene pianificate dagli aguzzini: la cultura divenne un “necessario” nutrimento spirituale per i prigionieri, una sorta di baluardo opposto con la forza della disperazione alla minaccia incombente della Vernichtung, la riduzione al nulla.
La mostra è a cura di Anpi Roma ed è tratta dal catalogo edito a cura degli Enti Promotori della mostra: Associazione versigliese Italia-Cecoslovacchia, Regione Toscana, Amministrazione provinciale di Pisa.
E’ promossa dall’Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale – Dipartimento Cultura Servizio Spazi Culturali. Il materiale è stato realizzato da Coop Lombardia – Comitato Soci di Niguarda (Mi – Ornato). Si ringrazia ANCC Coop.
“Nel periodo in cui durò il ghetto – dal 24 novembre 1941 fino alla liberazione avvenuta l’8 maggio 1945 – passarono per lo stesso 140.000 prigionieri. Proprio a Terezin perirono circa 35.000 detenuti. Degli 87.000 prigionieri deportati a Est, dopo la guerra fecero ritorno solo 3.097 persone.
Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all’incirca 15.000 bambini, compresi i neonati. Erano in prevalenza bambini degli ebrei cechi, deportati a Terezin insieme ai genitori, in un flusso continuo di trasporti fin dagli inizi dell’esistenza del ghetto. La maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz. Dopo la guerra non ne ritornò nemmeno un centinaio e di questi nessuno aveva meno di quattordici anni. I bambini sopportarono il destino del campo di concentramento assieme agli altri prigionieri di Terezin.
Dapprima i ragazzi e le ragazze che avevano meno di dodici anni abitavano nei baraccamenti assieme alle donne; i ragazzi più grandi erano con gli uomini. Tutti i bambini soffrirono assieme agli altri le misere condizioni igieniche e abitative e la fame. Soffrirono anche per il distacco dalle famiglie e per il fatto di non poter vivere e divertirsi come bambini. Per un certo periodo i prigionieri adulti riuscirono ad alleviare le condizioni di vita dei ragazzi facendo sì che venissero concentrati nelle case per i bambini.
La permanenza nel collettivo infantile alleviò un tantino, specialmente sotto l’aspetto psichico, l’amara sorte dei piccoli prigionieri. Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l’insegnamento clandestino. Sotto la guida degli educatori, i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti. E non furono solo ascoltatori: molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondarono circoli di recitazione e di canto, facevano teatro per i bambini. I bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie. Una parte di questa eredità letteraria si è conservata.
L’educazione figurativa veniva organizzata nelle case dei bambini secondo un piano preciso. Le ore di disegno erano dirette dall’artista Friedl Dicker Brandejsovà. Il complesso dei disegni che si è riusciti a salvare e che fanno parte delle collezioni del Museo statale ebraico di Praga, comprende circa 4.000 disegni. I loro autori sono per la gran parte bambini dai 10 ai 14 anni. […] Sui disegni c’è di solito la firma del bambino, talvolta la data di nascita e di deportazione a Terezin e da Terezin. La data di deportazione da Terezin è anche in genere l’ultima notizia del bambino.
Questo è tutto quanto sappiano sugli autori dei disegni, ex prigionieri bambini del ghetto nazista di Terezin. La stragrande maggioranza dei bambini di Terezin morì. Utilizzavano i più vari tipi e formati della pessima carta di guerra, ciò che potevano trovare, spesso utilizzando i formulari già stampati di Terezin, le carte assorbenti. Per il lavoro figurativo i sussidi a disposizione non bastavano e i bambini dovevano prestarseli a vicenda.”
Anita Frankovà-Direttore del Museo Ebraico di Praga
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