Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese
Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese, Scuderie del Quirinale, Roma
Dal 27 Settembre 2012 al 20 Gennaio 2013
Roma
Luogo: Scuderie del Quirinale
Indirizzo: via XXIV Maggio 16
Curatori: Arthur K. Wheelock, Walter Liedtke, Sandrina Bandera
Costo del biglietto: intero € 12
Telefono per informazioni: +39 06 39967500
E-Mail info: p.paris@palaexpo.it
Sito ufficiale: http://www.scuderiequirinale.it
La mostra “Vermeer, il secolo d’oro dell’arte olandese”, dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013 alle Scuderie del Quirinale, offre al pubblico la prima grande esposizione mai realizzata in Italia dedicata al massimo esponente della pittura olandese del XVII secolo, uno degli autori più amati in assoluto dal grande pubblico.
Organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo e coprodotta con MondoMostre, la mostra è a cura di Arthur K. Wheelock, Curator of Northern Baroque Paintings, National Gallery of Art di Washington, Walter Liedtke, Curator of European Paintings, Metropolitan Museum of Art di New York e Sandrina Bandera, Soprintendente per il Patrimonio Artistico Storico, Artistico ed Etnoantopologico di Milano.
Johannes Vermeer (1632 – 1675, Delft) dipinse non più di 50 quadri nella sua vita (oggi se ne conoscono solo 37). Conoscitore e mercante d’arte si considerava soprattutto un pittore. Lavorò solo su commissione e non dipinse mai più di due o tre opere l’anno, il necessario per mantenere la moglie e gli undici figli: oggi è considerato tra i più grandi pittori di tutti i tempi.
Delle opere riconosciute autografe di Johannes Vermeer nel mondo, nessuna appartiene ad una collezione italiana. Solo 26 dei suoi capolavori, conservati in 15 collezioni diverse, possono essere movimentati. Negli ultimi cento anni sono state 8 le grandi mostre su Vermeer e solo 3 hanno ottenuto in prestito più di 4 capolavori dell’artista: nel 1996 alla National Gallery of Art di Washington, in seconda tappa al Mauritshuis dell’Aja, nel 2001 al Metropolitan Museum of Art di New York e nel 2003 in Spagna al Museo del Prado che, come l’Italia, non ha opere dell’artista di Delft, ma riuscì a riunirne 9.
Otto i Vermeer presenti nell’esposizione romana, dalle donne “ideali” alla celebre Stradina, affiancati da cinquanta capolavori degli artisti suoi contemporanei, icone della pittura olandese del secolo d’oro, tutti accomunati da una particolare abilità per le diverse tecniche di rappresentazione della luce su materiali e superfici differenti.
Il visitatore potrà non solo avvicinare il genio artistico di Vermeer, ma anche capire come l’opera del maestro si rapporti con gli artisti olandesi: gli interni di Vermeer, per esempio, spesso rimaneggiati nelle decorazioni e pieni di oggetti non citati nell’inventario dei beni presenti nella casa in cui viveva, sono frutto d’invenzione o presi in prestito da altri, e dipinti sulla tela in uno spoglio sottotetto. Artista raffinatissimo e dotato di una straordinaria memoria visiva, Vermeer era sempre ben informato sulla produzione dei contemporanei olandesi, molti dei quali rappresentati in mostra. Saranno infatti esposte le opere degli artisti coevi tra i massimi protagonisti dell’arte di genere del secolo d’oro olandese: Carel Fabritius e Nicolaes Maes, pionieri degli effetti sperimentali e naturalistici attinenti allo spazio e alla luce, che Vermeer utilizzò per accrescere il realismo delle sue composizioni pittoriche; Gerard ter Borch, osservatore insolitamente empatico di giovani donne come lo stesso Vermeer, che da ter Borch trae ispirazione per i soggetti, migliorandone lo stile; Pieter de Hooch, tra i più celebri pittori dell’epoca, a sua volta ispiratosi a Vermeer. E ancora Gerrard Dou, il maestro del chiaroscuro applicato alle scene notturne “a lume di candela”, Gabriel Metsu, Frans van Mieris e Jacob Ochtervelt.
Nelle opere di Vermeer i colori dominanti sono il blu e il giallo. E’ noto anche come il “Maestro della luce olandese” per la sua straordinaria capacità di descrivere la luce del cielo d’Olanda. Sembra, infatti, che dopo l’avanzata del terreno bonificato, il colore del cielo olandese sia cambiato perché la luce non è stata più riflessa verso l’alto dalle paludi e dai laghi. Questi dipinti sono una testimonianza preziosa per rivivere la delicata luminosità dei Cieli Olandesi
Il fascino di Vermeer e la sua straordinaria raffinatezza esecutiva sono stati riscoperti abbastanza recentemente. La sua fortuna inizia, infatti, nella seconda metà dell' 800 dopo che il critico francese Théophile Thoré-Bürger gli dedicò una appassionata monografia. E’ il 1866: sono passati quasi due secoli dalla sua morte, da allora la sua fama tra gli ‘intenditori’ non ha mai smesso di crescere. Sostenitori del suo genio e incantati dalle sue opere furono anche Teofilo Gautier, i fratelli Goncourt e, soprattutto, Proust che mostrò verso il pittore un interesse intenso e quasi fatale, riconoscendone le sottili affinità di temperamento. Non è chiaro chi insegnò l’arte della pittura a Vermeer e poco si conosce della sua biografia, fu lo stesso Bürger a definirlo ‘la Sfinge di Delft’.Eppure fu l’artista che insegnò a tutti a vedere la luce, pur avendo limitato al massimo il suo spazio espressivo.
Dopo essere stato oggetto per molto tempo di una fortuna critica altalenante deve una clamorosa riscoperta ad alcune indimenticabili e rarissime mostre fino al grande successo di quella tenutasi a Washington nel 1996, curata da Arthur Wheelock, fra i curatori di questa esposizione alle Scuderie del Quirinale.
Organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo e coprodotta con MondoMostre, la mostra è a cura di Arthur K. Wheelock, Curator of Northern Baroque Paintings, National Gallery of Art di Washington, Walter Liedtke, Curator of European Paintings, Metropolitan Museum of Art di New York e Sandrina Bandera, Soprintendente per il Patrimonio Artistico Storico, Artistico ed Etnoantopologico di Milano.
Johannes Vermeer (1632 – 1675, Delft) dipinse non più di 50 quadri nella sua vita (oggi se ne conoscono solo 37). Conoscitore e mercante d’arte si considerava soprattutto un pittore. Lavorò solo su commissione e non dipinse mai più di due o tre opere l’anno, il necessario per mantenere la moglie e gli undici figli: oggi è considerato tra i più grandi pittori di tutti i tempi.
Delle opere riconosciute autografe di Johannes Vermeer nel mondo, nessuna appartiene ad una collezione italiana. Solo 26 dei suoi capolavori, conservati in 15 collezioni diverse, possono essere movimentati. Negli ultimi cento anni sono state 8 le grandi mostre su Vermeer e solo 3 hanno ottenuto in prestito più di 4 capolavori dell’artista: nel 1996 alla National Gallery of Art di Washington, in seconda tappa al Mauritshuis dell’Aja, nel 2001 al Metropolitan Museum of Art di New York e nel 2003 in Spagna al Museo del Prado che, come l’Italia, non ha opere dell’artista di Delft, ma riuscì a riunirne 9.
Otto i Vermeer presenti nell’esposizione romana, dalle donne “ideali” alla celebre Stradina, affiancati da cinquanta capolavori degli artisti suoi contemporanei, icone della pittura olandese del secolo d’oro, tutti accomunati da una particolare abilità per le diverse tecniche di rappresentazione della luce su materiali e superfici differenti.
Il visitatore potrà non solo avvicinare il genio artistico di Vermeer, ma anche capire come l’opera del maestro si rapporti con gli artisti olandesi: gli interni di Vermeer, per esempio, spesso rimaneggiati nelle decorazioni e pieni di oggetti non citati nell’inventario dei beni presenti nella casa in cui viveva, sono frutto d’invenzione o presi in prestito da altri, e dipinti sulla tela in uno spoglio sottotetto. Artista raffinatissimo e dotato di una straordinaria memoria visiva, Vermeer era sempre ben informato sulla produzione dei contemporanei olandesi, molti dei quali rappresentati in mostra. Saranno infatti esposte le opere degli artisti coevi tra i massimi protagonisti dell’arte di genere del secolo d’oro olandese: Carel Fabritius e Nicolaes Maes, pionieri degli effetti sperimentali e naturalistici attinenti allo spazio e alla luce, che Vermeer utilizzò per accrescere il realismo delle sue composizioni pittoriche; Gerard ter Borch, osservatore insolitamente empatico di giovani donne come lo stesso Vermeer, che da ter Borch trae ispirazione per i soggetti, migliorandone lo stile; Pieter de Hooch, tra i più celebri pittori dell’epoca, a sua volta ispiratosi a Vermeer. E ancora Gerrard Dou, il maestro del chiaroscuro applicato alle scene notturne “a lume di candela”, Gabriel Metsu, Frans van Mieris e Jacob Ochtervelt.
Nelle opere di Vermeer i colori dominanti sono il blu e il giallo. E’ noto anche come il “Maestro della luce olandese” per la sua straordinaria capacità di descrivere la luce del cielo d’Olanda. Sembra, infatti, che dopo l’avanzata del terreno bonificato, il colore del cielo olandese sia cambiato perché la luce non è stata più riflessa verso l’alto dalle paludi e dai laghi. Questi dipinti sono una testimonianza preziosa per rivivere la delicata luminosità dei Cieli Olandesi
Il fascino di Vermeer e la sua straordinaria raffinatezza esecutiva sono stati riscoperti abbastanza recentemente. La sua fortuna inizia, infatti, nella seconda metà dell' 800 dopo che il critico francese Théophile Thoré-Bürger gli dedicò una appassionata monografia. E’ il 1866: sono passati quasi due secoli dalla sua morte, da allora la sua fama tra gli ‘intenditori’ non ha mai smesso di crescere. Sostenitori del suo genio e incantati dalle sue opere furono anche Teofilo Gautier, i fratelli Goncourt e, soprattutto, Proust che mostrò verso il pittore un interesse intenso e quasi fatale, riconoscendone le sottili affinità di temperamento. Non è chiaro chi insegnò l’arte della pittura a Vermeer e poco si conosce della sua biografia, fu lo stesso Bürger a definirlo ‘la Sfinge di Delft’.Eppure fu l’artista che insegnò a tutti a vedere la luce, pur avendo limitato al massimo il suo spazio espressivo.
Dopo essere stato oggetto per molto tempo di una fortuna critica altalenante deve una clamorosa riscoperta ad alcune indimenticabili e rarissime mostre fino al grande successo di quella tenutasi a Washington nel 1996, curata da Arthur Wheelock, fra i curatori di questa esposizione alle Scuderie del Quirinale.
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