WHITE. Progetto di Barbara Duran
Dal 30 Ottobre 2021 al 27 Novembre 2021
Roma
Luogo: Ex Cartiera Latina
Indirizzo: Via Appia Antica 42
Orari: dal martedì al venerdì ore 12.00 – 18.00; sabato e domenica ore 11.00 – 18.00. Chiuso il lunedì (solo su appuntamento)
Curatori: Studio Urbana
Prolungata: fino al 27 novembre 2022
Costo del biglietto: ingresso gratuito
E-Mail info: silviasavoca16@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.barbaraduran.net
La mostra “WHITE. Progetto di Barbara Duran” ospitata nella Sala Nagasawa dell’Ex Cartiera Latina di Roma dal 30 ottobre al 21 novembre 2021 vuole ripercorrere il lavoro dell’artista dal 2016 al 2021 attraverso centottanta opere circa di cui centoventidue inedite - oli su tela e su tavola, pigmenti e tecniche miste su carta di riso, acquarelli su carta, punta d'argento su carta preparata a mano, video. L’intero progetto, composto da quattro cicli di opere, alla luce di una circolarità del tempo tra passato e presente, fil rouge del percorso espositivo, è legato ad una idea di sacralità laica, che si riferisce fortemente nel suo divenire formale all’iconografia antica e moderna. “Accanto alla memoria, forte è anche il sentimento del dolore, che nasce da una riflessione sulle violenze e sulle sopraffazioni proprie dei regimi autoritari, in cui viene cancellata ogni forma di dignità umana. In questo contesto la figura femminile si riconfigura nel suo ruolo salvifico, quale artefice delle salvezza collettiva, colei che accoglie e genera, che difende e protegge se stessa e l’altro.” (B. Duran).
L’esposizione, a cura di Studio Urbana, si avvale del Patrocinio di: Regione Lazio, Parco Regionale dell'Appia Antica, MIBAC, Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma la provincia di Viterbo e l'Etruria meridionale, Fondazione Il Gabbiano, Without Borders Festival, Valentina Moncada, Galerie Metanoia, Centre Culturel Italien Paris. Responsabile di progetto Silvia Savoca. Il catalogo, Editore d’Arte Studio Urbana, è arricchito dai testi di Renato Miracco, Ignazio Venafro, Barbara Duran, Benedetta D’Ettorre, Silvia Savoca, Simona Cirelli, Maria Azahara Hernando Ibáñez. La mostra sarà inaugurata sabato 30 ottobre dalle ore 12.00 alle 19.00.
Come scrive la stessa Barbara Duran “WHITE è un lavoro di sottrazione nelle sovrapposizioni sensoriali e strutturali che annebbiano l’immagine oggi, vuol essere la porta che attraverso il rumore bianco, possa aprire la percezione all’empatia. Icone contemporanee del mondo introducono a comprendere che la gioia e il dolore che si scontrano nell’esistenza dell’umanità possano ricondursi in essenza ad un’assenza della percezione dell’altro, che è altro da noi solo se volutamente ignoriamo che il nostro essere è, solo nella relazione ad un altro da sé, nel presente del tempo, nella comprensione della differenza.”
La mostra
Il progetto che prende il nome di WHITE, è un cammino all’interno degli archivi reconditi dell’artista Barbara Duran attraverso molteplici linguaggi visuali quali pittura, disegno e video. Tre cicli di opere sono stati già presentati: “White” a Parigi nel 2016, “Appearing through invisible” a Torino Esposizioni sempre nel 2016, “Servae. Icone liquide” al Castello di Santa Severa nel 2018. Le opere inedite sono state realizzate dal 2018 al 2021 e compongono il quarto ciclo “IS Land” presentato in questa occasione per la prima volta.
Scrive Silvia Savoca: “L'Ex Cartiera Latina, a Roma, ospita la mostra White; è un luogo che porta con sé una colonna sonora fatta di cinguettii degli uccellini e il suono dello scorrere dell'acqua del fiume Almone da cui è accarezzata tutta la struttura per la sua lunghezza. La sala Nagasawa, corpo centrale dell'ex cartiera e cuore pulsante per la funzione primaria di ospitare tutte le macchine di produzione, è il luogo deputato della nostra esposizione. L'imponenza dello spazio a disposizione è stato il punto di partenza e di ispirazione per il nostro allestimento: i tetti alti, provvisti di travi, e la profondità della sala sono sembrati a noi di Studio Urbana i fattori ideali per realizzare una nave su cui salire tutti insieme e abbandonarci fino al termine del viaggio” proprio perché “WHITE è un abbraccio di persone, fra persone. Un abbraccio di luoghi, fra luoghi”.
Nel ciclo “White” le grandi tele sono risultato di una strettissima relazione di spazio/tempo tra l’immagine classica, rinascimentale, barocca e quella contemporanea in un ‘eclat’, un’esplosione che produce luce, così forte da fare di ogni colore bianco. Un rumore bianco, rumore sordo che esprime il dolore totale, lì dove non c’è più spazio tra visibile e invisibile. Ecco comparire la figura femminile nell’interpretazione di Barbara Duran: la grande madre/matrigna, Eva/Lilith, e poi la Deposizione: l’immagine cristologica che raccoglie troppe e drammatiche Deposizioni contemporanee, così Artemide/Artemisia nell’incontro tra coloro che in differenti momenti del tempo storico, hanno subito una violenza e difendono la propria dignità con forza, lo spirito indomito attribuito alle donne che hanno in sé l’archetipo di Artemide. Non c’è trascendenza negli sguardi delle Madonne di Piero della Francesca, ma innocenza e malizia, e il Cristo deposto si rivolge ai nostri occhi ogni giorno.
Il video White, ispirato ai bellissimi fotogrammi di Emma Goldman, anarchica russa che amava esclamare “se non posso ballare allora non è la mia rivoluzione!”, si collega fortemente al cortometraggio ‘La Danza’ realizzato in occasione del progetto “Dimora del Tempo”, nel 2009, in cui l’impianto compositivo e iconografico dell’immagine in movimento volgeva a sottendere uno spazio frammentato, una linea spezzata, tagliata ed evanescente nel lacerarsi in un binomio del mito femminile: l’una abbandonata, l’altra trasformata. Entrambe figure salvifiche, come la figura danzante ne “La Danza” (2009) https://vimeo.com/99647845 di una bambina che protegge e attraverso un moto infantile restituisce dignità e forza, in “White” (2016) https://vimeo.com/375384792 una donna adulta danza e appare, come epifania, anch’essa salvifica (e dolente) che aspetta, difende, ricorda e protegge come le divinità arcaiche, una figura archetipica, un’Artemide dei nostri giorni che balla davanti ad un mediterraneo bellissimo e ostile, antico e contemporaneo.
Nel secondo ciclo “Appearing through invisible”, la figura diafana, bianca, ectoplasmatica di una donna che danza “riporta ad un nuovo modo di percepire la realtà”, ove l’immagine in movimento volge a lacerarsi in una duplicità del mito femminile, salvifico e leggero, senza peso, parte dell’aria che attraversa per esorcizzare le contraddizioni che segnano la terra, lasciandone tracce. Danza e appare, scompare, tracciando segni, come epifania: un archetipo Artemide che “mette in discussione l’ordine conosciuto”.
Le figure del terzo ciclo “Servae. Icone liquide”, come sottolinea Ignazio Venafro, sono “apparizioni liquefatte, dedalee tremule viventi e mosse […], una reminiscenza organica che diventa evento come persona, un teatro dell’anima come fosse aurora, come forse un’aria che attraversa l’essere nel suo esserci circolare, nella sua epifania molteplice di Artemide Leucotea Afrodite Ilizia Eos Astarte Persefone Core Demetra, e Antigone, colei che mette in discussione l’ordine conosciuto e grida, grida, grida: ‘non sono qui per unirmi nell’odio ma nell’amore…’”
In un’ottica anche di impegno civile, sono le parole stesse di Barbara Duran ad illustrare il senso del quarto ciclo “IS Land” con centoventidue opere inedite: “In un contemporaneo che affligge la dignità dell’essere, che sporca e inonda ogni possibile serenità dell’animo, che taglia i circuiti dell’umano co-esistere, che non rispetta e non onora la natura delle cose, cieco, sordo ma non muto. Una volgarità insulsa e prepotente calpesta la terra senza ragione, senza spirito e lascia all’acqua il compito di sopire e di far scomparire. […] Eppure la natura ha vita propria, non ammette strategie e tantomeno sottomissioni e compromessi: natura naturans. La natura per chi ancora ha occhi per guardare, orecchie per ascoltare e un cuore per amare, disinteressatamente, con purezza e incanto e con altrettanta consapevolezza e coscienza, integrità, con altrettanta forza nel ricondizionare, abbattere l’avidità e gli egoismi […] Eppure un’isola, in lontananza – la lontananza della mente e a volte del cuore - appare. È epifania? Epilogo? Sogno, visione? È apparizione. È tutto ed è nulla, ma c’è. Ognuno potrà decidere che farne, scorgendola con lo sguardo intrapsichico che ne crea il tramite: contemplarla, raggiungerla, approdare, andare oltre, cambiare rotta, accostarvisi, la scelta di un’azione determina una conseguenza e l’isola è un Telos.”
Perché, come recitano i versi di una poesia dell’artista, l’isola è natura rigogliosa, appartenenza, mito, chimera, apparizione, rarefazione, “l’isola scompare… e riappare… e scompare… l’isola è terra”.
Benedetta D’Ettorre in catalogo scrive come approcciarsi alla serie IS land, significa scontrarsi con la potenza del colore. “A tratti diventa denso, corposo ma, allo sguardo successivo, acquisisce assoluta leggerezza. Ecco che il colore assume totale ambiguità: ad una certa ora, quel giallo potente, quel rosso sanguigno, il blu impenetrabile e l’azzurro sottile si fanno acqua, cielo o forse terra. Marrone, grigio, bianco, nero al contempo delineano e oscurano tutto.” Il confine tra mare e cielo si fa labile, l’azzurrino avvolge acque ora calme ora agitate e allo stesso tempo cieli evanescenti; il giallo si fa squillante, il porpora costruisce, con pennellate potenti ma vaporose, cupole, città incantate, forse reminiscenze di una Venezia sospesa.
Come il percorso della mostra testimonia, il progetto di Barbara Duran WHITE parte dunque da lontano ed “è dedicato a tutti coloro che fuggono dalle guerre, dalle ingiustizie, dalla tortura. Alle donne, alle madri, alle sorelle, agli uomini, ai fratelli, ai figli. A tutti gli esseri viventi che soffrono e che hanno il diritto di vivere. Dedicato alle nostre sorelle e ai nostri Fratelli”. Ben sottolinea Renato Miracco nel suo testo come, per fare questo, Barbara Duran si trasformi in un’Artista-Sciamano.
Artista italiana di origine cosmopolita, Barbara Duran vive e lavora tra Orvieto e Roma. Ha vissuto e lavorato in Francia, in Grecia e in America Latina.
Direttore artistico di Studio Urbana con Corrado de Grazia - Spazio Indipendente di Produzione Culturale - aperto nel 2007 come spazio espositivo, ha curato mostre personali e collettive collaborando con istituzioni e gallerie d’arte.
La sua opera si esprime attraverso linguaggi molteplici tra cui la pittura, la fotografia e la video art. Ha cominciato ad esporre intorno agli anni ‘90, partecipando a mostre collettive e realizzando personali in Italia e all’estero, ha prodotto e realizzato cortometraggi e video nell’ambito dei propri progetti espositivi. Il suo lavoro è attualmente esposto in collezioni private e pubbliche, sia italiane che straniere.
A proposito di Duran hanno scritto, tra gli altri, Domenico Guzzi, Maria Teresa Benedetti, Ignazio Venafro, Ruggero Savinio, Annelisa Alleva, Marco di Capua, Renato Miracco, Ornella Fazzina, Teresa Macrì, Lele Luzzati, Marco Bechis, Gaston Troiano, Anna Gioioso, Patrizia de Rachewiltz, Massimo Nicotra, Marc Higonnet, Anna Pintus, Amerigo de Agostini, Antonio Sammartano, Darine Rajhi, Simona Cirelli, Maria Azahara Hernando Ibáñez.
L’esposizione, a cura di Studio Urbana, si avvale del Patrocinio di: Regione Lazio, Parco Regionale dell'Appia Antica, MIBAC, Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma la provincia di Viterbo e l'Etruria meridionale, Fondazione Il Gabbiano, Without Borders Festival, Valentina Moncada, Galerie Metanoia, Centre Culturel Italien Paris. Responsabile di progetto Silvia Savoca. Il catalogo, Editore d’Arte Studio Urbana, è arricchito dai testi di Renato Miracco, Ignazio Venafro, Barbara Duran, Benedetta D’Ettorre, Silvia Savoca, Simona Cirelli, Maria Azahara Hernando Ibáñez. La mostra sarà inaugurata sabato 30 ottobre dalle ore 12.00 alle 19.00.
Come scrive la stessa Barbara Duran “WHITE è un lavoro di sottrazione nelle sovrapposizioni sensoriali e strutturali che annebbiano l’immagine oggi, vuol essere la porta che attraverso il rumore bianco, possa aprire la percezione all’empatia. Icone contemporanee del mondo introducono a comprendere che la gioia e il dolore che si scontrano nell’esistenza dell’umanità possano ricondursi in essenza ad un’assenza della percezione dell’altro, che è altro da noi solo se volutamente ignoriamo che il nostro essere è, solo nella relazione ad un altro da sé, nel presente del tempo, nella comprensione della differenza.”
La mostra
Il progetto che prende il nome di WHITE, è un cammino all’interno degli archivi reconditi dell’artista Barbara Duran attraverso molteplici linguaggi visuali quali pittura, disegno e video. Tre cicli di opere sono stati già presentati: “White” a Parigi nel 2016, “Appearing through invisible” a Torino Esposizioni sempre nel 2016, “Servae. Icone liquide” al Castello di Santa Severa nel 2018. Le opere inedite sono state realizzate dal 2018 al 2021 e compongono il quarto ciclo “IS Land” presentato in questa occasione per la prima volta.
Scrive Silvia Savoca: “L'Ex Cartiera Latina, a Roma, ospita la mostra White; è un luogo che porta con sé una colonna sonora fatta di cinguettii degli uccellini e il suono dello scorrere dell'acqua del fiume Almone da cui è accarezzata tutta la struttura per la sua lunghezza. La sala Nagasawa, corpo centrale dell'ex cartiera e cuore pulsante per la funzione primaria di ospitare tutte le macchine di produzione, è il luogo deputato della nostra esposizione. L'imponenza dello spazio a disposizione è stato il punto di partenza e di ispirazione per il nostro allestimento: i tetti alti, provvisti di travi, e la profondità della sala sono sembrati a noi di Studio Urbana i fattori ideali per realizzare una nave su cui salire tutti insieme e abbandonarci fino al termine del viaggio” proprio perché “WHITE è un abbraccio di persone, fra persone. Un abbraccio di luoghi, fra luoghi”.
Nel ciclo “White” le grandi tele sono risultato di una strettissima relazione di spazio/tempo tra l’immagine classica, rinascimentale, barocca e quella contemporanea in un ‘eclat’, un’esplosione che produce luce, così forte da fare di ogni colore bianco. Un rumore bianco, rumore sordo che esprime il dolore totale, lì dove non c’è più spazio tra visibile e invisibile. Ecco comparire la figura femminile nell’interpretazione di Barbara Duran: la grande madre/matrigna, Eva/Lilith, e poi la Deposizione: l’immagine cristologica che raccoglie troppe e drammatiche Deposizioni contemporanee, così Artemide/Artemisia nell’incontro tra coloro che in differenti momenti del tempo storico, hanno subito una violenza e difendono la propria dignità con forza, lo spirito indomito attribuito alle donne che hanno in sé l’archetipo di Artemide. Non c’è trascendenza negli sguardi delle Madonne di Piero della Francesca, ma innocenza e malizia, e il Cristo deposto si rivolge ai nostri occhi ogni giorno.
Il video White, ispirato ai bellissimi fotogrammi di Emma Goldman, anarchica russa che amava esclamare “se non posso ballare allora non è la mia rivoluzione!”, si collega fortemente al cortometraggio ‘La Danza’ realizzato in occasione del progetto “Dimora del Tempo”, nel 2009, in cui l’impianto compositivo e iconografico dell’immagine in movimento volgeva a sottendere uno spazio frammentato, una linea spezzata, tagliata ed evanescente nel lacerarsi in un binomio del mito femminile: l’una abbandonata, l’altra trasformata. Entrambe figure salvifiche, come la figura danzante ne “La Danza” (2009) https://vimeo.com/99647845 di una bambina che protegge e attraverso un moto infantile restituisce dignità e forza, in “White” (2016) https://vimeo.com/375384792 una donna adulta danza e appare, come epifania, anch’essa salvifica (e dolente) che aspetta, difende, ricorda e protegge come le divinità arcaiche, una figura archetipica, un’Artemide dei nostri giorni che balla davanti ad un mediterraneo bellissimo e ostile, antico e contemporaneo.
Nel secondo ciclo “Appearing through invisible”, la figura diafana, bianca, ectoplasmatica di una donna che danza “riporta ad un nuovo modo di percepire la realtà”, ove l’immagine in movimento volge a lacerarsi in una duplicità del mito femminile, salvifico e leggero, senza peso, parte dell’aria che attraversa per esorcizzare le contraddizioni che segnano la terra, lasciandone tracce. Danza e appare, scompare, tracciando segni, come epifania: un archetipo Artemide che “mette in discussione l’ordine conosciuto”.
Le figure del terzo ciclo “Servae. Icone liquide”, come sottolinea Ignazio Venafro, sono “apparizioni liquefatte, dedalee tremule viventi e mosse […], una reminiscenza organica che diventa evento come persona, un teatro dell’anima come fosse aurora, come forse un’aria che attraversa l’essere nel suo esserci circolare, nella sua epifania molteplice di Artemide Leucotea Afrodite Ilizia Eos Astarte Persefone Core Demetra, e Antigone, colei che mette in discussione l’ordine conosciuto e grida, grida, grida: ‘non sono qui per unirmi nell’odio ma nell’amore…’”
In un’ottica anche di impegno civile, sono le parole stesse di Barbara Duran ad illustrare il senso del quarto ciclo “IS Land” con centoventidue opere inedite: “In un contemporaneo che affligge la dignità dell’essere, che sporca e inonda ogni possibile serenità dell’animo, che taglia i circuiti dell’umano co-esistere, che non rispetta e non onora la natura delle cose, cieco, sordo ma non muto. Una volgarità insulsa e prepotente calpesta la terra senza ragione, senza spirito e lascia all’acqua il compito di sopire e di far scomparire. […] Eppure la natura ha vita propria, non ammette strategie e tantomeno sottomissioni e compromessi: natura naturans. La natura per chi ancora ha occhi per guardare, orecchie per ascoltare e un cuore per amare, disinteressatamente, con purezza e incanto e con altrettanta consapevolezza e coscienza, integrità, con altrettanta forza nel ricondizionare, abbattere l’avidità e gli egoismi […] Eppure un’isola, in lontananza – la lontananza della mente e a volte del cuore - appare. È epifania? Epilogo? Sogno, visione? È apparizione. È tutto ed è nulla, ma c’è. Ognuno potrà decidere che farne, scorgendola con lo sguardo intrapsichico che ne crea il tramite: contemplarla, raggiungerla, approdare, andare oltre, cambiare rotta, accostarvisi, la scelta di un’azione determina una conseguenza e l’isola è un Telos.”
Perché, come recitano i versi di una poesia dell’artista, l’isola è natura rigogliosa, appartenenza, mito, chimera, apparizione, rarefazione, “l’isola scompare… e riappare… e scompare… l’isola è terra”.
Benedetta D’Ettorre in catalogo scrive come approcciarsi alla serie IS land, significa scontrarsi con la potenza del colore. “A tratti diventa denso, corposo ma, allo sguardo successivo, acquisisce assoluta leggerezza. Ecco che il colore assume totale ambiguità: ad una certa ora, quel giallo potente, quel rosso sanguigno, il blu impenetrabile e l’azzurro sottile si fanno acqua, cielo o forse terra. Marrone, grigio, bianco, nero al contempo delineano e oscurano tutto.” Il confine tra mare e cielo si fa labile, l’azzurrino avvolge acque ora calme ora agitate e allo stesso tempo cieli evanescenti; il giallo si fa squillante, il porpora costruisce, con pennellate potenti ma vaporose, cupole, città incantate, forse reminiscenze di una Venezia sospesa.
Come il percorso della mostra testimonia, il progetto di Barbara Duran WHITE parte dunque da lontano ed “è dedicato a tutti coloro che fuggono dalle guerre, dalle ingiustizie, dalla tortura. Alle donne, alle madri, alle sorelle, agli uomini, ai fratelli, ai figli. A tutti gli esseri viventi che soffrono e che hanno il diritto di vivere. Dedicato alle nostre sorelle e ai nostri Fratelli”. Ben sottolinea Renato Miracco nel suo testo come, per fare questo, Barbara Duran si trasformi in un’Artista-Sciamano.
Artista italiana di origine cosmopolita, Barbara Duran vive e lavora tra Orvieto e Roma. Ha vissuto e lavorato in Francia, in Grecia e in America Latina.
Direttore artistico di Studio Urbana con Corrado de Grazia - Spazio Indipendente di Produzione Culturale - aperto nel 2007 come spazio espositivo, ha curato mostre personali e collettive collaborando con istituzioni e gallerie d’arte.
La sua opera si esprime attraverso linguaggi molteplici tra cui la pittura, la fotografia e la video art. Ha cominciato ad esporre intorno agli anni ‘90, partecipando a mostre collettive e realizzando personali in Italia e all’estero, ha prodotto e realizzato cortometraggi e video nell’ambito dei propri progetti espositivi. Il suo lavoro è attualmente esposto in collezioni private e pubbliche, sia italiane che straniere.
A proposito di Duran hanno scritto, tra gli altri, Domenico Guzzi, Maria Teresa Benedetti, Ignazio Venafro, Ruggero Savinio, Annelisa Alleva, Marco di Capua, Renato Miracco, Ornella Fazzina, Teresa Macrì, Lele Luzzati, Marco Bechis, Gaston Troiano, Anna Gioioso, Patrizia de Rachewiltz, Massimo Nicotra, Marc Higonnet, Anna Pintus, Amerigo de Agostini, Antonio Sammartano, Darine Rajhi, Simona Cirelli, Maria Azahara Hernando Ibáñez.
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