Cortesie per gli ospiti
Dal 28 Aprile 2015 al 12 Giugno 2015
Sassari
Luogo: Museo Sassari Arte MUS'A
Indirizzo: via S. Caterina 4
Orari: lun-ven 9-13, lun e mar anche 15-17
Curatori: Davide Mariani
Enti promotori:
- MiBACT
Costo del biglietto: ingresso gratuito
E-Mail info: musa@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.pinacotecamusa.it
La Pinacoteca MUS’A è lieta di presentare la mostra Cortesie per gli ospiti, a cura di Davide Mariani, che verrà inaugurata martedì 28 aprile a partire dalle 18:00 al primo piano dello storico edificio di Piazza Santa Caterina a Sassari. La rassegna si presenta come un inedito itinerario che vuole mettere a confronto le opere di artisti contemporanei con quelle della collezione permanente, appartenenti al XVII e XVIII secolo e riconducibili, principalmente, alla donazione che l’onorevole Giovanni Antonio Sanna fece nel 1868 alla sua città natale.
La mostra Cortesie per gli ospiti si colloca all’interno di un filone espositivo in continua ascesa che vede sempre più i musei aprire le porte delle loro istituzioni per ospitare rassegne capaci di fornire una chiave di lettura alternativa delle loro collezioni. Il progetto si inserisce nell’attuale allestimento del primo piano della pinacoteca MUS’A costituito da sette sale che seguono un ordinamento per gruppi tematici e che hanno come oggetto la raffigurazione di santi, soggetti storici e mitologici, ritratti, scene religiose, paesaggi e scene di genere, vedute architettoniche e nature morte. La mostra si dirama nella collezione permanente con le opere degli artisti contemporanei, chiamati a esporre un solo lavoro della loro produzione recente, con l’intento di costituire una sorta di continuum tematico ideale.
Il percorso espositivo inizia con la sala dedicata ai santi e ai martiri con la “Santificazione di Gioacchino dopo Regnier” di Tonino Mattu, in cui si ritrova l’iconografia di San Sebastiano che ben si lega alle immagini inquiete, tragiche, e allo stesso tempo moderne, dei dipinti della collezione. L’opera è capace di esprimere una forte tensione emotiva grazie a una duplice resa formale che alterna momenti di rarefazione, per lo sfondo e il viso, ad altri di eccedenza espressiva, sia cromatica che figurativa, per il corpo livido e tumefatto del santo.
La mostra prosegue all’interno della sala riservata ai soggetti storici e mitologici con il lavoro di Narcisa Monni, dal titolo “Io non voleva Zeus”. L’opera, realizzata su una lastra di alluminio, rappresenta una scena tratta dal mito di Io e si caratterizza per i rimandi alle fonti della tradizione classica, così come gli occhi del gigante Argo evocano il cielo stellato di Giotto, affrescato tra il 1303 e il 1306, per la cappella degli Scrovegni a Padova. La forza visiva del dipinto risiede in una gestualità prepotente, decisa e a tratti ingombrante, da cui traspare una forte identificazione personale dei sentimenti, delle sofferenze e dell’eroicità di cui il mito è allegoria.
Dissonante è invece l’effetto che l’opera “Song of Mars” di Valerio Melchiotti genera nella sala dei ritratti: la cura della rappresentazione fisionomica dei dipinti della collezione si oppone a una personale interpretazione del genere da parte dell’artista che, pur mantenendo alcune caratteristiche formali riconoscibili, ne elabora una visione essenziale. L’assenza del volto dei personaggi, da una parte si fa debitrice del desiderio di prolungare il ricordo, dall’altra costituisce una prassi consolidata della moderna rappresentazione ritrattistica, all’insegna della spersonalizzazione e della perdita d’identità.
Nella sala dedicata alle scene religiose, in cui sono narrate le vicende della vita di Cristo, e che documentano l’attività delle diverse scuole pittoriche operanti in epoca barocca, tra le imponenti tele della collezione permanente trova spazio la minuta opera di Nicola Caredda raffigurante la testa di San Giovanni Battista distesa su un seducente cuscino. Il riferimento è all’episodio della sua decollazione, avvenuto per volontà della principessa Salomè, artefice del suo martirio. La minuzia del dettaglio figurativo con cui l’opera è realizzata non sembra però distogliere l’attenzione dal suo contenuto che, al contrario, ne viene amplificato: lo sguardo fisso e gelido del Battista rivela l’attimo del trapasso e lascia emergere tutta la sua umana sensibilità e la mistica del sacrificio.
Le diverse tendenze della pittura di paesaggio del Sei e Settecento costituiscono al contrario lo sfondo per l’opera “Lost and Found” di Gavino Ganau. Dall’armoniosa ambientazione dei dipinti della collezione, si passa a un’atmosfera dai toni decisamente più cupi e minacciosi capaci di invocare uno scenario apocalittico caratterizzato dall’isolamento e dall’indifferenza sociale. L’opera, eseguita in bianco e nero, rappresenta inoltre una natura ormai snervata e sopraffatta dall’uomo, delineando quello che potremmo definire come una sorta di moderno paesaggio dantesco.
In linea con l’inquieto sfondo antecedente risulta anche il lavoro “After Money” di Vincenzo Grosso per la sala delle vedute architettoniche. Anche in questo caso a fare da contraltare alle singolari inquadrature delle vedute classicheggianti dei principali centri dell’arte italiana, come Roma, Venezia e Napoli, tanto richieste e amate, soprattutto dai colti viaggiatori del Grand Tour, vi è una visione architettonica quanto mai contemporanea. Il dipinto infatti esprime, in maniera alquanto emblematica, la moderna concezione dello spazio urbanistico, maestoso e simmetrico. Il discorso figurativo si fa calmo e solenne, le linee strutturali risultano insistentemente ripetute fino a confondersi nello sfondo, generando un senso di prevaricazione architettonica che, al contempo, sembra opprimere qualsiasi spiraglio di vita sociale.
Chiude la mostra, nella sala dedicata alle nature morte, l’installazione di Irene Balia in dialogo con le opere di produzione francese, fiamminga e italiana delle più celebri scuole d’arte dell’epoca: napoletana, lombarda e genovese. Nella serie di tele proposte dall’artista vi sono raffigurate delle nature morte che si contraddistinguono per l’abbondanza di elementi decorativi riconducibili all’iconografia dell’arte tessile sarda, costituenti l’orizzonte perfetto per lo sfoggio di un ricco campionario dei soggetti più ricorrenti: fiori, frutta e animali. La vivacità della gamma cromatica offre una resa analitica suggestiva e quanto mai attraente, grazie anche all’alternanza di motivi geometrici che vengono accostati a un fantasioso mondo di creature marine.
Cortesie per gli ospiti si presenta dunque come un itinerario dentro l’itinerario all’insegna di rimandi, citazioni, allusioni e impressioni capaci di dare vita a un insolito dialogo visivo.
Dopo la mostra dedicata all’opera delle sorelle Altara, attualmente in corso fino al 10 maggio, il MUS’A riapre così le porte al contemporaneo, ribadendo la sua funzione di polo culturale aperto e attento alle dinamiche e ai linguaggi dell'arte di ieri e di oggi.
La mostra Cortesie per gli ospiti si colloca all’interno di un filone espositivo in continua ascesa che vede sempre più i musei aprire le porte delle loro istituzioni per ospitare rassegne capaci di fornire una chiave di lettura alternativa delle loro collezioni. Il progetto si inserisce nell’attuale allestimento del primo piano della pinacoteca MUS’A costituito da sette sale che seguono un ordinamento per gruppi tematici e che hanno come oggetto la raffigurazione di santi, soggetti storici e mitologici, ritratti, scene religiose, paesaggi e scene di genere, vedute architettoniche e nature morte. La mostra si dirama nella collezione permanente con le opere degli artisti contemporanei, chiamati a esporre un solo lavoro della loro produzione recente, con l’intento di costituire una sorta di continuum tematico ideale.
Il percorso espositivo inizia con la sala dedicata ai santi e ai martiri con la “Santificazione di Gioacchino dopo Regnier” di Tonino Mattu, in cui si ritrova l’iconografia di San Sebastiano che ben si lega alle immagini inquiete, tragiche, e allo stesso tempo moderne, dei dipinti della collezione. L’opera è capace di esprimere una forte tensione emotiva grazie a una duplice resa formale che alterna momenti di rarefazione, per lo sfondo e il viso, ad altri di eccedenza espressiva, sia cromatica che figurativa, per il corpo livido e tumefatto del santo.
La mostra prosegue all’interno della sala riservata ai soggetti storici e mitologici con il lavoro di Narcisa Monni, dal titolo “Io non voleva Zeus”. L’opera, realizzata su una lastra di alluminio, rappresenta una scena tratta dal mito di Io e si caratterizza per i rimandi alle fonti della tradizione classica, così come gli occhi del gigante Argo evocano il cielo stellato di Giotto, affrescato tra il 1303 e il 1306, per la cappella degli Scrovegni a Padova. La forza visiva del dipinto risiede in una gestualità prepotente, decisa e a tratti ingombrante, da cui traspare una forte identificazione personale dei sentimenti, delle sofferenze e dell’eroicità di cui il mito è allegoria.
Dissonante è invece l’effetto che l’opera “Song of Mars” di Valerio Melchiotti genera nella sala dei ritratti: la cura della rappresentazione fisionomica dei dipinti della collezione si oppone a una personale interpretazione del genere da parte dell’artista che, pur mantenendo alcune caratteristiche formali riconoscibili, ne elabora una visione essenziale. L’assenza del volto dei personaggi, da una parte si fa debitrice del desiderio di prolungare il ricordo, dall’altra costituisce una prassi consolidata della moderna rappresentazione ritrattistica, all’insegna della spersonalizzazione e della perdita d’identità.
Nella sala dedicata alle scene religiose, in cui sono narrate le vicende della vita di Cristo, e che documentano l’attività delle diverse scuole pittoriche operanti in epoca barocca, tra le imponenti tele della collezione permanente trova spazio la minuta opera di Nicola Caredda raffigurante la testa di San Giovanni Battista distesa su un seducente cuscino. Il riferimento è all’episodio della sua decollazione, avvenuto per volontà della principessa Salomè, artefice del suo martirio. La minuzia del dettaglio figurativo con cui l’opera è realizzata non sembra però distogliere l’attenzione dal suo contenuto che, al contrario, ne viene amplificato: lo sguardo fisso e gelido del Battista rivela l’attimo del trapasso e lascia emergere tutta la sua umana sensibilità e la mistica del sacrificio.
Le diverse tendenze della pittura di paesaggio del Sei e Settecento costituiscono al contrario lo sfondo per l’opera “Lost and Found” di Gavino Ganau. Dall’armoniosa ambientazione dei dipinti della collezione, si passa a un’atmosfera dai toni decisamente più cupi e minacciosi capaci di invocare uno scenario apocalittico caratterizzato dall’isolamento e dall’indifferenza sociale. L’opera, eseguita in bianco e nero, rappresenta inoltre una natura ormai snervata e sopraffatta dall’uomo, delineando quello che potremmo definire come una sorta di moderno paesaggio dantesco.
In linea con l’inquieto sfondo antecedente risulta anche il lavoro “After Money” di Vincenzo Grosso per la sala delle vedute architettoniche. Anche in questo caso a fare da contraltare alle singolari inquadrature delle vedute classicheggianti dei principali centri dell’arte italiana, come Roma, Venezia e Napoli, tanto richieste e amate, soprattutto dai colti viaggiatori del Grand Tour, vi è una visione architettonica quanto mai contemporanea. Il dipinto infatti esprime, in maniera alquanto emblematica, la moderna concezione dello spazio urbanistico, maestoso e simmetrico. Il discorso figurativo si fa calmo e solenne, le linee strutturali risultano insistentemente ripetute fino a confondersi nello sfondo, generando un senso di prevaricazione architettonica che, al contempo, sembra opprimere qualsiasi spiraglio di vita sociale.
Chiude la mostra, nella sala dedicata alle nature morte, l’installazione di Irene Balia in dialogo con le opere di produzione francese, fiamminga e italiana delle più celebri scuole d’arte dell’epoca: napoletana, lombarda e genovese. Nella serie di tele proposte dall’artista vi sono raffigurate delle nature morte che si contraddistinguono per l’abbondanza di elementi decorativi riconducibili all’iconografia dell’arte tessile sarda, costituenti l’orizzonte perfetto per lo sfoggio di un ricco campionario dei soggetti più ricorrenti: fiori, frutta e animali. La vivacità della gamma cromatica offre una resa analitica suggestiva e quanto mai attraente, grazie anche all’alternanza di motivi geometrici che vengono accostati a un fantasioso mondo di creature marine.
Cortesie per gli ospiti si presenta dunque come un itinerario dentro l’itinerario all’insegna di rimandi, citazioni, allusioni e impressioni capaci di dare vita a un insolito dialogo visivo.
Dopo la mostra dedicata all’opera delle sorelle Altara, attualmente in corso fino al 10 maggio, il MUS’A riapre così le porte al contemporaneo, ribadendo la sua funzione di polo culturale aperto e attento alle dinamiche e ai linguaggi dell'arte di ieri e di oggi.
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