Michelangelo Pistoletto/ Etel Adnan
Dal 22 Settembre 2013 al 07 Gennaio 2014
San Gimignano | Siena
Luogo: Arco dei Becci
Indirizzo: via Arco dei Becci 1
Orari: da lunedì a sabato 10-13/ 14-19
Telefono per informazioni: +39 0577 943134
E-Mail info: info@galleriacontinua.com
Sito ufficiale: http://www.galleriacontinua.com
MICHELANGELO PISTOLETTO
Fino al 7 gennaio 2014
Conclusa da poco con successo la grande personale al Louvre di Parigi, Michelangelo Pistoletto torna a esporre in Italia con un nuovo progetto per Galleria Continua: opere recenti, un’installazione site-specific pensata per la platea e un nutrito numero di nuove opere realizzate appositamente per questa mostra a partire da “Cento mostre nel mese di ottobre”. Nel libro – una sorta di ricettario di mostre e opere pubblicato dalla Galleria Giorgio Persano nel 1976 e contente 100 idee per altrettante mostre tutte ideate e descritte nel mese di quell’anno – l’artista scrive: “La progettazione di queste mostre avviene nello stesso modo come per gli Oggetti in meno del 1966, dove ogni singolo elemento è il frutto immediato di una necessità contingente. L’eventuale momento esecutivo a dimensione reale, anche se sembra contraddire la logica della contingenza, obbedisce alla logica della progettazione che nel mio processo non occupa che un solo posto su cento. Infatti l’ultima mostra è riservata allo stimolo prodotto dalla viva presenza sul luogo. Questa verità può assorbire una ad una tutte le altre 99 verità tranne quella della progettazione”.
Il percorso espositivo si apre con una serie di opere del ciclo Vortice, forme organiche o geometriche tagliate in specchi bianchi e neri, presentate in cornici dorate. Positivo e negativo, pieno e vuoto, chiaro e scuro si confrontano conferendo a questi lavori una dimensione fisica e metafisica. Lo specchio nell’opera di Michelangelo Pistoletto costituisce un’immagine del mondo, tanto degli uomini e della società che dello spazio cosmico. I quadri specchianti costituiscono il fondamento dell’opera dell’artista, sia della sua successiva produzione e attività artistica, sia della riflessione teorica nella quale egli costantemente ad essi ritorna per approfondirne il significato e svilupparne le implicazioni. Pistoletto realizza i primi Quadri Specchianti nel 1962, in mostra a San Gimignano due quadri specchianti inediti, immagini di persone colte dall’artista nelle sale del Louvre durante la mostra “Année1 - Le Paradis sur Terre”.
Lo specchio torna anche in alcune delle opere realizzate da “Cento mostre nel mese di ottobre”; oscilla appeso al soffitto creando l’effetto dell’altalena, attraversa una stanza sostenuto da un cavalletto da pittore, riflette scritte sul muro. L’effetto specchiante della polvere di mica si ritrova anche nel restauro dei vecchi quadri in mostra al piano terra della galleria.
Nello spazio torre Pistoletto colloca un’installazione luminosa che alterna 15 secondi di luce a 15 di buio e La camera ardente, così descritta nel libro: “Nel centro della sala d’esposizione una stanza più piccola, che si possa abbracciare per intiero con lo sguardo, entrando. Questa stanzetta deve essere fatta con polistirolo di uno spessore che si lasci attraversare dalla luce. Nell’interno di questa stanza una candela accesa. L’ingresso di questa stanzetta è opposto a quello della galleria che deve essere buia.”
Nel 2003 Pistoletto scrive il manifesto del Terzo Paradiso e ne disegna il simbolo, costituito da una riconfigurazione del segno matematico d’infinito. Tra i due cerchi opposti, assunti a significato di natura e artificio, viene inserito un terzo cerchio, a rappresentare il grembo generativo del Terzo Paradiso. Questo simbolo per l’artista rappresenta il passaggio dal binomio natura ed artificio, femminile e maschile, una nuova matrice di pensiero per immaginare altre relazioni tra l’uomo e la società, così come un’altra economia del mondo. Nel 2004 Pistoletto annuncia pubblicamente il Terzo Paradiso come prossima fase del suo lavoro. A partire da questa data, per l’artista e Cittadellarte, il Terzo Paradiso sarà la principale direttrice di un lavoro condotto intessendo una fitta rete di relazioni e collaborazioni con innumerevoli partner: singoli individui, associazioni, enti e istituzioni, attivi non solo in ambito artistico, ma nei più diversi ambiti della società. Due temi affrontati con particolare impegno e frequenza nell’ambito del Terzo Paradiso sono il riciclo e la sostenibilità ambientale. Non c’è un copyright per questo segno ci dice l’artista, ciascuno può farlo proprio. Come testimoniano le fotografie esposte in galleria, il Terzo Paradiso è stato oggetto di una molteplicità di realizzazioni in luoghi e con materiali diversi, disegnato sulla sabbia, tracciato sulla terra nell’isola di San Servolo a Venezia durante la Biennale del 2005, costruito in alluminio riciclato e moduli di cartone colorato da un centinaio di bambini quest’anno nei Giardini delle Tuileries a Parigi, giusto per fare qualche esempio. Dopo aver lavorato con il musicista jazz Enrico Rava nell’ambito della Creative Collaboration e, più di recente, con Gianna Nannini creando spazi dove Terzo Paradiso ha assunto forma di un work in progress multimediale, Michelangelo Pistoletto pensa forse a nuove contaminazioni con la musica realizzando nella platea del cinema teatro della galleria il segno del Terzo Paradiso con centinaia di piatti da batteria di diametri, profili, spessori e forme diverse.
Michelangelo Pistoletto nasce a Biella nel 1933. Nel 1960 prima personale alla Galleria Galatea di Torino. Tra il 1961-1962 realizza i Quadri Specchianti, che includono direttamente nell’opera lo spettatore. Tra il 1965 e il 1966 produce un insieme di lavori intitolati Oggetti in meno, considerati basilari per la nascita dell’Arte Povera. Nel 1967 con la formazione del gruppo lo Zoo realizza la “collaborazione creativa” che svilupperà nel corso dei decenni successivi, mettendo in relazione artisti provenienti da diverse discipline e settori della società. Tra il 1975 e il 1976 realizza Torino Le Stanze, il primo di una serie di complessi lavori articolati nell’arco di un anno, denominati “continenti di tempo”, come Anno Bianco (1989) e Tartaruga Felice (1992). Nel 1978 presenta due fondamentali direzioni della sua futura ricerca: Divisione e moltiplicazione dello specchio e L’arte assume la religione. Negli anni '90 con Progetto Arte e con la creazione a Biella di Cittadellarte- Fondazione Pistoletto e dell’Università delle Idee, mette l’arte in relazione attiva con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Nel 2003 è insignito del Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia. Nel 2004 l'Università di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Politiche: l'artista annuncia la fase più recente del suo lavoro Terzo Paradiso. Nel 2007 riceve a Gerusalemme il Wolf Foundation Prize in Arts, “per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d'arte premonitrici che contribuiscono ad una nuova comprensione del mondo”.
ETEL ADNAN
Fino al 9 novembre 2013
Galleria Continua ha l’onore di presentare nello spazio espositivo dell’Arco dei Becci la prima mostra personale in Italia di una delle figure più complesse e complete della cultura contemporanea, Etel Adnan.
Poetessa, scrittrice, saggista e artista visiva Etel Adnan è una donna cosmopolita: nasce a Beirut nel 1925 da padre siriano musulmano e madre greca cristiana; Beirut e Damasco sono i paesaggi della sua infanzia, la Francia e gli Stati Uniti i paesi dove studia e lavora. Adnan è considerata una tra le più importanti rappresentanti della “diaspora araba” e una pioniera del processo di emancipazione femminile. L’interesse di Etel Adnan per l’arte visiva si sviluppa durante gli anni della guerra d’indipendenza algerina quando scrivere in francese comporta implicazioni politiche che l’artista, per solidarietà con gli insorti, rifiuta di avere. I suoi primi dipinti risalgono al 1958, Adnan si è da è poco trasferita nella San Francisco di Ginsberg, Kerouac e Snyder ed insegna filosofia in un’università californiana.
Fonte d’ispirazione del lavoro di Etel Adnan è il picco più alto che domina la Baia di San Francisco, il Monte Tamalpais. Nel corso degli anni l’artista ha celebrato il suo amore per questa montagna dedicandogli libri, poesie e rappresentandola ripetutamente nei suoi dipinti. Il monte Tamalpais per Adnan è sintesi di divenire e permanenza, è la rappresentazione dell’universo, è l’esperienza che l’uomo fa della Natura e in questo senso è epifania del sé più profondo. In alcuni appunti che Adnan pubblica in occasione della sua partecipazione a dOCUMENTA (13) si legge: “Si potrebbe pensare che l’amore per la Natura è innocuo, ma nessun amore è innocuo. Può compromettere l’intera esistenza e in effetti lo fa.”
In questa mostra l’artista presenta una serie di dipinti inediti, tutti realizzati quest’anno: paesaggi di piccolo formato, olio su tela. Questi paesaggi non sono semplicemente descrizione di ciò che i nostri occhi vedono, sono piuttosto rivelazione di ciò che sta dietro l’apparenza visibile. Non c’è presenza umana perché Etel Adnan è interessata esclusivamente a rappresentare la bellezza fisica dell’Universo e l’amore intenso che la lega ad esso. L’esecuzione è chiara e decisa, nessuna esitazione né ripensamento, lo stile è conciso, quasi austero come la sua scrittura.
I colori che l’artista sceglie per rappresentare fiumi, mari, colline, montagne non corrispondono esclusivamente alla modalità con la quale Adnan percepisce la natura; la ‘lettura’ non si esaurisce nella giustapposizione dei colori, piuttosto si completa nell’insieme che questi colori creano e nell’impressione che trasmettono all’osservatore. “I colori hanno il poter di rompere la barriere del tempo e di trasportarci in un altro spazio, non solo quello fatto di miglia e distanza, ma quello in cui si sono accumulate esperienze di vita dal suo inizio o non-inizio?”, si chiede l’artista.Nel saggio “Beyond Borders: Etel Adnan’s Writing and Art”, Simone Fattal scrive: “Lavorava le tele come fossero fogli di carta, le metteva sul tavolo e usava la spatola invece che il pennello. Vi posava quadrati e masse, vividi tratti luminosi di colore... Adnan ha iniziato come pittrice puramente astratta, usando ampi quadrati giustapposti uno accanto all’altro, o fluttuanti sullo sfondo, oppure quadrati più piccoli che componevano una linea o dividevano la superficie o ancora galleggiavano da qualche parte sulla superficie della tela. Tra questi quadrati ermetici, ce n’era quasi sempre uno rosso. Era come se dal quadrato rosso fosse emersa tutta la composizione – intorno ad esso – le sue linee di forza, il resto del quadro, si organizzavano.”
Etel Adnan nasce a Beirut, in Libano, nel 1925. Formatasi presso un convento cattolico di suore francesi di Beirut nel 1950 si reca a Parigi per studiare filosofia alla Sorbona; cinque anni più tardi si trasferisce negli Stati Uniti per proseguire gli studi post-laurea presso UC Berkeley e Harvard. Dal 1958 al 1972 insegna filosofia al Dominican College di San Rafael, in California. Tornata in Libano nel 1972 lavora come editore letterario del quotidiano di Beirut, L’Orient-Le Jour. Nel 1976 lascia il Libano. Vive oggi tra Parigi e Sausalito, California.
Negli oltre venti anni seguiti alla pubblicazione del suo primo volume di poesie, “Moonshots”, Etel Adnan ha pubblicato libri in inglese e francese, ha scritto testi per due documentari di Jocelyn Saab sulla guerra civile in Libano (trasmessi in televisione in Francia, in diversi paesi europei e in Giappone) e due opere teatrali - "Comme un arbre de Noël" (sulla guerra del Golfo) e "L'actrice"; ha curato un film su Calamity Jane in collaborazione con Delphine Seyring ed un’opera musicale con le sue “Love poems”. Diverse poesie di Etel Adnan sono state messe in musica, ad esempio da Gavin Bryars (“Adnan Songbook”) e da Zad Moultaka (“Nepsis”). In Italia ha pubblicato “Viaggio al Monte Tamalpais”, “Nel cuore del cuore di un altro paese”, la breve ma intensa biografia “Crescere per essere scrittrice in Libano”, “Ai confini della luna”, “Apocalisse Araba” e uno dei suoi romanzi più celebri, “Sitt Marie Rose”. Ambientato durante la guerra Civile in Libano, il libro affronta in termini drammatici il problema dell'integralismo religioso e politico e del ruolo della donna all’interno della società libanese. Vincitore nel 1977 del premio France-Pays Arabes, è stato tradotto in più di 10 lingue diventando un classico della letteratura di guerra.
Le opere di Etel Adnan sono ospitate in collezioni private e in musei di tutto il mondo, Royal Jordanian Museum, Tunis Modern Art Museum, Sursock Museum a Beirut, Institut du Monde Arabe a Parigi, British Museum a Londra, World Bank Collection a Washington D.C., National Museum for Women in the Arts, Washington D.C. per citarne alcuni. Nel 2010 l’artista ha preso parte alla “Memory Marathon” presso la Serpentine Gallery di Londra, nel 2012 ha esposto alla dOCUMENTA (13) a Kassel.
Fino al 7 gennaio 2014
Conclusa da poco con successo la grande personale al Louvre di Parigi, Michelangelo Pistoletto torna a esporre in Italia con un nuovo progetto per Galleria Continua: opere recenti, un’installazione site-specific pensata per la platea e un nutrito numero di nuove opere realizzate appositamente per questa mostra a partire da “Cento mostre nel mese di ottobre”. Nel libro – una sorta di ricettario di mostre e opere pubblicato dalla Galleria Giorgio Persano nel 1976 e contente 100 idee per altrettante mostre tutte ideate e descritte nel mese di quell’anno – l’artista scrive: “La progettazione di queste mostre avviene nello stesso modo come per gli Oggetti in meno del 1966, dove ogni singolo elemento è il frutto immediato di una necessità contingente. L’eventuale momento esecutivo a dimensione reale, anche se sembra contraddire la logica della contingenza, obbedisce alla logica della progettazione che nel mio processo non occupa che un solo posto su cento. Infatti l’ultima mostra è riservata allo stimolo prodotto dalla viva presenza sul luogo. Questa verità può assorbire una ad una tutte le altre 99 verità tranne quella della progettazione”.
Il percorso espositivo si apre con una serie di opere del ciclo Vortice, forme organiche o geometriche tagliate in specchi bianchi e neri, presentate in cornici dorate. Positivo e negativo, pieno e vuoto, chiaro e scuro si confrontano conferendo a questi lavori una dimensione fisica e metafisica. Lo specchio nell’opera di Michelangelo Pistoletto costituisce un’immagine del mondo, tanto degli uomini e della società che dello spazio cosmico. I quadri specchianti costituiscono il fondamento dell’opera dell’artista, sia della sua successiva produzione e attività artistica, sia della riflessione teorica nella quale egli costantemente ad essi ritorna per approfondirne il significato e svilupparne le implicazioni. Pistoletto realizza i primi Quadri Specchianti nel 1962, in mostra a San Gimignano due quadri specchianti inediti, immagini di persone colte dall’artista nelle sale del Louvre durante la mostra “Année1 - Le Paradis sur Terre”.
Lo specchio torna anche in alcune delle opere realizzate da “Cento mostre nel mese di ottobre”; oscilla appeso al soffitto creando l’effetto dell’altalena, attraversa una stanza sostenuto da un cavalletto da pittore, riflette scritte sul muro. L’effetto specchiante della polvere di mica si ritrova anche nel restauro dei vecchi quadri in mostra al piano terra della galleria.
Nello spazio torre Pistoletto colloca un’installazione luminosa che alterna 15 secondi di luce a 15 di buio e La camera ardente, così descritta nel libro: “Nel centro della sala d’esposizione una stanza più piccola, che si possa abbracciare per intiero con lo sguardo, entrando. Questa stanzetta deve essere fatta con polistirolo di uno spessore che si lasci attraversare dalla luce. Nell’interno di questa stanza una candela accesa. L’ingresso di questa stanzetta è opposto a quello della galleria che deve essere buia.”
Nel 2003 Pistoletto scrive il manifesto del Terzo Paradiso e ne disegna il simbolo, costituito da una riconfigurazione del segno matematico d’infinito. Tra i due cerchi opposti, assunti a significato di natura e artificio, viene inserito un terzo cerchio, a rappresentare il grembo generativo del Terzo Paradiso. Questo simbolo per l’artista rappresenta il passaggio dal binomio natura ed artificio, femminile e maschile, una nuova matrice di pensiero per immaginare altre relazioni tra l’uomo e la società, così come un’altra economia del mondo. Nel 2004 Pistoletto annuncia pubblicamente il Terzo Paradiso come prossima fase del suo lavoro. A partire da questa data, per l’artista e Cittadellarte, il Terzo Paradiso sarà la principale direttrice di un lavoro condotto intessendo una fitta rete di relazioni e collaborazioni con innumerevoli partner: singoli individui, associazioni, enti e istituzioni, attivi non solo in ambito artistico, ma nei più diversi ambiti della società. Due temi affrontati con particolare impegno e frequenza nell’ambito del Terzo Paradiso sono il riciclo e la sostenibilità ambientale. Non c’è un copyright per questo segno ci dice l’artista, ciascuno può farlo proprio. Come testimoniano le fotografie esposte in galleria, il Terzo Paradiso è stato oggetto di una molteplicità di realizzazioni in luoghi e con materiali diversi, disegnato sulla sabbia, tracciato sulla terra nell’isola di San Servolo a Venezia durante la Biennale del 2005, costruito in alluminio riciclato e moduli di cartone colorato da un centinaio di bambini quest’anno nei Giardini delle Tuileries a Parigi, giusto per fare qualche esempio. Dopo aver lavorato con il musicista jazz Enrico Rava nell’ambito della Creative Collaboration e, più di recente, con Gianna Nannini creando spazi dove Terzo Paradiso ha assunto forma di un work in progress multimediale, Michelangelo Pistoletto pensa forse a nuove contaminazioni con la musica realizzando nella platea del cinema teatro della galleria il segno del Terzo Paradiso con centinaia di piatti da batteria di diametri, profili, spessori e forme diverse.
Michelangelo Pistoletto nasce a Biella nel 1933. Nel 1960 prima personale alla Galleria Galatea di Torino. Tra il 1961-1962 realizza i Quadri Specchianti, che includono direttamente nell’opera lo spettatore. Tra il 1965 e il 1966 produce un insieme di lavori intitolati Oggetti in meno, considerati basilari per la nascita dell’Arte Povera. Nel 1967 con la formazione del gruppo lo Zoo realizza la “collaborazione creativa” che svilupperà nel corso dei decenni successivi, mettendo in relazione artisti provenienti da diverse discipline e settori della società. Tra il 1975 e il 1976 realizza Torino Le Stanze, il primo di una serie di complessi lavori articolati nell’arco di un anno, denominati “continenti di tempo”, come Anno Bianco (1989) e Tartaruga Felice (1992). Nel 1978 presenta due fondamentali direzioni della sua futura ricerca: Divisione e moltiplicazione dello specchio e L’arte assume la religione. Negli anni '90 con Progetto Arte e con la creazione a Biella di Cittadellarte- Fondazione Pistoletto e dell’Università delle Idee, mette l’arte in relazione attiva con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Nel 2003 è insignito del Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia. Nel 2004 l'Università di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Politiche: l'artista annuncia la fase più recente del suo lavoro Terzo Paradiso. Nel 2007 riceve a Gerusalemme il Wolf Foundation Prize in Arts, “per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d'arte premonitrici che contribuiscono ad una nuova comprensione del mondo”.
ETEL ADNAN
Fino al 9 novembre 2013
Galleria Continua ha l’onore di presentare nello spazio espositivo dell’Arco dei Becci la prima mostra personale in Italia di una delle figure più complesse e complete della cultura contemporanea, Etel Adnan.
Poetessa, scrittrice, saggista e artista visiva Etel Adnan è una donna cosmopolita: nasce a Beirut nel 1925 da padre siriano musulmano e madre greca cristiana; Beirut e Damasco sono i paesaggi della sua infanzia, la Francia e gli Stati Uniti i paesi dove studia e lavora. Adnan è considerata una tra le più importanti rappresentanti della “diaspora araba” e una pioniera del processo di emancipazione femminile. L’interesse di Etel Adnan per l’arte visiva si sviluppa durante gli anni della guerra d’indipendenza algerina quando scrivere in francese comporta implicazioni politiche che l’artista, per solidarietà con gli insorti, rifiuta di avere. I suoi primi dipinti risalgono al 1958, Adnan si è da è poco trasferita nella San Francisco di Ginsberg, Kerouac e Snyder ed insegna filosofia in un’università californiana.
Fonte d’ispirazione del lavoro di Etel Adnan è il picco più alto che domina la Baia di San Francisco, il Monte Tamalpais. Nel corso degli anni l’artista ha celebrato il suo amore per questa montagna dedicandogli libri, poesie e rappresentandola ripetutamente nei suoi dipinti. Il monte Tamalpais per Adnan è sintesi di divenire e permanenza, è la rappresentazione dell’universo, è l’esperienza che l’uomo fa della Natura e in questo senso è epifania del sé più profondo. In alcuni appunti che Adnan pubblica in occasione della sua partecipazione a dOCUMENTA (13) si legge: “Si potrebbe pensare che l’amore per la Natura è innocuo, ma nessun amore è innocuo. Può compromettere l’intera esistenza e in effetti lo fa.”
In questa mostra l’artista presenta una serie di dipinti inediti, tutti realizzati quest’anno: paesaggi di piccolo formato, olio su tela. Questi paesaggi non sono semplicemente descrizione di ciò che i nostri occhi vedono, sono piuttosto rivelazione di ciò che sta dietro l’apparenza visibile. Non c’è presenza umana perché Etel Adnan è interessata esclusivamente a rappresentare la bellezza fisica dell’Universo e l’amore intenso che la lega ad esso. L’esecuzione è chiara e decisa, nessuna esitazione né ripensamento, lo stile è conciso, quasi austero come la sua scrittura.
I colori che l’artista sceglie per rappresentare fiumi, mari, colline, montagne non corrispondono esclusivamente alla modalità con la quale Adnan percepisce la natura; la ‘lettura’ non si esaurisce nella giustapposizione dei colori, piuttosto si completa nell’insieme che questi colori creano e nell’impressione che trasmettono all’osservatore. “I colori hanno il poter di rompere la barriere del tempo e di trasportarci in un altro spazio, non solo quello fatto di miglia e distanza, ma quello in cui si sono accumulate esperienze di vita dal suo inizio o non-inizio?”, si chiede l’artista.Nel saggio “Beyond Borders: Etel Adnan’s Writing and Art”, Simone Fattal scrive: “Lavorava le tele come fossero fogli di carta, le metteva sul tavolo e usava la spatola invece che il pennello. Vi posava quadrati e masse, vividi tratti luminosi di colore... Adnan ha iniziato come pittrice puramente astratta, usando ampi quadrati giustapposti uno accanto all’altro, o fluttuanti sullo sfondo, oppure quadrati più piccoli che componevano una linea o dividevano la superficie o ancora galleggiavano da qualche parte sulla superficie della tela. Tra questi quadrati ermetici, ce n’era quasi sempre uno rosso. Era come se dal quadrato rosso fosse emersa tutta la composizione – intorno ad esso – le sue linee di forza, il resto del quadro, si organizzavano.”
Etel Adnan nasce a Beirut, in Libano, nel 1925. Formatasi presso un convento cattolico di suore francesi di Beirut nel 1950 si reca a Parigi per studiare filosofia alla Sorbona; cinque anni più tardi si trasferisce negli Stati Uniti per proseguire gli studi post-laurea presso UC Berkeley e Harvard. Dal 1958 al 1972 insegna filosofia al Dominican College di San Rafael, in California. Tornata in Libano nel 1972 lavora come editore letterario del quotidiano di Beirut, L’Orient-Le Jour. Nel 1976 lascia il Libano. Vive oggi tra Parigi e Sausalito, California.
Negli oltre venti anni seguiti alla pubblicazione del suo primo volume di poesie, “Moonshots”, Etel Adnan ha pubblicato libri in inglese e francese, ha scritto testi per due documentari di Jocelyn Saab sulla guerra civile in Libano (trasmessi in televisione in Francia, in diversi paesi europei e in Giappone) e due opere teatrali - "Comme un arbre de Noël" (sulla guerra del Golfo) e "L'actrice"; ha curato un film su Calamity Jane in collaborazione con Delphine Seyring ed un’opera musicale con le sue “Love poems”. Diverse poesie di Etel Adnan sono state messe in musica, ad esempio da Gavin Bryars (“Adnan Songbook”) e da Zad Moultaka (“Nepsis”). In Italia ha pubblicato “Viaggio al Monte Tamalpais”, “Nel cuore del cuore di un altro paese”, la breve ma intensa biografia “Crescere per essere scrittrice in Libano”, “Ai confini della luna”, “Apocalisse Araba” e uno dei suoi romanzi più celebri, “Sitt Marie Rose”. Ambientato durante la guerra Civile in Libano, il libro affronta in termini drammatici il problema dell'integralismo religioso e politico e del ruolo della donna all’interno della società libanese. Vincitore nel 1977 del premio France-Pays Arabes, è stato tradotto in più di 10 lingue diventando un classico della letteratura di guerra.
Le opere di Etel Adnan sono ospitate in collezioni private e in musei di tutto il mondo, Royal Jordanian Museum, Tunis Modern Art Museum, Sursock Museum a Beirut, Institut du Monde Arabe a Parigi, British Museum a Londra, World Bank Collection a Washington D.C., National Museum for Women in the Arts, Washington D.C. per citarne alcuni. Nel 2010 l’artista ha preso parte alla “Memory Marathon” presso la Serpentine Gallery di Londra, nel 2012 ha esposto alla dOCUMENTA (13) a Kassel.
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