Antinoo disparu: memorie di un desiderio
Dal 01 Giugno 2023 al 01 Ottobre 2023
Tivoli | Roma
Luogo: Area Archelogica di Villa Adriana
Indirizzo: Largo Marguerite Yourcenar 1
Curatori: VillÆ Andrea Bruciati
Costo del biglietto: 12 euro. Riduzioni e gratuità secondo normativa vigente
Telefono per informazioni: +39 0774 5589
E-Mail info: villaexhibitions@cultura.gov.it
Sito ufficiale: http://villae.cultura.gov.it
Villa Adriana a Tivoli ospita dal 1 giugno al 1 ottobre 2023 la mostra Antinoo disparu:memorie di un desiderio, un’inedita esposizione suddivisa in due momenti per ordine cronologico e progettuale, che vuole rendere omaggio a 100 anni dalla sua morte a Marcel Proust. Il progetto curato dal direttore delle VillÆ Andrea Bruciati è ispirato alla figura di Antinoo, giovane dalla sublime bellezza che Adriano conobbe in Bitinia e portò con sé a Roma. Sin da allora la memoria di Antinoo è stata alimentata in modo tale da attraversare indenne i secoli e l’effigie del giovinetto è stata utilizzata per ritratti declinati secondo le istanze dell’epoca.
Il palinsesto narrativo si snoda sull’accostamento di disegni di Filippo de Pisis (Ferrara 1896 – Milano 1956) che ritraggono giovani sopiti o dormienti, e si connota per il suo immanentismo, una sorta di inno al qui ed ora che guarda però ai grandi nudi della storia dell’arte, assecondato da una rappresentazione stilistica quasi stenografica. Coerente con la sua poetica, le idee di soggettività e di frammento costituiscono gli emblemi di un ripiegamento interiore per de Pisis: lavorare sul frammento significa privilegiare la discontinuità, portando l’artista verso un’opera fatta di molti accidenti linguistici, sintomo di un’estasi della dissociazione nonché segno di un desiderio in continua mutazione. Il frammento in de Pisis indica la possibilità di un’immagine che si costruisce a sbalzi, fuori dalla linea retta del progetto ma dentro il sentiero accidentato della storia dell’arte.
Affini sono le opere fotografiche di Wilhelm von Gloeden (Wismar 1856 – Taormina 1931) e Wilhelm von Plüschow (Wismar 1852 – Berlino 1930), due fotografi tedeschi che, attratti dalla vena esotica di un’Italia solare all’albumina, si specializzano nei ritratti arcadici dove i ruderi sono set cinematografici ante-litteram del mito. Come negli scatti in mostra, entrambi concepiscono l’esotico secondo un angolo visuale intriso di accezioni decadenti e aurorali, vicine per sensibilità ai dettami decadenti delle classi intellettuali dell’epoca. Spesso avvicinati e confusi fra loro, Wilhelm von Gloeden, da un punto di vista stilistico rimanda ad un mondo onirico, edulcorato in cui la dimensione archeologica funge da sfondo per un mondo oramai perso per sempre. Di diversa accezione Wilhelm von Plüschow che applica raramente il ritocco dei negativi, preferendo una resa realistica e naturalistica dei soggetti.
L’intento è di invitare a riflettere sulla falsariga della Yourcenar, sollecitando un confronto, una diversa condizione temporale, fatta di contaminazioni e stratificazioni, ma anche felice laboratorio di verifica della potenza rigeneratrice dell’arte contemporanea. La mostra stessa vedrà infatti lungo il suo corso la sostituzione di alcune opere per un avvicendamento continuo di spunti e una trasformazione in essere dell’esposizione stessa, dominata per l’appunto dalla dimensione temporale. Questa accezione del Tempo, gran scultore, è in fondo una derivazione dal Ballo delle teste di Marcel Proust, nell’ultimo tomo della Recherche, come verrà ribadito nel secondo momento progettuale previsto per l’autunno (Io sono la forza del passato: il ritratto di Adriano).
Andrea Bruciati, commenta:
“Di certo il luogo cantato dalle Memorie di Marguerite Yourcenar trova naturale questo connubio non solo archeologico ma finanche geologico con il senso del frammento, del residuale e della polvere che offusca la lettura del passato, costruendo nuovi palinsesti narrativi altrettanto carichi di senso. Come amava ribadire la grande scrittrice: “Quando una statua è finita, quel giorno, inizia in un certo senso la sua vita” e quanto questa sensazione sia veritiera lo può percepire chi è usueto camminare fra gli spazi dei Mouseia”.
Tra le opere esposte, un ritratto di Antinoo dal Museo Nazionale Romano, disegni su carta di Filippo de Pisis, fotografie di Wilhelm von Gloeden e Wilhelm von Plüschow, una tela di Paul P. ed altri artisti.
Il palinsesto narrativo si snoda sull’accostamento di disegni di Filippo de Pisis (Ferrara 1896 – Milano 1956) che ritraggono giovani sopiti o dormienti, e si connota per il suo immanentismo, una sorta di inno al qui ed ora che guarda però ai grandi nudi della storia dell’arte, assecondato da una rappresentazione stilistica quasi stenografica. Coerente con la sua poetica, le idee di soggettività e di frammento costituiscono gli emblemi di un ripiegamento interiore per de Pisis: lavorare sul frammento significa privilegiare la discontinuità, portando l’artista verso un’opera fatta di molti accidenti linguistici, sintomo di un’estasi della dissociazione nonché segno di un desiderio in continua mutazione. Il frammento in de Pisis indica la possibilità di un’immagine che si costruisce a sbalzi, fuori dalla linea retta del progetto ma dentro il sentiero accidentato della storia dell’arte.
Affini sono le opere fotografiche di Wilhelm von Gloeden (Wismar 1856 – Taormina 1931) e Wilhelm von Plüschow (Wismar 1852 – Berlino 1930), due fotografi tedeschi che, attratti dalla vena esotica di un’Italia solare all’albumina, si specializzano nei ritratti arcadici dove i ruderi sono set cinematografici ante-litteram del mito. Come negli scatti in mostra, entrambi concepiscono l’esotico secondo un angolo visuale intriso di accezioni decadenti e aurorali, vicine per sensibilità ai dettami decadenti delle classi intellettuali dell’epoca. Spesso avvicinati e confusi fra loro, Wilhelm von Gloeden, da un punto di vista stilistico rimanda ad un mondo onirico, edulcorato in cui la dimensione archeologica funge da sfondo per un mondo oramai perso per sempre. Di diversa accezione Wilhelm von Plüschow che applica raramente il ritocco dei negativi, preferendo una resa realistica e naturalistica dei soggetti.
L’intento è di invitare a riflettere sulla falsariga della Yourcenar, sollecitando un confronto, una diversa condizione temporale, fatta di contaminazioni e stratificazioni, ma anche felice laboratorio di verifica della potenza rigeneratrice dell’arte contemporanea. La mostra stessa vedrà infatti lungo il suo corso la sostituzione di alcune opere per un avvicendamento continuo di spunti e una trasformazione in essere dell’esposizione stessa, dominata per l’appunto dalla dimensione temporale. Questa accezione del Tempo, gran scultore, è in fondo una derivazione dal Ballo delle teste di Marcel Proust, nell’ultimo tomo della Recherche, come verrà ribadito nel secondo momento progettuale previsto per l’autunno (Io sono la forza del passato: il ritratto di Adriano).
Andrea Bruciati, commenta:
“Di certo il luogo cantato dalle Memorie di Marguerite Yourcenar trova naturale questo connubio non solo archeologico ma finanche geologico con il senso del frammento, del residuale e della polvere che offusca la lettura del passato, costruendo nuovi palinsesti narrativi altrettanto carichi di senso. Come amava ribadire la grande scrittrice: “Quando una statua è finita, quel giorno, inizia in un certo senso la sua vita” e quanto questa sensazione sia veritiera lo può percepire chi è usueto camminare fra gli spazi dei Mouseia”.
Tra le opere esposte, un ritratto di Antinoo dal Museo Nazionale Romano, disegni su carta di Filippo de Pisis, fotografie di Wilhelm von Gloeden e Wilhelm von Plüschow, una tela di Paul P. ed altri artisti.
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