Altri Mondi
Dal 07 Maggio 2023 al 25 Giugno 2023
Torino
Luogo: Fondazione 107
Indirizzo: Via Andrea Sansovino 234
Orari: sabato-domenica 14 - 19. Visite guidate su prenotazione e ogni sabato e domenica dalle ore 16
Curatori: Enrico Mascelloni
Costo del biglietto: Ingresso gratuito sino ai 12 anni e per i possessori di Abbonamento Musei Piemonte
Telefono per informazioni: +39 347 6603149
E-Mail info: 107fondazione@gmail.com
Sito ufficiale: http://fondazione 107.it
Fondazione 107 presenta “Altri Mondi”, un luogo dove si incontrano 3 artisti, Seni Awa Camara, Paola Mattioli e Marcovinicio ognuno con le proprie tecniche, scultura, fotografia e pittura.
Gli “Altri Mondi” della nostra mostra desiderano esplorare mondi sconosciuti, a cui appartengono quello dell’anima, delle emozioni, del fantastico e dell’immaginazione. In una società proiettata nel virtuale e nella realtà aumentata siamo invitati a percorrere strade già tracciate dove le nostre decisioni possono essere prese esclusivamente all’interno di binari immaginati e costruiti da altri. Questo percorso accompagna il futuro uomo già dai suoi primi passi con i giochi per bambini e, durante la crescita, con il passaggio ai video games e alla realtà virtuale. L’artista in veste di sciamano ha il compito di invitarci a liberare la mente e ricondurci ad intraprendere strade alternative, inesplorate.
E’ così che entra in gioco Seni Awa Camara, scultrice della Casamance, regione del Senegal. Il suo nome nel circuito internazionale è emerso a seguito dell’invito di Jean-Hubert Martin nel 1989 a prendere parte alla mostra epocale “Magiciens de la Terre” organizzata dal Centre Pompidou di Parigi.
Le sculture di Seni Camara sono in terracotta dai colori bruniti, agli ocra, ai rossastri su cui talvolta sono più evidenti delle bruciature. Tradizione e continuità si fondono in un messaggio dove il nucleo familiare è parte fondante del nostro presente e del nostro futuro. Sono sculture che celebrano la struttura sociale, la fecondità, la famiglia, i figli, la comunità, sono i figli che l’artista non ha partorito. Talvolta le sculture paiono monoliti totemici e si popolano di animali, lo stretto interscambio tra natura e uomo è condizione essenziale di continuità per la specie ed è posto al centro dell’intento dichiarativo dell’artista.
Paola Mattioli nel 2003 durante un viaggio in Africa fotografa Seni Camara e le sue sculture. Sono immagini che restituiscono a noi spettatori il reportage di un racconto proveniente da un mondo lontano, ancestrale, di origini profonde. Come afferma Fabio Cavallucci, attraverso la fotografia Paola Mattioli aspira a toccare il profondo della realtà, ad afferrare l’anima delle cose a superare il velo superficiale per sfiorare i segreti del soggetto. E’ così che Paola Mattioli con sapienza ci propone il ritratto della scultrice immerso nel suo ambiente quotidiano. In mostra saranno esposte anche le “Signares”, ritratti a testimonianza di un mondo che non esiste più, perpetuato attraverso la tradizione nella città di Saint Louis, l’antica capitale del Senegal. Le Signares erano donne di grande bellezza, al tempo del colonialismo francese vestivano in abiti dal gusto europeo, sposate con rito locale, prendevano lo status di mogli dei funzionari francesi e alla partenza dei mariti mantenevano la posizione sociale conquistata, le case, gli abiti lussuosi e i monili.
Marcovinicio presenta un ciclo di nuove opere “vanitas”, sono dipinti gialli e neri presentati tutti in un’unica parete, ognuno ha la stessa immagine ripetuta ossessivamente in minime variazioni. Sono nature morte, alzate per la frutta trasformate in un improbabile fungo atomico. I neri di questi ultimi dipinti sono in smalto lucido, tali da inglobare lo spettatore all’interno del quadro attirandolo dentro di sé per un incontro con il mondo dell’anima.
Insieme alle “Vanitas” Marcovinicio presenta una serie di dipinti ad olio su specchi di recupero con cornici in stili differenti. I supporti si trasformano in contenitori atti ad arginare una scena esplosiva per consolidare uno spicchio del reale. E’ la realtà del quotidiano, della vita che cammina e, attraverso il riflesso, è inglobata all’interno del soggetto dipinto diventandone parte integrante in perenne mutazione come in una sequenza di un film. In primo piano sono dipinti i soggetti tipici dell’artista, le maschere africane, i simboli religiosi, le divinità, le nature morte, i personaggi epici, gli autoritratti, i paesaggi, tutti a fare da scenografia in un caleidoscopio di immagini che a contatto con il mondo reale riflesso, manifestano una continua mutazione, cosicché realtà riflessa e scenografia incontrandosi propongono continue immagini differenti.
Accomunati da un fare sciamanico i 3 artisti mettono in comunicazione mondi differenti alla ricerca di un punto comune a cui riferirsi ed individuato nel desiderio di esplorare attraverso l’immaginazione. Già all’inizio del XX secolo artisti del calibro di Picasso, Gauguin, Modigliani avevano attinto dall’arte africana per dare nuova linfa a quella europea che necessitava un ritorno alle origini. Marcovinicio ha per riferimento i grandi artisti del novecento e si discosta dal mondo tecnologico di oggi; lo fa anche lui ricercando le origini in un confronto con Seni Camara, la scultrice, che ha varcato i confini internazionali pur non essendo mai uscita dal suo paese. L’invito dei nostri artisti in mostra è di sperimentare e di intraprendere percorsi liberi, utili nel processo di formazione per generare un pensiero autonomo. I giochi interattivi che definirei costrittivi hanno rubato l’immaginazione, la possibilità di costruire le proprie scelte, di liberare la mente per tornare a volare. Ritornare alle origini significa riappropriarsi di uno stato incontaminato dove tutto è possibile, anche sognare attraverso l’immaginazione.
Gli “Altri Mondi” della nostra mostra desiderano esplorare mondi sconosciuti, a cui appartengono quello dell’anima, delle emozioni, del fantastico e dell’immaginazione. In una società proiettata nel virtuale e nella realtà aumentata siamo invitati a percorrere strade già tracciate dove le nostre decisioni possono essere prese esclusivamente all’interno di binari immaginati e costruiti da altri. Questo percorso accompagna il futuro uomo già dai suoi primi passi con i giochi per bambini e, durante la crescita, con il passaggio ai video games e alla realtà virtuale. L’artista in veste di sciamano ha il compito di invitarci a liberare la mente e ricondurci ad intraprendere strade alternative, inesplorate.
E’ così che entra in gioco Seni Awa Camara, scultrice della Casamance, regione del Senegal. Il suo nome nel circuito internazionale è emerso a seguito dell’invito di Jean-Hubert Martin nel 1989 a prendere parte alla mostra epocale “Magiciens de la Terre” organizzata dal Centre Pompidou di Parigi.
Le sculture di Seni Camara sono in terracotta dai colori bruniti, agli ocra, ai rossastri su cui talvolta sono più evidenti delle bruciature. Tradizione e continuità si fondono in un messaggio dove il nucleo familiare è parte fondante del nostro presente e del nostro futuro. Sono sculture che celebrano la struttura sociale, la fecondità, la famiglia, i figli, la comunità, sono i figli che l’artista non ha partorito. Talvolta le sculture paiono monoliti totemici e si popolano di animali, lo stretto interscambio tra natura e uomo è condizione essenziale di continuità per la specie ed è posto al centro dell’intento dichiarativo dell’artista.
Paola Mattioli nel 2003 durante un viaggio in Africa fotografa Seni Camara e le sue sculture. Sono immagini che restituiscono a noi spettatori il reportage di un racconto proveniente da un mondo lontano, ancestrale, di origini profonde. Come afferma Fabio Cavallucci, attraverso la fotografia Paola Mattioli aspira a toccare il profondo della realtà, ad afferrare l’anima delle cose a superare il velo superficiale per sfiorare i segreti del soggetto. E’ così che Paola Mattioli con sapienza ci propone il ritratto della scultrice immerso nel suo ambiente quotidiano. In mostra saranno esposte anche le “Signares”, ritratti a testimonianza di un mondo che non esiste più, perpetuato attraverso la tradizione nella città di Saint Louis, l’antica capitale del Senegal. Le Signares erano donne di grande bellezza, al tempo del colonialismo francese vestivano in abiti dal gusto europeo, sposate con rito locale, prendevano lo status di mogli dei funzionari francesi e alla partenza dei mariti mantenevano la posizione sociale conquistata, le case, gli abiti lussuosi e i monili.
Marcovinicio presenta un ciclo di nuove opere “vanitas”, sono dipinti gialli e neri presentati tutti in un’unica parete, ognuno ha la stessa immagine ripetuta ossessivamente in minime variazioni. Sono nature morte, alzate per la frutta trasformate in un improbabile fungo atomico. I neri di questi ultimi dipinti sono in smalto lucido, tali da inglobare lo spettatore all’interno del quadro attirandolo dentro di sé per un incontro con il mondo dell’anima.
Insieme alle “Vanitas” Marcovinicio presenta una serie di dipinti ad olio su specchi di recupero con cornici in stili differenti. I supporti si trasformano in contenitori atti ad arginare una scena esplosiva per consolidare uno spicchio del reale. E’ la realtà del quotidiano, della vita che cammina e, attraverso il riflesso, è inglobata all’interno del soggetto dipinto diventandone parte integrante in perenne mutazione come in una sequenza di un film. In primo piano sono dipinti i soggetti tipici dell’artista, le maschere africane, i simboli religiosi, le divinità, le nature morte, i personaggi epici, gli autoritratti, i paesaggi, tutti a fare da scenografia in un caleidoscopio di immagini che a contatto con il mondo reale riflesso, manifestano una continua mutazione, cosicché realtà riflessa e scenografia incontrandosi propongono continue immagini differenti.
Accomunati da un fare sciamanico i 3 artisti mettono in comunicazione mondi differenti alla ricerca di un punto comune a cui riferirsi ed individuato nel desiderio di esplorare attraverso l’immaginazione. Già all’inizio del XX secolo artisti del calibro di Picasso, Gauguin, Modigliani avevano attinto dall’arte africana per dare nuova linfa a quella europea che necessitava un ritorno alle origini. Marcovinicio ha per riferimento i grandi artisti del novecento e si discosta dal mondo tecnologico di oggi; lo fa anche lui ricercando le origini in un confronto con Seni Camara, la scultrice, che ha varcato i confini internazionali pur non essendo mai uscita dal suo paese. L’invito dei nostri artisti in mostra è di sperimentare e di intraprendere percorsi liberi, utili nel processo di formazione per generare un pensiero autonomo. I giochi interattivi che definirei costrittivi hanno rubato l’immaginazione, la possibilità di costruire le proprie scelte, di liberare la mente per tornare a volare. Ritornare alle origini significa riappropriarsi di uno stato incontaminato dove tutto è possibile, anche sognare attraverso l’immaginazione.
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