André Kertész. L’opera 1910-1980
Dal 19 Ottobre 2023 al 04 Febbraio 2024
Torino
Luogo: CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Indirizzo: Via delle Rosine 18
Orari: tutti i giorni 11-19. 24 e 31 dicembre 11-15. 25 dicembre chiuso. 1° gennaio 2024 15-19
Curatori: Matthieu Rivallin, Walter Guadagnini
Costo del biglietto: intero € 12, ridotto € 8 (fino a 26, oltre 70 anni)
Telefono per informazioni: +39.011.0881150
E-Mail info: camera@camera.to
Sito ufficiale: http://camera.to
Realizzata in collaborazione con la Médiathèque du patrimoine et de la photographie (MPP) di Parigi, Istituto del Ministero della Cultura francese che conserva gli oltre centomila negativi e tutti gli archivi donati dal fotografo allo Stato nel 1984, la mostra è composta da oltre centocinquanta immagini che ripercorrono l’intera carriera di André Kertész, fotografo di origini ungheresi, nato a Budapest nel 1894, giunto in Francia nel 1925 e trasferitosi infine negli Stati Uniti nel 1936, dove morirà nel 1985.
La mostra segue le tappe biografiche dell’autore, a partire dalle prime fotografie amatoriali scattate nel suo paese d’origine e durante gli anni della Prima Guerra Mondiale: in questi anni, Kertész affina il suo sguardo e già mostra la capacità di trasformare la quotidianità in immagini sospese tra sogno e apparizione metafisica, come accade nel “Nuotatore” e nei primi di una lunga serie di autoritratti. Si passa poi alle celebri icone realizzate nella Parigi capitale del mondo culturale degli anni Venti e Trenta: le strepitose nature morte realizzate nello studio del pittore Piet Mondrian; i ritratti di personaggi che hanno fatto la storia della cultura e del costume del Novecento, dal regista Sergej Ėjzenštejn alla musa Kiki de Montparnasse allo scultore Ossip Zadkine; le scene di strada, diurne e notturne, i luoghi dove Kertész cerca, secondo le sue stesse parole, “la vera natura delle cose, l’interiorità, la vita”, realizzando immagini che hanno contribuito in maniera decisiva alla creazione del mito della capitale francese nella prima metà del secolo. Infine, le “distorsioni” – giochi nati dagli specchi deformanti dei baracconi del luna park – che lo hanno reso una figura di primo piano anchenell’ambito surrealista. L’esposizione getta poi una nuova luce sulla lunga seconda parte della sua esistenza, trascorsa al di là dell’Oceano, in un clima culturale profondamente diverso: le immagini di questi anni dimostrano infatti come da un lato Kertész continui la sua ricerca ritornando sugli stessi temi, dall’altro evidenzia l’effetto che le nuove architetture, i nuovi stili di vita, i nuovi panorami cittadini hanno sulla sua fotografia. Tra questi scatti, in alcuni casi inediti, si ricordano quelli spettacolari del porto di New York o dello skyline della Grande Mela (in uno appaiono ancora, naturalmente, le oggi scomparse Twin Towers), o ancora le immagini della casa dell’architetto Philip Johnson, quasi un contraltare di quelle scattate nella casa di Mondrian mezzo secolo prima.
Un percorso tanto coerente quanto variegato, che conferma una volta di più quanto affermato da Cartier-Bresson: “Tutto quello che abbiamo fatto, o che abbiamo intenzione di fare, Kertész lo ha fatto prima”.
La mostra, curata da Matthieu Rivallin – responsabile del Dipartimento di fotografia della MPP, grande esperto di Kertész – e da Walter Guadagnini – direttore artistico di CAMERA –, celebra anche il sessantesimo anniversario della presenza del fotografo alla Biennale di Venezia: la traccia delle opere in mostra si basa infatti sulla lista manoscritta delle opere esposte in quell’occasione, ritrovata tra i documenti presenti negli archivi della MPP, una curiosità in più che lega il grande maestro al nostro paese.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.
La mostra è patrocinata da Accademia d’Ungheria, Regione Piemonte e Città di Torino. André Kertész, la cui carriera copre un arco temporale di oltre settant’anni (1912-1984), è considerato oggi uno dei maggiori fotografi del Novecento. La sua vasta opera affonda le radici nella cultura ungherese e vede, accanto a composizioni segnate dall’influenza delle avanguardie, soprattutto quelle dell’Europa orientale, creazioni in cui dominano poesia e intimismo. La stretta interconnessione tra attività fotografica ed editoriale che ne ha accompagnato tutta la vita è all’origine di un racconto per immagini che riflette il periodo tra le due guerre in Europa e i quarant’anni trascorsi dall’artista negli Stati Uniti. Le prime esperienze in Ungheria rappresentano una tappa fondamentale nella carriera di un autodidatta come Kertész, la cui fotografia realista fin da subito prende le distanze dal pittorialismo dominante tra i colleghi ungheresi della sua generazione. Arruolato nell’esercito austro- ungarico allo scoppio della Prima guerra mondiale, il giovane fotografo ritrae la vita quotidiana dei soldatisviluppando una poesia dell’attimo, poco interessata agli aspetti eroici o drammatici del conflitto. Terminata la guerra, Kertész decide di fare della fotografia la sua professione. Nell’ottobre del 1925 arriva a Parigi munito di un visto di qualche mese. All’inizio dell’anno seguente, mentre lavora come ritoccatore all’Atelier Moderne, pubblica le prime fotografie sulla rivista “Art et industrie”. Frequenta gli ambienti dell’avanguardia, fotografa i suoi amici ungheresi, gli studi degli artisti, le scene di strada, i caffè e i parchi parigini. La città è per lui una continua fonte d’ispirazione come attestano gli scatti dedicati alle ombre dei passanti che vede sfilare dalla finestra. Nel 1927 espone le sue immagini alla galleria “Au Sacre du printemps”; grazie alla crescente notorietà, collabora a diverse pubblicazioni francesi come “L’Art Vivant” o “Art et Médecine”, lavora inoltre per alcune riviste tedesche come “Die Dame” o “Uhu”, ma soprattutto diventa uno dei fotografi del rotocalco settimanale “VU”, per il quale illustrerà quasi centocinquanta articoli dal 1928 fino alla partenza per gli Stati Uniti. Tra il 1932 e il 1933, realizza la celebre serie delle Distorsioni in cui i corpi nudi di due modelle si riflettono in uno specchio deformante. Dal 1934, nonostante la pubblicazione di “Paris vu par” André Kertész, con prefazione di Pierre Mac Orlan (1882-1970), l’editoria francese lo cerca sempre più di rado. Nel 1936, con in tasca un contratto dell’agenzia Keystone emigra negli Stati Uniti. Ha inizio così la sua collaborazione con le riviste del gruppo editoriale Condé Nast, tra cui “Vogue” e “House and Garden”. Nel 1945, alla fine della guerra, pubblica “Day of Paris” in cui ci restituisce un ritratto della Parigi degli anni Trenta. A partire dal 1962, Kertész assiste al riconoscimento della propria opera da parte delle istituzioni e del grande pubblico: si susseguono le esposizioni alla Biennale di Venezia, alla Bibliothèque nationalede France o al Museum of Modern Art di New York. L’artista torna di frequente a Parigi che continuerà a fotografare fino al 1985, anno della sua morte. La città in generale, e in particolare la Ville Lumière, è al centro di alcune sue pubblicazioni come “Sixty Years of Photography” (1972), “J’aime Paris” (1974) o “Of Paris and New York” (1985). Kertész muore a New York, nel 1985. Nel marzo dell’anno precedente, il fotografo aveva donato i suoi negativi e i suoi archivi alla Francia. Presso la Médiathèque du patrimoine et de la photographie sono conservati più di centomila negativi, alcune stampe a contatto, una parte della biblioteca del fotografo e la sua fitta corrispondenza. Un certo numero di negativi digitalizzati è reperibile sul database Mémoire, accessibile tramite la piattaforma POP. Gli archivi di Kertész sono consultabili su appuntamento presso la Médiathèque du patrimoine et de la photographie al forte di Saint-Cyr (Montigny-le-Bretonneux).
La mostra segue le tappe biografiche dell’autore, a partire dalle prime fotografie amatoriali scattate nel suo paese d’origine e durante gli anni della Prima Guerra Mondiale: in questi anni, Kertész affina il suo sguardo e già mostra la capacità di trasformare la quotidianità in immagini sospese tra sogno e apparizione metafisica, come accade nel “Nuotatore” e nei primi di una lunga serie di autoritratti. Si passa poi alle celebri icone realizzate nella Parigi capitale del mondo culturale degli anni Venti e Trenta: le strepitose nature morte realizzate nello studio del pittore Piet Mondrian; i ritratti di personaggi che hanno fatto la storia della cultura e del costume del Novecento, dal regista Sergej Ėjzenštejn alla musa Kiki de Montparnasse allo scultore Ossip Zadkine; le scene di strada, diurne e notturne, i luoghi dove Kertész cerca, secondo le sue stesse parole, “la vera natura delle cose, l’interiorità, la vita”, realizzando immagini che hanno contribuito in maniera decisiva alla creazione del mito della capitale francese nella prima metà del secolo. Infine, le “distorsioni” – giochi nati dagli specchi deformanti dei baracconi del luna park – che lo hanno reso una figura di primo piano anchenell’ambito surrealista. L’esposizione getta poi una nuova luce sulla lunga seconda parte della sua esistenza, trascorsa al di là dell’Oceano, in un clima culturale profondamente diverso: le immagini di questi anni dimostrano infatti come da un lato Kertész continui la sua ricerca ritornando sugli stessi temi, dall’altro evidenzia l’effetto che le nuove architetture, i nuovi stili di vita, i nuovi panorami cittadini hanno sulla sua fotografia. Tra questi scatti, in alcuni casi inediti, si ricordano quelli spettacolari del porto di New York o dello skyline della Grande Mela (in uno appaiono ancora, naturalmente, le oggi scomparse Twin Towers), o ancora le immagini della casa dell’architetto Philip Johnson, quasi un contraltare di quelle scattate nella casa di Mondrian mezzo secolo prima.
Un percorso tanto coerente quanto variegato, che conferma una volta di più quanto affermato da Cartier-Bresson: “Tutto quello che abbiamo fatto, o che abbiamo intenzione di fare, Kertész lo ha fatto prima”.
La mostra, curata da Matthieu Rivallin – responsabile del Dipartimento di fotografia della MPP, grande esperto di Kertész – e da Walter Guadagnini – direttore artistico di CAMERA –, celebra anche il sessantesimo anniversario della presenza del fotografo alla Biennale di Venezia: la traccia delle opere in mostra si basa infatti sulla lista manoscritta delle opere esposte in quell’occasione, ritrovata tra i documenti presenti negli archivi della MPP, una curiosità in più che lega il grande maestro al nostro paese.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.
La mostra è patrocinata da Accademia d’Ungheria, Regione Piemonte e Città di Torino. André Kertész, la cui carriera copre un arco temporale di oltre settant’anni (1912-1984), è considerato oggi uno dei maggiori fotografi del Novecento. La sua vasta opera affonda le radici nella cultura ungherese e vede, accanto a composizioni segnate dall’influenza delle avanguardie, soprattutto quelle dell’Europa orientale, creazioni in cui dominano poesia e intimismo. La stretta interconnessione tra attività fotografica ed editoriale che ne ha accompagnato tutta la vita è all’origine di un racconto per immagini che riflette il periodo tra le due guerre in Europa e i quarant’anni trascorsi dall’artista negli Stati Uniti. Le prime esperienze in Ungheria rappresentano una tappa fondamentale nella carriera di un autodidatta come Kertész, la cui fotografia realista fin da subito prende le distanze dal pittorialismo dominante tra i colleghi ungheresi della sua generazione. Arruolato nell’esercito austro- ungarico allo scoppio della Prima guerra mondiale, il giovane fotografo ritrae la vita quotidiana dei soldatisviluppando una poesia dell’attimo, poco interessata agli aspetti eroici o drammatici del conflitto. Terminata la guerra, Kertész decide di fare della fotografia la sua professione. Nell’ottobre del 1925 arriva a Parigi munito di un visto di qualche mese. All’inizio dell’anno seguente, mentre lavora come ritoccatore all’Atelier Moderne, pubblica le prime fotografie sulla rivista “Art et industrie”. Frequenta gli ambienti dell’avanguardia, fotografa i suoi amici ungheresi, gli studi degli artisti, le scene di strada, i caffè e i parchi parigini. La città è per lui una continua fonte d’ispirazione come attestano gli scatti dedicati alle ombre dei passanti che vede sfilare dalla finestra. Nel 1927 espone le sue immagini alla galleria “Au Sacre du printemps”; grazie alla crescente notorietà, collabora a diverse pubblicazioni francesi come “L’Art Vivant” o “Art et Médecine”, lavora inoltre per alcune riviste tedesche come “Die Dame” o “Uhu”, ma soprattutto diventa uno dei fotografi del rotocalco settimanale “VU”, per il quale illustrerà quasi centocinquanta articoli dal 1928 fino alla partenza per gli Stati Uniti. Tra il 1932 e il 1933, realizza la celebre serie delle Distorsioni in cui i corpi nudi di due modelle si riflettono in uno specchio deformante. Dal 1934, nonostante la pubblicazione di “Paris vu par” André Kertész, con prefazione di Pierre Mac Orlan (1882-1970), l’editoria francese lo cerca sempre più di rado. Nel 1936, con in tasca un contratto dell’agenzia Keystone emigra negli Stati Uniti. Ha inizio così la sua collaborazione con le riviste del gruppo editoriale Condé Nast, tra cui “Vogue” e “House and Garden”. Nel 1945, alla fine della guerra, pubblica “Day of Paris” in cui ci restituisce un ritratto della Parigi degli anni Trenta. A partire dal 1962, Kertész assiste al riconoscimento della propria opera da parte delle istituzioni e del grande pubblico: si susseguono le esposizioni alla Biennale di Venezia, alla Bibliothèque nationalede France o al Museum of Modern Art di New York. L’artista torna di frequente a Parigi che continuerà a fotografare fino al 1985, anno della sua morte. La città in generale, e in particolare la Ville Lumière, è al centro di alcune sue pubblicazioni come “Sixty Years of Photography” (1972), “J’aime Paris” (1974) o “Of Paris and New York” (1985). Kertész muore a New York, nel 1985. Nel marzo dell’anno precedente, il fotografo aveva donato i suoi negativi e i suoi archivi alla Francia. Presso la Médiathèque du patrimoine et de la photographie sono conservati più di centomila negativi, alcune stampe a contatto, una parte della biblioteca del fotografo e la sua fitta corrispondenza. Un certo numero di negativi digitalizzati è reperibile sul database Mémoire, accessibile tramite la piattaforma POP. Gli archivi di Kertész sono consultabili su appuntamento presso la Médiathèque du patrimoine et de la photographie al forte di Saint-Cyr (Montigny-le-Bretonneux).
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