Pierre Michelon. Parole e Angurie
Dal 10 Settembre 2015 al 11 Ottobre 2015
Torino
Luogo: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Indirizzo: via Modane 16
Orari: Giovedì 20-23 (ingresso gratuito); Venerdì - Sabato - Domenica 12-19
Curatori: Lorenzo Balbi
Telefono per informazioni: +39 011 3797600
E-Mail info: info@fsrr.org
Sito ufficiale: http://www.fsrr.org
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, in collaborazione con L’ENSBA – Lyon – École Nationale Supérieure des Beaux Artes, presenta la prima personale in Italia di Pierre Michelon, artista partecipante al Postgraduate programme dell’ENSBA – Lyon. Nato a Nantes nel 1984, Pierre Michelon vive e lavora a Lione e a Nantes.
Come un attento esploratore, Pierre Michelon si addentra nei territori dimenticati dalla società. La sua riflessione, concentrata sulla ricerca storica e in particolare sulla storia coloniale, è declinata attraverso differenti media: scritti, film, installazioni e performances.
Parole e Angurie è il titolo della mostra e dell’installazione che l’artista ha concepito e prodotto per gli spazi della Fondazione, come primo passo di una sua ricerca più ampia intitolata Vanmélé, (una parola creola della Guyana che significa “straniero” o, poeticamente, “coloro che sono stati creati dai diversi venti”), una video-cartografia potenzialmente infinita i cui capitoli assumono, di volta in volta, la forma di una costellazione, di una mappa, di un atlante.
A partire da un lavoro di ricerca svolto negli archivi storici, recuperando testimonianze, video, articoli, lettere, Pierre Michelon evoca nel suo lavoro le difficili situazioni (la prigionia, l’esilio) dei prigionieri politici deportati dall’impero coloniale francese, della maggior parte dei quali non rimane più alcuna traccia. Utilizzando differenti modalità narrative, Vanmélé mappa le loro storie, con particolare attenzione alle violenze subite, alle ideologie represse (pacifismo, anarchismo, comunismo, anticolonialismo), in modo da disegnare alcuni dialoghi tra queste lotte e la storia.
I dialoghi tratti dalle lettere sono al centro dell’installazione in mostra, ripresi nel video o incisi sulla scorza di alcune angurie. L’artista sceglie questo frutto, traendolo dalla leggenda vietnamita di An-Tiem, sesto figlio del Re Hung Vuong Quinto: esiliato su un’isola deserta per aver disubbidito, An-Tiem scoprì questi strani frutti e, incidendo il proprio nome e la propria storia sulle angurie e lasciandole in mare, fu raggiunto e liberato, ottenendo anche la clemenza del re, ammirato dalla sua intelligenza e dalla capacità di uscire dalle difficoltà contando solo sulle proprie forze.
Mettendo al centro del proprio lavoro la ricerca su coloro che si sono opposti all’imperialismo francese, Pierre Michelon avvia una profonda rilettura del nostro passato collettivo, offrendoci una nuova angolatura per osservare la storia della decolonizzazione
La leggenda vietnamita dell’anguria
Narra la leggenda che tanto tempo fa il sesto figlio del Re Hung Vuong Quinto, An-Tiem disobbedì agli ordini del padre e fu per questo esiliato su un’isola deserta. Il principe dovette costruirsi un rifugio, scavare un pozzo per l’acqua e pescare e cacciare per procurarsi il cibo. Un giorno trovò un frutto verde grande e rotondo come una palla. Lo divise a metà e vide che all’interno era rosso, ma non osò mangiarlo perché spaventato dal fatto che potesse essere velenoso.
I giorni passarono e arrivò la stagione secca: faceva così caldo che tutte le piante seccarono e non c’era più acqua da bere. Un giorno An-Tiem era così stanco e assetato che fu costretto ad assaggiare il frutto. Trovò che avesse un gusto delizioso e che poteva placare la sua sete e quindi cercò di coltivarlo attorno alla propria casa. Presto l’intera isola fu coperta dai frutti verdi.
Un giorno An-Tiem incise il proprio nome, quello dell’isola e la sua storia su alcuni di questi frutti e li lanciò nel mare. Più tardi, alcuni pescatori trovarono questi strani frutti con inciso il nome di An-Tiem che galleggiavano nel mare.
Presto, alcuni racconti riguardo questo frutto buonissimo raggiunsero la terra ferma e molti mercanti cercarono di trovare la strada per l’isola. Una volta che la raggiunsero la trasformarono da un’isola deserta ad un’isola piena di gente. L’isola era ora affollata: molte barche andavano e venivano. An-Tiem aiutava tutti coloro che volevano stabilirsi sull’isola e presto questa notizia arrivò alle orecchie del Re.
Il Re Hung Vuong fu molto orgoglioso di apprendere di avere un figlio che era stato così coraggioso e forte da riuscire a tirarsi fuori dalle difficoltà senza l’aiuto di nessuno. An-Tiem fu quindi immediatamente riportato alla corte. Portò con se alcuni frutti da offrire al Re, suo padre. Il Re gli diede la sua corona e An-Tiem divenne Re Hung Vuong Sesto.
Da quel momento il frutto che venne chiamato “dua hau” divenne simbolo di fortuna e le persone in Viet Nam ancora oggi lo offrono ai propri parenti o amici come regalo di buon auspicio per il Nuovo Anno.
Come un attento esploratore, Pierre Michelon si addentra nei territori dimenticati dalla società. La sua riflessione, concentrata sulla ricerca storica e in particolare sulla storia coloniale, è declinata attraverso differenti media: scritti, film, installazioni e performances.
Parole e Angurie è il titolo della mostra e dell’installazione che l’artista ha concepito e prodotto per gli spazi della Fondazione, come primo passo di una sua ricerca più ampia intitolata Vanmélé, (una parola creola della Guyana che significa “straniero” o, poeticamente, “coloro che sono stati creati dai diversi venti”), una video-cartografia potenzialmente infinita i cui capitoli assumono, di volta in volta, la forma di una costellazione, di una mappa, di un atlante.
A partire da un lavoro di ricerca svolto negli archivi storici, recuperando testimonianze, video, articoli, lettere, Pierre Michelon evoca nel suo lavoro le difficili situazioni (la prigionia, l’esilio) dei prigionieri politici deportati dall’impero coloniale francese, della maggior parte dei quali non rimane più alcuna traccia. Utilizzando differenti modalità narrative, Vanmélé mappa le loro storie, con particolare attenzione alle violenze subite, alle ideologie represse (pacifismo, anarchismo, comunismo, anticolonialismo), in modo da disegnare alcuni dialoghi tra queste lotte e la storia.
I dialoghi tratti dalle lettere sono al centro dell’installazione in mostra, ripresi nel video o incisi sulla scorza di alcune angurie. L’artista sceglie questo frutto, traendolo dalla leggenda vietnamita di An-Tiem, sesto figlio del Re Hung Vuong Quinto: esiliato su un’isola deserta per aver disubbidito, An-Tiem scoprì questi strani frutti e, incidendo il proprio nome e la propria storia sulle angurie e lasciandole in mare, fu raggiunto e liberato, ottenendo anche la clemenza del re, ammirato dalla sua intelligenza e dalla capacità di uscire dalle difficoltà contando solo sulle proprie forze.
Mettendo al centro del proprio lavoro la ricerca su coloro che si sono opposti all’imperialismo francese, Pierre Michelon avvia una profonda rilettura del nostro passato collettivo, offrendoci una nuova angolatura per osservare la storia della decolonizzazione
La leggenda vietnamita dell’anguria
Narra la leggenda che tanto tempo fa il sesto figlio del Re Hung Vuong Quinto, An-Tiem disobbedì agli ordini del padre e fu per questo esiliato su un’isola deserta. Il principe dovette costruirsi un rifugio, scavare un pozzo per l’acqua e pescare e cacciare per procurarsi il cibo. Un giorno trovò un frutto verde grande e rotondo come una palla. Lo divise a metà e vide che all’interno era rosso, ma non osò mangiarlo perché spaventato dal fatto che potesse essere velenoso.
I giorni passarono e arrivò la stagione secca: faceva così caldo che tutte le piante seccarono e non c’era più acqua da bere. Un giorno An-Tiem era così stanco e assetato che fu costretto ad assaggiare il frutto. Trovò che avesse un gusto delizioso e che poteva placare la sua sete e quindi cercò di coltivarlo attorno alla propria casa. Presto l’intera isola fu coperta dai frutti verdi.
Un giorno An-Tiem incise il proprio nome, quello dell’isola e la sua storia su alcuni di questi frutti e li lanciò nel mare. Più tardi, alcuni pescatori trovarono questi strani frutti con inciso il nome di An-Tiem che galleggiavano nel mare.
Presto, alcuni racconti riguardo questo frutto buonissimo raggiunsero la terra ferma e molti mercanti cercarono di trovare la strada per l’isola. Una volta che la raggiunsero la trasformarono da un’isola deserta ad un’isola piena di gente. L’isola era ora affollata: molte barche andavano e venivano. An-Tiem aiutava tutti coloro che volevano stabilirsi sull’isola e presto questa notizia arrivò alle orecchie del Re.
Il Re Hung Vuong fu molto orgoglioso di apprendere di avere un figlio che era stato così coraggioso e forte da riuscire a tirarsi fuori dalle difficoltà senza l’aiuto di nessuno. An-Tiem fu quindi immediatamente riportato alla corte. Portò con se alcuni frutti da offrire al Re, suo padre. Il Re gli diede la sua corona e An-Tiem divenne Re Hung Vuong Sesto.
Da quel momento il frutto che venne chiamato “dua hau” divenne simbolo di fortuna e le persone in Viet Nam ancora oggi lo offrono ai propri parenti o amici come regalo di buon auspicio per il Nuovo Anno.
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