Quattro mostre alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Dal 09 Maggio 2013 al 15 Settembre 2013
Torino
Luogo: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Indirizzo: via Modane 16
Orari: giovedì 20-23; venerdì, sabato e domenica 12-19
Curatori: Lorenzo Balbi, Rosalie Doubal, Alec Steadman, Emeline Vincent, Irene Calderoni, Maria Teresa Roberto
Costo del biglietto: intero € 5, ridotto € 3
Telefono per informazioni: +39 011 3797632/ 328 4226697
E-Mail info: info@fsrr.org
Sito ufficiale: http://www.fsrr.org/home/
Riikka Kuoppala - La casa di biscotti
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, in collaborazione con L’ENSBA – Lyon -École Nationale Superieure des Beaux Artes- presenta la prima personale in Italia di Riikka Kuoppala, partecipante al Postgraduate programme promosso dall’ENSBA – Lyon.
Artista e film maker nata in Finlandia nel 1980, Riikka Kuoppala ha studiato ad Helsinki e Pittsburgh (USA), attualmente vive e lavora a Lione ed Helsinki.
La casa di biscotti è il titolo della mostra che, unendo due videoinstallazioni della giovane artista finlandese, cerca di ricreare le suggestioni della sua ricerca negli ultimi anni.
Under a burning city (2010) è un'opera sulla memoria della guerra e sul modo in cui questa viene tramandata alle nuove generazioni. I protagonisti, una nonna e la sua nipotina, osservando i segni della guerra in città ne ripercorrono i ricordi cercando un linguaggio comune per condividere e rivivere queste esperienze passate. Il film è ambientato ad Helsinki, città che fu bersagliodi una serie di bombardamenti 70 anni fa. Convivere con il ricordo è uno dei temi del film così come la difficoltà di discutere le memorie con qualcuno che non le ha vissute. I protagonisti del film vivono le loro memorie come storie che li aiutano a sopravvivere ai momenti di crisi di identità, la casa di biscotti che costruiscono insieme è proprio l'esperienza individuale che è differente dalla verità ufficiale, la verità silenziosa che si scontra con la nuova generazione.
Il video Couch, TV and VCR (2012) invece dipinge la crisi d'identità di un adolescente immaginario, l'agitazione del suo intero sistema di valori e la sua reazione. L'installazione lega insieme diversi strati della sua memoria: è una storia su come una famiglia possa essere anche un ambiente stressante, ostile, non non familiare. Così come la casa di marzapane di Hansel e Gretel anche la casa di biscotti in cui Riikka Kuoppala ci invita ad entrare è invitante e inquietante allo stesso tempo: dolce e irresistibile da un lato, oscura e spaventosa dall’altro. Le due anime del ricordo, le due facce dell’emozione legata alla memoria.
Tutti abbiamo vissuto in prima persona il momento in cui il ricordo viene tramandato e rivissuto: la forza di questi lavori è proprio nel tentativo di farci ricordare queste emozioni, tanto dolci quanto insane, come una casa di biscotti. Riikka Kuoppala, riuscendo ad abbandonare la costruzione forzata dettata da certi meccanismi emozionali, riesce a far emergere i sottosuoli onirici, spaesanti e grotteschi della storia dei fratelli Grimm rendendoli un filo rosso che unisce i suoi lavori: il rapporto figli-genitori, giovani-anziani, o meglio la sua assenza, e le conseguenti e numerose variazioni metaforiche che da questi scontri si dispiegano.
Sunt lacrimae rerum
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta, dall'8 maggio al 15 settembre, Sunt lacrimae rerum: una selezione di opere della Collezione Sandretto Re Rebaudengo.
La mostra propone un focus sulla scultura contemporanea intesa sia come medium, sia come strumento per esplorare il mondo degli oggetti, e le particolari relazioni che intratteniamo con le cose. La citazione dell'Eneide che dà il titolo alla mostra sottolinea il carattere malinconico che spesso caratterizza questo rapporto, il senso di desiderio e di perdita che deriva dall'associazione tra gli oggetti e la memoria del passato. Allo stesso tempo, le parole che Virgilio fa pronunciaread Enea, letteralmente traducibili con sono le lacrime delle cose, insinua l'idea di una emotività degli oggetti, di una inquietante vitalità presente nelle cose inanimate, come se queste non fossero solo guardate, ma potessero restituire lo sguardo.
Artisti in mostra:
Martin Boyce (Scozia, 1967) crea malinconici poemi visivi, il cui vocabolario deriva dalla storia del design e dell'architettura modernisti. Gli oggetti di cui si appropria, spesso classiche icone del design, sono privati di una funzione d'uso, e nella complessa manipolazione dell'artista sono trasformati in oggetti carichi di simbolismo, un portato politico edestetico che viene posto in relazione con il presente.
Il rapporto tra oggetti, corpo e spazio è al centro del lavoro di Markus Schinwald (Austria, 1973), che dà vita a immagini conturbanti e situazioni surreali. Nella sua ampia produzione di sculture, installazioni, video e dipinti, l'artista ritorna spesso al tema del feticismo, la proiezione di un desiderio sessuale su parti del corpo inusuali e oggetti inanimati. Forma, materialità e composizione divengono gli strumenti per esplorare le ambigue dinamiche del corpo e della passione.
Trisha Donnelly (USA 1974) crea lavori dominati dall'enigma, difficili da definire, sospesi tra figurazione e astrazione, travisibile e invisibile. Anche quando saldamente scavate in materiali pesanti come il marmo, come nel caso del lavoro in mostra, le sue opere sono sempre evocative di uno spazio altro: apparizioni e reperti di un mondo dimenticato che riaffiora, rappresentazione di forze ineffabili e impercettibili, al di là del visibile, eppure potenti nel dare forma allo spazioin cui viviamo.
Alex Hubbard (USA 1975) mette in scena l'atto artistico, proponendo uno sguardo ironico sulle regole e il linguaggio scultoreo. La sua opera è una video-scultura, in cui diversi oggetti comuni divengono gli attori di un piano sequenza che ruota attorno ad un piedistallo usato come palcoscenico. L'artista indaga l'estensione massima delle possibilità plastiche fino a costringere questi suoi sforzi nella piattezza di uno schermo al plasma.
La ricerca di Klaus Weber (Germania 1976) si concentra su quelle forze naturali e principi generali, di ordine scientifico e culturale, su cui si basa la società, assunti condivisi che l'artista insidia mettendo in gioco forze contrapposte, irrazionali o arcaiche, quali animismo, sciamanesimo, riti pagani. Mortalità e memoria sono al centro dell'installazione in mostra, una serie di 32 maschere mortuarie, ritratti di personaggi del passato o del presente, reali o immaginari, un catalogo inquietante e commovente della natura umana.
Le fotografie di James Casebere (USA 1953) trasportano lo spettatore in ambienti architettonici ambigui e surreali. L'artista sfrutta le capacità del mezzo fotografico di costruire un senso di veridicità al fine di far riflettere sulla dimensione fittizia della realtà stessa. Oggetti delle sue rappresentazioni sono sempre modellini da lui realizzati, versioni ridotte e posticce di ambienti inventati eppure plausibili, come nel caso del paesaggio roccioso di Needles, un mondo ambiguamente sospeso tra natura e biologia, tra organico e inorganico.
Anche nel lavoro di Becky Beasley (Uk 1975) il rapporto tra scultura e fotografia è un tema centrale. Qui lo sguardo fotografico si ferma su oggetti di uso comune, di cui vengono moltiplicate prospettive e modalità di esistenza, anche in riferimento a una fitta trama di rimandi letterari, incentrati sulla storia dell'arredamento e del design. Gli oggetti che fotografa sono infine distrutti, facendo delle foto la testimonianza presente di un'assenza, la persistenza del ricordo di cose che non esistono se non in queste immagini.
The 338 Hour Cineclub
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta The 338 Hour Cineclub, mostra conclusiva della settima edizione del progetto Residenze per Giovani Curatori, a cura di Rosalie Doubal (Uk, 1984), Alec Steadman (Uk, 1983), Emeline Vincent (Francia, 1983). La mostra sarà allestita nella sede di Torino della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e aprirà al pubblico l'8 maggio 2013, per concludersi il 15 settembre.
La mostra presenta opere di artisti italiani che si confrontano con film e video in una varietà di forme. The 338 Hour Cineclub rispetta l’impegno individuale di ciascun artista selezionato, ponendo l’accento sul film come medium condiviso. Questo approccio è dovuto alla qualità delle ricerche e al confronto collettivo con il medium del film evidenziato nelle opere degli artisti invitati, i cui lavori affrontano questioni diverse, dal linguaggio del cinema puro alla politica.
Tutti i lavori saranno esposti a rotazione nello schermo unico del cinema costruito in un padiglione temporaneo realizzato per l’occasione in una sala della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La struttura garantisce le condizioni per una visione cinematografica ottimale. The 338 Hour Cineclub considera l'intero arco temporale della mostra con un programma giornaliero che si svilupperà nelle 338 ore in cui il progetto sarà aperto al pubblico. Richiamandosi ai ritmi differenti della mostra tradizionale, questo format incoraggia il pubblico a tornare durante l'intera durata dell’esposizione, permettendo di vedere una selezione completa dell'opera di ogni artista.
Gli artisti in mostra:
Meris Angioletti (Bergamo, 1977), Salvatore Arancio (Catania, 1974), Francesco Fonassi (Brescia, 1986), Anna Franceschini (Pavia, 1979), Alessandro Gagliardo (Paternò, 1983), Riccardo Giacconi (San Severino Marche, 1985), Adelita Husni-Bey (Milano, 1985), Patrizio Di Massimo (Jesi, 1983), Maria Domenica Rapicavoli (Catania, 1976), Valerio Rocco Orlando (Milano, 1978), Marinella Senatore (Cava dei Tirreni, 1977), Gianluca e Massimiliano De Serio (Torino, 1978), Giulio Squillacciotti (Roma, 1982) e Diego Tonus (Pordenone, 1984).
Greater Torino
L'8 maggio inaugura la quarta mostra del ciclo Greater Torino, dedicato agli artisti delle giovani generazioni che hanno in Torino il proprio spazio di formazione o di lavoro. La città è intesa come territorio allargato, luogo di nascita o di elezione ma soprattutto piattaforma per la costruzione di un percorso di ricerca alimentato da opportunità di crescita, di mobilità e di relazioni con l’esterno. Una città aperta dunque, capace di accogliere quelle dinamiche di “andata e ritorno” essenziali nella definizione delle carriere artistiche.
Come nelle tre edizioni precedenti, anche quest'anno la scelta della doppia personale risponde a una strategia curatoriale che intende approfondire e valorizzare un percorso in atto attraverso una selezione di opere significative e nuove produzioni, in un insieme capace di restituire gli interessi tematici, le modalità progettuali, le pratiche e gli strumenti degli autori.
Gli artisti invitati alla quarta edizione di Greater Torino sono Alis/Filliol e Alessandro Sciaraffa.
Alis/Filliol è il duo artistico fondato nel 2007 da Davide Gennarino e Andrea Respino. Entrambi nati a Torino - il primo nel 1979, il secondo nel 1976 - si sono formati all’Accademia Albertina di Belle Arti.
Alessandro Sciaraffa è nato a Torino nel 1976. Laureato in Architettura, la sua formazione è incentrata sulla sperimentazione sonora e musicale.
La doppia personale, presentata in un’unica grande sala della Fondazione, darà modo di rilevare i diversi approcci con cui gli artisti interpretano la scultura e l’installazione e di verificarne le estese implicazioni sullo spazio fisico, sensoriale e mentale. Attraverso un insieme di lavori recenti e nuove produzioni, la mostra documenta i due percorsi, stringendoli in un confronto di attitudini e interessi, tra corpo e immaterialità, silenzio e sonorità, opacità e lucentezza. Denominatore comune – seppure con esiti distinti – è il ricorso al calco, all’impronta, alla registrazione, assunti dagli artisti quali chiavi concettuali e operative.
La ricerca di Alis/Filliol è focalizzata sulla scultura, praticata come campo di una dialettica serrata che giunge a solidificarsi in un centro: un nucleo generato dalle molteplici tensioni del fare in due, che muove tra ideazione e improvvisazione, forma e informe. La scultura è, come spiegano, un ostacolo impenetrabile su cui lo sguardo rimbalza, per ritornare a chi osserva come misura del corpo e della sua presenza. Per Alis/Filliol la scultura è esperienza fisica, uno spazio intensivo nel quale sperimentare nuove procedure o trasformare tecniche tradizionali quali il modellato, la fusione, il calco, associati a materiali consueti quali il metallo o il gesso o eccentrici come la neve e il poliuretano espanso.
I molteplici livelli della sensorialità sono al centro dell’indagine di Alessandro Sciaraffa, impegnato nelle sue opere a sviluppare le potenzialità funzionali e plastiche di elementi sfuggenti quali il suono, la luce, il calore, l’acqua, le vibrazioni, l’eco. Sculture, installazioni e performance si configurando come strutture organiche, costellazioni ibride di tecnologie e oggetti che determinano una condizione percettiva in costante mutamento. La registrazione, intesa in senso ampio e letterale, è l’apparato di cattura con il quale l’artista attribuisce volume ai tracciati sottostanti alla sensibilità umana. Rumori, brusii, crepitii, scintille tornano in superficie grazie all’articolata relazione tra i materiali, lo spazio, la presenza e i gesti di chi fa ingresso nella sfera dell’opera.
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, in collaborazione con L’ENSBA – Lyon -École Nationale Superieure des Beaux Artes- presenta la prima personale in Italia di Riikka Kuoppala, partecipante al Postgraduate programme promosso dall’ENSBA – Lyon.
Artista e film maker nata in Finlandia nel 1980, Riikka Kuoppala ha studiato ad Helsinki e Pittsburgh (USA), attualmente vive e lavora a Lione ed Helsinki.
La casa di biscotti è il titolo della mostra che, unendo due videoinstallazioni della giovane artista finlandese, cerca di ricreare le suggestioni della sua ricerca negli ultimi anni.
Under a burning city (2010) è un'opera sulla memoria della guerra e sul modo in cui questa viene tramandata alle nuove generazioni. I protagonisti, una nonna e la sua nipotina, osservando i segni della guerra in città ne ripercorrono i ricordi cercando un linguaggio comune per condividere e rivivere queste esperienze passate. Il film è ambientato ad Helsinki, città che fu bersagliodi una serie di bombardamenti 70 anni fa. Convivere con il ricordo è uno dei temi del film così come la difficoltà di discutere le memorie con qualcuno che non le ha vissute. I protagonisti del film vivono le loro memorie come storie che li aiutano a sopravvivere ai momenti di crisi di identità, la casa di biscotti che costruiscono insieme è proprio l'esperienza individuale che è differente dalla verità ufficiale, la verità silenziosa che si scontra con la nuova generazione.
Il video Couch, TV and VCR (2012) invece dipinge la crisi d'identità di un adolescente immaginario, l'agitazione del suo intero sistema di valori e la sua reazione. L'installazione lega insieme diversi strati della sua memoria: è una storia su come una famiglia possa essere anche un ambiente stressante, ostile, non non familiare. Così come la casa di marzapane di Hansel e Gretel anche la casa di biscotti in cui Riikka Kuoppala ci invita ad entrare è invitante e inquietante allo stesso tempo: dolce e irresistibile da un lato, oscura e spaventosa dall’altro. Le due anime del ricordo, le due facce dell’emozione legata alla memoria.
Tutti abbiamo vissuto in prima persona il momento in cui il ricordo viene tramandato e rivissuto: la forza di questi lavori è proprio nel tentativo di farci ricordare queste emozioni, tanto dolci quanto insane, come una casa di biscotti. Riikka Kuoppala, riuscendo ad abbandonare la costruzione forzata dettata da certi meccanismi emozionali, riesce a far emergere i sottosuoli onirici, spaesanti e grotteschi della storia dei fratelli Grimm rendendoli un filo rosso che unisce i suoi lavori: il rapporto figli-genitori, giovani-anziani, o meglio la sua assenza, e le conseguenti e numerose variazioni metaforiche che da questi scontri si dispiegano.
Sunt lacrimae rerum
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta, dall'8 maggio al 15 settembre, Sunt lacrimae rerum: una selezione di opere della Collezione Sandretto Re Rebaudengo.
La mostra propone un focus sulla scultura contemporanea intesa sia come medium, sia come strumento per esplorare il mondo degli oggetti, e le particolari relazioni che intratteniamo con le cose. La citazione dell'Eneide che dà il titolo alla mostra sottolinea il carattere malinconico che spesso caratterizza questo rapporto, il senso di desiderio e di perdita che deriva dall'associazione tra gli oggetti e la memoria del passato. Allo stesso tempo, le parole che Virgilio fa pronunciaread Enea, letteralmente traducibili con sono le lacrime delle cose, insinua l'idea di una emotività degli oggetti, di una inquietante vitalità presente nelle cose inanimate, come se queste non fossero solo guardate, ma potessero restituire lo sguardo.
Artisti in mostra:
Martin Boyce (Scozia, 1967) crea malinconici poemi visivi, il cui vocabolario deriva dalla storia del design e dell'architettura modernisti. Gli oggetti di cui si appropria, spesso classiche icone del design, sono privati di una funzione d'uso, e nella complessa manipolazione dell'artista sono trasformati in oggetti carichi di simbolismo, un portato politico edestetico che viene posto in relazione con il presente.
Il rapporto tra oggetti, corpo e spazio è al centro del lavoro di Markus Schinwald (Austria, 1973), che dà vita a immagini conturbanti e situazioni surreali. Nella sua ampia produzione di sculture, installazioni, video e dipinti, l'artista ritorna spesso al tema del feticismo, la proiezione di un desiderio sessuale su parti del corpo inusuali e oggetti inanimati. Forma, materialità e composizione divengono gli strumenti per esplorare le ambigue dinamiche del corpo e della passione.
Trisha Donnelly (USA 1974) crea lavori dominati dall'enigma, difficili da definire, sospesi tra figurazione e astrazione, travisibile e invisibile. Anche quando saldamente scavate in materiali pesanti come il marmo, come nel caso del lavoro in mostra, le sue opere sono sempre evocative di uno spazio altro: apparizioni e reperti di un mondo dimenticato che riaffiora, rappresentazione di forze ineffabili e impercettibili, al di là del visibile, eppure potenti nel dare forma allo spazioin cui viviamo.
Alex Hubbard (USA 1975) mette in scena l'atto artistico, proponendo uno sguardo ironico sulle regole e il linguaggio scultoreo. La sua opera è una video-scultura, in cui diversi oggetti comuni divengono gli attori di un piano sequenza che ruota attorno ad un piedistallo usato come palcoscenico. L'artista indaga l'estensione massima delle possibilità plastiche fino a costringere questi suoi sforzi nella piattezza di uno schermo al plasma.
La ricerca di Klaus Weber (Germania 1976) si concentra su quelle forze naturali e principi generali, di ordine scientifico e culturale, su cui si basa la società, assunti condivisi che l'artista insidia mettendo in gioco forze contrapposte, irrazionali o arcaiche, quali animismo, sciamanesimo, riti pagani. Mortalità e memoria sono al centro dell'installazione in mostra, una serie di 32 maschere mortuarie, ritratti di personaggi del passato o del presente, reali o immaginari, un catalogo inquietante e commovente della natura umana.
Le fotografie di James Casebere (USA 1953) trasportano lo spettatore in ambienti architettonici ambigui e surreali. L'artista sfrutta le capacità del mezzo fotografico di costruire un senso di veridicità al fine di far riflettere sulla dimensione fittizia della realtà stessa. Oggetti delle sue rappresentazioni sono sempre modellini da lui realizzati, versioni ridotte e posticce di ambienti inventati eppure plausibili, come nel caso del paesaggio roccioso di Needles, un mondo ambiguamente sospeso tra natura e biologia, tra organico e inorganico.
Anche nel lavoro di Becky Beasley (Uk 1975) il rapporto tra scultura e fotografia è un tema centrale. Qui lo sguardo fotografico si ferma su oggetti di uso comune, di cui vengono moltiplicate prospettive e modalità di esistenza, anche in riferimento a una fitta trama di rimandi letterari, incentrati sulla storia dell'arredamento e del design. Gli oggetti che fotografa sono infine distrutti, facendo delle foto la testimonianza presente di un'assenza, la persistenza del ricordo di cose che non esistono se non in queste immagini.
The 338 Hour Cineclub
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta The 338 Hour Cineclub, mostra conclusiva della settima edizione del progetto Residenze per Giovani Curatori, a cura di Rosalie Doubal (Uk, 1984), Alec Steadman (Uk, 1983), Emeline Vincent (Francia, 1983). La mostra sarà allestita nella sede di Torino della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e aprirà al pubblico l'8 maggio 2013, per concludersi il 15 settembre.
La mostra presenta opere di artisti italiani che si confrontano con film e video in una varietà di forme. The 338 Hour Cineclub rispetta l’impegno individuale di ciascun artista selezionato, ponendo l’accento sul film come medium condiviso. Questo approccio è dovuto alla qualità delle ricerche e al confronto collettivo con il medium del film evidenziato nelle opere degli artisti invitati, i cui lavori affrontano questioni diverse, dal linguaggio del cinema puro alla politica.
Tutti i lavori saranno esposti a rotazione nello schermo unico del cinema costruito in un padiglione temporaneo realizzato per l’occasione in una sala della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La struttura garantisce le condizioni per una visione cinematografica ottimale. The 338 Hour Cineclub considera l'intero arco temporale della mostra con un programma giornaliero che si svilupperà nelle 338 ore in cui il progetto sarà aperto al pubblico. Richiamandosi ai ritmi differenti della mostra tradizionale, questo format incoraggia il pubblico a tornare durante l'intera durata dell’esposizione, permettendo di vedere una selezione completa dell'opera di ogni artista.
Gli artisti in mostra:
Meris Angioletti (Bergamo, 1977), Salvatore Arancio (Catania, 1974), Francesco Fonassi (Brescia, 1986), Anna Franceschini (Pavia, 1979), Alessandro Gagliardo (Paternò, 1983), Riccardo Giacconi (San Severino Marche, 1985), Adelita Husni-Bey (Milano, 1985), Patrizio Di Massimo (Jesi, 1983), Maria Domenica Rapicavoli (Catania, 1976), Valerio Rocco Orlando (Milano, 1978), Marinella Senatore (Cava dei Tirreni, 1977), Gianluca e Massimiliano De Serio (Torino, 1978), Giulio Squillacciotti (Roma, 1982) e Diego Tonus (Pordenone, 1984).
Greater Torino
L'8 maggio inaugura la quarta mostra del ciclo Greater Torino, dedicato agli artisti delle giovani generazioni che hanno in Torino il proprio spazio di formazione o di lavoro. La città è intesa come territorio allargato, luogo di nascita o di elezione ma soprattutto piattaforma per la costruzione di un percorso di ricerca alimentato da opportunità di crescita, di mobilità e di relazioni con l’esterno. Una città aperta dunque, capace di accogliere quelle dinamiche di “andata e ritorno” essenziali nella definizione delle carriere artistiche.
Come nelle tre edizioni precedenti, anche quest'anno la scelta della doppia personale risponde a una strategia curatoriale che intende approfondire e valorizzare un percorso in atto attraverso una selezione di opere significative e nuove produzioni, in un insieme capace di restituire gli interessi tematici, le modalità progettuali, le pratiche e gli strumenti degli autori.
Gli artisti invitati alla quarta edizione di Greater Torino sono Alis/Filliol e Alessandro Sciaraffa.
Alis/Filliol è il duo artistico fondato nel 2007 da Davide Gennarino e Andrea Respino. Entrambi nati a Torino - il primo nel 1979, il secondo nel 1976 - si sono formati all’Accademia Albertina di Belle Arti.
Alessandro Sciaraffa è nato a Torino nel 1976. Laureato in Architettura, la sua formazione è incentrata sulla sperimentazione sonora e musicale.
La doppia personale, presentata in un’unica grande sala della Fondazione, darà modo di rilevare i diversi approcci con cui gli artisti interpretano la scultura e l’installazione e di verificarne le estese implicazioni sullo spazio fisico, sensoriale e mentale. Attraverso un insieme di lavori recenti e nuove produzioni, la mostra documenta i due percorsi, stringendoli in un confronto di attitudini e interessi, tra corpo e immaterialità, silenzio e sonorità, opacità e lucentezza. Denominatore comune – seppure con esiti distinti – è il ricorso al calco, all’impronta, alla registrazione, assunti dagli artisti quali chiavi concettuali e operative.
La ricerca di Alis/Filliol è focalizzata sulla scultura, praticata come campo di una dialettica serrata che giunge a solidificarsi in un centro: un nucleo generato dalle molteplici tensioni del fare in due, che muove tra ideazione e improvvisazione, forma e informe. La scultura è, come spiegano, un ostacolo impenetrabile su cui lo sguardo rimbalza, per ritornare a chi osserva come misura del corpo e della sua presenza. Per Alis/Filliol la scultura è esperienza fisica, uno spazio intensivo nel quale sperimentare nuove procedure o trasformare tecniche tradizionali quali il modellato, la fusione, il calco, associati a materiali consueti quali il metallo o il gesso o eccentrici come la neve e il poliuretano espanso.
I molteplici livelli della sensorialità sono al centro dell’indagine di Alessandro Sciaraffa, impegnato nelle sue opere a sviluppare le potenzialità funzionali e plastiche di elementi sfuggenti quali il suono, la luce, il calore, l’acqua, le vibrazioni, l’eco. Sculture, installazioni e performance si configurando come strutture organiche, costellazioni ibride di tecnologie e oggetti che determinano una condizione percettiva in costante mutamento. La registrazione, intesa in senso ampio e letterale, è l’apparato di cattura con il quale l’artista attribuisce volume ai tracciati sottostanti alla sensibilità umana. Rumori, brusii, crepitii, scintille tornano in superficie grazie all’articolata relazione tra i materiali, lo spazio, la presenza e i gesti di chi fa ingresso nella sfera dell’opera.
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