Francesco Guardi. Nella terra degli avi
Dal 06 Ottobre 2012 al 06 Gennaio 2013
Trento
Luogo: Castello del Buonconsiglio
Indirizzo: via B. Clesio 5
Orari: dal 6 ottobre al 18 novembre 10-18; dal 20 novembre al 6 gennaio 9.30-17; chiuso lunedì
Curatori: Giuseppe Fiocco, Rodolfo Pallucchini
Enti promotori:
- Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della Provincia autonoma di Trento
- Castello del Buonconsiglio
Costo del biglietto: intero € 8, ridotto € 5, ridotto giovani € 4
Telefono per informazioni: +39 0461 492840/ 0461 233770
E-Mail info: info@buonconsiglio.it
Sito ufficiale: http://www.buonconsiglio.it
In occasione del terzo centenario della nascita dell’artista veneziano, la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della Provincia autonoma di Trento con la collaborazione del Castello del Buonconsiglio ricorda il pittore di origini trentine con la mostra “Francesco Guardi nella terra degli avi. Dipinti di figura e capricci floreali” presso Sala Grande e Sala Specchi del Castello del Buonconsiglio. La conferenza di stampa di presentazione della mostra si terrà giovedì 4 ottobre ad ore 11 al Castello del Buonconsiglio di Trento.
Quando Francesco Guardi nasce a Venezia il 5 ottobre del 1712, suo padre Domenico, capostipite della famosa famiglia di pittori, ha lasciato da più di vent’anni la sua terra natale, la valle di Sole, dove nacque a Mastellina, oggi comune di Commezzadura, nel 1678. Domenico, che morirà quattro anni dopo, è un modesto pittore ormai al termine della carriera di copista dei grandi artisti veneziani del Cinquecento, mentre il figlio maggiore Gianantonio (che nel 1712 ha 12 anni) bazzica nella bottega del padre per carpire i segreti del mestiere. Se Domenico non riuscirà a toccare livelli di eccellenza, i figli raggiungeranno invece risultati stilistici assoluti e Francesco diventerà uno dei più importanti maestri del vedutismo veneziano settecentesco. Oltre ovviamente a Venezia, i più famosi musei del mondo, dal Louvre all’Hermitage, dalla National Gallery di Washington e Londra al Metropolitan di New York, conservano sue Vedute e Capricci. La famiglia Guardi giunse a Venezia da Vienna, dove Domenico si era recato nel 1690 per studiare pittura presso l’accademia dei fratelli Strudel. Dopo il matrimonio e la nascita del primogenito Gianantonio (1699-1760), la famiglia Guardi si era stabilita definitivamente a Venezia. La prima notizia dell’attività di Francesco si riferisce a una serie di copie da celebri dipinti antichi, eseguite nel 1731, assieme al fratello Antonio, per la nobile famiglia Giovanelli. A questa data la bottega dei Guardi proseguiva nel solco dell’attività inaugurata dal padre Domenico. Dopo le prime comuni esperienze nell’ambito della bottega familiare, le carriere dei due fratelli si dividono e prendono direzioni diverse: mentre Antonio continuerà a dedicarsi, con esiti di altissima qualità, alla pittura di figura, Francesco si volgerà, sull’esempio di Canaletto, al vedutismo, genere di più larga fortuna, che il pittore saprà interpretare con geniale originalità, eclissando per lungo tempo la personalità del fratello, rivalutata solo in epoca recente. Il legame con il Trentino rimarrà tuttavia vivo: sarà infatti lo zio don Pietro Antonio Guardi, parroco di Vigo di Ton, a commissionare alcuni dipinti a soggetto sacro ai due nipoti. Di questa importante e rara attività si conservano in Trentino i più significativi esempi: le lunette con l’Apparizione dell’angelo a san Francesco d’Assisi, e la Lavanda dei piedi nella sagrestia della parrocchiale di Vigo di Ton (1738), Santo in adorazione dell’Eucarestia (San Norberto) in Castel Thun (firmato sul verso) e la pala dei Santi Pietro e Paolo nella parrocchiale di Roncegno (1775).
Nelle lunette di Vigo, eseguite nel 1738 in collaborazione con il fratello Antonio, emerge, per la prima volta, un altro importante filone di attività di Francesco, sul quale la critica si è a lungo dibattuta, ossia la produzione di nature morte di fiori, che innova i modelli delle note composizioni floreali di Margherita Caffi ed Elisabetta Marchioni, innalzandoli a una delle più alte espressioni di tale genere. Questo ambito di attività incontrerà un successo di pubblico crescente nel corso del Settecento, ma a fronte della considerevole produzione della bottega, o degli imitatori, rarissime sono le nature morte riconducibili con sicurezza alla mano di Francesco Guardi. In mostra alcune nature morte siglate F.G. composizioni floreali che assumono un’importanza fondamentale nella comprensione della genesi della pittura di fiori guardesca, come genere autonomo. In questa coppia di tele appare evidente l’influsso esercitato su Francesco da Margherita Caffi e da Elisabetta Marchioni, pittrici che godevano ottima reputazione presso i collezionisti veneziani. Nella terra degli avi è dunque presente uno dei nuclei più importanti e universalmente noti di questi grandi interpreti della pittura veneziana del Settecento. La ricorrenza del terzo centenario della nascita di Francesco Guardi costituisce perciò l’occasione per offrire al pubblico l’opportunità di ammirare una serie di capolavori del maestro che sono stati oggetto di interventi di restauro in alcuni casi e di campagna di indagini tecnico-scientifiche appositamente impostata e coordinata dalla Soprintendenza per i Beni Storico-artistici: ne risulta una mostra che, apportando nuove conoscenze alla produzione dei Guardi in terra trentina, si ricollega idealmente alla storica esposizione guardesca del 1949, organizzata a Trento da Giuseppe Fiocco e Rodolfo Pallucchini, fra i massimi studiosi della pittura veneziana, e a quella allestita a Castel Caldes nel 1993, per le celebrazioni del secondo centenario della morte del pittore, con catalogo a cura di G. Romanelli, A. Dorigato, E. Mich.
Quando Francesco Guardi nasce a Venezia il 5 ottobre del 1712, suo padre Domenico, capostipite della famosa famiglia di pittori, ha lasciato da più di vent’anni la sua terra natale, la valle di Sole, dove nacque a Mastellina, oggi comune di Commezzadura, nel 1678. Domenico, che morirà quattro anni dopo, è un modesto pittore ormai al termine della carriera di copista dei grandi artisti veneziani del Cinquecento, mentre il figlio maggiore Gianantonio (che nel 1712 ha 12 anni) bazzica nella bottega del padre per carpire i segreti del mestiere. Se Domenico non riuscirà a toccare livelli di eccellenza, i figli raggiungeranno invece risultati stilistici assoluti e Francesco diventerà uno dei più importanti maestri del vedutismo veneziano settecentesco. Oltre ovviamente a Venezia, i più famosi musei del mondo, dal Louvre all’Hermitage, dalla National Gallery di Washington e Londra al Metropolitan di New York, conservano sue Vedute e Capricci. La famiglia Guardi giunse a Venezia da Vienna, dove Domenico si era recato nel 1690 per studiare pittura presso l’accademia dei fratelli Strudel. Dopo il matrimonio e la nascita del primogenito Gianantonio (1699-1760), la famiglia Guardi si era stabilita definitivamente a Venezia. La prima notizia dell’attività di Francesco si riferisce a una serie di copie da celebri dipinti antichi, eseguite nel 1731, assieme al fratello Antonio, per la nobile famiglia Giovanelli. A questa data la bottega dei Guardi proseguiva nel solco dell’attività inaugurata dal padre Domenico. Dopo le prime comuni esperienze nell’ambito della bottega familiare, le carriere dei due fratelli si dividono e prendono direzioni diverse: mentre Antonio continuerà a dedicarsi, con esiti di altissima qualità, alla pittura di figura, Francesco si volgerà, sull’esempio di Canaletto, al vedutismo, genere di più larga fortuna, che il pittore saprà interpretare con geniale originalità, eclissando per lungo tempo la personalità del fratello, rivalutata solo in epoca recente. Il legame con il Trentino rimarrà tuttavia vivo: sarà infatti lo zio don Pietro Antonio Guardi, parroco di Vigo di Ton, a commissionare alcuni dipinti a soggetto sacro ai due nipoti. Di questa importante e rara attività si conservano in Trentino i più significativi esempi: le lunette con l’Apparizione dell’angelo a san Francesco d’Assisi, e la Lavanda dei piedi nella sagrestia della parrocchiale di Vigo di Ton (1738), Santo in adorazione dell’Eucarestia (San Norberto) in Castel Thun (firmato sul verso) e la pala dei Santi Pietro e Paolo nella parrocchiale di Roncegno (1775).
Nelle lunette di Vigo, eseguite nel 1738 in collaborazione con il fratello Antonio, emerge, per la prima volta, un altro importante filone di attività di Francesco, sul quale la critica si è a lungo dibattuta, ossia la produzione di nature morte di fiori, che innova i modelli delle note composizioni floreali di Margherita Caffi ed Elisabetta Marchioni, innalzandoli a una delle più alte espressioni di tale genere. Questo ambito di attività incontrerà un successo di pubblico crescente nel corso del Settecento, ma a fronte della considerevole produzione della bottega, o degli imitatori, rarissime sono le nature morte riconducibili con sicurezza alla mano di Francesco Guardi. In mostra alcune nature morte siglate F.G. composizioni floreali che assumono un’importanza fondamentale nella comprensione della genesi della pittura di fiori guardesca, come genere autonomo. In questa coppia di tele appare evidente l’influsso esercitato su Francesco da Margherita Caffi e da Elisabetta Marchioni, pittrici che godevano ottima reputazione presso i collezionisti veneziani. Nella terra degli avi è dunque presente uno dei nuclei più importanti e universalmente noti di questi grandi interpreti della pittura veneziana del Settecento. La ricorrenza del terzo centenario della nascita di Francesco Guardi costituisce perciò l’occasione per offrire al pubblico l’opportunità di ammirare una serie di capolavori del maestro che sono stati oggetto di interventi di restauro in alcuni casi e di campagna di indagini tecnico-scientifiche appositamente impostata e coordinata dalla Soprintendenza per i Beni Storico-artistici: ne risulta una mostra che, apportando nuove conoscenze alla produzione dei Guardi in terra trentina, si ricollega idealmente alla storica esposizione guardesca del 1949, organizzata a Trento da Giuseppe Fiocco e Rodolfo Pallucchini, fra i massimi studiosi della pittura veneziana, e a quella allestita a Castel Caldes nel 1993, per le celebrazioni del secondo centenario della morte del pittore, con catalogo a cura di G. Romanelli, A. Dorigato, E. Mich.
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