Ferruccio Bortoluzzi. Mostra-omaggio
Dal 01 Febbraio 2014 al 28 Febbraio 2014
Treviso
Luogo: Centro Espositivo Permanente
Indirizzo: via San Nicolò 15
Orari: da lunedì a sabato 10-12.30/ 16-19.30; martedì chiuso
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0422 55247
E-Mail info: paolocampopiano@yahoo.it
Sito ufficiale: http://www.archiviocampopiano.it
La mostra-omaggio al grande Maestro Ferruccio Bortoluzzi (Venezia 1920-2007) rimarrà aperta presso il Centro Espositivo Permanente di Treviso (Via San Nicolò 15) dall'1 febbraio al 28 febbraio. Sarà possibile visitarla con ingresso libero dal lunedi al sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30, escluso il martedì.
La mostra vuole contribuire alla riscoperta e alla giusta e dovuta valorizzazione di questo artista presentando una serie di opere che testimoniano le varie fasi del suo percorso artistico. Dalle immagini delle “sedie vuote” degli anni '40, alla maturità delle “Composizioni” realizzate con legni, ferri, chiodi, anelli fino alle “carte bruciate” degli anni '70.
Ferruccio Bortoluzzi (Venezia 1920-2007) vive un'infanzia contraddistinta dalla povertà. Bortoluzzi non è cresciuto in una famiglia dove l'arte veniva praticata, non ha studiato l'arte con nessun maestro, non ha frequentato nessuna scuola. Dalla sua città natale, Venezia, ha acquisito l'amore per il silenzio, il raccoglimento, la meditazione. Nelle opere realizzate durante gli anni '40 si presenta come pittore di immagini, predilige gli scorci di Venezia, quello che appare è un senso di vuoto, di abbandono. Nel 1943 espone per la prima volta alla galleria della Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia.
Nel 1947 si diploma all'Istituto d'Arte, è uno dei fondatori del Centro di Unità della Cultura l'Arco, insieme ad altri artisti e letterati veneziani.
Nel 1951 si trasferisce a Parigi dove conosce Gino Severini. Dopo questo periodo di intenso confronto con l'ambiente artistico parigino, Bortoluzzi si isola nel proprio lavoro, in una meditazione solitaria dalla quale scaturiscono immagini diverse e inedite che abbandonano la precedente ricerca. Agli inizi degli anni '60 Bortoluzzi raggiunge la piena maturità artistica sperimentando un linguaggio espressivo del tutto originale e personale. I quadri si trasformano in “oggetti”, in un processo di simbiosi tra pittura e scultura. Composizioni realizzate con materiale recuperato dalla realtà: tavole di legno consunto, ferri arrugginiti, chiodi, corde, anelli esprimono una manifestazione di forza che commuove per la sua umanità.
Nel 1963 espone alla Galleria Obelisk a Londra , partecipa alla XXXIII Biennale d'Arte di Venezia nel 1966, viene invitato a presentare i suoi lavori al Carnegie Museum of Art di Pittsburgh nel 1967 e alla Biennale d'arte di San Paolo in Brasile nel 1969. Attorno agli anni '70 si dedica anche alla produzione di “carte bruciate”, una serie di opere costituite da fogli di carta strappati e parzialmente combusti, che assumono particolari tonalità e si trasformano, tanto da ricordare il legno e il ferro tipici materiali di cui egli si avvale.
Nel corso degli anni, importanti mostre antologiche hanno ripercorso la sua carriera artistica: nel nel 1982 la mostra al Museo Internazionale d'Arte Moderna di Cà Pesaro, nel 2001 alla Fondazione Querini Stampalia, nel 2003 nuovamente a Cà Pesaro. I maggiori critici italiani tra cui Giulio Carlo Argan, Umbro Apollonio, Giuseppe Mazzariol e altri ancora hanno riconosciuto e apprezzato la sua arte. Ampia documentazione relativa al suo lavoro è consultabile presso l'Archivio Storico di Arte Contemporanea di Venezia.
La mostra vuole contribuire alla riscoperta e alla giusta e dovuta valorizzazione di questo artista presentando una serie di opere che testimoniano le varie fasi del suo percorso artistico. Dalle immagini delle “sedie vuote” degli anni '40, alla maturità delle “Composizioni” realizzate con legni, ferri, chiodi, anelli fino alle “carte bruciate” degli anni '70.
Ferruccio Bortoluzzi (Venezia 1920-2007) vive un'infanzia contraddistinta dalla povertà. Bortoluzzi non è cresciuto in una famiglia dove l'arte veniva praticata, non ha studiato l'arte con nessun maestro, non ha frequentato nessuna scuola. Dalla sua città natale, Venezia, ha acquisito l'amore per il silenzio, il raccoglimento, la meditazione. Nelle opere realizzate durante gli anni '40 si presenta come pittore di immagini, predilige gli scorci di Venezia, quello che appare è un senso di vuoto, di abbandono. Nel 1943 espone per la prima volta alla galleria della Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia.
Nel 1947 si diploma all'Istituto d'Arte, è uno dei fondatori del Centro di Unità della Cultura l'Arco, insieme ad altri artisti e letterati veneziani.
Nel 1951 si trasferisce a Parigi dove conosce Gino Severini. Dopo questo periodo di intenso confronto con l'ambiente artistico parigino, Bortoluzzi si isola nel proprio lavoro, in una meditazione solitaria dalla quale scaturiscono immagini diverse e inedite che abbandonano la precedente ricerca. Agli inizi degli anni '60 Bortoluzzi raggiunge la piena maturità artistica sperimentando un linguaggio espressivo del tutto originale e personale. I quadri si trasformano in “oggetti”, in un processo di simbiosi tra pittura e scultura. Composizioni realizzate con materiale recuperato dalla realtà: tavole di legno consunto, ferri arrugginiti, chiodi, corde, anelli esprimono una manifestazione di forza che commuove per la sua umanità.
Nel 1963 espone alla Galleria Obelisk a Londra , partecipa alla XXXIII Biennale d'Arte di Venezia nel 1966, viene invitato a presentare i suoi lavori al Carnegie Museum of Art di Pittsburgh nel 1967 e alla Biennale d'arte di San Paolo in Brasile nel 1969. Attorno agli anni '70 si dedica anche alla produzione di “carte bruciate”, una serie di opere costituite da fogli di carta strappati e parzialmente combusti, che assumono particolari tonalità e si trasformano, tanto da ricordare il legno e il ferro tipici materiali di cui egli si avvale.
Nel corso degli anni, importanti mostre antologiche hanno ripercorso la sua carriera artistica: nel nel 1982 la mostra al Museo Internazionale d'Arte Moderna di Cà Pesaro, nel 2001 alla Fondazione Querini Stampalia, nel 2003 nuovamente a Cà Pesaro. I maggiori critici italiani tra cui Giulio Carlo Argan, Umbro Apollonio, Giuseppe Mazzariol e altri ancora hanno riconosciuto e apprezzato la sua arte. Ampia documentazione relativa al suo lavoro è consultabile presso l'Archivio Storico di Arte Contemporanea di Venezia.
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