Magie dell’India. Dal Tempio alla Corte, Capolavori d’Arte Indiana
Dal 26 Ottobre 2013 al 31 Maggio 2014
Treviso
Luogo: Casa dei Carraresi
Indirizzo: via Palestro 33/35
Orari: da lunedì a venerdì 9-19; sabato e domenica 9-20
Curatori: Marilia Albanese, Renzo Freschi, Adriano Madaro
Enti promotori:
- Fondazione Cassamarca
Costo del biglietto: intero € 13, ridotto € 10, scuole € 5
Telefono per informazioni: +39 0422 513150/ 0422 424390
E-Mail info: segreteria@sigillum.it
Sito ufficiale: http://www.laviadellaseta.info
Dal 26 ottobre 2013 al 31 maggio 2014 la Casa dei Carraresi di Treviso, dopo le quattro grandi mostre dedicate alla Cina e lo straordinario successo dell’esposizione dedicata al Tibet, farà da cornice ai capolavori d’arte provenienti dalla millenaria cività indiana. La Mostra “Magie dell’India. Dal Tempio alla Corte, Capolavori d’Arte Indiana”, attraverso elementi architettonici, miniature, fotografie d’epoca, oggetti di uso rituale e quotidiano, costumi, tessuti, gioielli, accanto a statue e bassorilievi provenienti da importanti collezioni museali e private italiane, si pone l’obiettivo di ricostruire le tappe salienti della civiltà indiana attraverso l’esposizione di opere dell’arte antica e moderna, dal II millennio a.C. all’epoca dei Maharaja, collocate in un adeguato contesto scenografico che ne ricrei gli ambienti originari.
Il comitato scientifico - coordinato da Adriano Màdaro, già ideatore e curatore delle quattro mostre sul Celeste Impero e e della rassegna dedicata al Tibet appena conclusa che ha affascinato oltre 120 mila visitatori- composto da Marilia Albanese, indologa d’ampia formazione e l’esperto d’arte indiana Renzo Freschi, insieme agli architetti Marco Sala e Giovanna Colombo, ha studiato un particolare percorso espositivo articolato in due parti: “L’arte nell’India Classica” e “L’india dei Maharaja”. Due poli, quello del Tempio e quello della Corte, che sfuggono al dualismo tipicamente occidentale tra sacro e profano e che nella cultura indiana non sono in nessun modo in contraddizione. Il cerimoniale dei templi è simile a quello del palazzo e la figura del re è ammantata di sacralità tanto da renderla divina. La saggezza tradizionale indiana, affinché l’esistenza umana sia significativa e armonica, impone l’impegno etico, ma anche il perseguimento del piacere; sostiene la frugalità, ma non svalorizza la ricchezza; incita al distacco, ma legittima la conquista del potere. Benché il fine ultimo in buona parte della cultura indiana – ma non in tutta– sia la liberazione e il trascendimento del mondo doloroso e finito, la vita e i suoi istanti preziosi sono ampiamente celebrati, soprattutto nell’arte.
La prima parte della mostra illustra, dunque, alcuni temi fondamentali della cultura indiana e include sculture e altorilievi in pietra, immagini in bronzo e oggetti rituali provenienti dall’ambito religioso, corredati da miniature di soggetto affine, coprendo un arco di tempo che va dal II millennio a.C fino al XVII sec.
La prima sala è dedicata alle religioni dell’India: Hinduismo, Buddhismo, Jainismo e Sikhismo, le quattro autoctone, e la religione dei Parsi, il Cristianesimo e l’Islam, le tre importate; seguono due sale sui miti e le grandi epopee, che raccontano le storie divine e in modo particolare il “Ramayana” e il “Mahabharata”; si continua con la sala dedicata ai rapporti tra India e Grecia, che hanno prodotto la singolare arte del Gandhara; la straordinaria ricchezza del pantheon hindu si dipana nelle cinque sale in onore degli dei dell’India: la Dea, Shiva, Vishnu e le sue incarnazioni provvidenziali sulla terra, Krishna. Le ultime tre sale del percorso si soffermano sulla rappresentazione del corpo umano, maschile e femminile, e sull’arte erotica.
Il mondo delle corti opulente e dei maharaja, sovrani ricchissimi ed eccentrici, che tanto hanno colpito l’immaginario europeo è ricostruito, nella seconda parte della mostra, attraverso i colori brillanti dei dipinti e delle miniature d’epoca e reso tangibile dai sontuosi costumi, dagli splendidi gioielli, dalle armi raffinate e dagli oggetti preziosi, con un’ampia sezione che offre una serie di fotografie di fine Ottocento/inizi Novecento, suggestive testimonianze di un tempo che fu.
L’ultima tappa è dedicata ai rapporti fra Italia e India, le cui origini risalgono addirittura all’epoca romana. Molti furono, infatti, viaggiatori, avventurieri e ricercatori del sacro presero la “via delle Indie”: l’apostolo Tommaso, il grande Marco Polo, Niccolò Manucci, che fece fortuna come medico alla corte dei Moghul, e tanti altri passati alla storia. Tutti cercavano un’India immaginata, di volta in volta terra di favolose ricchezze e di avventure mirabolanti, fonte di saggezza e di spiritualità, luogo di vita ascetica e di raffinato erotismo. Ci fu anche chi in India non andò mai, come il veneto Emilio Salgàri, che tuttavia seppe con le pagine dei suoi romanzi affascinare intere generazioni di lettori.
Ed è proprio un viaggio entusiasmante quello che la mostra si propone di offrire ai visitatori: La leggenda di Sandokan e l’epoca favolosa dei Maharaja; il fruscio delle sete dai mille colori cangianti e lo scintillio dei gioielli; le statue delle divinità più sinuose e gli arazzi più pregiati. Presentando gli aspetti salienti e affascinanti di un Paese dalla cultura plurimillenaria, oggi alla ribalta del mondo.
Il comitato scientifico - coordinato da Adriano Màdaro, già ideatore e curatore delle quattro mostre sul Celeste Impero e e della rassegna dedicata al Tibet appena conclusa che ha affascinato oltre 120 mila visitatori- composto da Marilia Albanese, indologa d’ampia formazione e l’esperto d’arte indiana Renzo Freschi, insieme agli architetti Marco Sala e Giovanna Colombo, ha studiato un particolare percorso espositivo articolato in due parti: “L’arte nell’India Classica” e “L’india dei Maharaja”. Due poli, quello del Tempio e quello della Corte, che sfuggono al dualismo tipicamente occidentale tra sacro e profano e che nella cultura indiana non sono in nessun modo in contraddizione. Il cerimoniale dei templi è simile a quello del palazzo e la figura del re è ammantata di sacralità tanto da renderla divina. La saggezza tradizionale indiana, affinché l’esistenza umana sia significativa e armonica, impone l’impegno etico, ma anche il perseguimento del piacere; sostiene la frugalità, ma non svalorizza la ricchezza; incita al distacco, ma legittima la conquista del potere. Benché il fine ultimo in buona parte della cultura indiana – ma non in tutta– sia la liberazione e il trascendimento del mondo doloroso e finito, la vita e i suoi istanti preziosi sono ampiamente celebrati, soprattutto nell’arte.
La prima parte della mostra illustra, dunque, alcuni temi fondamentali della cultura indiana e include sculture e altorilievi in pietra, immagini in bronzo e oggetti rituali provenienti dall’ambito religioso, corredati da miniature di soggetto affine, coprendo un arco di tempo che va dal II millennio a.C fino al XVII sec.
La prima sala è dedicata alle religioni dell’India: Hinduismo, Buddhismo, Jainismo e Sikhismo, le quattro autoctone, e la religione dei Parsi, il Cristianesimo e l’Islam, le tre importate; seguono due sale sui miti e le grandi epopee, che raccontano le storie divine e in modo particolare il “Ramayana” e il “Mahabharata”; si continua con la sala dedicata ai rapporti tra India e Grecia, che hanno prodotto la singolare arte del Gandhara; la straordinaria ricchezza del pantheon hindu si dipana nelle cinque sale in onore degli dei dell’India: la Dea, Shiva, Vishnu e le sue incarnazioni provvidenziali sulla terra, Krishna. Le ultime tre sale del percorso si soffermano sulla rappresentazione del corpo umano, maschile e femminile, e sull’arte erotica.
Il mondo delle corti opulente e dei maharaja, sovrani ricchissimi ed eccentrici, che tanto hanno colpito l’immaginario europeo è ricostruito, nella seconda parte della mostra, attraverso i colori brillanti dei dipinti e delle miniature d’epoca e reso tangibile dai sontuosi costumi, dagli splendidi gioielli, dalle armi raffinate e dagli oggetti preziosi, con un’ampia sezione che offre una serie di fotografie di fine Ottocento/inizi Novecento, suggestive testimonianze di un tempo che fu.
L’ultima tappa è dedicata ai rapporti fra Italia e India, le cui origini risalgono addirittura all’epoca romana. Molti furono, infatti, viaggiatori, avventurieri e ricercatori del sacro presero la “via delle Indie”: l’apostolo Tommaso, il grande Marco Polo, Niccolò Manucci, che fece fortuna come medico alla corte dei Moghul, e tanti altri passati alla storia. Tutti cercavano un’India immaginata, di volta in volta terra di favolose ricchezze e di avventure mirabolanti, fonte di saggezza e di spiritualità, luogo di vita ascetica e di raffinato erotismo. Ci fu anche chi in India non andò mai, come il veneto Emilio Salgàri, che tuttavia seppe con le pagine dei suoi romanzi affascinare intere generazioni di lettori.
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