Antonio Beato. Ritorno a Venezia. Fotografie tra viaggio, architettura e paesaggio

© Wikimedia Commons | Museo di Palazzo Fortuny, Venezia
Dal 15 October 2025 al 12 January 2026
Venezia
Luogo: Museo Fortuny
Indirizzo: San Marco 3958
Curatori: João Rocha Marco Ferrari con Cristina Da Roit
Enti promotori:
- In collaborazione con Università IUAV di Venezia Università di Évora
Sito ufficiale: http://fortuny.visitmuve.it/
Quando il fotografo britannico Francis Frith (1822-1898) raggiunge lo storico sito di Abu Simbel durante il suo primo viaggio in Egitto, dal settembre 1856 al luglio 1857, i fratelli e fotografi “veneziani” Antonio Beato e Felice Beato stanno viaggiando nel Mediterraneo verso il Medio Oriente, spostandosi tra Egitto, Turchia e Terra Santa.
I due avevano già documentato le ostilità della guerra di Crimea (1853-1856) e subito dopo, insieme o separatamente, avrebbero fotografato la rivolta della popolazione indiana contro l’Impero britannico e la seconda guerra dell’oppio.
Pur rappresentando una tipica espressione culturale dei viaggiatori dell’Ottocento, le loro campagne fotografiche vanno oltre lo spirito del Grand Tour. Ci si potrebbe domandare che cosa spingesse questi due “veneziani” a intraprendere i loro lunghi viaggi allo scopo di fotografare. Quali erano le motivazioni per recarsi in luoghi remoti e affrontare dei progetti fotografici tanto sorprendenti quanto innovativi?
Intorno al 1860, Antonio Beato arrivò dalla Cina al Cairo, “la madre delle città”, come l’aveva definita Ibn Battuta, e per quasi quarant’anni realizzò, con dettagli meticolosi e un occhio acuto per la composizione, una serie di straordinarie immagini dei templi e dei siti archeologici dell’Egitto, della sofisticata architettura della Cittadella del Cairo, della dinamica complessità degli edifici dei Mamelucchi e dei paesaggi circostanti. Stampate singolarmente o in deliziosi album con fotografie anche di Félix Bonfils, Adelphoi Zangaki o Pascal Sébah, queste immagini divennero oggetti di un Oriente solo immaginabile, che un’élite prevalentemente europea era ansiosa di acquistare. Questo segnò l’avvento della fotografia documentaristica ed è probabile che ciò sia stato fondamentale anche per sviluppare lo studio della prima architettura islamica.
A circa duecento anni della nascita di Antonio Beato e in occasione del quarantesimo anniversario della prima e per ora unica mostra veneziana dedicata ai due fratelli (Ikona Gallery), ci sembra opportuno riportare il lavoro di questo fotografo importante nella sua regione d’origine. Uno degli obiettivi della mostra è colmare questa lacuna presentando un gruppo di fotografie di Beato individuate negli archivi della Fondazione Musei Civici di Venezia e in altre collezioni italiane e internazionali. L’esposizione illustrerà le sfaccettate implicazioni culturali e politiche insite in quelle immagini, andando oltre le interpretazioni tradizionali. Esaminerà l’interrelazione tra gli elementi architettonici e contestuali associati agli oggetti fotografati, e un’attenta selezione di libri dell’Ottocento offrirà ai visitatori un contesto culturale più ampio.
La mostra trova una sede congeniale nel Museo di Palazzo Fortuny non soltanto per il ruolo rivestito da questa istituzione nel panorama culturale veneziano e per il rapporto che lo collega alla fotografia, ma anche perché la storia di Mariano Fortuny sembra involontariamente legarsi a quella di Antonio Beato. All’inizio del XX secolo anche Mariano visitò infatti quegli stessi luoghi, disegnandoli, fotografandoli e raccogliendone i ricordi in preziosi taccuini, tuttora conservati nella sua biblioteca privata, che saranno ora esposti per la prima volta.
I due avevano già documentato le ostilità della guerra di Crimea (1853-1856) e subito dopo, insieme o separatamente, avrebbero fotografato la rivolta della popolazione indiana contro l’Impero britannico e la seconda guerra dell’oppio.
Pur rappresentando una tipica espressione culturale dei viaggiatori dell’Ottocento, le loro campagne fotografiche vanno oltre lo spirito del Grand Tour. Ci si potrebbe domandare che cosa spingesse questi due “veneziani” a intraprendere i loro lunghi viaggi allo scopo di fotografare. Quali erano le motivazioni per recarsi in luoghi remoti e affrontare dei progetti fotografici tanto sorprendenti quanto innovativi?
Intorno al 1860, Antonio Beato arrivò dalla Cina al Cairo, “la madre delle città”, come l’aveva definita Ibn Battuta, e per quasi quarant’anni realizzò, con dettagli meticolosi e un occhio acuto per la composizione, una serie di straordinarie immagini dei templi e dei siti archeologici dell’Egitto, della sofisticata architettura della Cittadella del Cairo, della dinamica complessità degli edifici dei Mamelucchi e dei paesaggi circostanti. Stampate singolarmente o in deliziosi album con fotografie anche di Félix Bonfils, Adelphoi Zangaki o Pascal Sébah, queste immagini divennero oggetti di un Oriente solo immaginabile, che un’élite prevalentemente europea era ansiosa di acquistare. Questo segnò l’avvento della fotografia documentaristica ed è probabile che ciò sia stato fondamentale anche per sviluppare lo studio della prima architettura islamica.
A circa duecento anni della nascita di Antonio Beato e in occasione del quarantesimo anniversario della prima e per ora unica mostra veneziana dedicata ai due fratelli (Ikona Gallery), ci sembra opportuno riportare il lavoro di questo fotografo importante nella sua regione d’origine. Uno degli obiettivi della mostra è colmare questa lacuna presentando un gruppo di fotografie di Beato individuate negli archivi della Fondazione Musei Civici di Venezia e in altre collezioni italiane e internazionali. L’esposizione illustrerà le sfaccettate implicazioni culturali e politiche insite in quelle immagini, andando oltre le interpretazioni tradizionali. Esaminerà l’interrelazione tra gli elementi architettonici e contestuali associati agli oggetti fotografati, e un’attenta selezione di libri dell’Ottocento offrirà ai visitatori un contesto culturale più ampio.
La mostra trova una sede congeniale nel Museo di Palazzo Fortuny non soltanto per il ruolo rivestito da questa istituzione nel panorama culturale veneziano e per il rapporto che lo collega alla fotografia, ma anche perché la storia di Mariano Fortuny sembra involontariamente legarsi a quella di Antonio Beato. All’inizio del XX secolo anche Mariano visitò infatti quegli stessi luoghi, disegnandoli, fotografandoli e raccogliendone i ricordi in preziosi taccuini, tuttora conservati nella sua biblioteca privata, che saranno ora esposti per la prima volta.
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