Antonio Ievolella. Paranza
Dal 25 Marzo 2022 al 27 Novembre 2022
Venezia
Luogo: Spazio Thetis
Indirizzo: Castello, Arsenale Nord
Orari: 10-18 (chiuso sabato e domenica). Da fine aprile aperto anche il sabato e la domenica
Curatori: Virginia Baradel
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 348 0171569
E-Mail info: spaziothetis@thetis.it
Dal 25 marzo al 27 novembre 2022 l’installazione di Antonio Ievolella “Paranza” sarà ospitata dallo Spazio Thetis, hub dell’arte contemporanea situato nell’antico Arsenale di Venezia lambito dalla laguna: un’opera che evoca la struttura di una barca da pesca costiera, un frutto maturo della poetica dello scultore sannita che intende l’opera come relitto e memoir di lavori popolari antichi. A cura di Virginia Baradel, l’installazione sarà inaugurata venerdì 25 marzo alle ore 12.00.
“Paranza è un rottame di barca che era poca cosa in sé anche quando andava per mare, niente più di un mezzo usato infinite volte. Ma era pane e vita per le famiglie dei pescatori, ed ecco che lo scultore ne fa materia d’arte, ne rigenera la forma. Evocandone la struttura, eleva quel rottame a monumento, carico di memorie, suggestioni e moniti. In Paranza, come in Pesca miracolosa, domina la tensione serrata di curve nello spazio, scheletri di imbarcazioni, materiali restituiti dall’usura - forgiati dall’usura - dovuta al tempo trascorso in mare; reliquia propiziatoria alle divinità marine ma anche tribuna votiva al travaglio dell’uomo, alla strenua destrezza di un mestiere antico fatto di sacrificio e di lotta, filtrato nel ricordo, nella pietas e nella nostalgia.” (V. Baradel).
L’installazione
Spazio Thetis da sempre si contraddistingue per la sua apertura alla sperimentazione
nel campo dell’arte contemporanea e attraverso il suo legame con la laguna di Venezia è particolarmente attento al filo conduttore della sensibilità ambientale che riguarda anche la condizione umana. In questa logica ben si inserisce in questo luogo il lavoro di Antonio Ievolella.
“Paranza” è una barca da pesca costiera, con lo scafo largo, la prua tozza e la poppa ampia; ha un albero a vela latina e un bompresso con un fiocco.
Sottolinea Virginia Baradel: “il movente espressivo deriva da una dimensione antropologica dissotterrata e magnificata nella mutazione formale, nella dilatazione spaziale e comunicativa di un oggetto che appartiene ad archeologie popolari e a umori mediterranei.”
Come spesso succede nelle opere di Ievolella di ferro e rame, la disarticolazione delle parti avviene in modo dilatato nello spazio e acquista un carattere geometrico. In “Paranza” il mulinello acquista un’indipendenza formale a latere, fa da contrappunto alla barca: inserito in una struttura circolare, in buona parte occlusa da lastre di ferro, perviene a una complessità plastica, cromatica e geometrica che bilancia la barca con la sua compattezza e stabilità.
“Paranza possiede una forte indole geometrica nello scheletro della barca, nella sede del mulinello e nell’impennata verticale dei due "alberi", assi geometrici che si fanno simbolicamente fieri vessilli. E' la geometria infatti a propiziare l’equilibrio tra le due forme plastiche affiancate, è un gioco di linee a scandire gli andamenti costruttivi dei tubolari di ferro. Tuttavia, la rigidità astratta della geometria, già sventata dalla percezione arrugginita del ferro, incontra i materiali poveri del relitto, il legno corroso, il rame ossidato, creando una fusione di quei semi poetici che sono ricorrenti nella scultura di Ievolella, dove il tempo remoto e il tempo presente hanno motivo di riconoscersi e di stipulare nuove alleanze poetiche.” (V. Baradel).
Antonio Ievolella nasce a Benevento nel 1952. Dopo gli studi al liceo artistico della sua città frequenta l’Accademia di Belle Arti a Napoli. Nella città partenopea segue da vicino gli appuntamenti della galleria di Lucio Amelio dove ha modo di conoscere i protagonisti delle principali tendenze artistiche internazionali. Nel 1976 si reca a Milano per insegnare al liceo artistico di Milano. È un periodo ricco di esperienze e di grandi amicizie, prima fra tutte quella col conterraneo Mimmo Paladino. Due anni dopo si trasferisce al liceo artistico di Padova, città nella quale stabilisce residenza e studio. È del 1987 la prima personale alla galleria Studio La Città di Verona da cui prende avvio un importante e durevole sodalizio con Hélène de Franchis che porterà le sue opere ad una visibilità internazionale.
Nel 1988 partecipa alla mostra Undici artisti per Villa Domenica, curata da Virginia Baradel. In quello stesso anno Giovanni Carandente invita Ievolella alla XLIII Biennale di Venezia, dove lo scultore presenta Trittico nella sezione Scultori ai Giardini curata da Andrea del Guercio. Quest’ultimo organizza, nello stesso anno, una personale dell’artista beneventano alla galleria Oddi Baglioni a Roma. L’anno seguente partecipa a Materialmente: scultori degli anni Ottanta alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Gli anni Novanta sono un periodo d’intensa attività. Si aprono con la mostra Viaggi - Antonio Ievolella/Hidetoshi Nagaswa allo Studio La Città e si chiudono con l’imponente complesso del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò.
Nel mezzo vi è l’antologica Il Grande Carro a Padova, articolata in sette sculture di grandi dimensioni installate lungo i principali snodi della città. Nell’occasione un elemento di Terre di magia viene donato al Parco Museo d’Arte Contemporanea dei Musei Civici agli Eremitani. Lo stesso anno Edoardo Manzoni lo invita a partecipare all’esposizione Su Logu de s’Iscultura a Tortolì in Sardegna: l’opera Progetto di memoria manifesta un ulteriore sviluppo nei propositi monumentali del lavoro di Ievolella. Questo orientamento trova naturale prosecuzione nel Parco d’Arte Contemporanea della Fondazione Rossini, con cui lo scultore stabilisce un rapporto di partnership continuativo, realizzando nel 2005 la mostra Itinerari nel parco di Monza. Il suggestivo complesso I guardiani della dormiente, grandiosa anticamera al regno dei morti, è inaugurato nel 2004, ma il progetto nasce alla metà degli anni Novanta, grazie al dialogo instaurato con l’architetto Franco Biscossa, responsabile dell’opera architettonica per il rinnovamento del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò.
Nell’estate del 2006 si svolge la personale Materia Forma Luogo, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e curata da Tommaso Ferrillo a Castel dell’Ovo, scenografia ideale per le sculture di Ievolella. Del 2008 e 2009 sono le grandi fontane per una villa privata di Battaglia Terme e per la piazza di Voltabarozzo. La gestazione dell’imponente opera Ghirbe, presentata nell’estate 2014 nella chiesa dell’Incoronata a Napoli e riproposta a Padova nell’antologica dello stesso anno, ha richiesto un lungo periodo di ideazione e di lavoro ripagati dalla grandiosità plastica e simbolica dell’installazione. L’Università di Padova ha acquisito le Ghirbe e le ha collocate nella Cittadella dello Studente.
Alla Fornace Morandi a Padova dal novembre 2018 al febbraio 2019 ha luogo la mostra “Occhi di luna” a cura di Virginia Baradel e Valerio Dehò.
“Paranza è un rottame di barca che era poca cosa in sé anche quando andava per mare, niente più di un mezzo usato infinite volte. Ma era pane e vita per le famiglie dei pescatori, ed ecco che lo scultore ne fa materia d’arte, ne rigenera la forma. Evocandone la struttura, eleva quel rottame a monumento, carico di memorie, suggestioni e moniti. In Paranza, come in Pesca miracolosa, domina la tensione serrata di curve nello spazio, scheletri di imbarcazioni, materiali restituiti dall’usura - forgiati dall’usura - dovuta al tempo trascorso in mare; reliquia propiziatoria alle divinità marine ma anche tribuna votiva al travaglio dell’uomo, alla strenua destrezza di un mestiere antico fatto di sacrificio e di lotta, filtrato nel ricordo, nella pietas e nella nostalgia.” (V. Baradel).
L’installazione
Spazio Thetis da sempre si contraddistingue per la sua apertura alla sperimentazione
nel campo dell’arte contemporanea e attraverso il suo legame con la laguna di Venezia è particolarmente attento al filo conduttore della sensibilità ambientale che riguarda anche la condizione umana. In questa logica ben si inserisce in questo luogo il lavoro di Antonio Ievolella.
“Paranza” è una barca da pesca costiera, con lo scafo largo, la prua tozza e la poppa ampia; ha un albero a vela latina e un bompresso con un fiocco.
Sottolinea Virginia Baradel: “il movente espressivo deriva da una dimensione antropologica dissotterrata e magnificata nella mutazione formale, nella dilatazione spaziale e comunicativa di un oggetto che appartiene ad archeologie popolari e a umori mediterranei.”
Come spesso succede nelle opere di Ievolella di ferro e rame, la disarticolazione delle parti avviene in modo dilatato nello spazio e acquista un carattere geometrico. In “Paranza” il mulinello acquista un’indipendenza formale a latere, fa da contrappunto alla barca: inserito in una struttura circolare, in buona parte occlusa da lastre di ferro, perviene a una complessità plastica, cromatica e geometrica che bilancia la barca con la sua compattezza e stabilità.
“Paranza possiede una forte indole geometrica nello scheletro della barca, nella sede del mulinello e nell’impennata verticale dei due "alberi", assi geometrici che si fanno simbolicamente fieri vessilli. E' la geometria infatti a propiziare l’equilibrio tra le due forme plastiche affiancate, è un gioco di linee a scandire gli andamenti costruttivi dei tubolari di ferro. Tuttavia, la rigidità astratta della geometria, già sventata dalla percezione arrugginita del ferro, incontra i materiali poveri del relitto, il legno corroso, il rame ossidato, creando una fusione di quei semi poetici che sono ricorrenti nella scultura di Ievolella, dove il tempo remoto e il tempo presente hanno motivo di riconoscersi e di stipulare nuove alleanze poetiche.” (V. Baradel).
Antonio Ievolella nasce a Benevento nel 1952. Dopo gli studi al liceo artistico della sua città frequenta l’Accademia di Belle Arti a Napoli. Nella città partenopea segue da vicino gli appuntamenti della galleria di Lucio Amelio dove ha modo di conoscere i protagonisti delle principali tendenze artistiche internazionali. Nel 1976 si reca a Milano per insegnare al liceo artistico di Milano. È un periodo ricco di esperienze e di grandi amicizie, prima fra tutte quella col conterraneo Mimmo Paladino. Due anni dopo si trasferisce al liceo artistico di Padova, città nella quale stabilisce residenza e studio. È del 1987 la prima personale alla galleria Studio La Città di Verona da cui prende avvio un importante e durevole sodalizio con Hélène de Franchis che porterà le sue opere ad una visibilità internazionale.
Nel 1988 partecipa alla mostra Undici artisti per Villa Domenica, curata da Virginia Baradel. In quello stesso anno Giovanni Carandente invita Ievolella alla XLIII Biennale di Venezia, dove lo scultore presenta Trittico nella sezione Scultori ai Giardini curata da Andrea del Guercio. Quest’ultimo organizza, nello stesso anno, una personale dell’artista beneventano alla galleria Oddi Baglioni a Roma. L’anno seguente partecipa a Materialmente: scultori degli anni Ottanta alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Gli anni Novanta sono un periodo d’intensa attività. Si aprono con la mostra Viaggi - Antonio Ievolella/Hidetoshi Nagaswa allo Studio La Città e si chiudono con l’imponente complesso del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò.
Nel mezzo vi è l’antologica Il Grande Carro a Padova, articolata in sette sculture di grandi dimensioni installate lungo i principali snodi della città. Nell’occasione un elemento di Terre di magia viene donato al Parco Museo d’Arte Contemporanea dei Musei Civici agli Eremitani. Lo stesso anno Edoardo Manzoni lo invita a partecipare all’esposizione Su Logu de s’Iscultura a Tortolì in Sardegna: l’opera Progetto di memoria manifesta un ulteriore sviluppo nei propositi monumentali del lavoro di Ievolella. Questo orientamento trova naturale prosecuzione nel Parco d’Arte Contemporanea della Fondazione Rossini, con cui lo scultore stabilisce un rapporto di partnership continuativo, realizzando nel 2005 la mostra Itinerari nel parco di Monza. Il suggestivo complesso I guardiani della dormiente, grandiosa anticamera al regno dei morti, è inaugurato nel 2004, ma il progetto nasce alla metà degli anni Novanta, grazie al dialogo instaurato con l’architetto Franco Biscossa, responsabile dell’opera architettonica per il rinnovamento del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò.
Nell’estate del 2006 si svolge la personale Materia Forma Luogo, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e curata da Tommaso Ferrillo a Castel dell’Ovo, scenografia ideale per le sculture di Ievolella. Del 2008 e 2009 sono le grandi fontane per una villa privata di Battaglia Terme e per la piazza di Voltabarozzo. La gestazione dell’imponente opera Ghirbe, presentata nell’estate 2014 nella chiesa dell’Incoronata a Napoli e riproposta a Padova nell’antologica dello stesso anno, ha richiesto un lungo periodo di ideazione e di lavoro ripagati dalla grandiosità plastica e simbolica dell’installazione. L’Università di Padova ha acquisito le Ghirbe e le ha collocate nella Cittadella dello Studente.
Alla Fornace Morandi a Padova dal novembre 2018 al febbraio 2019 ha luogo la mostra “Occhi di luna” a cura di Virginia Baradel e Valerio Dehò.
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