Autunno a Palazzo Fortuny
Autunno a Palazzo Fortuny, Venezia
Dal 01 Settembre 2012 al 19 Novembre 2012
Venezia
Luogo: Palazzo Fortuny
Indirizzo: San Marco 3780 – San Beneto
Orari: tutti i giorni 10-18
Curatori: Elio Grazioli, Daniela Ferretti, Andrea Villani,
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 8
Telefono per informazioni: 848082000/ +041 2715921
E-Mail info: info@fmcvenezia.it
Sito ufficiale: http://fortuny.visitmuve.it
Palazzo Fortuny come ogni anno, anche in concomitanza con la stagione autunnale, presenta all’interno dei suoi suggestivi spazi una serie di progetti espositivi di artisti contemporanei che hanno “subito” il fascino della figura di Mariano e del luogo, con la sua ineguagliabile atmosfera, le sue eclettiche creazioni, le collezioni, i tessuti e i dipinti.
Protagonisti di questa edizione sono quattro artisti – Franco Vimercati, Annamaria Zanella, Maurizio Donzelli, Beatrice Helg – diversi tra loro, per provenienza e caratteristiche, ma accomunati da una medesima tensione che li ha spinti, ognuno nel suo specifico campo d’indagine e con un progetto espressamente concepito per l’occasione, a confrontarsi con il genius loci di Fortuny.
Franco Vimercati.
Tutte le cose emergono dal nulla
(piano terra e sale laterali al piano nobile)
Franco Vimercati crede che nella fotografia esista una possibilità che nella pittura o negli altri media artistici non è riscontrabile: precisione ed essenzialità e anche realtà, concretezza, mondo, lavoro. L’oggetto deve parlare da solo ed è la fotografia a farlo parlare, tanto quanto esso fa parlare la fotografia. E’ così che nelle sue opere l’oggetto guadagna il centro della scena ed è rispettato tanto quanto il medium, l’idea, senza sovraccarichi psicologici, né ideologici, né di altro genere.
La mostra a Palazzo Fortuny rappresenta l’occasione per vedere riuniti alcuni dei celebri lavori dell’artista: dalle serie di bottiglie di acqua minerale, al parquet, a una brocca, un bicchiere, una bottiglia, al ciclo della zuppiera, alla sveglia rovesciata, dove l’oggetto è capovolto come lo “vede” la macchina: nei lavori dell’artista protagonista è un unico oggetto che è, però, all'origine di una riflessione profonda sul senso della visione e della percezione e sul significato del gesto fotografico. L’oggetto è sempre lo stesso, ciò che cambia è il modo di riprenderlo, ovvero la fotografia.
Annamaria Zanella.
Oltre l’ornamento
(primo piano nobile)
Annamaria Zanella, artista del gioiello di Padova, dove ha studiato Arte dei Metalli presso il famoso Istituto Statale Pietro Selvatico, espone la sua ultima collezione.
Come Mariano Fortuny, non soddisfatto dai consolidati metodi di stampa e tintoria, fu innovatore, così Annamaria Zanella va oltre le usuali tecniche dell’oreficeria e le sue opere incarnano una poetica sottile.
Autunno a Palazzo Fortuny
Attraverso lo studio e la ricerca sui metalli, Zanella dà vita a un materiale al tatto e alla vista simile alla seta – il materiale di Fortuny – che la attrae per le sue superfici e per le delicate colorazioni. Le sue sono opere sensuali, di una morbidezza che accarezza la pelle. All’artista ci sono voluti anni per sperimentare le possibilità di applicazione sul gioiello di un materiale come il tessuto di acciaio industriale. Il risultato è morbido e lucente, come seta al tatto e agli occhi.
I metalli preziosi, troppo lucidi e brillanti, non sono per lei rappresentativi della vita reale: Zanella da sempre cerca nuove strade per creare gioielli che vanno oltre al valore, attraverso l’uso di materiali poveri quali ferro arrugginito, reti metalliche, vetri rotti, smalto a fuoco graffiato e opaco, agli antipodi rispetto a quello smalto lucido applicato comunemente in gioielleria. I suoi gioielli, paragonabili a sculture, sono esemplari unici, riflesso e riflessione delle sue esperienze e sogni, incarnano le sue emozioni, i suoi rimpianti e i suoi desideri, inserendosi mirabilmente nel sontuoso ambiente del museo.
Maurizio Donzelli.
Metamorfosi
(secondo piano nobile)
La mostra a Palazzo Fortuny consente un approccio esaustivo agli elementi poetici del lavoro di Maurizio Donzelli. Su una prima linea d’indagine troviamo i grandi tappeti in lana e seta, annodati in Nepal, che trasferiscono la tematica del disegno, suo principale nucleo di speculazione estetica, nella dimensione orizzontale e sviluppano il concetto di specchio - inteso come lente di osservazione, alterazione e ridefinizione della percezione - e il problema della relazione tra colore e luce nella dimensione della luminescenza.
Parallelamente, in mostra possiamo ammirare alcuni degli arazzi Jacquard, realizzati nelle Fiandre, appositamente realizzati per questo progetto, che mettono in atto una ricerca epifanica dell'immagine con una grazia stupefacente, un rispetto per i contenuti possibili e una maturità rispetto alla tradizione storica che li sospende nel tempo.
La mostra presenta inoltre per la prima volta sia i Mirrors che gli acquerelli raccolti nei cicli intitolati Disegni del Quasi e Talisman.
Beatrice Helg.
Risonanze
(terzo piano nobile)
Béatrice Helg, fotografa svizzera, da trent’anni concentra la sua ricerca artistica sullo spazio, la materia, la luce, la nozione del tempo e del divenire.
Architetto dell’impalpabile, mette in scena le sue fotografie creando spazi monumentali, universi di una bellezza singolare, dove scultura, pittura, scenografia e soprattutto il contrasto tra luce e oscurità si fondono e compongono visioni di silenziosa meditazione.
Ben lontani dall’essere iperrealisti o narrativi, i lavori dell’artista rappresentano delle forme astratte, dei mondi luminosi.
Più di ogni altra cosa nei suoi lavori la luce è la materia senza la quale l’opera non esiste.
Utilizzando dei materiali grezzi, recuperando lastre di metallo arrugginite o dei moduli di vetro dalla trasparenza incerta, o carta, l’artista costruisce nel suo atelier delle istallazioni dall’equilibrio precario. Queste forme scultoree, geometriche, appaiono nelle sue fotografie in sospensione, fuori dal tempo reale. Esse abitano lo spazio, invece che riposarvi come degli oggetti inerti. Delle sovrapposizioni di piani, degli effetti di trasparenza, delle forme galleggianti, da cui nasce la sensazione di un perpetuo muoversi, di risonanze.
“Risonanze” è la prima esposizione museale dell’artista in Italia e comprende una selezione di venticinque opere fotografiche a colori e un’istallazione creata appositamente per Palazzo Fortuny.
Protagonisti di questa edizione sono quattro artisti – Franco Vimercati, Annamaria Zanella, Maurizio Donzelli, Beatrice Helg – diversi tra loro, per provenienza e caratteristiche, ma accomunati da una medesima tensione che li ha spinti, ognuno nel suo specifico campo d’indagine e con un progetto espressamente concepito per l’occasione, a confrontarsi con il genius loci di Fortuny.
Franco Vimercati.
Tutte le cose emergono dal nulla
(piano terra e sale laterali al piano nobile)
Franco Vimercati crede che nella fotografia esista una possibilità che nella pittura o negli altri media artistici non è riscontrabile: precisione ed essenzialità e anche realtà, concretezza, mondo, lavoro. L’oggetto deve parlare da solo ed è la fotografia a farlo parlare, tanto quanto esso fa parlare la fotografia. E’ così che nelle sue opere l’oggetto guadagna il centro della scena ed è rispettato tanto quanto il medium, l’idea, senza sovraccarichi psicologici, né ideologici, né di altro genere.
La mostra a Palazzo Fortuny rappresenta l’occasione per vedere riuniti alcuni dei celebri lavori dell’artista: dalle serie di bottiglie di acqua minerale, al parquet, a una brocca, un bicchiere, una bottiglia, al ciclo della zuppiera, alla sveglia rovesciata, dove l’oggetto è capovolto come lo “vede” la macchina: nei lavori dell’artista protagonista è un unico oggetto che è, però, all'origine di una riflessione profonda sul senso della visione e della percezione e sul significato del gesto fotografico. L’oggetto è sempre lo stesso, ciò che cambia è il modo di riprenderlo, ovvero la fotografia.
Annamaria Zanella.
Oltre l’ornamento
(primo piano nobile)
Annamaria Zanella, artista del gioiello di Padova, dove ha studiato Arte dei Metalli presso il famoso Istituto Statale Pietro Selvatico, espone la sua ultima collezione.
Come Mariano Fortuny, non soddisfatto dai consolidati metodi di stampa e tintoria, fu innovatore, così Annamaria Zanella va oltre le usuali tecniche dell’oreficeria e le sue opere incarnano una poetica sottile.
Autunno a Palazzo Fortuny
Attraverso lo studio e la ricerca sui metalli, Zanella dà vita a un materiale al tatto e alla vista simile alla seta – il materiale di Fortuny – che la attrae per le sue superfici e per le delicate colorazioni. Le sue sono opere sensuali, di una morbidezza che accarezza la pelle. All’artista ci sono voluti anni per sperimentare le possibilità di applicazione sul gioiello di un materiale come il tessuto di acciaio industriale. Il risultato è morbido e lucente, come seta al tatto e agli occhi.
I metalli preziosi, troppo lucidi e brillanti, non sono per lei rappresentativi della vita reale: Zanella da sempre cerca nuove strade per creare gioielli che vanno oltre al valore, attraverso l’uso di materiali poveri quali ferro arrugginito, reti metalliche, vetri rotti, smalto a fuoco graffiato e opaco, agli antipodi rispetto a quello smalto lucido applicato comunemente in gioielleria. I suoi gioielli, paragonabili a sculture, sono esemplari unici, riflesso e riflessione delle sue esperienze e sogni, incarnano le sue emozioni, i suoi rimpianti e i suoi desideri, inserendosi mirabilmente nel sontuoso ambiente del museo.
Maurizio Donzelli.
Metamorfosi
(secondo piano nobile)
La mostra a Palazzo Fortuny consente un approccio esaustivo agli elementi poetici del lavoro di Maurizio Donzelli. Su una prima linea d’indagine troviamo i grandi tappeti in lana e seta, annodati in Nepal, che trasferiscono la tematica del disegno, suo principale nucleo di speculazione estetica, nella dimensione orizzontale e sviluppano il concetto di specchio - inteso come lente di osservazione, alterazione e ridefinizione della percezione - e il problema della relazione tra colore e luce nella dimensione della luminescenza.
Parallelamente, in mostra possiamo ammirare alcuni degli arazzi Jacquard, realizzati nelle Fiandre, appositamente realizzati per questo progetto, che mettono in atto una ricerca epifanica dell'immagine con una grazia stupefacente, un rispetto per i contenuti possibili e una maturità rispetto alla tradizione storica che li sospende nel tempo.
La mostra presenta inoltre per la prima volta sia i Mirrors che gli acquerelli raccolti nei cicli intitolati Disegni del Quasi e Talisman.
Beatrice Helg.
Risonanze
(terzo piano nobile)
Béatrice Helg, fotografa svizzera, da trent’anni concentra la sua ricerca artistica sullo spazio, la materia, la luce, la nozione del tempo e del divenire.
Architetto dell’impalpabile, mette in scena le sue fotografie creando spazi monumentali, universi di una bellezza singolare, dove scultura, pittura, scenografia e soprattutto il contrasto tra luce e oscurità si fondono e compongono visioni di silenziosa meditazione.
Ben lontani dall’essere iperrealisti o narrativi, i lavori dell’artista rappresentano delle forme astratte, dei mondi luminosi.
Più di ogni altra cosa nei suoi lavori la luce è la materia senza la quale l’opera non esiste.
Utilizzando dei materiali grezzi, recuperando lastre di metallo arrugginite o dei moduli di vetro dalla trasparenza incerta, o carta, l’artista costruisce nel suo atelier delle istallazioni dall’equilibrio precario. Queste forme scultoree, geometriche, appaiono nelle sue fotografie in sospensione, fuori dal tempo reale. Esse abitano lo spazio, invece che riposarvi come degli oggetti inerti. Delle sovrapposizioni di piani, degli effetti di trasparenza, delle forme galleggianti, da cui nasce la sensazione di un perpetuo muoversi, di risonanze.
“Risonanze” è la prima esposizione museale dell’artista in Italia e comprende una selezione di venticinque opere fotografiche a colori e un’istallazione creata appositamente per Palazzo Fortuny.
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