Eleonora Duse mito contemporaneo
Dal 28 Giugno 2024 al 13 Ottobre 2024
Venezia
Luogo: Palazzo Cini
Indirizzo: Campo San Vio - Dorsoduro 864
Orari: Mer - Lun 11 - 19 | Mar chiuso
Curatori: Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini
Telefono per informazioni: +39 041 2411281
Sito ufficiale: http://www.cini.it
Eleonora Duse mito contemporaneo è la mostra che l’Istituto per il Teatro e il Melodramma ha ideato negli spazi di Palazzo Cini a San Vio e che sarà visitabile dal 28 giugno al 13 ottobre 2024. Le stanze del primo piano sono attraversate dalle tracce di una personalità straordinaria: vestiti, oggetti, fotografie e documenti invitano i visitatori a entrare nel mondo di Eleonora Duse.
Il progetto espositivo è curato dall’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini che custodisce il più grande archivio di oggetti e documenti appartenuto all’attrice. La mostra rientra nel fitto programma di iniziative, ricerche ed eventi che l’Istituto sta realizzando in occasione del Centenario dalla scomparsa di Eleonora Duse, ponendosi come fulcro delle celebrazioni coordinate dal Comitato nazionale istituito nel marzo scorso e finanziato dal Ministero della Cultura.
Eleonora Duse è stata un’attrice rivoluzionaria acclamata dai pubblici di tutto il mondo e fonte d’ispirazione per le personalità più importanti e raffinate del teatro e della cultura dell’epoca, da Stanislavskij a Mejerchol’d, da Gordon Craig a Isadora Duncan. Duse, nell’arco della propria carriera, promosse un nuovo modello di artista teatrale: consapevole, indipendente e costantemente alla ricerca di nuove sfide.
«Scriverò di Voi che siete per me la più sublime figura femminile del nostro tempo»: è con queste parole che la scrittrice e poetessa Ada Negri si rivolge a Eleonora Duse in una lettera del 29 giugno 1921, oggi conservata, insieme a molte altre, nell’archivio dell’attrice custodito sull’Isola di San Giorgio Maggiore.
Come Ada Negri, così altri artisti e intellettuali del tempo riconobbero in Duse un punto di riferimento imprescindibile per la cultura e la società europea del primo Novecento. Per Luigi Pirandello l’arte di questa straordinaria attrice era «la quintessenza di una verità pura e vissuta», per Margherita Sarfatti trasformava «le piccole cose esteriori in grandezza di simboli arcani» e per Charlie Chaplin era, semplicemente, «la più grande artista» che avesse mai visto.
«A distanza di cento anni, Eleonora Duse resta un esempio di donna e di artista straordinaria, capace di incidere profondamente nell’evoluzione delle arti performative in Europa e nel mondo - racconta Maria Ida Biggi, docente all’Università di Ca’ Foscari Venezia e direttrice dell’Istituto - È stata primadonna del teatro italiano e capocomica intelligente e raffinata, capace di dirigere una sua compagnia come manager, imprenditrice e direttrice artistica. Lo ha fatto rivendicando un’indipendenza e un’autorevolezza prima di tutto come donna, in un mondo, ieri come oggi, tenuto ben saldo da mani maschili. A cento anni dalla sua scomparsa, è una lezione ancora attuale».
Lo testimonia anche il corpus di oggetti in mostra. A cominciare dagli abiti esposti che non è facile distinguere tra costumi di scena e abiti personali, soprattutto quando la maturità, le letture, i viaggi, la trasformano in una donna raffinata, solo apparentemente semplice.
Sono dieci i modelli di alta sartoria, perfettamente conservati, presenti in mostra, che restituiscono il fascino dell’epoca e il gusto sofisticato del linguaggio sartoriale. Così ci appare il soprabito in velluto nero foderato in raso rosso, realizzato nel 1910 dalla Sartoria Magugliani. E poi due modelli (uno dei quali esposto al pubblico per la prima volta) creati dall’Atelier Jean Philippe Worth negli anni Dieci, una delle prime case di moda attiva tra Londra e Parigi a cavallo tra i due secoli: sono due costumi in crespo di seta, uno color avorio e l’altro nero. Del rapporto tra Worth e Duse ci è rimasta una fitta corrispondenza, in parte conservata tra le carte dell’attrice. Di Paul Poiret, invece, l’artista che agli inizi del XX secolo realizzò la prima forma di pantalone al femminile, è presente uno straordinario soprabito in cotone e taffetà di seta blu-rosso con decori nocciola. E infine sei capi realizzati da Mariano e Henriette Fortuny, tra cui alcuni in taffettà di seta, tutte creazioni realizzate tra il 1909 e il 1920.
Tra gli oggetti, viene esposto per la prima volta l’orologio Cartier d’oro, che ha incise le due D intrecciate, che si possono interpretare come le iniziali Duse e D’Annunzio, e poi timbri, sigilli e i suoi passaporti.
Tra le fotografie in mostra, infine, alcune sono diventate gli emblemi dell’immagine pubblica dell’attrice. Lo scatto scelto come foto-simbolo per la mostra, ad esempio, è di Joseph Byron (1847 - 1923), il fotografo che tra i primi ha sperimentato l’uso del flash in scena. Scattata attorno al 1900, coglie Eleonora Duse nella parte della protagonista femminile de La Gioconda di Gabriele D’Annunzio.
Edward Steichen (1979 - 1973), riconosciuto come uno dei fondatori della fotografia di moda, photo-editor per Condé Nast, ritrae Eleonora Duse nel suo studio newyorkese nel 1903: l’attrice ha appena terminato la grande tournée negli Usa ed è all’apice della carriera. La si vede avvolta in una stola di ermellino che ricorda il costume di scena di Francesca da Rimini.
Vent’anni dopo, Duse contatta Arnold Genthe (1869 - 1942), ritrattista di celebri personaggi americani. L’attrice è impegnata nella sua ultima tournée negli Stati Uniti. È lei che lo cerca, racconterà Genthe nella sua autobiografia, «quasi a testimoniare una ‘consapevolezza fotografica’ da parte della Duse che, anziché vivere passivamente le sedute come una pura incombenza da attrice, nella nascente civiltà dell’immagine, sceglie personalmente il proprio ritrattista», sottolinea Marianna Zannoni, coordinatrice scientifica dell’Istituto.
Questo viaggio nella personalità autorevole, affascinante e audace di Eleonora Duse, risalta ancora di più a Palazzo Cini, tra le stanze impreziosite delle collezioni d’arte che un’altra donna, Yana Cini Alliata di Montereale, figlia di Vittorio Cini, ha donato alla Fondazione nel 1981. Accade per di più mentre è in corso al secondo piano la mostra di Martha Jungwirth (aperta il 16 aprile scorso), matriarca delle pittrici mitteleuropee, voce pittorica di grande forza e personalità. La casa-museo sembra così vibrare tra le voci di queste donne straordinarie, di tre generazioni diverse, che fino al 13 ottobre vivranno assieme creando un dialogo e un’atmosfera assolutamente inedita.
«La Fondazione Giorgio Cini dimostra ancora una volta una capacità, unica nel suo genere, di attraversare e intrecciare linguaggi, storie e ricerche - afferma Renata Codello, Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini - La mostra su Eleonora Duse e il protagonismo dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma a livello nazionale rappresentano un’ulteriore occasione per Palazzo Cini di viversi come un attore importante nella scena culturale del Paese».
La mostra rientra nella programmazione delle attività della Fondazione Giorgio Cini Onlus svolte in collaborazione e sostenute dalla Regione del Veneto nell’ambito della L.R.n.24 del 3 agosto 2021.
Fortuny, storica manifattura tessile a Venezia, è sponsor della mostra Eleonora Duse mito contemporaneo a Palazzo Cini.
Il progetto espositivo è curato dall’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini che custodisce il più grande archivio di oggetti e documenti appartenuto all’attrice. La mostra rientra nel fitto programma di iniziative, ricerche ed eventi che l’Istituto sta realizzando in occasione del Centenario dalla scomparsa di Eleonora Duse, ponendosi come fulcro delle celebrazioni coordinate dal Comitato nazionale istituito nel marzo scorso e finanziato dal Ministero della Cultura.
Eleonora Duse è stata un’attrice rivoluzionaria acclamata dai pubblici di tutto il mondo e fonte d’ispirazione per le personalità più importanti e raffinate del teatro e della cultura dell’epoca, da Stanislavskij a Mejerchol’d, da Gordon Craig a Isadora Duncan. Duse, nell’arco della propria carriera, promosse un nuovo modello di artista teatrale: consapevole, indipendente e costantemente alla ricerca di nuove sfide.
«Scriverò di Voi che siete per me la più sublime figura femminile del nostro tempo»: è con queste parole che la scrittrice e poetessa Ada Negri si rivolge a Eleonora Duse in una lettera del 29 giugno 1921, oggi conservata, insieme a molte altre, nell’archivio dell’attrice custodito sull’Isola di San Giorgio Maggiore.
Come Ada Negri, così altri artisti e intellettuali del tempo riconobbero in Duse un punto di riferimento imprescindibile per la cultura e la società europea del primo Novecento. Per Luigi Pirandello l’arte di questa straordinaria attrice era «la quintessenza di una verità pura e vissuta», per Margherita Sarfatti trasformava «le piccole cose esteriori in grandezza di simboli arcani» e per Charlie Chaplin era, semplicemente, «la più grande artista» che avesse mai visto.
«A distanza di cento anni, Eleonora Duse resta un esempio di donna e di artista straordinaria, capace di incidere profondamente nell’evoluzione delle arti performative in Europa e nel mondo - racconta Maria Ida Biggi, docente all’Università di Ca’ Foscari Venezia e direttrice dell’Istituto - È stata primadonna del teatro italiano e capocomica intelligente e raffinata, capace di dirigere una sua compagnia come manager, imprenditrice e direttrice artistica. Lo ha fatto rivendicando un’indipendenza e un’autorevolezza prima di tutto come donna, in un mondo, ieri come oggi, tenuto ben saldo da mani maschili. A cento anni dalla sua scomparsa, è una lezione ancora attuale».
Lo testimonia anche il corpus di oggetti in mostra. A cominciare dagli abiti esposti che non è facile distinguere tra costumi di scena e abiti personali, soprattutto quando la maturità, le letture, i viaggi, la trasformano in una donna raffinata, solo apparentemente semplice.
Sono dieci i modelli di alta sartoria, perfettamente conservati, presenti in mostra, che restituiscono il fascino dell’epoca e il gusto sofisticato del linguaggio sartoriale. Così ci appare il soprabito in velluto nero foderato in raso rosso, realizzato nel 1910 dalla Sartoria Magugliani. E poi due modelli (uno dei quali esposto al pubblico per la prima volta) creati dall’Atelier Jean Philippe Worth negli anni Dieci, una delle prime case di moda attiva tra Londra e Parigi a cavallo tra i due secoli: sono due costumi in crespo di seta, uno color avorio e l’altro nero. Del rapporto tra Worth e Duse ci è rimasta una fitta corrispondenza, in parte conservata tra le carte dell’attrice. Di Paul Poiret, invece, l’artista che agli inizi del XX secolo realizzò la prima forma di pantalone al femminile, è presente uno straordinario soprabito in cotone e taffetà di seta blu-rosso con decori nocciola. E infine sei capi realizzati da Mariano e Henriette Fortuny, tra cui alcuni in taffettà di seta, tutte creazioni realizzate tra il 1909 e il 1920.
Tra gli oggetti, viene esposto per la prima volta l’orologio Cartier d’oro, che ha incise le due D intrecciate, che si possono interpretare come le iniziali Duse e D’Annunzio, e poi timbri, sigilli e i suoi passaporti.
Tra le fotografie in mostra, infine, alcune sono diventate gli emblemi dell’immagine pubblica dell’attrice. Lo scatto scelto come foto-simbolo per la mostra, ad esempio, è di Joseph Byron (1847 - 1923), il fotografo che tra i primi ha sperimentato l’uso del flash in scena. Scattata attorno al 1900, coglie Eleonora Duse nella parte della protagonista femminile de La Gioconda di Gabriele D’Annunzio.
Edward Steichen (1979 - 1973), riconosciuto come uno dei fondatori della fotografia di moda, photo-editor per Condé Nast, ritrae Eleonora Duse nel suo studio newyorkese nel 1903: l’attrice ha appena terminato la grande tournée negli Usa ed è all’apice della carriera. La si vede avvolta in una stola di ermellino che ricorda il costume di scena di Francesca da Rimini.
Vent’anni dopo, Duse contatta Arnold Genthe (1869 - 1942), ritrattista di celebri personaggi americani. L’attrice è impegnata nella sua ultima tournée negli Stati Uniti. È lei che lo cerca, racconterà Genthe nella sua autobiografia, «quasi a testimoniare una ‘consapevolezza fotografica’ da parte della Duse che, anziché vivere passivamente le sedute come una pura incombenza da attrice, nella nascente civiltà dell’immagine, sceglie personalmente il proprio ritrattista», sottolinea Marianna Zannoni, coordinatrice scientifica dell’Istituto.
Questo viaggio nella personalità autorevole, affascinante e audace di Eleonora Duse, risalta ancora di più a Palazzo Cini, tra le stanze impreziosite delle collezioni d’arte che un’altra donna, Yana Cini Alliata di Montereale, figlia di Vittorio Cini, ha donato alla Fondazione nel 1981. Accade per di più mentre è in corso al secondo piano la mostra di Martha Jungwirth (aperta il 16 aprile scorso), matriarca delle pittrici mitteleuropee, voce pittorica di grande forza e personalità. La casa-museo sembra così vibrare tra le voci di queste donne straordinarie, di tre generazioni diverse, che fino al 13 ottobre vivranno assieme creando un dialogo e un’atmosfera assolutamente inedita.
«La Fondazione Giorgio Cini dimostra ancora una volta una capacità, unica nel suo genere, di attraversare e intrecciare linguaggi, storie e ricerche - afferma Renata Codello, Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini - La mostra su Eleonora Duse e il protagonismo dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma a livello nazionale rappresentano un’ulteriore occasione per Palazzo Cini di viversi come un attore importante nella scena culturale del Paese».
La mostra rientra nella programmazione delle attività della Fondazione Giorgio Cini Onlus svolte in collaborazione e sostenute dalla Regione del Veneto nell’ambito della L.R.n.24 del 3 agosto 2021.
Fortuny, storica manifattura tessile a Venezia, è sponsor della mostra Eleonora Duse mito contemporaneo a Palazzo Cini.
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