Koinè 2016
Dal 18 Giugno 2016 al 02 Luglio 2016
Venezia
Luogo: Galleria ItinerArte
Indirizzo: Rio Terà della Carità - Dorsoduro 1046
Orari: 15-19
Curatori: Virgilio Patarini
Enti promotori:
- Zamenhof Art
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Sito ufficiale: http://www.zamenhofart.it/mostra-koin%C3%A8-2016/
Si inaugura sabato 18 giugno 2016 alle ore 18,00 alla Galleria ItinerArte di Venezia, Rio Terà della Carità - Dorsoduro 1046, in concomitanza con "Art Night Venezia", la mostra collettiva di pittura e scultura intitolata “Koinè 2016 –Per un linguaggio comune dell’arte contemporanea”, curata da Virgilio Patarini e organizzata da Zamenhof Art.
In esposizione nella giovane galleria veneziana, fondata nel 2014 per iniziativa di Maria Novella dei Carraresi, una ventina di lavori di tecniche e stili differenti, tra figurazione e astrazione, di artisti provenienti da tutta Italia, di caratura nazionale, selezionati per il fatto di essere al tempo stesso classici e contemporanei. Catalogo Zamenhof Art.
La mostra intitolata “Koinè” costituisce un appuntamento fisso ormai da molti anni per Zamenhof Art, associazione culturale che fin dalla sua nascita (vent’anni orsono) si occupa della selezione e della promozione di artisti emergenti.
Dal 2009, anno della prima esposizione con questo titolo, la mostra “Koinè” è l’occasione per fare il punto della situazione, sia sugli artisti selezionati per la stagione (o su una parte di essi), sia più in generale sullo “stato dell’arte”, presentando una carrellata di opere di autori e stili diversi, affinché dall’accostamento dell’una all’altra opera il fruitore possa intravvedere -coi propri occhi e con la propria capacità di discernimento- punti di contatto e similitudini, nell’intento di delineare una serie di minimi comuni denominatori da ipotizzare come base per un “linguaggio comune dell’arte contemporanea”.
E così anche quest’anno le opere sono accostate le une alle altre e come per magia, “senza soluzione di continuità”, si passerà dal figurativo all’informale, all’astratto geometrico.
In questi ultimi anni il progetto “Koinè” con le relative mostre è stato accolto con successo di critica e di pubblico in molte città italiane, da Milano a Roma, da Piacenza a Venezia (a Palazzo Zenobio nel 2012). Di pochi mesi fa (nel febbraio 2016) Il grande afflusso di pubblico in occasione dell’esposizione a Napoli a Castel dell’Ovo.
In mostra in questa occasione quadri e sculture di Salvatore Alessi, Walter Bernardi, Alberto Besson, Sergio Boldrin, Simona Ciaramicoli, Mario D’Amico, Raffaele De Francesco, Maria Grazia Ferraris, Luisa Ghezzi, Maria Franca Grisolia, Maristella Laricchia, Giulia Martino, Franco Maruotti, Giuseppe Piacenza, Sergiu Popescu, Michele Recluta, Maria Luisa Ritorno, Gabriella Santuari, Elena Schellino, Ivo Stazio, Paolo Viola.
La mostra proseguirà fino a sabato 2 luglio e sarà visitabile ad ingresso libero tutti i giorni dalle 15 alle 19. Chiuso il lunedì.
Nota critica introduttiva
I
Il tempo delle Avanguardie è finito. Si è aperto con l’Impressionismo e si è chiuso con la Transavanguardia. Per oltre un secolo ogni nuova generazione di artisti ha cercato di smarcarsi dalla generazione precedente proponendo una nuova, differente idea di arte contemporanea. Ora tutto questo sembra non funzionare più. Il meccanismo pare inceppato. A partire dal discorso generazionale.
Da molti anni l'articolato progetto espositivo ed editoriale perpetrato sotto l’egida di “Zamenhof Art” cerca di mettere in luce proprio ciò, presentando, di volta in volta, in contesti diversi e con diversi abbinamenti e articolazioni, una nuova ‘generazione’ di artisti che anziché inseguire il nuovo a tutti i costi, rinnegando il lascito delle generazioni precedenti, cerca piuttosto di definire un linguaggio comune per l’arte contemporanea, una sorta di “koinè”, facendo tesoro delle ‘invenzioni’ delle Avanguardie, attraverso un paziente, complesso, raffinato processo di sintesi e contaminazioni.
E una prova lampante che un certo ‘meccanismo’ sia saltato balena agli occhi di tutti se si sofferma l’attenzione, senza pregiudizi, su di un fatto concreto, tangibile, facilmente riscontrabile: da molti anni ormai si è annullato un qualsiasi significativo ‘scarto generazionale’. Non a caso nel selezionare opere e artisti per questo progetto che in definitiva mira a definire al meglio che cosa si intenda per ‘Post-Avanguardia’ si è dovuto sempre necessariamente prescindere da vincoli generazionali.
Per la prima volta, da oltre un secolo a questa parte, artisti di tre generazioni differenti stanno uno accanto all’altro e parlano (più o meno) la stessa lingua. E ad ascoltarla con attenzione ci suona come una lingua nuova e antica allo stesso tempo: inaudita eppure riconoscibile. Originale ma decifrabile.
II
In anni di sempre più rutilante trasformazione, sotto tutti i profili, l’arte più che mai si deve interrogare su se stessa: sul proprio ruolo, sulla propria funzione, ma anche e soprattutto sul proprio linguaggio. Poiché è proprio attraverso le sue forme, la sua estetica, la sua sintassi, i suoi stili e stilemi, che l’arte può entrare, più o meno, in rapporto con la realtà circostante, con la storia, con la vita degli uomini che la fanno e che ne fruiscono. Un rapporto che può (e forse deve) essere ambivalente: un viaggio di andata e ritorno.
L’arte deve subire l’influenza della realtà e del suo divenire, ma deve anche, al tempo stesso, influenzarla e influenzarne, in qualche modo, le trasformazioni. O almeno deve provarci. Non solo lavorando sulle idee, e dunque sulla percezione, sull’interpretazione della realtà, ma anche sulla sua progettazione.
Ma perché questo possa accadere occorre che l’arte contemporanea diventi strumento più forte e più duttile al tempo stesso, da una parte recuperando e rinsaldando le proprie radici e dall’altra aprendosi alla molteplicità delle sue (quasi) infinite possibilità espressive ed altrettanto (quasi) infinite concezioni estetiche attuali. Solo così l’arte può entrare efficacemente in rapporto dialettico con una realtà così articolata, stratificata, sfaccettata e complessa come quella contemporanea.
Nel corso degli ultimi 150 anni il succedersi delle scoperte scientifiche e tecnologiche ha impresso alla storia dei mutamenti vertiginosamente rapidi e radicali. Allo stesso modo negli ultimi 150 anni il succedersi delle invenzioni e delle trasformazioni sul versante artistico, col succedersi inesorabile e travolgente delle Avanguardie, è stato altrettanto vertiginoso. Ed è ovvio che tra le due cose ci sia un rapporto più o meno diretto di causa-effetto, o per lo meno di osmosi o di contagio.
Ora il mondo in cui oggi viviamo è l’inquieto, stratificato, caotico e contraddittorio risultato di tutte queste trasformazioni. E l’arte che può entrare in rapporto con questo mondo non può che essere un’arte capace di raccogliere e sintetizzare l’inquieta, stratificata, caotica e contraddittoria eredità delle Avanguardie e degli ultimi 150 anni di arte contemporanea. E forse anche oltre, poiché in effetti negli ultimi 150 anni, tra un’Avanguardia e l’altra non sono mancati momenti di “Ritorno all’ordine” in cui si è guardato indietro con occhi nuovi alla tradizione pittorica più antica. E anche questi momenti fanno parte del retaggio della Contemporaneità e hanno contribuito a forgiarne le forme.
E questa è la linea che abbiamo seguito in questi ultimi anni nel selezionare opere ed artisti: opere ed artisti che fossero in grado non solo di recuperare e reinventare il retaggio delle grandi Avanguardie storiche, ma anche e soprattutto di sintetizzare e contaminare stili e linguaggi, trovando punti di contatto inediti e suggestivi.
In esposizione nella giovane galleria veneziana, fondata nel 2014 per iniziativa di Maria Novella dei Carraresi, una ventina di lavori di tecniche e stili differenti, tra figurazione e astrazione, di artisti provenienti da tutta Italia, di caratura nazionale, selezionati per il fatto di essere al tempo stesso classici e contemporanei. Catalogo Zamenhof Art.
La mostra intitolata “Koinè” costituisce un appuntamento fisso ormai da molti anni per Zamenhof Art, associazione culturale che fin dalla sua nascita (vent’anni orsono) si occupa della selezione e della promozione di artisti emergenti.
Dal 2009, anno della prima esposizione con questo titolo, la mostra “Koinè” è l’occasione per fare il punto della situazione, sia sugli artisti selezionati per la stagione (o su una parte di essi), sia più in generale sullo “stato dell’arte”, presentando una carrellata di opere di autori e stili diversi, affinché dall’accostamento dell’una all’altra opera il fruitore possa intravvedere -coi propri occhi e con la propria capacità di discernimento- punti di contatto e similitudini, nell’intento di delineare una serie di minimi comuni denominatori da ipotizzare come base per un “linguaggio comune dell’arte contemporanea”.
E così anche quest’anno le opere sono accostate le une alle altre e come per magia, “senza soluzione di continuità”, si passerà dal figurativo all’informale, all’astratto geometrico.
In questi ultimi anni il progetto “Koinè” con le relative mostre è stato accolto con successo di critica e di pubblico in molte città italiane, da Milano a Roma, da Piacenza a Venezia (a Palazzo Zenobio nel 2012). Di pochi mesi fa (nel febbraio 2016) Il grande afflusso di pubblico in occasione dell’esposizione a Napoli a Castel dell’Ovo.
In mostra in questa occasione quadri e sculture di Salvatore Alessi, Walter Bernardi, Alberto Besson, Sergio Boldrin, Simona Ciaramicoli, Mario D’Amico, Raffaele De Francesco, Maria Grazia Ferraris, Luisa Ghezzi, Maria Franca Grisolia, Maristella Laricchia, Giulia Martino, Franco Maruotti, Giuseppe Piacenza, Sergiu Popescu, Michele Recluta, Maria Luisa Ritorno, Gabriella Santuari, Elena Schellino, Ivo Stazio, Paolo Viola.
La mostra proseguirà fino a sabato 2 luglio e sarà visitabile ad ingresso libero tutti i giorni dalle 15 alle 19. Chiuso il lunedì.
Nota critica introduttiva
I
Il tempo delle Avanguardie è finito. Si è aperto con l’Impressionismo e si è chiuso con la Transavanguardia. Per oltre un secolo ogni nuova generazione di artisti ha cercato di smarcarsi dalla generazione precedente proponendo una nuova, differente idea di arte contemporanea. Ora tutto questo sembra non funzionare più. Il meccanismo pare inceppato. A partire dal discorso generazionale.
Da molti anni l'articolato progetto espositivo ed editoriale perpetrato sotto l’egida di “Zamenhof Art” cerca di mettere in luce proprio ciò, presentando, di volta in volta, in contesti diversi e con diversi abbinamenti e articolazioni, una nuova ‘generazione’ di artisti che anziché inseguire il nuovo a tutti i costi, rinnegando il lascito delle generazioni precedenti, cerca piuttosto di definire un linguaggio comune per l’arte contemporanea, una sorta di “koinè”, facendo tesoro delle ‘invenzioni’ delle Avanguardie, attraverso un paziente, complesso, raffinato processo di sintesi e contaminazioni.
E una prova lampante che un certo ‘meccanismo’ sia saltato balena agli occhi di tutti se si sofferma l’attenzione, senza pregiudizi, su di un fatto concreto, tangibile, facilmente riscontrabile: da molti anni ormai si è annullato un qualsiasi significativo ‘scarto generazionale’. Non a caso nel selezionare opere e artisti per questo progetto che in definitiva mira a definire al meglio che cosa si intenda per ‘Post-Avanguardia’ si è dovuto sempre necessariamente prescindere da vincoli generazionali.
Per la prima volta, da oltre un secolo a questa parte, artisti di tre generazioni differenti stanno uno accanto all’altro e parlano (più o meno) la stessa lingua. E ad ascoltarla con attenzione ci suona come una lingua nuova e antica allo stesso tempo: inaudita eppure riconoscibile. Originale ma decifrabile.
II
In anni di sempre più rutilante trasformazione, sotto tutti i profili, l’arte più che mai si deve interrogare su se stessa: sul proprio ruolo, sulla propria funzione, ma anche e soprattutto sul proprio linguaggio. Poiché è proprio attraverso le sue forme, la sua estetica, la sua sintassi, i suoi stili e stilemi, che l’arte può entrare, più o meno, in rapporto con la realtà circostante, con la storia, con la vita degli uomini che la fanno e che ne fruiscono. Un rapporto che può (e forse deve) essere ambivalente: un viaggio di andata e ritorno.
L’arte deve subire l’influenza della realtà e del suo divenire, ma deve anche, al tempo stesso, influenzarla e influenzarne, in qualche modo, le trasformazioni. O almeno deve provarci. Non solo lavorando sulle idee, e dunque sulla percezione, sull’interpretazione della realtà, ma anche sulla sua progettazione.
Ma perché questo possa accadere occorre che l’arte contemporanea diventi strumento più forte e più duttile al tempo stesso, da una parte recuperando e rinsaldando le proprie radici e dall’altra aprendosi alla molteplicità delle sue (quasi) infinite possibilità espressive ed altrettanto (quasi) infinite concezioni estetiche attuali. Solo così l’arte può entrare efficacemente in rapporto dialettico con una realtà così articolata, stratificata, sfaccettata e complessa come quella contemporanea.
Nel corso degli ultimi 150 anni il succedersi delle scoperte scientifiche e tecnologiche ha impresso alla storia dei mutamenti vertiginosamente rapidi e radicali. Allo stesso modo negli ultimi 150 anni il succedersi delle invenzioni e delle trasformazioni sul versante artistico, col succedersi inesorabile e travolgente delle Avanguardie, è stato altrettanto vertiginoso. Ed è ovvio che tra le due cose ci sia un rapporto più o meno diretto di causa-effetto, o per lo meno di osmosi o di contagio.
Ora il mondo in cui oggi viviamo è l’inquieto, stratificato, caotico e contraddittorio risultato di tutte queste trasformazioni. E l’arte che può entrare in rapporto con questo mondo non può che essere un’arte capace di raccogliere e sintetizzare l’inquieta, stratificata, caotica e contraddittoria eredità delle Avanguardie e degli ultimi 150 anni di arte contemporanea. E forse anche oltre, poiché in effetti negli ultimi 150 anni, tra un’Avanguardia e l’altra non sono mancati momenti di “Ritorno all’ordine” in cui si è guardato indietro con occhi nuovi alla tradizione pittorica più antica. E anche questi momenti fanno parte del retaggio della Contemporaneità e hanno contribuito a forgiarne le forme.
E questa è la linea che abbiamo seguito in questi ultimi anni nel selezionare opere ed artisti: opere ed artisti che fossero in grado non solo di recuperare e reinventare il retaggio delle grandi Avanguardie storiche, ma anche e soprattutto di sintetizzare e contaminare stili e linguaggi, trovando punti di contatto inediti e suggestivi.
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Lisetta Carmi. Molto vicino, incredibilmente lontano