Pareidolia. I see faces everywhere
Dal 10 Febbraio 2023 al 19 Marzo 2023
Venezia
Luogo: Spazio Punch
Indirizzo: Giudecca 800/o
Orari: Mer - Dom 12 - 18 | Lun - Mar chiuso
Curatori: Zaven
Costo del biglietto: Ingresso libero
E-Mail info: info@spaziopunch.com
Sito ufficiale: http://spaziopunch.com
Vedi anche tu quello che vedo io? Sette artisti e designer internazionali presentano opere che esplorano il potere allegorico della maschera, un oggetto artistico-rituale che forgia identità e corpo umano in un alter ego. Pareidolia. I see faces everywhere, è concepita da Zaven.
Un fenomeno comunemente sperimentato in cui la nostra conoscenza preesistente del mondo si fonde con le nostre illusioni e il subconscio, la pareidolia è stata per lungo tempo considerata un sintomo di psicosi. Si tratta, infatti, di un processo conoscitivo universale che sottende il bisogno rassicurante dell'uomo di riconoscere e quindi familiarizzare con l'ignoto. Ci sono innumerevoli esempi di volti e altri oggetti visti nelle nuvole, nella luna e nelle gradazioni di colore del cielo. Resta un fatto: quello che pensiamo di vedere esiste davvero? È mai esistito o l'abbiamo mai visto?
Pareidolia riunisce sette artisti e designer internazionali, le cui opere selezionate esplorano i temi dell'artificio, della fantasia, dell'astrazione, dell'identità, dell'autorappresentazione, della spiritualità, della sovversione e anche del subconscio. Lo fa attraverso un incontro illusorio con una serie di maschere dalle forme diverse, travestite da specchi, bandiere, sculture, vasi, tappeti e ritratti fotografici di anonimi personaggi sciamanici che dirigono misteriosi riti ancestrali.
Dai rituali pagani alle azioni politiche, la maschera è stata utilizzata come strumento per sperientare forme alternative di espressione del sé e veicolo per entrare in un corpo e uno stato d'animo diversi dal nostro. Tra i manufatti storici più antichi che l'essere umano ha inventato, modellato e disegnato, la maschera ha una lunga storia culturale, profondamente caratterizzata dalla ricerca dell'individualità ontologica (immateriale). Quando indossiamo una maschera, chi o cosa è il vero soggetto di quell'esperienza? In che modo il conscio improvvisamente lascia spazio all'inconscio?
In Pareidolia le opere d'arte diventano oggetti metafisici, sono personaggi che emergono da una realtà che sta al di fuori della nostra percezione materiale del mondo circostante. Sono simboli di protesta nascosti dietro motivi geografici colorati; corde modellate in figure eccentriche ma ironiche del sé e delle sue intuizioni; creature ceramiche dove la qualità esperienziale dei pensieri e dei sentimenti dell'artista si condensa nell'assenza di una forma riconoscibile; superfici specchianti in cui o ci perdiamo o ci ritroviamo; arazzi e vasi che aprono la porta all'opportunità di reinventare la storia culturale dell'umanità. Nelle diverse articolazioni di una ricerca collettiva di un altro immaginabile “io”, tutte le opere in mostra forniscono alcune possibilità teoriche di una realtà che supera i limiti della nostra mente. Anche quando escludiamo tutto il resto, non è vero - ironico ma stranamente appagante - che ci rimane comunque il desiderio di qualche esperienza dell’inconscio?
Artisti in mostra
Giovanni De Francesco
Fotografia inserita in un progetto, ancora inedito, di maschere in cotone e resina in cui le pieghe del tessuto disegnano l’espressione di volti fantasmatici. L’effetto “maglietta bagnata” sottolinea la sensualità del corpo e come nel celebre Cristo velato dimostra, svela, come il celare può essere un modo di sottolineare e portare in evidenza il soggetto. La serie Fe.Fe.Ly.C.Pa.Mi.Qu.Fa è composta da otto bassorilievi in gesso e resina costituiti a partire dai resti di altre sculture. Queste parti si fondono a colature dello stesso materiale e si completano con l’innesto di calchi e frammenti artificiali del volto umano, suggerendo così la visione di un viso disciolto. Come in un cartoon questa disgregazione drammatica appare ironica nella sua trasposizione irreale, amplificata dalle tinte rosa che spesso ricorrono nella produzione dell’artista. Ognuna di queste "maschere" è identificata col il titolo di un film (le iniziali dei registi ne compongono il nome della serie riprendendo il noto film ad episodi Ro.Go.Pa.G.) a svelare come materia e memoria, il visibile e l’invisibile, si confondano nella costruzione di una identità.
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Lucia Massari
Una serie di specchi ispirati ad Arcimboldo composti da volute, rosette, fiori e foglie - alcuni degli elementi più tipici della lavorazione artigianale degli specchi veneziani - al posto di barba, occhi, naso e capelli. La maschera e lo specchio sono entrambi tipici prodotti artistici veneziani: l'unione dei due crea una nuova maschera che mantiene i dettagli decorativi tipici dell'antico specchio veneziano, sdrammatizzando ogni serietà con ironia e leggerezza.
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Bertjan Pot
"Dopo aver realizzato per anni maschere con corde e filati sintetici, ho pensato che fosse giunto il momento di provare altri materiali organici. L'erba sembrava un materiale ovvio, perché potevo raccoglierla da solo. Mi piace molto un buon cestino arrotolato a mano, fatto con precisione, ma quando devo farlo da solo so che divento molto impaziente se il processo è troppo lento e ripetitivo. Quindi mi sono permesso di essere molto approssimativo e veloce, il che ha portato a questi personaggi. Ce ne sono ancora solo pochi, perché sono limitato dalla stagione del raccolto (inverno) e richiedono anche molto più tempo per essere realizzati rispetto ai loro cugini in corda sintetica."
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Jaime Hayon
Il lavoro di Jaime Hayon, ruota attorno a un immaginario personale, dove palcoscenici di personaggi, piccoli o grandi, definiscono e disegnano oggetti, dipinti, installazioni e ambienti. Il rapporto di Hayon con materiali specifici, la sua teoria del colore, la tecnica del disegno, l'etnografia la curiosità nello studio dei contesti culturali e produttivi tutti mostrano la vicinanza tra la sua arte e la contemporaneità, dibattito su appropriazione culturale e inclusività. La sua curiosità si fa strada per assimilare arti, mestieri e tecniche provenienti da diversi background e paesi che impongono un continuo sviluppo estetico.
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Damien Poulain
"Nella speranza di riconoscermi in tutto ciò che mi circonda, vedo volti che mi accompagnano con gentilezza durante i miei viaggi. Questi volti che appaiono nel profilo di una montagna, in un angolo di un elemento architettonico, in un cancello di ferro, sono elementi personificati che mi fanno apprezzare il mondo con una certa forma di umorismo e delicatezza, è in qualche modo confortante. Dietro ogni oggetto o costruzione si nasconde un uomo o una donna, un essere sensibile che moltiplico nelle mie creazioni. Sono me stesso in tutto ciò che vedo e porto anche parte di qualcun altro. Da soli e insieme."
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Caroline Achaintre
Ispirato allo stesso tempo dai carnevali europei, dal primitivismo, dall'espressionismo tedesco e dalla fantascienza, il lavoro di Caroline Achaintre da un lato evoca la possibile coesistenza di più personaggi all'interno di uno stesso essere e le tensioni generate dalla dualità. Non viene data alcuna indicazione precisa su come affrontare l'opera di Achaintre. Vediamo a turno una maschera, un indumento, un animale… Le sue opere hanno la particolarità di essere difficilmente definibili. Allo stesso tempo astratti e figurativi, rivelano forme antropomorfe e indicano un particolare interesse per l'animismo. La mutazione delle forme e la pluralità delle possibili interpretazioni coinvolgono la mente e il capriccio dello spettatore. Questa è la forza del lavoro di Caroline Achaintre: mettere in discussione la nostra stessa capacità di essere nel mondo come individui definiti da identità complesse e multiple.
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Michela Benaglia
Selvaggi, Folli e Orsi sono personaggi che affondano le proprie origini nell’antichità, rappresentati da maschere antropologiche di cui è impossibile risalire a una datazione certa. Anche se con forme e modalità sempre diverse, ricorrono nei riti tradizionali di tutto il mondo, tanto che li ritroviamo in Paesi che non hanno avuto alcun contatto tra di loro. Ad oggi gli antropologi non hanno una spiegazione univoca di questo fenomeno, se non che la Maschera è il ponte tra Uomo e Natura-Divino e che gli istinti più profondi del genere umano sono da sempre immutati. Chi indossa la maschera si nasconde dietro di essa e nessuno può conoscere la sua vera identità. Indossarla è insieme grande responsabilità e atto liberatorio. L’uomo mascherato diventa altro da sé, subisce una metamorfosi nella Bestia, si avvicina all’Ultraterreno. Ho iniziato la ricerca fotografica partendo dalla paura che il mondo occidentale nutre per il volto coperto. Ho trovato in Italia un’incredibile ricchezza di Selvaggi, Folli e Orsi che vivono in cerimonie ancestrali, riti pagani che talvolta si sono trasformati in cristiani. Vivono in piccoli villaggi sperduti, per lo più in zone montuose e difficilmente accessibili, dove gli abitanti li rappresentano una volta l’anno in riti folkloristici o religiosi, cercando di preservare le tradizioni e di trasmetterle alle nuove generazioni.
Un fenomeno comunemente sperimentato in cui la nostra conoscenza preesistente del mondo si fonde con le nostre illusioni e il subconscio, la pareidolia è stata per lungo tempo considerata un sintomo di psicosi. Si tratta, infatti, di un processo conoscitivo universale che sottende il bisogno rassicurante dell'uomo di riconoscere e quindi familiarizzare con l'ignoto. Ci sono innumerevoli esempi di volti e altri oggetti visti nelle nuvole, nella luna e nelle gradazioni di colore del cielo. Resta un fatto: quello che pensiamo di vedere esiste davvero? È mai esistito o l'abbiamo mai visto?
Pareidolia riunisce sette artisti e designer internazionali, le cui opere selezionate esplorano i temi dell'artificio, della fantasia, dell'astrazione, dell'identità, dell'autorappresentazione, della spiritualità, della sovversione e anche del subconscio. Lo fa attraverso un incontro illusorio con una serie di maschere dalle forme diverse, travestite da specchi, bandiere, sculture, vasi, tappeti e ritratti fotografici di anonimi personaggi sciamanici che dirigono misteriosi riti ancestrali.
Dai rituali pagani alle azioni politiche, la maschera è stata utilizzata come strumento per sperientare forme alternative di espressione del sé e veicolo per entrare in un corpo e uno stato d'animo diversi dal nostro. Tra i manufatti storici più antichi che l'essere umano ha inventato, modellato e disegnato, la maschera ha una lunga storia culturale, profondamente caratterizzata dalla ricerca dell'individualità ontologica (immateriale). Quando indossiamo una maschera, chi o cosa è il vero soggetto di quell'esperienza? In che modo il conscio improvvisamente lascia spazio all'inconscio?
In Pareidolia le opere d'arte diventano oggetti metafisici, sono personaggi che emergono da una realtà che sta al di fuori della nostra percezione materiale del mondo circostante. Sono simboli di protesta nascosti dietro motivi geografici colorati; corde modellate in figure eccentriche ma ironiche del sé e delle sue intuizioni; creature ceramiche dove la qualità esperienziale dei pensieri e dei sentimenti dell'artista si condensa nell'assenza di una forma riconoscibile; superfici specchianti in cui o ci perdiamo o ci ritroviamo; arazzi e vasi che aprono la porta all'opportunità di reinventare la storia culturale dell'umanità. Nelle diverse articolazioni di una ricerca collettiva di un altro immaginabile “io”, tutte le opere in mostra forniscono alcune possibilità teoriche di una realtà che supera i limiti della nostra mente. Anche quando escludiamo tutto il resto, non è vero - ironico ma stranamente appagante - che ci rimane comunque il desiderio di qualche esperienza dell’inconscio?
Artisti in mostra
Giovanni De Francesco
Fotografia inserita in un progetto, ancora inedito, di maschere in cotone e resina in cui le pieghe del tessuto disegnano l’espressione di volti fantasmatici. L’effetto “maglietta bagnata” sottolinea la sensualità del corpo e come nel celebre Cristo velato dimostra, svela, come il celare può essere un modo di sottolineare e portare in evidenza il soggetto. La serie Fe.Fe.Ly.C.Pa.Mi.Qu.Fa è composta da otto bassorilievi in gesso e resina costituiti a partire dai resti di altre sculture. Queste parti si fondono a colature dello stesso materiale e si completano con l’innesto di calchi e frammenti artificiali del volto umano, suggerendo così la visione di un viso disciolto. Come in un cartoon questa disgregazione drammatica appare ironica nella sua trasposizione irreale, amplificata dalle tinte rosa che spesso ricorrono nella produzione dell’artista. Ognuna di queste "maschere" è identificata col il titolo di un film (le iniziali dei registi ne compongono il nome della serie riprendendo il noto film ad episodi Ro.Go.Pa.G.) a svelare come materia e memoria, il visibile e l’invisibile, si confondano nella costruzione di una identità.
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Lucia Massari
Una serie di specchi ispirati ad Arcimboldo composti da volute, rosette, fiori e foglie - alcuni degli elementi più tipici della lavorazione artigianale degli specchi veneziani - al posto di barba, occhi, naso e capelli. La maschera e lo specchio sono entrambi tipici prodotti artistici veneziani: l'unione dei due crea una nuova maschera che mantiene i dettagli decorativi tipici dell'antico specchio veneziano, sdrammatizzando ogni serietà con ironia e leggerezza.
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Bertjan Pot
"Dopo aver realizzato per anni maschere con corde e filati sintetici, ho pensato che fosse giunto il momento di provare altri materiali organici. L'erba sembrava un materiale ovvio, perché potevo raccoglierla da solo. Mi piace molto un buon cestino arrotolato a mano, fatto con precisione, ma quando devo farlo da solo so che divento molto impaziente se il processo è troppo lento e ripetitivo. Quindi mi sono permesso di essere molto approssimativo e veloce, il che ha portato a questi personaggi. Ce ne sono ancora solo pochi, perché sono limitato dalla stagione del raccolto (inverno) e richiedono anche molto più tempo per essere realizzati rispetto ai loro cugini in corda sintetica."
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Jaime Hayon
Il lavoro di Jaime Hayon, ruota attorno a un immaginario personale, dove palcoscenici di personaggi, piccoli o grandi, definiscono e disegnano oggetti, dipinti, installazioni e ambienti. Il rapporto di Hayon con materiali specifici, la sua teoria del colore, la tecnica del disegno, l'etnografia la curiosità nello studio dei contesti culturali e produttivi tutti mostrano la vicinanza tra la sua arte e la contemporaneità, dibattito su appropriazione culturale e inclusività. La sua curiosità si fa strada per assimilare arti, mestieri e tecniche provenienti da diversi background e paesi che impongono un continuo sviluppo estetico.
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Damien Poulain
"Nella speranza di riconoscermi in tutto ciò che mi circonda, vedo volti che mi accompagnano con gentilezza durante i miei viaggi. Questi volti che appaiono nel profilo di una montagna, in un angolo di un elemento architettonico, in un cancello di ferro, sono elementi personificati che mi fanno apprezzare il mondo con una certa forma di umorismo e delicatezza, è in qualche modo confortante. Dietro ogni oggetto o costruzione si nasconde un uomo o una donna, un essere sensibile che moltiplico nelle mie creazioni. Sono me stesso in tutto ciò che vedo e porto anche parte di qualcun altro. Da soli e insieme."
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Caroline Achaintre
Ispirato allo stesso tempo dai carnevali europei, dal primitivismo, dall'espressionismo tedesco e dalla fantascienza, il lavoro di Caroline Achaintre da un lato evoca la possibile coesistenza di più personaggi all'interno di uno stesso essere e le tensioni generate dalla dualità. Non viene data alcuna indicazione precisa su come affrontare l'opera di Achaintre. Vediamo a turno una maschera, un indumento, un animale… Le sue opere hanno la particolarità di essere difficilmente definibili. Allo stesso tempo astratti e figurativi, rivelano forme antropomorfe e indicano un particolare interesse per l'animismo. La mutazione delle forme e la pluralità delle possibili interpretazioni coinvolgono la mente e il capriccio dello spettatore. Questa è la forza del lavoro di Caroline Achaintre: mettere in discussione la nostra stessa capacità di essere nel mondo come individui definiti da identità complesse e multiple.
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Michela Benaglia
Selvaggi, Folli e Orsi sono personaggi che affondano le proprie origini nell’antichità, rappresentati da maschere antropologiche di cui è impossibile risalire a una datazione certa. Anche se con forme e modalità sempre diverse, ricorrono nei riti tradizionali di tutto il mondo, tanto che li ritroviamo in Paesi che non hanno avuto alcun contatto tra di loro. Ad oggi gli antropologi non hanno una spiegazione univoca di questo fenomeno, se non che la Maschera è il ponte tra Uomo e Natura-Divino e che gli istinti più profondi del genere umano sono da sempre immutati. Chi indossa la maschera si nasconde dietro di essa e nessuno può conoscere la sua vera identità. Indossarla è insieme grande responsabilità e atto liberatorio. L’uomo mascherato diventa altro da sé, subisce una metamorfosi nella Bestia, si avvicina all’Ultraterreno. Ho iniziato la ricerca fotografica partendo dalla paura che il mondo occidentale nutre per il volto coperto. Ho trovato in Italia un’incredibile ricchezza di Selvaggi, Folli e Orsi che vivono in cerimonie ancestrali, riti pagani che talvolta si sono trasformati in cristiani. Vivono in piccoli villaggi sperduti, per lo più in zone montuose e difficilmente accessibili, dove gli abitanti li rappresentano una volta l’anno in riti folkloristici o religiosi, cercando di preservare le tradizioni e di trasmetterle alle nuove generazioni.
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