Piero Boni a Villa Pisani
Dal 08 Ottobre 2015 al 18 Ottobre 2015
Venezia
Luogo: Museo Nazionale di Villa Pisani
Indirizzo: via Doge Pisani 7, Stra
Orari: da martedì a domenica 11-13 | 14-17
Curatori: Bruno Francisci, Raul Oyuela
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 324377 / 02 3270133
E-Mail info: info@deangelispress.it
Il Museo Nazionale di Villa Pisani ospita dall’8 al 18 ottobre 2015 la personale “Piero Boni a Villa Pisani” dedicata all’artista bergamasco e alla sua poetica travolgente, tesa nel cercare una fusione tra pittura figurativa e pittura astratta dove i particolari hanno un ruolo di primo piano.
La mostra, a cura di Bruno Francisci e Raul Oyuela con la collaborazione della dott.ssa Sandra Gonzalez, presenta undici grandi dipinti olio su tela e si avvale del sostegno del Museum of the Americas di Miami.
La pittura di Piero Boni, affascinato dalla storia delle religioni e dai pensieri religiosi, è sottile ed elegante, colta e onirica. Una rappresentazione nata da un profondo senso di osservazione della realtà che permette di andare oltre e intraprendere un viaggio verso la ricerca della Felicità: l’ascesa a due pianeti, due creazioni della mente posizionati oltre i confini del nostro mondo reale e denominati Pianetà Giò, colmo di interpretazioni magiche della realtà,e Pianeta Artù, ovvero la Gioia.
Piero Boni è un architetto dello spirito. Le sue creazioni sono tracciate dall’artista con fedeltà e amore: ne sboccia un mondo che si gioca tutto sulla cultura e sulla memoria, in cui la realtà viene esplorata intimamente, ovvero scomposta e subito dopo ricostruita, così da scoprire il segreto della forma (“Chi conosce meglio il fiore? Il fioraio nel suo chiosco o l’insetto che può visitarlo dall’interno?”)
Piero Boni, che nella propria crescita umana e artistica coglie a piene mani dalla filosofia orientale, si confronta con la pittura del Novecento: in lui sono chiari riferimenti a Mondrian o a Pollok, così come è facile accostarlo a De Chirico o a Savinio, ma poi Piero Boni amalgama il tutto per ottenere un prodotto unico, non paragonabile a nessuna corrente artistica.
Il segreto di questo artista, da sempre sedotto dai dibattiti sulla sopravvivenza dell’anima, è contrapporre alla secchezza spirituale ed emotiva della cultura contemporanea una pittura d’evasione, “favole che si fanno spiritualità” per usare le parole di Vittorio Sgarbi, un concentrato di energia che permette all’osservatore di intravedere quel mondo da lui evocato per segni e immagini - Pianetà Giò e Pianeta Artù - partendo proprio da una attenta lettura dei titoli, aspetto inconfondibile della pittura di Boni: vere e proprie guide all’interpretazione del dipinto che lasciano tuttavia l’osservatore libero di cercare nella propria interiorità risposte e svelamenti.
Ma come nascono le opere di Piero Boni?
Piero Boni parte sempre da uno studio preparatorio, eseguito su carta e in piccolo con colori pastello nelle gamme dei gialli, celesti e rosa. La stesura è immediata, veloce, e soprattutto ha già in sé la visione completa del quadro.
La tela, il passaggio successivo, cresce più lentamente perché più meditato, appaiono i volumi e i colori si accendono.
Ma è chiaro che il vero protagonista nei bozzetti come nelle tele di Pietro Boni è il segno: e se nella fase preparatoria rimane in un rapporto di sostanziale equilibrio con il colore, una volta sulla tela acquisisce maggiore potenza proprio grazie alle campiture cromatiche, dove il nero non manca mai.
La mostra, a cura di Bruno Francisci e Raul Oyuela con la collaborazione della dott.ssa Sandra Gonzalez, presenta undici grandi dipinti olio su tela e si avvale del sostegno del Museum of the Americas di Miami.
La pittura di Piero Boni, affascinato dalla storia delle religioni e dai pensieri religiosi, è sottile ed elegante, colta e onirica. Una rappresentazione nata da un profondo senso di osservazione della realtà che permette di andare oltre e intraprendere un viaggio verso la ricerca della Felicità: l’ascesa a due pianeti, due creazioni della mente posizionati oltre i confini del nostro mondo reale e denominati Pianetà Giò, colmo di interpretazioni magiche della realtà,e Pianeta Artù, ovvero la Gioia.
Piero Boni è un architetto dello spirito. Le sue creazioni sono tracciate dall’artista con fedeltà e amore: ne sboccia un mondo che si gioca tutto sulla cultura e sulla memoria, in cui la realtà viene esplorata intimamente, ovvero scomposta e subito dopo ricostruita, così da scoprire il segreto della forma (“Chi conosce meglio il fiore? Il fioraio nel suo chiosco o l’insetto che può visitarlo dall’interno?”)
Piero Boni, che nella propria crescita umana e artistica coglie a piene mani dalla filosofia orientale, si confronta con la pittura del Novecento: in lui sono chiari riferimenti a Mondrian o a Pollok, così come è facile accostarlo a De Chirico o a Savinio, ma poi Piero Boni amalgama il tutto per ottenere un prodotto unico, non paragonabile a nessuna corrente artistica.
Il segreto di questo artista, da sempre sedotto dai dibattiti sulla sopravvivenza dell’anima, è contrapporre alla secchezza spirituale ed emotiva della cultura contemporanea una pittura d’evasione, “favole che si fanno spiritualità” per usare le parole di Vittorio Sgarbi, un concentrato di energia che permette all’osservatore di intravedere quel mondo da lui evocato per segni e immagini - Pianetà Giò e Pianeta Artù - partendo proprio da una attenta lettura dei titoli, aspetto inconfondibile della pittura di Boni: vere e proprie guide all’interpretazione del dipinto che lasciano tuttavia l’osservatore libero di cercare nella propria interiorità risposte e svelamenti.
Ma come nascono le opere di Piero Boni?
Piero Boni parte sempre da uno studio preparatorio, eseguito su carta e in piccolo con colori pastello nelle gamme dei gialli, celesti e rosa. La stesura è immediata, veloce, e soprattutto ha già in sé la visione completa del quadro.
La tela, il passaggio successivo, cresce più lentamente perché più meditato, appaiono i volumi e i colori si accendono.
Ma è chiaro che il vero protagonista nei bozzetti come nelle tele di Pietro Boni è il segno: e se nella fase preparatoria rimane in un rapporto di sostanziale equilibrio con il colore, una volta sulla tela acquisisce maggiore potenza proprio grazie alle campiture cromatiche, dove il nero non manca mai.
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