Sacred Landscapes | Sacro e natura in mostra alle Vatican Chapels
Dal 18 Maggio 2023 al 26 Novembre 2023
Venezia
Luogo: Fondazione Giorgio Cini
Indirizzo: Isola di San Giorgio Maggiore
Sito ufficiale: http://www.cini.it
Una mostra collettiva pensata per raccontare la relazione tra la spiritualità e la natura: Sacred Landscapes è il progetto che la Fondazione Giorgio Cini presenta in occasione della Biennale Architettura 2023, dal 18 maggio al 26 novembre. Un percorso espositivo che nasce dall’esperienza del suo curatore, Marco Delogu, alle Vatican Chapels nel bosco dell’Isola di San Giorgio, dalle suggestioni vissute nel parco e dall’intenso rapporto con la spiritualità evocata dal contesto.
Un luogo verde e silenzioso nella laguna, tra acqua, cielo e terra, ideale per condurre alla riflessione e all’esperienza spirituale. Per raccontare questo viaggio introspettivo sono stati riuniti i lavori di dieci grandi nomi della fotografia mondiale - Don McCullin, Tim Davis, Marco Delogu, Graciela Iturbide, Sally Mann, Martin Parr, Annie Ratti, Guy Tillim, Paolo Ventura, Francesca Woodman - ciascuno posto in relazione con le architetture delle cappelle: il primo Padiglione della Santa Sede alla Biennale Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia del 2018, composto da dieci cappelle permanenti all’interno del bosco della Fondazione Giorgio Cini e inserito nel percorso delle visite guidate.
Un progetto promosso dalla Santa Sede e sostenuto dalla Fondazione, che attiva la missione dell’istituzione di generare nuove possibilità creative e di dialogo, un terreno di confronto unico per la nascita di nuove esperienze artistiche, di valorizzazione e scambio interculturale.
Realizzate da architetti di fama mondiale provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Australia, Brasile, Giappone, Cile/Serbia e Paraguay, le Vatican Chapels alla Fondazione Giorgio Cini rappresentano un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea. Realizzate rispettando lo spazio naturale circostante, sorgono in un ambiente naturale quale il bosco che diviene metafora del peregrinare della vita. Il progetto, ispirato alla Cappella del bosco di Gunnar Asplund costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma e curato dal professor Francesco Dal Co.
Per il Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini Renata Codello: «La mostra Sacred Landscapes assume un ruolo fondamentale nel sottolineare l'importanza della sacralità come luogo, alla sua connessione con lo spazio, qui inteso anche come paesaggio. Allo stesso tempo, riflette sul ruolo dell'uomo come custode e creatore di significati; ci richiama alla responsabilità di preservare e valorizzare la dimensione spirituale della vita, invitandoci a pensare alle diverse possibilità espressive del paesaggio nella definizione formale dello spazio contemporaneo. Una nuova dimensione da scoprire attraverso le fotografie di dieci grandi autori, selezionati da Marco Delogu ad accompagnare in questo percorso, attraverso il bosco e le Cappelle dello straordinario progetto curato dal professor Francesco Dal Co. Un orizzonte che si arricchisce, una volta di più, del dialogo tra le arti, nella missione di valorizzazione e restituzione promosso dalla Fondazione Giorgio Cini»
Con questo spirito nasce Sacred Landscapes, il chiasmo tra gli scatti selezionati da Marco Delogu e questi luoghi di culto della natura; qui il fotografo inglese Don McCullin, noto per i suoi scatti in cui ha documentato le atrocità dei conflitti e le violente ingiustizie nel mondo, entra nella cappella progettata da Norman Foster con l’immagine Il bosco di Ravello (2005): una composizione solenne, intrisa di misticismo e di sacralità che interagisce con la fitta composizione e l’ambiente evocativo dell’architetto. La statunitense Sally Mann porta Deep South #22 (2004) nella cappella del cileno Smiljan Radic: un’immagine in cui protagonista è un tronco che emerge dall’acqua, oscura eppure serena, in dialogo con il tronco senza fronde custodito e protetto dall’architettura, come un’esatta risposta alla medesima celebrazione.
Return to the Woods è l’opera scelta di Francesca Woodman (1980), fotografa americana, scomparsa prematuramente a soli 22 anni. Nell’estate del 1980, nello suo studio, l’artista immagina di restituire il tavolo in legno all’albero, al bosco, in una metamorfosi tra artificiale, umano e naturale. L’opera condivide con la Cappella del Mattino di Ricardo Flores ed Eva Prats la tonalità dell’intonaco di cocciopesto, caratteristica del materiale edilizio offrendo insieme, prospettive alternative e possibilità di essere luoghi di incontro.
La Desert house (2021) del fotografo Tim Davis si infuoca nei colori del cielo all’imbrunire, stagliandosi nel deserto su una collina rocciosa, come un miraggio che appare all’interno dell’architettura di Francesco Cellini.
Con la serie Second Nature, Tahiti (2011) il sudafricano Guy Tillim si allontana dalla fotografia documentaristica che ha caratterizzato il suo lavoro - raccontando al mondo gli effetti dell’Apartheid, il dramma dei bambini soldato nel Congo, il post colonialismo - andando alla (ri)scoperta del paradiso in terra, sulle orme di James Cook e Paul Gauguin, affrontando lo stesso dilemma degli autori: come rappresentare un paesaggio tanto idilliaco, raccontando le potenzialità e i limiti del mezzo fotografico. Una riflessione che in Sacred Landscapes prende corpo nella struttura circolare, sospesa tra cielo e terra, di Javier Corvalán.
E ancora, il paesaggio etereo e astratto di Natura bianca #14 (2008) di Marco Delogu, creato dal movimento del vento e da un'atmosfera di cielo bianco e basso, dialoga con il piccolo edificio ecosostenibile, un dettagliato luogo di culto, di Terunobu Fujimori. L’immagine della Crimsworth Dean Methodist Chapel (1971) di Martin Parr racconta di un luogo fortemente simbolico e identitario di una comunità dello Yorkshire, entrando in una nuova narrazione in cui dialoga con il senso di ritrovo e condivisione della cappella di Andrew Berman.
I quattro scatti che compongono l’opera fotografica di Annie Ratti, artista poliedrica, Mushrooms (2014) adagiata sul terreno in prossimità della cappella di Carla Juacaba, ritrae differenti fasi di crescita di un fungo dalle proprietà allucinogene. Le composizioni lineari e la compattezza cromatica della fotografia Milano 2023 di Paolo Ventura sono affiancate alla presenza discreta, come una pura linea tracciata nella natura, della cappella vaticana dell'architetto australiano Sean Godsell. Il percorso ideale si chiude tra i luoghi fisici e dell’anima, mitologie e culti arcaici trasportati nel contemporaneo che accomunano il lavoro di Graciela Iturbide nel ritratto della Mujer Angel (2011), una donna indigena del Messico del popolo Seri abitante del deserto di Sonora, inserita nell’architettura di Eduardo Souto de Moura: spessi blocchi di pietra di Vicenza, poggiati l’uno sull’altro, che si percepiscono come un antico monolite.
La mostra è realizzata con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e verrà presentata in diversi Istituti di Cultura Italiana nel mondo. Il progetto è realizzato in collaborazione con Zintek.
Un luogo verde e silenzioso nella laguna, tra acqua, cielo e terra, ideale per condurre alla riflessione e all’esperienza spirituale. Per raccontare questo viaggio introspettivo sono stati riuniti i lavori di dieci grandi nomi della fotografia mondiale - Don McCullin, Tim Davis, Marco Delogu, Graciela Iturbide, Sally Mann, Martin Parr, Annie Ratti, Guy Tillim, Paolo Ventura, Francesca Woodman - ciascuno posto in relazione con le architetture delle cappelle: il primo Padiglione della Santa Sede alla Biennale Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia del 2018, composto da dieci cappelle permanenti all’interno del bosco della Fondazione Giorgio Cini e inserito nel percorso delle visite guidate.
Un progetto promosso dalla Santa Sede e sostenuto dalla Fondazione, che attiva la missione dell’istituzione di generare nuove possibilità creative e di dialogo, un terreno di confronto unico per la nascita di nuove esperienze artistiche, di valorizzazione e scambio interculturale.
Realizzate da architetti di fama mondiale provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Australia, Brasile, Giappone, Cile/Serbia e Paraguay, le Vatican Chapels alla Fondazione Giorgio Cini rappresentano un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea. Realizzate rispettando lo spazio naturale circostante, sorgono in un ambiente naturale quale il bosco che diviene metafora del peregrinare della vita. Il progetto, ispirato alla Cappella del bosco di Gunnar Asplund costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma e curato dal professor Francesco Dal Co.
Per il Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini Renata Codello: «La mostra Sacred Landscapes assume un ruolo fondamentale nel sottolineare l'importanza della sacralità come luogo, alla sua connessione con lo spazio, qui inteso anche come paesaggio. Allo stesso tempo, riflette sul ruolo dell'uomo come custode e creatore di significati; ci richiama alla responsabilità di preservare e valorizzare la dimensione spirituale della vita, invitandoci a pensare alle diverse possibilità espressive del paesaggio nella definizione formale dello spazio contemporaneo. Una nuova dimensione da scoprire attraverso le fotografie di dieci grandi autori, selezionati da Marco Delogu ad accompagnare in questo percorso, attraverso il bosco e le Cappelle dello straordinario progetto curato dal professor Francesco Dal Co. Un orizzonte che si arricchisce, una volta di più, del dialogo tra le arti, nella missione di valorizzazione e restituzione promosso dalla Fondazione Giorgio Cini»
Con questo spirito nasce Sacred Landscapes, il chiasmo tra gli scatti selezionati da Marco Delogu e questi luoghi di culto della natura; qui il fotografo inglese Don McCullin, noto per i suoi scatti in cui ha documentato le atrocità dei conflitti e le violente ingiustizie nel mondo, entra nella cappella progettata da Norman Foster con l’immagine Il bosco di Ravello (2005): una composizione solenne, intrisa di misticismo e di sacralità che interagisce con la fitta composizione e l’ambiente evocativo dell’architetto. La statunitense Sally Mann porta Deep South #22 (2004) nella cappella del cileno Smiljan Radic: un’immagine in cui protagonista è un tronco che emerge dall’acqua, oscura eppure serena, in dialogo con il tronco senza fronde custodito e protetto dall’architettura, come un’esatta risposta alla medesima celebrazione.
Return to the Woods è l’opera scelta di Francesca Woodman (1980), fotografa americana, scomparsa prematuramente a soli 22 anni. Nell’estate del 1980, nello suo studio, l’artista immagina di restituire il tavolo in legno all’albero, al bosco, in una metamorfosi tra artificiale, umano e naturale. L’opera condivide con la Cappella del Mattino di Ricardo Flores ed Eva Prats la tonalità dell’intonaco di cocciopesto, caratteristica del materiale edilizio offrendo insieme, prospettive alternative e possibilità di essere luoghi di incontro.
La Desert house (2021) del fotografo Tim Davis si infuoca nei colori del cielo all’imbrunire, stagliandosi nel deserto su una collina rocciosa, come un miraggio che appare all’interno dell’architettura di Francesco Cellini.
Con la serie Second Nature, Tahiti (2011) il sudafricano Guy Tillim si allontana dalla fotografia documentaristica che ha caratterizzato il suo lavoro - raccontando al mondo gli effetti dell’Apartheid, il dramma dei bambini soldato nel Congo, il post colonialismo - andando alla (ri)scoperta del paradiso in terra, sulle orme di James Cook e Paul Gauguin, affrontando lo stesso dilemma degli autori: come rappresentare un paesaggio tanto idilliaco, raccontando le potenzialità e i limiti del mezzo fotografico. Una riflessione che in Sacred Landscapes prende corpo nella struttura circolare, sospesa tra cielo e terra, di Javier Corvalán.
E ancora, il paesaggio etereo e astratto di Natura bianca #14 (2008) di Marco Delogu, creato dal movimento del vento e da un'atmosfera di cielo bianco e basso, dialoga con il piccolo edificio ecosostenibile, un dettagliato luogo di culto, di Terunobu Fujimori. L’immagine della Crimsworth Dean Methodist Chapel (1971) di Martin Parr racconta di un luogo fortemente simbolico e identitario di una comunità dello Yorkshire, entrando in una nuova narrazione in cui dialoga con il senso di ritrovo e condivisione della cappella di Andrew Berman.
I quattro scatti che compongono l’opera fotografica di Annie Ratti, artista poliedrica, Mushrooms (2014) adagiata sul terreno in prossimità della cappella di Carla Juacaba, ritrae differenti fasi di crescita di un fungo dalle proprietà allucinogene. Le composizioni lineari e la compattezza cromatica della fotografia Milano 2023 di Paolo Ventura sono affiancate alla presenza discreta, come una pura linea tracciata nella natura, della cappella vaticana dell'architetto australiano Sean Godsell. Il percorso ideale si chiude tra i luoghi fisici e dell’anima, mitologie e culti arcaici trasportati nel contemporaneo che accomunano il lavoro di Graciela Iturbide nel ritratto della Mujer Angel (2011), una donna indigena del Messico del popolo Seri abitante del deserto di Sonora, inserita nell’architettura di Eduardo Souto de Moura: spessi blocchi di pietra di Vicenza, poggiati l’uno sull’altro, che si percepiscono come un antico monolite.
La mostra è realizzata con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e verrà presentata in diversi Istituti di Cultura Italiana nel mondo. Il progetto è realizzato in collaborazione con Zintek.
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