Le Isole incantate. Il Grand Tour e la pittura di veduta nei domini Borromeo: da Gaspar Van Wittel e Luigi Ashton
Dal 20 Marzo 2015 al 25 Ottobre 2015
Stresa | Verbano-Cusio-Ossola
Luogo: Palazzo Borromeo all’Isola Bella
Indirizzo: Isola Bella, Lago Maggiore
Curatori: Alessandro Morandotti, Fenisia Cennamo, Veronica Drago, Elisabetta Silvello
Telefono per informazioni: +39 0323 30556
E-Mail info: info@borromeoturismo.it
Sito ufficiale: http://www.borromeoturismo.it
La riapertura della visita alle Isole Borromee, il 20 marzo, coincide con l’apertura al pubblico, nel grande Salone d’Onore del Palazzo dei Principi all’Isola Bella, della grande mostra “Le Isole incantate. Il Grand Tour e la pittura di veduta nei Domini Borromeo: da Gaspar Van Wittel a Luigi Ashton” che resterà aperta l’intera stagione 2015, ovvero sino al 25 ottobre. L’esposizione è curata da Alessandro Morandotti con la collaborazione di Fenisia Cennamo, Veronica Drago ed Elisabetta Silvello.
La mostra è stata anche occasione per un importante intervento di restauro voluto dai Principi. Ne è stato oggetto il gruppo di “Delizie”, ovvero di vedute settecentesche dei Domini Borromeo di mano di Francesco Zuccarelli. Il restauro, da poco concluso, ha restituito la primitiva leggerezza alle sette tele del maestro, opere dove l’attenzione documentaria si coniuga mirabilmente con l’allegoria, secondo il gusto dell’epoca. Per la mostra il curatore ha scelto di presentare esclusivamente quelle che raffigurano i Domini Borromeo sul Lago Maggiore, in coerenza con il tema dell’esposizione.
A coniare la definizione di “Isola Incantata”, riferendosi all’Isola Bella, fu Gilbert Burnet (1643-1715), un pastore anglicano che visitò l’Italia con un occhio molto critico nei confronti della censura ecclesiastica e delle forme di governo assolutista di molti stati italiani. Burnet fu uno dei primi viaggiatori a passare dall’Isola Bella, nel 1686, inaugurando idealmente la stagione delle immancabili tappe sul Lago Maggiore dei viaggiatori europei del Grand Tour. Un giudizio per certi versi premonitore, il suo, dato che il cantiere che trasformò alcuni scoglio affiorati in quella meraviglia che è l’Isola Bella, era ancora all’inizio ma : “when all is finished, this place will look like an Inchanted Island “ egli preconizzò.
Da allora e sino ai tempi moderni, lo stuolo dei viaggiatori, e con essi, degli artisti che scese ad ammirare l’Isola Bella e con essa i Domini dei Principi Borromeo sul Lago Maggiore, è diventato ininterrotto, creando la fama di cui le Isole Borromee godono ancora nel mondo anglosassone e nordico in generale.
Come avviene nel resto d’Italia, alle testimonianze di viaggio corrisponde un’immediata fortuna visiva delle Isole, subito al centro degli interessi del moderno vedutismo, una seconda faccia della medaglia per seguire il gradimento delle bellezze artistiche e naturali italiane. La mostra cercherà di restituire questo doppio registro della fortuna delle Isole Borromee, mettendo a confronto documenti figurativi (dipinti, disegni, incisioni) e testimonianze letterarie tra la fine del XVII e la metà del XIX secolo circa.
Come testimonia il sottotitolo della rassegna, “Da Gaspar Van Wittel a Luigi Ashton”, Morandotti e il suo gruppo di lavoro propongono un ampio ventaglio di opere e tra esse numerose sono le riscoperte, di opere oltre che di artisti specializzatisi nell’ambito del vedutismo, riscoperte che permettono di arricchire le nostre conoscenze su un capitolo della storia dell’arte in Italia settentrionale ancora molto trascurato dagli studi e dalle occasioni espositive.
L’ “inchanted Island” era stata strategicamente concepita da Vitaliano VI Borromeo (1620-1690) perché “potesse servire alla casa per farsi amici e stima”, come ricorda un passo del suo testamento, ed era per questo sempre aperta alle visite di ospiti illustri, per matrimoni e ricevimenti solenni, nonché per le pubbliche ‘recensioni’ dei forestieri illustri che percorrevano le strade d’Italia nell’età dell’ obbligato viaggio di istruzione dei gentiluomini europei, tra Seicento e Settecento.
L’Isola dei viaggiatori è soprattutto quella degli spettacolari giardini che evocano paragoni storico-letterari (tra l’isola di Armida ‘cantata’ dal Tasso o i leggendari giardini della regina Semiramide) e talvolta stimolano metafore più fantasiose (al tedesco Keyssler sembrava una di “quelle guantiere foggiate a mo’ di piramide in cui siamo soliti servire in tavola i dolciumi”); i giardini non lasciano mai indifferenti i visitatori, anche quando si tratta di criticarne l’artificiosa concezione negli anni della progressiva attenzione per il giardino paesaggistico. Secondo schemi consueti nei resoconti di viaggio, le testimonianze rimandano le une alle altre, sancendo convenzioni di lettura che diventano veri e propri ‘stereotipi’. Con la piacevole sorpresa di verificare che improvvisamente Milano, grazie alle bellezze naturali dell’Isola Bella e dell’Isola Madre, divenne la città dei giardini e dei giochi d’acqua, come non era mai stata prima, almeno agli occhi dei viaggiatori.
Come naturale appendice della mostra, verranno prese in considerazione non solo le vedute delle altre residenze dei Borromeo sul Lago Maggiore (dalla Rocca di Angera ai Castelli di Cannero) ma anche le vedute di altre proprietà lombarde dei Borromeo (Cesano Maderno, Senago, Peschiera Borromeo) spesso nate in pendant o in serie con opere raffiguranti le Isole.
La mostra è stata anche occasione per un importante intervento di restauro voluto dai Principi. Ne è stato oggetto il gruppo di “Delizie”, ovvero di vedute settecentesche dei Domini Borromeo di mano di Francesco Zuccarelli. Il restauro, da poco concluso, ha restituito la primitiva leggerezza alle sette tele del maestro, opere dove l’attenzione documentaria si coniuga mirabilmente con l’allegoria, secondo il gusto dell’epoca. Per la mostra il curatore ha scelto di presentare esclusivamente quelle che raffigurano i Domini Borromeo sul Lago Maggiore, in coerenza con il tema dell’esposizione.
A coniare la definizione di “Isola Incantata”, riferendosi all’Isola Bella, fu Gilbert Burnet (1643-1715), un pastore anglicano che visitò l’Italia con un occhio molto critico nei confronti della censura ecclesiastica e delle forme di governo assolutista di molti stati italiani. Burnet fu uno dei primi viaggiatori a passare dall’Isola Bella, nel 1686, inaugurando idealmente la stagione delle immancabili tappe sul Lago Maggiore dei viaggiatori europei del Grand Tour. Un giudizio per certi versi premonitore, il suo, dato che il cantiere che trasformò alcuni scoglio affiorati in quella meraviglia che è l’Isola Bella, era ancora all’inizio ma : “when all is finished, this place will look like an Inchanted Island “ egli preconizzò.
Da allora e sino ai tempi moderni, lo stuolo dei viaggiatori, e con essi, degli artisti che scese ad ammirare l’Isola Bella e con essa i Domini dei Principi Borromeo sul Lago Maggiore, è diventato ininterrotto, creando la fama di cui le Isole Borromee godono ancora nel mondo anglosassone e nordico in generale.
Come avviene nel resto d’Italia, alle testimonianze di viaggio corrisponde un’immediata fortuna visiva delle Isole, subito al centro degli interessi del moderno vedutismo, una seconda faccia della medaglia per seguire il gradimento delle bellezze artistiche e naturali italiane. La mostra cercherà di restituire questo doppio registro della fortuna delle Isole Borromee, mettendo a confronto documenti figurativi (dipinti, disegni, incisioni) e testimonianze letterarie tra la fine del XVII e la metà del XIX secolo circa.
Come testimonia il sottotitolo della rassegna, “Da Gaspar Van Wittel a Luigi Ashton”, Morandotti e il suo gruppo di lavoro propongono un ampio ventaglio di opere e tra esse numerose sono le riscoperte, di opere oltre che di artisti specializzatisi nell’ambito del vedutismo, riscoperte che permettono di arricchire le nostre conoscenze su un capitolo della storia dell’arte in Italia settentrionale ancora molto trascurato dagli studi e dalle occasioni espositive.
L’ “inchanted Island” era stata strategicamente concepita da Vitaliano VI Borromeo (1620-1690) perché “potesse servire alla casa per farsi amici e stima”, come ricorda un passo del suo testamento, ed era per questo sempre aperta alle visite di ospiti illustri, per matrimoni e ricevimenti solenni, nonché per le pubbliche ‘recensioni’ dei forestieri illustri che percorrevano le strade d’Italia nell’età dell’ obbligato viaggio di istruzione dei gentiluomini europei, tra Seicento e Settecento.
L’Isola dei viaggiatori è soprattutto quella degli spettacolari giardini che evocano paragoni storico-letterari (tra l’isola di Armida ‘cantata’ dal Tasso o i leggendari giardini della regina Semiramide) e talvolta stimolano metafore più fantasiose (al tedesco Keyssler sembrava una di “quelle guantiere foggiate a mo’ di piramide in cui siamo soliti servire in tavola i dolciumi”); i giardini non lasciano mai indifferenti i visitatori, anche quando si tratta di criticarne l’artificiosa concezione negli anni della progressiva attenzione per il giardino paesaggistico. Secondo schemi consueti nei resoconti di viaggio, le testimonianze rimandano le une alle altre, sancendo convenzioni di lettura che diventano veri e propri ‘stereotipi’. Con la piacevole sorpresa di verificare che improvvisamente Milano, grazie alle bellezze naturali dell’Isola Bella e dell’Isola Madre, divenne la città dei giardini e dei giochi d’acqua, come non era mai stata prima, almeno agli occhi dei viaggiatori.
Come naturale appendice della mostra, verranno prese in considerazione non solo le vedute delle altre residenze dei Borromeo sul Lago Maggiore (dalla Rocca di Angera ai Castelli di Cannero) ma anche le vedute di altre proprietà lombarde dei Borromeo (Cesano Maderno, Senago, Peschiera Borromeo) spesso nate in pendant o in serie con opere raffiguranti le Isole.
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