Al Brescia Photo Festival fino al 28 luglio
Nel segno del colore. Novant'anni con Franco Fontana
Franco Fontana, Texas, 1979 | © Studio Fontana
Francesca Grego
11/03/2024
Brescia - Non un mezzo, ma il messaggio. Non un ospite casuale, bensì il vero protagonista degli scatti di Franco Fontana. Parliamo del colore, del quale il fotografo emiliano ha esplorato a fondo le potenzialità espressive, anche quando, come negli anni Cinquanta, la foto a colori era considerata poco artistica o addirittura da dilettanti. Fino al prossimo 28 luglio, una grande mostra rende omaggio alla scommessa vincente di Fontana, alla sua ricerca da pioniere, alla passione tenace che l’ha animato per oltre 70 anni, come raccontano al Museo di Santa Giulia di Brescia 122 immagini realizzate tra il 1961 e il 2017.
Progettata in collaborazione con Studio Fontana e curata da Caterina Mestrovich nell’ambito del Brescia Photo Festival 2024, Franco Fontana. Colore celebra il novantesimo compleanno del maestro modenese con un viaggio completo attraverso la sua opera. Le sorprese non si fanno attendere: tanti scatti inediti, immagini non esposte da tempo, foto restaurate e nuove scansioni. Se i meno esperti avranno l’occasione di conoscere il lavoro di un vero artista dell’obiettivo, i patiti della fotografia lo scopriranno alle prese con soggetti per lui insoliti, affrontati, naturalmente, con la consueta originalità. “La fotografia è ciò che facciamo di essa”, ha sostenuto d’altra parte il maestro: “non è quello che vediamo, ma quello che siamo”.
Franco Fontana, Parigi, 1979 | © Studio Fontana
“La fotografia di Fontana ha una grammatica visiva molto definita. Il colore è totalizzante. La sua scelta è totalizzante”, spiega la curatrice Caterina Mestrovich: “Dal 1958 scatta a colori. Nessun altro fotografo ha portato avanti la ricerca sul colore come Fontana. Negli anni Cinquanta il colore era deriso perché considerato commerciale, adatto a fini pubblicitari o per i souvenir. La fotografia a colori non era ritenuta creativa”.
Franco Fontana, Kuwait, 1979 | © Studio Fontana
Al Museo di Santa Giulia, un percorso in quattro tempi rivela come Fontana abbia vinto la sua scommessa controcorrente. La prima sezione si intitola People e giunge inattesa: inventore di incredibili paesaggi, Fontana sembra quasi aver ignorato la figura umana. Qui la storia si racconta da un’altra prospettiva. Se l’esordio è affidato a uno dei primi scatti professionali dell’artista, la serie Frammenti degli anni Ottanta mostra come il corpo umano o le sue parti, o ancora coloratissimi abiti, possano diventare dettagli di un nuovo genere di paesaggi: paesaggi umani, appunto.
Franco Fontana, Appennino, 1962 | © Studio Fontana
“La poetica di Fontana punta all’equilibrio compositivo”, continua la curatrice: isolando dettagli o appiattendo gli spazi, il fotografo costruisce geometrie e prospettive nuove, “applica tagli imprevedibili, raggruppa oggetti in modo che perdano la connessione con il reale”. Un linguaggio peculiare, eppure nato per caso, quando in mancanza del teleobiettivo il giovane fotografo prese l’abitudine di ritagliare parti delle sue composizioni: “Una limitazione che ha generato un tratto distintivo”, commenta Mestrovich: “Negli anni il linguaggio di Fontana si è costantemente rinnovato nel segno dell’astrazione”.
Franco Fontana, Los Angeles, 1979 | © Studio Fontana
Ne osserviamo gli sviluppi proseguendo lungo l’itinerario della mostra, accompagnati dalla colonna sonora originale composta da Ivano Giordano per l’occasione e disponibile su YouTube: dai Paesaggi urbani - scorci di New York, Los Angeles, San Francisco che sembrano scene metafisiche - agli Asfalti, dove le strade di mezzo mondo si trasfigurano rivelando qualità estetiche insospettabili.
Franco Fontana, Spagna, 1985 | © Studio Fontana
L’ultima sezione, Paesaggi, racconta la ricerche di Fontana sul paesaggio naturale durante i suoi viaggi attorno al pianeta, con una predilezione per l’Italia del Sud. Qui il gioco di colori e geometrie raggiunge l’apice: difficile distinguere tra una fotografia e un quadro astratto, mentre la voglia di tuffarcisi dentro diventa irresistibile.
Franco Fontana, Basilicata, 1975 | © Studio Fontana
Leggi anche:
• Franco Fontana. Colore
• FOTO - Dalla realtà all'astrazione
• "Testimoni": le novità del Brescia Photo Festival 2024
• Brescia Photo Festival 2024. VII Edizione - Testimoni
Progettata in collaborazione con Studio Fontana e curata da Caterina Mestrovich nell’ambito del Brescia Photo Festival 2024, Franco Fontana. Colore celebra il novantesimo compleanno del maestro modenese con un viaggio completo attraverso la sua opera. Le sorprese non si fanno attendere: tanti scatti inediti, immagini non esposte da tempo, foto restaurate e nuove scansioni. Se i meno esperti avranno l’occasione di conoscere il lavoro di un vero artista dell’obiettivo, i patiti della fotografia lo scopriranno alle prese con soggetti per lui insoliti, affrontati, naturalmente, con la consueta originalità. “La fotografia è ciò che facciamo di essa”, ha sostenuto d’altra parte il maestro: “non è quello che vediamo, ma quello che siamo”.
Franco Fontana, Parigi, 1979 | © Studio Fontana
“La fotografia di Fontana ha una grammatica visiva molto definita. Il colore è totalizzante. La sua scelta è totalizzante”, spiega la curatrice Caterina Mestrovich: “Dal 1958 scatta a colori. Nessun altro fotografo ha portato avanti la ricerca sul colore come Fontana. Negli anni Cinquanta il colore era deriso perché considerato commerciale, adatto a fini pubblicitari o per i souvenir. La fotografia a colori non era ritenuta creativa”.
Franco Fontana, Kuwait, 1979 | © Studio Fontana
Al Museo di Santa Giulia, un percorso in quattro tempi rivela come Fontana abbia vinto la sua scommessa controcorrente. La prima sezione si intitola People e giunge inattesa: inventore di incredibili paesaggi, Fontana sembra quasi aver ignorato la figura umana. Qui la storia si racconta da un’altra prospettiva. Se l’esordio è affidato a uno dei primi scatti professionali dell’artista, la serie Frammenti degli anni Ottanta mostra come il corpo umano o le sue parti, o ancora coloratissimi abiti, possano diventare dettagli di un nuovo genere di paesaggi: paesaggi umani, appunto.
Franco Fontana, Appennino, 1962 | © Studio Fontana
“La poetica di Fontana punta all’equilibrio compositivo”, continua la curatrice: isolando dettagli o appiattendo gli spazi, il fotografo costruisce geometrie e prospettive nuove, “applica tagli imprevedibili, raggruppa oggetti in modo che perdano la connessione con il reale”. Un linguaggio peculiare, eppure nato per caso, quando in mancanza del teleobiettivo il giovane fotografo prese l’abitudine di ritagliare parti delle sue composizioni: “Una limitazione che ha generato un tratto distintivo”, commenta Mestrovich: “Negli anni il linguaggio di Fontana si è costantemente rinnovato nel segno dell’astrazione”.
Franco Fontana, Los Angeles, 1979 | © Studio Fontana
Ne osserviamo gli sviluppi proseguendo lungo l’itinerario della mostra, accompagnati dalla colonna sonora originale composta da Ivano Giordano per l’occasione e disponibile su YouTube: dai Paesaggi urbani - scorci di New York, Los Angeles, San Francisco che sembrano scene metafisiche - agli Asfalti, dove le strade di mezzo mondo si trasfigurano rivelando qualità estetiche insospettabili.
Franco Fontana, Spagna, 1985 | © Studio Fontana
L’ultima sezione, Paesaggi, racconta la ricerche di Fontana sul paesaggio naturale durante i suoi viaggi attorno al pianeta, con una predilezione per l’Italia del Sud. Qui il gioco di colori e geometrie raggiunge l’apice: difficile distinguere tra una fotografia e un quadro astratto, mentre la voglia di tuffarcisi dentro diventa irresistibile.
Franco Fontana, Basilicata, 1975 | © Studio Fontana
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