CONTESO UN QUADRO BAROCCO: IL TRIBUNALE ITALIANO DICE NO ALL’ESPORTAZIONE

16/03/2011

WEB: http://www.arcadja.com/artmagazine/it/2011/03/16/conteso-un-quadro-barocco-il-tribunale-italiano-dice-no-allesportazione/


Ha tutta l'aria di un pasticcio il caso che riguarda un prezioso dipinto barocco, attualmente conteso dai legittimi eredi americani e l'Italia. Ci sono tutti gli elementi di un nodo davvero difficile da districare: le ultime volontà di un collezionista, con tanto di clausole, una preda ambita, il trafugamento nazista, il ritrovamento in circostanze poco chiare, un'eredità rivendicata e un'esportazione negata. Al centro della vicenda un magnifico ritratto di Santa Caterina d'Alessandria, realizzato da Bernardo Strozzi intorno al 1615. Neanche a dirlo il dipinto, molto dissimile dall'insignificante paccottiglia parcheggiata solitamente in cantina, gode di un ottimo stato di conservazione e di un certo valore artistico ed economico, tutte valide motivazioni che lo eleggono a vero oggetto dei desideri. Inoltre la sua lunga storia e la sua situazione complessa possono fornire facili alibi e cavilli cui aggrapparsi pur di accaparrarselo.
Tutto ha avuto inizio circa cent'anni fa, quando la pregiata tela di Strozzi venne acquistata a Firenze da Charles Alexander Loeser, uno studioso e collezionista americano che dal 1888 si trasferì  nel capoluogo toscano. Lì l'illuminato mecenate, intenditore ed appassionato soprattutto di arte italiana, servendosi del suo intuito lungimirante e quasi profetico, iniziò a raccogliere una serie di opere - alcune di insospettabile valore, allora -  oggi eccezionali pezzi da museo come i Cézanne donati alla Casa Bianca.
Il diligente collezionista raccolse circa mille pezzi, che radunò dal 1915 nella Villa Torri Gattaia con l'intento, però, di donarli dopo la sua morte, avvenuta nel 1928, in modo che avessero il giusto risalto e che tutti potessero goderne.
Prima di morire, infatti, Loeser decise di lasciare un'importante eredità al nostro Paese, ma con una clausola: i pezzi donati, tra cui la Santa Caterina d'Alessandria in questione, avrebbero dovuto essere valorizzati in una collezione permanente o destinati ad un museo entro due anni, diversamente i beni sarebbero passati di diritto alla sua famiglia.
Philippa Calnan, oggi settantatreenne nipote ed erede dell'intellettuale, reclama il suo quadro dopo anni di ricerche, ma una recente sentenza del Tar lombardo le impedisce di averlo. Cosa è avvenuto, dunque, in questo lungo arco di tempo e cosa separa la Calnan dall'eredità del nonno?
Andando con ordine, in primis il famoso limite di tempo di due anni dalla morte non venne rispettato, tant'è che solo nel 1931, ormai fuori tempo, il governo italiano decise di muoversi: lo Stato firmò una convenzione con il comune di Firenze per amministrare e valorizzare i beni Loeser, ma erano già passati tre anni dal suo decesso.
In secondo luogo, nemmeno il momento storico venne in soccorso alla collezione: i discendenti di Loeser, di famiglia ebrea, furono costretti a scappare in Svizzera a causa delle leggi razziali promulgate durante il fascismo. Villa Torri Gattaia venne occupata dal comando tedesco e le opere ospitate furono sequestrate su ordine del podestà di Firenze, secondo quanto ricostruito dall'avvocato di Philippa Calnan. Quando, poi, iniziò la ritirata tedesca, il maresciallo Von Richthofen trafugò la Santa Caterina e non se ne ebbero più notizie per molti anni. Alla fine del conflitto il padre della Calnan tentò la richiesta di restituzione del dipinto che, però, rimase disattesa: l'opera risultò appartenere ad una lunga lista di beni artistici depredati dai nazisti di cui non si aveva traccia.
La svolta nel 2009: Philippa Calnan venne contattata dalla sede milanese di Sotheby's, poiché un venditore stava per offrire proprio quel capolavoro all'asta, segnalato dai carabinieri del Comando Tutela patrimonio culturale di Monza. L'erede del generoso collezionista, chiaramente intenzionata ad esaudire le ultime volontà del nonno alla lettera e le continue ricerche del padre, è stata anche invitata in Italia per identificare ufficialmente il quadro, che però ora le viene negato. Perché mai dato che non è in discussione il fatto che la signora Calnan sia l'erede di diritto del dipinto, né che l'opera sia stata rubata dai nazisti, fatti ormai assodati?
E qui si arriva al “pasticcio diabolico”, come lo ha definito l'avvocato Pallottino, legale della sfortunata discendente americana. Secondo il tribunale regionale della Lombardia, la famiglia di Loeser avrebbe dovuto riappropriarsi del dipinto entro il 2004, perciò ora è scaduto il termine per tentare di riaverlo. A proposito di scadenze, sembra che nessuno si sia ricordato del termine massimo di due anni vincolante nel testamento di Charles Alexander Loeser. Non solo, evidentemente un problema di memoria persiste anche quando ci si dimentica delle varie rivendicazioni da parte della famiglia del collezionista e del fatto che nel 2004 il quadro risultasse ancora smarrito.
Si inciampa poi nel groviglio legale: nel 2008 la Direzione Generale per i Beni Culturali ha sancito l'interesse storico e artistico dell'opera, quindi sottoposta al vincolo legale italiano che ora ne impedisce l'esportazione all'estero. Philippa Calnan trova questa situazione davvero assurda e, su queste basi, come si può darle torto.
La vicenda poi presenta ancora, innegabilmente, dei punti oscuri: ancora non è chiaro come il quadro sia riapparso, da chi sia stato messo all'asta e dove sia stato nascosto per tutti questi anni, dato che tra l'altro a Firenze, nel museo di Palazzo Vecchio, esiste l'associazione Loeser che, oltre a preoccuparsi della conservazione e divulgazione dei beni donati, promuove la ricerca delle opere disperse dagli eredi. La Procura di Milano prosegue le indagini. Il giallo continua.
Nel frattempo, una notizia: chiunque desideri vedere il dipinto per ora può accontentarsi di una copia, esposta in mostra fino al 27 marzo a Castel Sismondo a Rimini.

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