A Palazzo Medici Riccardi dal 9 febbraio al 19 marzo
Carlo Levi e Firenze. Un incontro da riscoprire in una mostra
Carlo Levi, Autoritratto con Paola, 1937, Olio su tela | Foto: © Riccardo Lodovici
Samantha De Martin
09/02/2023
Firenze - “Mi pareva di essere staccato da ogni cosa, da ogni luogo remotissimo, da ogni determinazione, perduto fuori del tempo”. Scriveva così Carlo Levi dalla Basilicata, quando, nel 1935, un periodo di confino per la sua attività antifascista lo condusse nel paesino di Grassano e successivamente nel piccolo centro di Aliano, in provincia di Matera.
Qui iniziano a forgiarsi nella mente dello scrittore - che preferì il giornalismo e la pittura al mestiere di medico - quelle storie, quei volti, quei personaggi che, otto anni più tardi, avrebbero affollato le pagine del suo romanzo più noto, Cristo si è fermato a Eboli, scritto tra il dicembre del 1943 e il luglio del 1944 a Firenze, mentre viveva nascosto in casa di Anna Maria Ichino, la partigiana generosa che lo accolse nel rifugio di Piazza Pitti 14.
Carlo Levi, Ritratto di Anna Maria Ichino, 1944
Proprio a Firenze, una sorta di potente tela narrativa, lo scrittore imprime volti, storie e personaggi del suo confino a Grassano e ad Aliano, un'esperienza sconvolgente che lo aveva portato alla scoperta di un'Italia “altra”, contadina, magica e arcaica, stretta in un sud che viveva fuori dai tempi della storia e che a fatica riusciva a entrare in contatto con la mitologia imperiale imposta dal fascismo.
La Lucania lo ispirò moltissimo. Non a caso desiderò essere seppellito ad Aliano, nel cimitero in cui spesso la gente lo incontrava con il cavalletto e i colori, per quella che poi era la sua vera professione: fare il pittore.
Adesso quella stessa Firenze che lo accolse dal 1941 al 1945, nel buio periodo degli anni di guerra e dell'occupazione nazista fino alla lotta di Liberazione e alla ripresa della vita pubblica democratica, dedica a Carlo Levi una mostra dal titolo Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea, a cura di Pino Mantovani. Ad ospitare il percorso che abbraccia 34 opere e disegni oltre a una riproduzione del celebre telero Lucania '61 (l’originale è custodito nella Sala Levi del Museo nazionale d'arte medievale e moderna di Matera, a Palazzo Lanfranchi) saranno le Sale Fabiani di Palazzo Medici Riccardi, luogo che accolse le riunioni del Comitato di liberazione nazionale.
Allestimento della mostra Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea a Palazzo Medici Riccardi
La mostra, promossa da Città Metropolitana di Firenze con il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Firenze e Città di Torino, organizzata dalla Fondazione Giorgio Amendola in collaborazione con la Fondazione Carlo Levi, il centro Unesco e l'Associazione MUS.E, accende i riflettori su volti, storie e rapporti scrutati da Levi scrittore e pittore.
“I temi dell'esilio, del confino e del naufragio - sottolinea Valentina Zucchi, curatrice del Museo di Palazzo Medici Riccardi - tessono il racconto visivo di questa mostra: una ricca scelta di dipinti che non solo ricorda l'intenso legame tra Carlo Levi e la città di Firenze ma ci invita a riflettere su valori, fragilità e sfide dell'umanità tuttora profondamente attuali. Le radici e le metamorfosi dell'identità, il senso dei legami, gli aneliti di libertà, il coraggio e la paura del vivere permeano ogni pennellata di Levi, restituendoci la grandezza e la forza di uno dei più alti protagonisti del Novecento italiano”.
Carlo Levi, Paola con l'abito bianco e nero, Olio su tela, 65 x 100 cm | Foto: © Riccardo Lodovici
Tonino, Dietro Grassano, La Strega e il bambino, La figlia scarmigliata della Strega sono solo alcune delle opere in mostra, dipinte durante il confino ad Aliano tra il 1935 e il 1936. Tutt’intorno ondeggia una galleria di volti, la madre, le donne amate e gli amici, la compagna del tempo, l’amata Paola Levi Olivetti, per la quale il pittore decise di trasferirsi a Firenze scartando l'ipotesi di un espatrio in America.
"Nel 2022 - ricorda Pino Mantovani, curatore della mostra - ricorrevano i 120 anni dalla nascita di Carlo Levi. Nel 2022 molte mostre sono state dedicate al pittore, scrittore, intellettuale. È molto importante che questo anno leviano si concluda raccogliendo i risultati delle nuove indagini. Dove questo poteva avvenire meglio che a Firenze? Che fu carissima a Levi, e fondamentale nella sua vicenda, davvero centrale come il luogo dove arrivò a dare un senso definitivo alle straordinarie intuizioni ed esperienze della giovinezza e della prima maturità, da pittore, da scrittore, da uomo, e ad impostare il seguito: vi scrisse fra l’altro Cristo si è fermato a Eboli. Non a caso Carlo Ludovico Ragghianti nel 1948 pose una pietra miliare nella storia di Levi in una mostra significativamente titolata Levi si è fermato a Firenze. Con questa mostra, simbolicamente ma anche fisicamente, Levi torna a Firenze".
Carlo Levi, Ritratto della madre
Dal suo nuovo “confino” fiorentino, l'artista ritrae i rapporti intrecciati con i grandi protagonisti del mondo intellettuale antifascista che si è concentrato a Firenze, dallo scultore Alfieri al pittore Colacicchi, da Montale a Leone Ginzburg. Su questi anni tragici fa capolino un mondo irredento, che il pittore ricorda attraverso l’immagine del capretto scuoiato ne La guerra partigiana o tramite i mucchi di cadaveri giacenti in un presentimento dell’Olocausto.
Per la prima volta sono esposti in una mostra di Carlo Levi anche due dei tre quadri, provenienti da una collezione privata, dipinti per il suo amico scrittore Giuseppe Brancale e il suo romanzo Echi nella valle. Qui il pittore si raffigura con una donna anziana prima della partenza dalla Lucania.
Non mancano i lavori realizzati dopo una serie di viaggi compiuti, agli inizi degli anni Cinquanta, nell’Italia meridionale dove si respira il clima della passione civile, delle lotte dei contadini-operai che reclamano il riscatto sociale. Tradotte sulle tela queste esperienze esplodono in corpi di donne deformati sotto il peso della fatica o in volti di uomini segnati dalla malattia. Ne nasce una pittura che l’osservatore rifiuta per la sua “sgradevolezza”, ma che allo stesso tempo si fa esperienza rendendolo testimone di ciò che sta accadendo. Ed ecco le Contadine rivoluzionarie, Il nonno, la contadina calabrese, ma anche Salvatore Carnevale, il sindacalista siciliano ucciso dalla mafia, e poi il sociologo-attivista della non violenza Danilo Dolci.
Carlo Levi, Dietro Grassano, Olio su tela, 92 x 73 cm
Nella riproduzione del celeberrimo telero Lucania ’61, commissionato all’artista da Mario Soldati per rappresentare la Basilicata nel Padiglione della mostra delle Regioni a Torino durante le celebrazioni per il Centenario dell’Unità d’Italia, si condensa infine la visione leviana della questione meridionale filtrata dalla vicenda di Rocco Scotellaro, “il poeta della libertà contadina”. La riproduzione, in prestito dalla sede della Fondazione Giorgio Amendola e Associazione lucana in Piemonte, a Torino, racchiude il sentimento dell’“esilio” dell’artista, condiviso con i contadini lucani, lo stesso che lo porta a essere ancora una volta vicino agli ultimi, agli emigranti che lasciano la propria casa in cerca di un altrove.
La mostra è aperta da lunedì a domenica dalle 9 alle 19. Chiusa mercoledì.
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• Ritorno a Matera: dalle Collezioni della Banca d'Italia, un dialogo tra Carlo Levi e Luigi Guerricchio
Qui iniziano a forgiarsi nella mente dello scrittore - che preferì il giornalismo e la pittura al mestiere di medico - quelle storie, quei volti, quei personaggi che, otto anni più tardi, avrebbero affollato le pagine del suo romanzo più noto, Cristo si è fermato a Eboli, scritto tra il dicembre del 1943 e il luglio del 1944 a Firenze, mentre viveva nascosto in casa di Anna Maria Ichino, la partigiana generosa che lo accolse nel rifugio di Piazza Pitti 14.
Carlo Levi, Ritratto di Anna Maria Ichino, 1944
Proprio a Firenze, una sorta di potente tela narrativa, lo scrittore imprime volti, storie e personaggi del suo confino a Grassano e ad Aliano, un'esperienza sconvolgente che lo aveva portato alla scoperta di un'Italia “altra”, contadina, magica e arcaica, stretta in un sud che viveva fuori dai tempi della storia e che a fatica riusciva a entrare in contatto con la mitologia imperiale imposta dal fascismo.
La Lucania lo ispirò moltissimo. Non a caso desiderò essere seppellito ad Aliano, nel cimitero in cui spesso la gente lo incontrava con il cavalletto e i colori, per quella che poi era la sua vera professione: fare il pittore.
Adesso quella stessa Firenze che lo accolse dal 1941 al 1945, nel buio periodo degli anni di guerra e dell'occupazione nazista fino alla lotta di Liberazione e alla ripresa della vita pubblica democratica, dedica a Carlo Levi una mostra dal titolo Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea, a cura di Pino Mantovani. Ad ospitare il percorso che abbraccia 34 opere e disegni oltre a una riproduzione del celebre telero Lucania '61 (l’originale è custodito nella Sala Levi del Museo nazionale d'arte medievale e moderna di Matera, a Palazzo Lanfranchi) saranno le Sale Fabiani di Palazzo Medici Riccardi, luogo che accolse le riunioni del Comitato di liberazione nazionale.
Allestimento della mostra Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea a Palazzo Medici Riccardi
La mostra, promossa da Città Metropolitana di Firenze con il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Firenze e Città di Torino, organizzata dalla Fondazione Giorgio Amendola in collaborazione con la Fondazione Carlo Levi, il centro Unesco e l'Associazione MUS.E, accende i riflettori su volti, storie e rapporti scrutati da Levi scrittore e pittore.
“I temi dell'esilio, del confino e del naufragio - sottolinea Valentina Zucchi, curatrice del Museo di Palazzo Medici Riccardi - tessono il racconto visivo di questa mostra: una ricca scelta di dipinti che non solo ricorda l'intenso legame tra Carlo Levi e la città di Firenze ma ci invita a riflettere su valori, fragilità e sfide dell'umanità tuttora profondamente attuali. Le radici e le metamorfosi dell'identità, il senso dei legami, gli aneliti di libertà, il coraggio e la paura del vivere permeano ogni pennellata di Levi, restituendoci la grandezza e la forza di uno dei più alti protagonisti del Novecento italiano”.
Carlo Levi, Paola con l'abito bianco e nero, Olio su tela, 65 x 100 cm | Foto: © Riccardo Lodovici
Tonino, Dietro Grassano, La Strega e il bambino, La figlia scarmigliata della Strega sono solo alcune delle opere in mostra, dipinte durante il confino ad Aliano tra il 1935 e il 1936. Tutt’intorno ondeggia una galleria di volti, la madre, le donne amate e gli amici, la compagna del tempo, l’amata Paola Levi Olivetti, per la quale il pittore decise di trasferirsi a Firenze scartando l'ipotesi di un espatrio in America.
"Nel 2022 - ricorda Pino Mantovani, curatore della mostra - ricorrevano i 120 anni dalla nascita di Carlo Levi. Nel 2022 molte mostre sono state dedicate al pittore, scrittore, intellettuale. È molto importante che questo anno leviano si concluda raccogliendo i risultati delle nuove indagini. Dove questo poteva avvenire meglio che a Firenze? Che fu carissima a Levi, e fondamentale nella sua vicenda, davvero centrale come il luogo dove arrivò a dare un senso definitivo alle straordinarie intuizioni ed esperienze della giovinezza e della prima maturità, da pittore, da scrittore, da uomo, e ad impostare il seguito: vi scrisse fra l’altro Cristo si è fermato a Eboli. Non a caso Carlo Ludovico Ragghianti nel 1948 pose una pietra miliare nella storia di Levi in una mostra significativamente titolata Levi si è fermato a Firenze. Con questa mostra, simbolicamente ma anche fisicamente, Levi torna a Firenze".
Carlo Levi, Ritratto della madre
Dal suo nuovo “confino” fiorentino, l'artista ritrae i rapporti intrecciati con i grandi protagonisti del mondo intellettuale antifascista che si è concentrato a Firenze, dallo scultore Alfieri al pittore Colacicchi, da Montale a Leone Ginzburg. Su questi anni tragici fa capolino un mondo irredento, che il pittore ricorda attraverso l’immagine del capretto scuoiato ne La guerra partigiana o tramite i mucchi di cadaveri giacenti in un presentimento dell’Olocausto.
Per la prima volta sono esposti in una mostra di Carlo Levi anche due dei tre quadri, provenienti da una collezione privata, dipinti per il suo amico scrittore Giuseppe Brancale e il suo romanzo Echi nella valle. Qui il pittore si raffigura con una donna anziana prima della partenza dalla Lucania.
Non mancano i lavori realizzati dopo una serie di viaggi compiuti, agli inizi degli anni Cinquanta, nell’Italia meridionale dove si respira il clima della passione civile, delle lotte dei contadini-operai che reclamano il riscatto sociale. Tradotte sulle tela queste esperienze esplodono in corpi di donne deformati sotto il peso della fatica o in volti di uomini segnati dalla malattia. Ne nasce una pittura che l’osservatore rifiuta per la sua “sgradevolezza”, ma che allo stesso tempo si fa esperienza rendendolo testimone di ciò che sta accadendo. Ed ecco le Contadine rivoluzionarie, Il nonno, la contadina calabrese, ma anche Salvatore Carnevale, il sindacalista siciliano ucciso dalla mafia, e poi il sociologo-attivista della non violenza Danilo Dolci.
Carlo Levi, Dietro Grassano, Olio su tela, 92 x 73 cm
Nella riproduzione del celeberrimo telero Lucania ’61, commissionato all’artista da Mario Soldati per rappresentare la Basilicata nel Padiglione della mostra delle Regioni a Torino durante le celebrazioni per il Centenario dell’Unità d’Italia, si condensa infine la visione leviana della questione meridionale filtrata dalla vicenda di Rocco Scotellaro, “il poeta della libertà contadina”. La riproduzione, in prestito dalla sede della Fondazione Giorgio Amendola e Associazione lucana in Piemonte, a Torino, racchiude il sentimento dell’“esilio” dell’artista, condiviso con i contadini lucani, lo stesso che lo porta a essere ancora una volta vicino agli ultimi, agli emigranti che lasciano la propria casa in cerca di un altrove.
La mostra è aperta da lunedì a domenica dalle 9 alle 19. Chiusa mercoledì.
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