Quando l’arte ispira la moda

A Venezia Coco Chanel, “La donna che legge”

Jean Cocteau, Coco Chanel, 1930 circa. Disegno a maitita 48x32,5 cm. Collezione Stéphane Dermit, deposito presso la casa Jean Cocteau, Milly-la-Forêt.  © ADAGP Paris, 2016. “Con la gentile autorizzazione di Pierre Berger, Presidente del Comitato Jean Cocteau”
 

Eleonora Zamparutti

09/09/2016

Giunge a Venezia a Ca’ PesaroLa donna che legge”, il settimo capitolo della saga itinerante Culture Chanel, una serie di appuntamenti tematici volti a celebrare il processo di mitizzazione della storica maison parigina e della sua fondatrice, Gabrielle Chanel, sotto un’unica regia del direttore artistico Jean-Louis Forment.
 
Dopo le puntate di Mosca nel 2007 (Museo Statale delle Belle Arti Puškin), Shanghai (Museum of Contemporary Art) e Pechino (National Art Museum of China) nel 2011, Canton (Opera House) e Parigi (Palais de Tokyo) nel 2013, Seul (Dongdaemun Design Plaza) nel 2014, è la volta della città lagunare che tanto ispirò la creatrice del Novecento, e che si appresta a dischiudere e a contenere al tempo stesso l’universo intimo e solitario delle letture di M.me Chanel, regalando al pubblico una versione originale di quel bel romanzo che fu la sua vita attraverso una selezione dei volumi presenti nella biblioteca di 31, Rue Cambon, abitazione di Coco e storica sede della casa di moda.
 
La donna che legge leggeva davvero: Venezia si presta a una galoppata letteraria lungo i secoli dall’antichità al Novecento, mettendo in mostra opere di Sofocle, Virgilio, Rabelais, Shakespeare, Montaigne, Baudelaire, Verlaine, Rilke, Proust, Apollinaire e Mallarmé che insieme a tante altre abitavano gli scaffali della casa e l’immaginario della celebre creatrice di moda, rispondendo al suo bisogno di affermazione della propria visione del mondo.
Ma è alla poesia che Gabrielle Chanel era particolarmente affezionata: suoi cari amici erano Jean Cocteau, Max Jacob, Pierre Reverdy con i quali ebbe scambi di poemi e lettere.
 
Gabrielle Chanel conobbe Jean Cocteau nel 1917 a casa dell’attrice Cécile Sorel. Poeta e artista, Cocteau introdusse Gabrielle Chanel alla creazione contemporanea e le presentò alcuni dei maggiori artisti della sua epoca. Nel 1924 M.me Chanel realizzò i costumi del balletto Le Train Bleu il cui libretto era di Jean Cocteau, la musica di Darius Milhaud e le scenografie di Pablo Picasso.
 
In quegli anni a Parigi  M.me Chanel entrò anche in contatto con i principali protagonisti del movimento Dada, Tristan Tzara e Francis Picabia. Laboratorio di nuove forme di scrittura poetica e nel campo dell’arte, il movimento Dada esercitò ad esempio una forte influenza nell’estetica radicale dell’etichetta del flacone N° 5, il primo profumo della maison lanciato nel 1921. 
 
Una mostra d’arte singolare, quella allestita nelle sale di Ca’ Pesaro dal 17 settembre all’8 gennaio 2017, che si presenta come una specie di viaggio nella mente e nella fantasia creativa di un personaggio realmente vissuto. Oltre ai libri oltre 350 oggetti d’arte provenienti dal suo appartamento parigino.
Ne viene fuori un ritratto di eroina del suo tempo: Gabrielle Chanel ha forgiato la propria persona nutrendosi dei grandi classici della letteratura e al tempo stesso ha saputo, con grande capacità di sintesi, farsi interprete e autrice nella moda e nello stile delle tendenze che si manifestavano a quel tempo nelle varie discipline dell’arte, dalla letteratura alla poesia, alla pittura, al teatro vivendo a stretto contatto con artisti e letterati della sua epoca.
 
Roland Barthes sosteneva che il nome di Coco Chanel sarebbe dovuto comparire nelle pagine dei libri di storia della letteratura del nostro tempo. Una scrittrice armata di ago e stoffe, anziché di carta e penna, “elegante come Racine, giansenista comme Pascal (che lei cita), filosofa come La Rochefoucauld (che imita lei stessa dando delle massime), sensibile come Madame de Sévigné…”.

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