Arti del colore, artigianato, produzione tessile
Cluny
14/11/2001
La prima sezione del museo parigino si occupa di quelle che vengono definite arti del colore, ovvero miniature, affreschi, vetrate e pittura su tela.
L’idea di unificarle in un’unica sezione deriva dalla considerazione che queste applicazioni sono accomunate dalla colorazione di una composizione disegnata su supporto piano, ad eccezione forse della vetrata che richiede anche procedimenti di cottura nel forno e successivi ritocchi.
Queste arti richiedevano una certa divisione dei compiti (come viene evidenziato nelle sale) nella scelta e preparazione dei colori, del supporto, della riproduzione del cartone, fino ad arrivare all’esecutore materiale.
I grandi cantieri delle cattedrali avevano questa divisione, così come le botteghe dei copisti nei monasteri e quelle dei grandi pittori su vetro.
Nel Trecento mentre in Italia era predominante la pittura a tempera, con l’utilizzo di leganti a base d’uovo per i colori nelle Fiandre si andava affermando l’innovazione fondamentale che caratterizzerà l’arte di fine Medioevo: la pittura a olio.
Tra le opere conservate, provenienti principalmente dalla Francia, vanno segnalate le vetrate della Sainte Chapelle con le storie dell’Antico Testamento ordinate da San Luigi e quelle della chiesa dei Francescani di Colmar caratterizzate da colori molto vivaci e motivi floreali ripetuti.
Nella sezione dei dipinti su legno si trovano tavole provenienti dalla Germania, dalla Francia e dall’Inghilterra, la maggior parte dei quali risalenti al secolo XIV.
Uno dei temi privilegiati dalla devozione tardo medievale era quello della Pietà, come evidenziato da numerosi dipinti provenienti per lo più da botteghe di scuola fiamminga.
Se le opere d’arte più importanti vengono ricondotte all’ambito sacro e i loro committenti erano principalmente ordini monastici, clero secolare o confraternite, non bisogna dimenticare che a dominare il mercato dell’arte a quel tempo erano gli oggetti finalizzati ad un uso pratico e di carattere più artigianale. Sono quindi esposti numerosi manufatti in ceramica, cuoio, legno e metalli e gli attrezzi usati per realizzarli come le matrici per i sigilli e per il cuoio.
La tecnica di lavorazione dei metalli permetteva di realizzare colate solo per i metalli più fondenti così i lavori di forgiatura, conio e sbalzo rimanevano appannaggio dei fabbri tradizionali. Tra le opere qui più significative ricordiamo una serie di strumenti per il calcolo delle imposte sui prodotti agricoli, come le misure per le decime o la raccolta di pesi provenienti dalla città di Tolosa.
Di notevole fattura alcuni cofanetti in legno e metallo e di staordinario valore storico la tavola dei punzoni di Rouen, utilizzata per il controllo dell’attività degli orefici.
L'itinerario del museo prosegue poi con la sezione dei tessili, ambito di straordinaria importanza per tutto il medioevo, talmente ricca da costringere la direzione del museo alla rotazione per rendere visibili tutte le opere conservate.
Spesso i tessuti erano una sorta di "status symbol" e i rapporti commerciali delle grandi famiglie mercantili con l’Oriente permisero una grande diffusione tra i nobili europei di sete a broccato, broccati, damaschi e lampassi.
Accanto ai tessuti orientali troviamo capolavori dei maestri tessitori italiani, specie della grande produzione siciliana sviluppata da Ruggero II, inglesi, così famosi da definire "opus anglicanum” la loro tecnica, e fiamminghi.
Gli arazzi di Sant’Etienne, dalla cattedrale di Auxerre, lasciano il visitatore a bocca aperta: si tratta di dodici pezzi intessuti con fili di seta e di lana nei quali sono rappresentate scene della Leggenda dorata.
La produzione di arazzi di gran lusso divenne nel XV secolo un segno distintivo del prestigio sociale raggiunto da una famiglia, innescando un processo di committenze private di largo respiro, come dimostra la serie della Dama e il Liocorno, splendida per l’armonia e la gamma dei colori.
Si tratta di sei pezzi, i primi cinque dei quali rappresentano un tema classico dell’iconografia medievale, i cinque sensi, e il sesto di interpretazione discordante, intitolato “Per mio solo desiderio” e in diretto collegamento con il tema filosofico del libero arbitrio.
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