Prossimo appuntamento: 22 e 23 aprile a Volterra
Con Toscani e Crepet a lezione di fotografia
Foto del gruppo Masterclass di Rimini. Courtesy of “Neverendig Photo Masterclass”
Samantha De Martin
20/03/2017
“Si è mai chiesta perché molti sono portati a spogliarsi con maggiore facilità davanti a una macchina fotografica piuttosto che in assenza di un obiettivo?”. Esordisce così Oliviero Toscani - l'artista dalla rivoluzionaria forza creativa, noto a livello internazionale per aver cambiato il mondo della fotografia e della pubblicità - quando si sfiorano le corde della straordinaria capacità introspettiva della fotografia. Una capacità misteriosa, scaturita forse dal suo fascino ammaliante, sviscerata e approfondita nel ciclo di workshop Neverendig Photo Masterclass che si terrà in diverse città d'Italia e del mondo - in spazi decisamente inusuali - avvalendosi della collaborazione dello psichiatra Paolo Crepet.
“La fotografia è il medium per eccellenza di quell'enorme pubblicità che il mondo fa di sé costringendo la nostra immaginazione a impegnarsi, le nostre passioni a travestirsi, la nostra morale ed etica a domandarsi” confessa Toscani spiegando il significato del suo ciclo di workshop.
Dopo Rimini, il prossimo appuntamento dal titolo Vento e follia si terrà a Volterra il 22 e 23 aprile e si svolgerà nei padiglioni dismessi dell'ex ospedale psichiatrico, simbolo della memoria storica della città. Il workshop - articolato in uno shooting fotografico e in lecture tenute dallo stesso Oliviero Toscani, da Paolo Crepet e dal fotografo e giornalista Settimio Benedusi - vedrà protagonisti del prossimo incontro anche alcuni volterrani che si soffermeranno, tra le altre cose, sul significato di “essere normali”.
Vento e follia indaga le intense relazioni tra la specie umana e le condizioni fisico-ambientali proprie del luogo. “Perché alcuni preferiscono fotografare riflessi e altri i tramonti? Ma soprattutto perché alcune donne si sentono a proprio agio davanti a un obiettivo piuttosto che di fronte a un occhio umano?” si chiede Toscani parlando del ciclo di appuntamenti che coinvolgerà illustri personalità del mondo della comunicazione moderna - tra sociologi, psicologi, scrittori - e che sarà soprattutto un'occasione per scoprire un nuovo punto di vista sul mondo dell'immagine, oltre che per confrontarsi con uno dei più influenti protagonisti della fotografia a livello internazionale.
Non usa mezzi termini, anzi si infuria un po', Toscani quando gli si chiede quale utilità possa avere un workshop sulla fotografia nella società dei selfie, in un contesto in cui per scattare una foto basta possedere un telefonino, puntare la fotocamera dello smartphone verso l'oggetto da immortalare e fare clic, senza avere alcuna competenza specifica.
“È sufficiente una matita per fare un'opera d'arte - incalza l'artista vincitore di quattro Leoni d'Oro, del Gran Premio dell'Unesco, del gran Premio di Affichage e insignito di numerosi riconoscimenti da parte degli Art Directors Club di tutto il mondo -. Urge prima essere autori, artisti veri, avere un concetto, qualcosa da dire, percepire ciò che gli altri non sentono. Solo in questo modo è possibile realizzare belle politiche, auto allettanti, buoni programmi. La stessa cosa vale per la fotografia che è un mezzo di comunicazione e non un'arte in sé, che scaturisce da un'autentica capacità di visione di sentimento, di odio, di amore. È per questo che anche con un semplice telefonino è possibile realizzare foto bellissime, vere opere d'arte”.
Così le fotografie di un muro che si sgretola, di un'ombra che entra dalla finestra, di un vetro rotto diventano un'occasione allusiva, che rimanda ad altro.“È per questo motivo - continua Toscani - che ciò che conta non è lo strumento che ho a disposizione per fotografare, ma il fatto di avere un cuore o un cervello che mi consentano ad esempio di rappresentare una guerra anche attraverso una semplice goccia d'acqua sporca”.
L'atto fotografico come proiezione di sé
Ma l'aspetto forse più attraente della fotografia è la capacità di agire come cartina tornasole circa l'identità del suo autore. Ed è proprio questo che spiega la partecipazione di Paolo Crepet al ciclo di incontri organizzati dal fotografo milanese. La presenza dello psichiatra avrà infatti un ruolo importante nell'interpretazione e nell'analisi degli scatti.
“L'atto fotografico - spiega Crepet - è una proiezione di sé, basti pensare all'autoritratto. Nella fotografia è presente il tuo punto di vista, che ha a che fare con una tecnica emotiva legata all'identità del soggetto”.
Ma la fotografia racconta sempre la verità in relazione all'oggetto che descrive e al soggetto che la realizza? E soprattutto, com'è possibile riconoscere quando un autore “mente”?
“In qualunque caso, anche quando è truccata - continua Crepet - la fotografia rivela qualcosa, è portatrice di un significato psicologico enorme, dal momento che ci induce a domandarci cosa abbia spinto l'autore a ritoccare quell'immagine. Si pensi ad esempio al celebre scatto, poi ritenuto un fake, del fotografo Robert Capa, autore della celebre foto che ritrae un miliziano colpito a morte da un proiettile durante la guerra civile spagnola”.
Nel corso dei workshop di Oliviero Toscani, Crepet leggerà le foto scattate da neofiti ed esperti, interpretandole, cercando di svelare cosa si celi realmente dietro uno scatto, compiendo un lavoro che, come lo stesso psichiatra-sociologo confessa “assomiglia a una sorta di brain washing”.
“Utilizzerò le fotografie come le Tavole di Luscher, come uno strumento per indagare la persona - anticipa Crepet -. Nel corso del precedente workshop svoltosi a Rimini, questa indagine ha destato non poco sconcerto tra alcuni partecipanti. Il fotografo, infatti, agisce d'istinto e non immagina minimamente i significati e le ragioni che si celano dietro uno scatto”.
I prossimi appuntamenti di Neverendig Photo Masterclass
Dopo Volterra i seminari di Toscani toccheranno Torino, Milano e Firenze, per scandagliare quella fotografia che, come sostiene l'artista: “È un'attività solitaria, è l'atto che fa diventare la realtà oggetto, riaggregando una ad una tutte le sue dimensioni: la forma, il rilievo, il movimento, l'emozione, l'idea, il senso, il desiderio. Il soggetto o l'oggetto deve essere fissato, guardato intensamente e immobilizzato dallo sguardo. Non è lui che deve posare, è il fotografo che deve trattenere il suo respiro per fare il vuoto nel tempo e nel corpo”.
“La fotografia è il medium per eccellenza di quell'enorme pubblicità che il mondo fa di sé costringendo la nostra immaginazione a impegnarsi, le nostre passioni a travestirsi, la nostra morale ed etica a domandarsi” confessa Toscani spiegando il significato del suo ciclo di workshop.
Dopo Rimini, il prossimo appuntamento dal titolo Vento e follia si terrà a Volterra il 22 e 23 aprile e si svolgerà nei padiglioni dismessi dell'ex ospedale psichiatrico, simbolo della memoria storica della città. Il workshop - articolato in uno shooting fotografico e in lecture tenute dallo stesso Oliviero Toscani, da Paolo Crepet e dal fotografo e giornalista Settimio Benedusi - vedrà protagonisti del prossimo incontro anche alcuni volterrani che si soffermeranno, tra le altre cose, sul significato di “essere normali”.
Vento e follia indaga le intense relazioni tra la specie umana e le condizioni fisico-ambientali proprie del luogo. “Perché alcuni preferiscono fotografare riflessi e altri i tramonti? Ma soprattutto perché alcune donne si sentono a proprio agio davanti a un obiettivo piuttosto che di fronte a un occhio umano?” si chiede Toscani parlando del ciclo di appuntamenti che coinvolgerà illustri personalità del mondo della comunicazione moderna - tra sociologi, psicologi, scrittori - e che sarà soprattutto un'occasione per scoprire un nuovo punto di vista sul mondo dell'immagine, oltre che per confrontarsi con uno dei più influenti protagonisti della fotografia a livello internazionale.
Non usa mezzi termini, anzi si infuria un po', Toscani quando gli si chiede quale utilità possa avere un workshop sulla fotografia nella società dei selfie, in un contesto in cui per scattare una foto basta possedere un telefonino, puntare la fotocamera dello smartphone verso l'oggetto da immortalare e fare clic, senza avere alcuna competenza specifica.
“È sufficiente una matita per fare un'opera d'arte - incalza l'artista vincitore di quattro Leoni d'Oro, del Gran Premio dell'Unesco, del gran Premio di Affichage e insignito di numerosi riconoscimenti da parte degli Art Directors Club di tutto il mondo -. Urge prima essere autori, artisti veri, avere un concetto, qualcosa da dire, percepire ciò che gli altri non sentono. Solo in questo modo è possibile realizzare belle politiche, auto allettanti, buoni programmi. La stessa cosa vale per la fotografia che è un mezzo di comunicazione e non un'arte in sé, che scaturisce da un'autentica capacità di visione di sentimento, di odio, di amore. È per questo che anche con un semplice telefonino è possibile realizzare foto bellissime, vere opere d'arte”.
Così le fotografie di un muro che si sgretola, di un'ombra che entra dalla finestra, di un vetro rotto diventano un'occasione allusiva, che rimanda ad altro.“È per questo motivo - continua Toscani - che ciò che conta non è lo strumento che ho a disposizione per fotografare, ma il fatto di avere un cuore o un cervello che mi consentano ad esempio di rappresentare una guerra anche attraverso una semplice goccia d'acqua sporca”.
L'atto fotografico come proiezione di sé
Ma l'aspetto forse più attraente della fotografia è la capacità di agire come cartina tornasole circa l'identità del suo autore. Ed è proprio questo che spiega la partecipazione di Paolo Crepet al ciclo di incontri organizzati dal fotografo milanese. La presenza dello psichiatra avrà infatti un ruolo importante nell'interpretazione e nell'analisi degli scatti.
“L'atto fotografico - spiega Crepet - è una proiezione di sé, basti pensare all'autoritratto. Nella fotografia è presente il tuo punto di vista, che ha a che fare con una tecnica emotiva legata all'identità del soggetto”.
Ma la fotografia racconta sempre la verità in relazione all'oggetto che descrive e al soggetto che la realizza? E soprattutto, com'è possibile riconoscere quando un autore “mente”?
“In qualunque caso, anche quando è truccata - continua Crepet - la fotografia rivela qualcosa, è portatrice di un significato psicologico enorme, dal momento che ci induce a domandarci cosa abbia spinto l'autore a ritoccare quell'immagine. Si pensi ad esempio al celebre scatto, poi ritenuto un fake, del fotografo Robert Capa, autore della celebre foto che ritrae un miliziano colpito a morte da un proiettile durante la guerra civile spagnola”.
Nel corso dei workshop di Oliviero Toscani, Crepet leggerà le foto scattate da neofiti ed esperti, interpretandole, cercando di svelare cosa si celi realmente dietro uno scatto, compiendo un lavoro che, come lo stesso psichiatra-sociologo confessa “assomiglia a una sorta di brain washing”.
“Utilizzerò le fotografie come le Tavole di Luscher, come uno strumento per indagare la persona - anticipa Crepet -. Nel corso del precedente workshop svoltosi a Rimini, questa indagine ha destato non poco sconcerto tra alcuni partecipanti. Il fotografo, infatti, agisce d'istinto e non immagina minimamente i significati e le ragioni che si celano dietro uno scatto”.
I prossimi appuntamenti di Neverendig Photo Masterclass
Dopo Volterra i seminari di Toscani toccheranno Torino, Milano e Firenze, per scandagliare quella fotografia che, come sostiene l'artista: “È un'attività solitaria, è l'atto che fa diventare la realtà oggetto, riaggregando una ad una tutte le sue dimensioni: la forma, il rilievo, il movimento, l'emozione, l'idea, il senso, il desiderio. Il soggetto o l'oggetto deve essere fissato, guardato intensamente e immobilizzato dallo sguardo. Non è lui che deve posare, è il fotografo che deve trattenere il suo respiro per fare il vuoto nel tempo e nel corpo”.
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