Fino al 14 gennaio 2024 in una grande mostra
Dieric Bouts, un Primitivo nel XXI secolo
Dieric Bouts, La caduta dei dannati, 1450 circa, RMN-Grand Palais (Palais des Beaux-Arts de Lille, Lille)
Francesca Grego
15/10/2023
Come un fotografo dall’occhio esperto, che consegna a folle di follower e tifosi le immagini di celebrity e di atleti all’acme delle loro imprese. O un designer di videogame in VR, capace di farci vivere con incredibile realismo un’avventura a tre dimensioni. O ancora un regista cinematografico, che guida il nostro sguardo lungo le trame di un racconto avvincente, proiettandolo in mondi mai visti e forse mai esistiti. Se Dieric Bouts fosse vivo oggi, sarebbe un fuoriclasse dei linguaggi del contemporaneo. I numeri li aveva già nel Quattrocento.
È la tesi di DIERIC BOUTS. CREATORE DI IMMAGINI, la grande mostra che, fino al 14 gennaio 2024, celebra il maestro fiammingo nella sua città d’elezione, Lovanio. Per la prima volta quasi 30 dipinti di Bouts sono riuniti nel capoluogo del Brabante, dove l’artista trascorse gran parte dei suoi giorni e realizzò i suoi capolavori più significativi. Un evento per tutta la città, che in onore del pittore si anima nel Festival New Horizons, con appuntamenti a tema dedicati all’arte, alla musica, al teatro.
Dieric Bouts, L'Ultima Cena, Dettaglio, 1464-1468, M Leuven / Collegiata di San Pietro, Lovanio | Foto: artinflanders.be, Dominique Provost
Il più inafferrabile dei Primitivi fiamminghi riemerge dunque dalle profondità dei secoli, per svelarsi in tutta la sua attualità. Nel progetto del museo M Leuven, le preziose tavole del “pittore del silenzio” si confrontano con il lavoro dei creativi contemporanei, gettando nuova luce sull’autore. Non manca all’appuntamento l’Ultima Cena, capolavoro assoluto di Bouts e attesa guest star della mostra, che per l’occasione ha lasciato la Collegiata di San Pietro, splendida architettura del centro brabantino.
Dimentichiamo lo stereotipo del genio fuori dagli schemi. Se vogliamo essere rigorosi, come sottolinea il curatore Peter Carpreau, ai tempi di Bouts nelle Fiandre un pittore non era nemmeno considerato un artista. Creatore di immagini, recita invece il titolo dell’esposizione, che del Maestro fiammingo evidenzia le qualità di innovatore, ma anche la capacità di rappresentare il suo tempo, la sua città e il suo ambiente, di connettersi con il pubblico interpretandone valori e desideri. Proprio come un fotografo o un regista oggi.
A svelare i trucchi del mestiere nascosti dietro i dipinti di Dieric Bouts, i meccanismi psicologici usati per conquistare gli spettatori o i limiti insiti nel lavoro creativo oggi come allora, all’M Leuven sono fumettisti, grafici, sviluppatori di videogame, professionisti del cinema e della fotografia: le opere del Maestro dialogano con gli storyboard originali di Guerre Stellari, con i ritratti di Eddy Merckx e di Beyoncé, con i film di Pasolini e di Gust Van den Berghe. Su quali basi? È presto detto.
Dieric Bouts, Ecce Agnus Dei, 1500 - 1520 | © Staatliche Museen zu Berlin / Gemäldegalerie, Berlin | Foto: Christoph Schmidt
Sei capitoli compongono il percorso della mostra di Lovanio: cinque dedicati alle principali innovazioni di Bouts, ciascuno corredato con un Fast Forward animato dalle voci di creativi contemporanei, e il finale incentrato sull’Ultima Cena, il capolavoro che ne rappresenta la summa. Nella Sezione Paesaggio, per esempio, scopriamo come l’artista abbia introdotto in pittura “effetti speciali” mai visti prima, capaci di conferire allo spazio del quadro una profondità inedita.
Nel Quattrocento guardare la tavola Ecce Agnus Dei deve aver provocato nel pubblico reazioni simili a quelle viste agli albori del cinema, quando la locomotiva in corsa dei fratelli Lumière mise in fuga gli spettatori parigini. I paesaggi dipinti da Bouts, inoltre, sono quasi sempre estranei alla natura delle Fiandre: solleticano il desiderio di esplorare luoghi lontani o addirittura ultraterreni, come nel dittico Inferno e Paradiso: un elemento che li avvicina ai moderni film di fantascienza, ed ecco spiegata la presenza degli storyboard originali di George Lucas per Star Wars.
Erik Tiemens, Geonosis Tower, Exterior Envisronment, Star Wars Attack of the Clones, 2002, Digital concept art | © Lucas Museum of Narrative Art, Los Angeles
Altrettanto arditi sono gli accostamenti presentati nella Sezione Ritratto, dove il sacro si declina in chiave contemporanea con le icone dello sport e dello spettacolo. Tra le immagini più richieste nelle Fiandre del Quattrocento c’era il Volto di Cristo, che Bouts dipinse in diverse versioni: il commovente L'Uomo dei Dolori è una delle sue opere più famose. In mostra lo troviamo accostato ai ritratti fotografici di celebri atleti, scelte dai fotografi Jasper Jacobs e Sebastian Steveniers. “Il Volto di Cristo mostrava quanto profondamente Gesù avesse sofferto per l’umanità, affinché lo spettatore potesse condividere quella sofferenza”, spiega il curatore: “Questo è esattamente il modo in cui i fotografi sportivi ritraggono gli atleti oggi. Restiamo in silenziosa adorazione delle loro performance epiche, di uno sforzo fisico sovrumano. E alla fine il vincitore, a braccia aperte, taglia il traguardo come un eroe”.
Ma l’elemento che più colpisce nei dipinti di Bouts è il particolareggiato realismo. Da un lato, a sostenere il pittore di Lovanio nella sua missione è l’uso della prospettiva matematica, che fu tra i primi ad adottare nelle Fiandre. All’M Leuven l’effetto immersivo di questa scoperta è paragonato a quello della realtà virtuale nei videogame. In secondo luogo, Bouts cala i soggetti sacri nella realtà quotidiana, arricchendoli di una miriade di dettagli che, da Erwin Panofsky in poi, gli storici dell’arte hanno interpretato tendenzialmente in chiave simbolica. Tuttavia, si legge nella presentazione della mostra, “a volte un panino è solo un panino”: come oggi molti registi di cinema o teatro, Bouts ambienta le scene sacre nella propria epoca, con un vasto corredo di oggetti e costumi, “semplicemente per creare un'atmosfera contemporanea”, creando così un ponte tra passato e presente.
Dieric Bouts, L'Uomo dei Perdoni, 1470 circa, M Leuven | Foto: artinflanders.be, Cedric Verhels
Ed eccoci arrivati al gran finale, il capolavoro dell’Ultima Cena, che condensa i contenuti dell’esposizione in tre tavole mirabilmente dipinte. Non è necessario essere esperti dei Vangeli per notare che il pannello centrale - con Gesù che spezza il pane tra i 12 apostoli - è un po’ troppo affollato. Gli intrusi sono presumibilmente i committenti del dipinto: la Lega del Santissimo Sacramento. Le tavole laterali evidenziano quanto fossero innovativi i paesaggi di Bouts. Il pannello della Raccolta della Manna riassume le tecniche usate dal Maestro per rendere l’effetto di profondità: il repoussoir, la prospettiva atmosferica, la strada come elemento di attrazione e guida nell’esplorazione del dipinto. Ma ciò che forse colpisce maggiormente è l’effetto drammatico dell'apertura tra le nuvole, dove Dio appare come meta finale di ogni viaggio.
La pala d’altare era destinata alla Cappella del Santissimo Sacramento della Collegiata di San Pietro. Il Grote Markt, tra i luoghi più caratteristici del capoluogo brabantino, fa capolino dagli archi ogivali delle finestre del Cenacolo. Invece che l'Agnello pasquale, c’è un piatto vuoto con del sugo di carne bruno. Al posto dei calici, bicchieri di foggia moderna. Non siamo a Gerusalemme nel 33, ma a Lovanio nel 1465. La Lovanio di Dieric Bouts.
Dieric Bouts, L'Ultima Cena, Particolare, 1464-1468, M Leuven / Chiesa di San Pietro, Lovanio | Foto: artinflanders.be, Dominique Provost
È la tesi di DIERIC BOUTS. CREATORE DI IMMAGINI, la grande mostra che, fino al 14 gennaio 2024, celebra il maestro fiammingo nella sua città d’elezione, Lovanio. Per la prima volta quasi 30 dipinti di Bouts sono riuniti nel capoluogo del Brabante, dove l’artista trascorse gran parte dei suoi giorni e realizzò i suoi capolavori più significativi. Un evento per tutta la città, che in onore del pittore si anima nel Festival New Horizons, con appuntamenti a tema dedicati all’arte, alla musica, al teatro.
Dieric Bouts, L'Ultima Cena, Dettaglio, 1464-1468, M Leuven / Collegiata di San Pietro, Lovanio | Foto: artinflanders.be, Dominique Provost
Il più inafferrabile dei Primitivi fiamminghi riemerge dunque dalle profondità dei secoli, per svelarsi in tutta la sua attualità. Nel progetto del museo M Leuven, le preziose tavole del “pittore del silenzio” si confrontano con il lavoro dei creativi contemporanei, gettando nuova luce sull’autore. Non manca all’appuntamento l’Ultima Cena, capolavoro assoluto di Bouts e attesa guest star della mostra, che per l’occasione ha lasciato la Collegiata di San Pietro, splendida architettura del centro brabantino.
Dimentichiamo lo stereotipo del genio fuori dagli schemi. Se vogliamo essere rigorosi, come sottolinea il curatore Peter Carpreau, ai tempi di Bouts nelle Fiandre un pittore non era nemmeno considerato un artista. Creatore di immagini, recita invece il titolo dell’esposizione, che del Maestro fiammingo evidenzia le qualità di innovatore, ma anche la capacità di rappresentare il suo tempo, la sua città e il suo ambiente, di connettersi con il pubblico interpretandone valori e desideri. Proprio come un fotografo o un regista oggi.
A svelare i trucchi del mestiere nascosti dietro i dipinti di Dieric Bouts, i meccanismi psicologici usati per conquistare gli spettatori o i limiti insiti nel lavoro creativo oggi come allora, all’M Leuven sono fumettisti, grafici, sviluppatori di videogame, professionisti del cinema e della fotografia: le opere del Maestro dialogano con gli storyboard originali di Guerre Stellari, con i ritratti di Eddy Merckx e di Beyoncé, con i film di Pasolini e di Gust Van den Berghe. Su quali basi? È presto detto.
Dieric Bouts, Ecce Agnus Dei, 1500 - 1520 | © Staatliche Museen zu Berlin / Gemäldegalerie, Berlin | Foto: Christoph Schmidt
Sei capitoli compongono il percorso della mostra di Lovanio: cinque dedicati alle principali innovazioni di Bouts, ciascuno corredato con un Fast Forward animato dalle voci di creativi contemporanei, e il finale incentrato sull’Ultima Cena, il capolavoro che ne rappresenta la summa. Nella Sezione Paesaggio, per esempio, scopriamo come l’artista abbia introdotto in pittura “effetti speciali” mai visti prima, capaci di conferire allo spazio del quadro una profondità inedita.
Nel Quattrocento guardare la tavola Ecce Agnus Dei deve aver provocato nel pubblico reazioni simili a quelle viste agli albori del cinema, quando la locomotiva in corsa dei fratelli Lumière mise in fuga gli spettatori parigini. I paesaggi dipinti da Bouts, inoltre, sono quasi sempre estranei alla natura delle Fiandre: solleticano il desiderio di esplorare luoghi lontani o addirittura ultraterreni, come nel dittico Inferno e Paradiso: un elemento che li avvicina ai moderni film di fantascienza, ed ecco spiegata la presenza degli storyboard originali di George Lucas per Star Wars.
Erik Tiemens, Geonosis Tower, Exterior Envisronment, Star Wars Attack of the Clones, 2002, Digital concept art | © Lucas Museum of Narrative Art, Los Angeles
Altrettanto arditi sono gli accostamenti presentati nella Sezione Ritratto, dove il sacro si declina in chiave contemporanea con le icone dello sport e dello spettacolo. Tra le immagini più richieste nelle Fiandre del Quattrocento c’era il Volto di Cristo, che Bouts dipinse in diverse versioni: il commovente L'Uomo dei Dolori è una delle sue opere più famose. In mostra lo troviamo accostato ai ritratti fotografici di celebri atleti, scelte dai fotografi Jasper Jacobs e Sebastian Steveniers. “Il Volto di Cristo mostrava quanto profondamente Gesù avesse sofferto per l’umanità, affinché lo spettatore potesse condividere quella sofferenza”, spiega il curatore: “Questo è esattamente il modo in cui i fotografi sportivi ritraggono gli atleti oggi. Restiamo in silenziosa adorazione delle loro performance epiche, di uno sforzo fisico sovrumano. E alla fine il vincitore, a braccia aperte, taglia il traguardo come un eroe”.
Ma l’elemento che più colpisce nei dipinti di Bouts è il particolareggiato realismo. Da un lato, a sostenere il pittore di Lovanio nella sua missione è l’uso della prospettiva matematica, che fu tra i primi ad adottare nelle Fiandre. All’M Leuven l’effetto immersivo di questa scoperta è paragonato a quello della realtà virtuale nei videogame. In secondo luogo, Bouts cala i soggetti sacri nella realtà quotidiana, arricchendoli di una miriade di dettagli che, da Erwin Panofsky in poi, gli storici dell’arte hanno interpretato tendenzialmente in chiave simbolica. Tuttavia, si legge nella presentazione della mostra, “a volte un panino è solo un panino”: come oggi molti registi di cinema o teatro, Bouts ambienta le scene sacre nella propria epoca, con un vasto corredo di oggetti e costumi, “semplicemente per creare un'atmosfera contemporanea”, creando così un ponte tra passato e presente.
Dieric Bouts, L'Uomo dei Perdoni, 1470 circa, M Leuven | Foto: artinflanders.be, Cedric Verhels
Ed eccoci arrivati al gran finale, il capolavoro dell’Ultima Cena, che condensa i contenuti dell’esposizione in tre tavole mirabilmente dipinte. Non è necessario essere esperti dei Vangeli per notare che il pannello centrale - con Gesù che spezza il pane tra i 12 apostoli - è un po’ troppo affollato. Gli intrusi sono presumibilmente i committenti del dipinto: la Lega del Santissimo Sacramento. Le tavole laterali evidenziano quanto fossero innovativi i paesaggi di Bouts. Il pannello della Raccolta della Manna riassume le tecniche usate dal Maestro per rendere l’effetto di profondità: il repoussoir, la prospettiva atmosferica, la strada come elemento di attrazione e guida nell’esplorazione del dipinto. Ma ciò che forse colpisce maggiormente è l’effetto drammatico dell'apertura tra le nuvole, dove Dio appare come meta finale di ogni viaggio.
La pala d’altare era destinata alla Cappella del Santissimo Sacramento della Collegiata di San Pietro. Il Grote Markt, tra i luoghi più caratteristici del capoluogo brabantino, fa capolino dagli archi ogivali delle finestre del Cenacolo. Invece che l'Agnello pasquale, c’è un piatto vuoto con del sugo di carne bruno. Al posto dei calici, bicchieri di foggia moderna. Non siamo a Gerusalemme nel 33, ma a Lovanio nel 1465. La Lovanio di Dieric Bouts.
Dieric Bouts, L'Ultima Cena, Particolare, 1464-1468, M Leuven / Chiesa di San Pietro, Lovanio | Foto: artinflanders.be, Dominique Provost
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