Factory experience

Bob Dylan fotografato da Fred W. McDarrah
14/01/2004
Un’intera sezione di Global Warhol è dedicata ai lavori prodotti tra le mura della Factory. Nasce come laboratorio e diventerà subito terreno fertile per ogni tipo di sperimentazione: dal cinema all’editoria, dal video alla musica alla pittura alla fotografia passando per la moda, la droga, la polizia, gli amori e le avventure di un gruppo di artisti che fecero della loro vita un’esperienza. Un gigantesco loft di Manhattan venne trasformato dal guru Andy Warhol in una fabbrica che rappresentò un momento indimenticabile della storia del secolo scorso. Personaggi i più alternativi, artisti, registi, cantanti, musicisti sono passati di lì lasciando più o meno il loro segno. Qui nacquero prodotti d’arte spregiudicati e d’avanguardia creando mode e plasmando un concetto più che luogo geografico.
Gli intenti erano però assolutamente nobili. Si cercava di far uscire l’arte dal suo inaccessibile territorio e farla assurgere a patrimonio di tutti. In altre parole si cercava di renderla popolare. Un atelier artistico in cui vigeva la divisione del lavoro tipico della società industriale, riprendendo lo schema delle botteghe artigiane rinascimentali. Dunque, nulla di nuovo. E per questo criticato da molti artisti dell’epoca. In realtà la Factory fu anche il tempio in cui nacque la business art e proliferò la mercificazione stessa del prodotto artistico.
David Bowie, Lou Reed, John Cale, la modella Nico e i Velvet Undergound, Paul Morissey, Jean-Michel Basquiat, , Joe Dallesandro, Oliver Stone Jim Morrison, Iggy Pop, Judy Garland, Tennessee Williams, i Rolling Stones, ereditieri di Harvard, Drag Queen e tutta la Swinging London si incontrarono lì tra la proiezione di un corto e interminabili parties. Inutile dire che sesso, droga e rock’roll era l’atmosfera dominante e che la polizia non tardò a fare irruzione più volte.
Ma qui nacquero la rivista inter/VIEW - oggi si chiama Interview - strumento di riflessione sul cinema che virerà presto verso i temi della moda, dell’arte, cultura e vita. Qui si espresse il genio di Paul Morrissey, una delle figure più indipendenti e originali, provocatorie e innovative del cinema americano, vero complementare di Warhol. Qui la modella tedesca Nico si unì ai Velvet Underground, secondo il progetto Exploding Plastic Inevitable Show pensato e provato alla Factory. Ed è proprio qui che nasce un disco simbolo degli anni 60 e 70 The Velvet Underground and Nico prodotto dallo stesso Warhol che curerà anche la copertina del disco. E così il genio diviene imprenditore.
E Qui trovò rifugio la meteora dalla pelle nera Jean-Michel Basquiat, giovane artista scomparso ad appena 28 anni per overdose, che voleva diventare il successore del suo mecenate diventando presto una stella.
E qui si consumò anche un tentato omicidio a carico dello stesso Warhol per mano della superstar Viva che scaricò sul corpo indifeso dell’artista una 32 automatica. Ma Warhol se la cavò.
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