Un capolavoro alle Gallerie dell'Accademia di Venezia

Giorgione: il mondo dopo la Tempesta

Giorgione (Castelfranco Veneto, 1478 circa - Venezia, 1510), Tempesta, 1502-1503, Tempera a uovo e olio di noce su tela, 83 x 73 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
 

Samantha De Martin

02/04/2020

A Gabriele D'Annunzio, Giorgio da Castelfranco - detto "Giorgione" probabilmente per la sua statura fisica - appariva piuttosto "come un mito che come un uomo".
Anche il Vate doveva percepire il carattere sfuggente, inafferrabile e misterioso, tanto dell’artista della scuola veneta, quanto delle sue opere. La celeberrima Tempesta, uno dei quadri più misteriosi della storia dell’arte, ma anche una delle prime rappresentazioni del paesaggio moderno, è una di queste. Un’ode alla magia della natura, in tutta la sua potente, misteriosa bellezza.

Una donna seduta tra gli alberi, con il seno scoperto, è intenta ad allattare un bambino. Non distante da lei c’è un giovane appoggiato a un bastone esile e lungo. Indossa dei calzoni corti, una camicia bianca e un gilet rosso.
Dallo sfondo, oltre il ponticello, sbuca una città, sopra la quale, nel cielo, si addensano nuvole nerissime mentre l’improvviso irrompere di un fulmine - dipinto straordinariamente dall'artista Giorgione - preannuncia l’arrivo di una tempesta, lasciando del tutto indifferenti i due personaggi.
La scena è incorniciata da grandi alberi e cespugli che descrivono delle quinte naturali a destra e a sinistra. Con straordinaria maestria Giorgione tesse il fogliame degli alberi. La luce delle foglie contrasta con lo sfondo scuro delle nuvole.
Il sopraggiungere della tempesta è reso dall’artista mescolando le diverse tonalità di verde, blu, argento, che sembrano, in effetti, riproporre l’atmosfera che si respira prima di un temporale.



Un’opera dal significato ancora oscuro
Tantissimi sono stati, nel tempo, i tentativi degli studiosi di offrire al capolavoro una lettura allegorica, dalle interpretazioni in chiave biblica a quelle di carattere alchemico o mitologico. 
“Questa relazione profonda, vitale, irrazionale tra natura e humanitas costituisce la poesia di Giorgione: una poesia che ha anch'essa la sua determinazione storica nel panteismo naturalistico di Lucrezio” scriveva Giulio Carlo Argan a proposito dell'opera.
Accanto alla donna e al soldato, protagonista della tela è anche l’osservatore che sembra condividere l’idillio di una scena tanto romantica quanto moderna, sublime, soprattutto per la straordinaria carica di mistero che si porta dentro dopo oltre 500 anni.

Quando fu realizzata l’opera e per chi?
Così come il significato, anche la data dell'opera risulta incerta. Oscillerebbe tra il 1503 e il 1510, anno della morte dell’artista. È tuttavia più plausibile pensare la Tempesta sia stata commissionata dall’illustre veneziano Gabriele Vendramin intorno al 1504.
La tela è documentata nella collezione di Vendramin da Marcantonio Michiel nel 1530 e poi negli inventari familiari cinque e seicenteschi. Alla morte del proprietario, il testamento raccomandava agli eredi di non alienare né smembrare per alcuna ragione la raccolta. Richiesta vana, visto che nei secoli successivi la tela sembra sparire dalla circolazione, fino a quando, solo quattro secoli dopo, nel 1932, ricompare nuovamente tra le proprietà del principe Giovannelli, che la vende al comune di Venezia.

Dove si trova oggi?
L’opera si trova oggi nella Sala VIII delle Gallerie dell’Accademia di Venezia.

Madonna, Eva o Sibilla? Chi è la donna che allatta?
Più che quella della Vergine, la donna richiamerebbe, secondo alcuni, l’identità di una zingara, soggetto abbastanza popolare nella storia dell’arte come ricorda la Buona Ventura di Caravaggio o la Zingara di Frans Hals.
Qualcuno avrebbe visto nel giovane la rappresentazione della fortezza e nella donna quella della carità, uniti anche durante le avversità.
Erminio Morenghi identificava la figura femminile come la Sibilla Tiburtina con in braccio il futuro imperatore Carlo V, mentre Massimiliano I d'Asburgo osserva la scena.



Altri hanno intravisto nella giovane il simbolo della città di Padova spogliata di tutto e costretta ad allattare (mantenere) la Serenissima. Gustav Friedrich Hartlaub ipotizzò invece che l'opera potesse avere significati alchemici per la presenza dei quattro elementi: terra, fuoco, acqua e aria.
Salvatore Settis ritenne, invece, che le figure si potessero interpretare come Adamo, con una vanga, ed Eva, intenta ad allattare Caino dopo la cacciata dal Paradiso.

Il fulmine cosa rappresenterebbe?
Secondo la lettura di Settis, il fulmine equivarrebbe alla spada fiammeggiante dell'angelo e al bagliore che questo produce alla presenza inequivocabile di Dio che, adirato con Adamo ed Eva, allontana i peccatori.
La tempesta diverrebbe così una metafora della condizione umana dopo il peccato, alla luce della dottrina cristiana.



Chi si cela dietro il giovane con l’asta?
In primo piano, sulla sinistra, c’è un giovane, forse un soldato, appoggiato a una lancia. Alcuni studiosi ritengono possa trattarsi di un membro della Compagnia della Calza, una confraternita molto popolare al tempo e che era solita organizzare eventi musicali e teatrali a Venezia. Falciani ha proposto di leggere l’iconografia del dipinto in relazione a un poemetto encomiastico della famiglia Vendramin che vedrebbe nel soldato con asta Silvio, secondogenito di Enea, mentre la donna sullo sfondo sarebbe Lavinia.

Un dialogo assente
Il giovane osserva la donna, ma i due non interagiscono. La ragazza, piuttosto, è intenta ad allattare il suo bambino e volge lo sguardo all’osservatore, come se sapesse di essere spiata. Tra le due figure assorte sono rappresentate alcune rovine.

A cosa potrebbero alludere le due colonne?
Anche sul significato delle colonne gli studiosi sono divisi. Potrebbero rappresentare la morte, essendo le colonne un elemento fondamentale dell’architettura degli edifici funerari. Ma anche le celebri colonne d’Ercole, che si pensava segnalassero il confine tra il mondo noto e le terre sconosciute. O ancora la famiglia degli Asburgo, il cui stemma è dominato proprio dalla colonna. Secondo una suggestiva interpretazione, le rovine indicherebbero la caducità dei beni terreni e la mortalità dell'uomo.

Che città è quella che compare sullo sfondo?
Sullo sfondo si nota un fiume che costeggia una città passando sotto un ponte. Potrebbe essere Venezia, o anche Padova. Enrico Guidoni e Antonio Boscardin hanno riconosciuto nel paesaggio elementi dell'architettura padovana dell'epoca. Le prove a sostegno di questa tesi sarebbero la presenza dello stemma dei Carraresi, signori di Padova (il Carro con quattro ruote rosse inframmezzate da una stanga) rappresentato sul muro della prima porta a destra. Il ponticello sarebbe il ponte di San Tommaso. Gli studiosi avrebbero inoltre riconosciuto la Chiesa dei Carmini, mentre la torre isolata che potrebbe essere la torre di Ezzelino.

Chi riesce a vedere l’uccello bianco sul tetto?
Con pennellate appena accennate, Giorgione raffigura sul tetto di uno degli edifici sullo sfondo un uccello bianco. Potrebbe trattarsi di una cicogna, ma anche di un airone o di una colomba.

La tempesta ai raggi X
La tela di Giorgione è stata oggetto di diverse analisi ai raggi X che rivelano cambiamenti, modifiche, pentimenti dell’artista. Nel ruscello il pittore aveva disegnato una donna impegnata a lavarsi, poi cancellata. Il giovane, invece, sarebbe stato aggiunto in seguito.

Se la Tempesta diventa un romanzo
La Tempesta è il soggetto e il titolo di un romanzo del 1997 dello scrittore Juan Manuel de Prada, che narra un rocambolesco e immaginario trafugamento dell'opera del Giorgione. Il protagonista, Alejandro Ballestreros, è un esperto d'arte che arriva in una Venezia sconvolta da una tempesta di neve e pioggia per studiare il famoso e misterioso quadro di Giorgione.
Il dipinto è al centro anche di un altro romanzo: “La tempesta - Il mistero di Giorgione” scritto da Paolo Maurensig nel 2009.



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